May 17, 2023 - Senza categoria    No Comments

RAPSODIA, LA POESIA DI CARMELO DE CARO

23 ANNI!
Carmelo carissimo, il tuo ricordo è sempre vivo!

RAPSODIA
Brilla l’Astro dorato
dopo la greve pioggia
portata dalle nuvole
che ora, squarciate, mi
feriscono gli occhi.
Nell’aria pungente,
tersa, limpida, è la
Natura che si sveglia
dopo il monotono pianto della pioggia.
E la vita ritorna a fiorire
sui verdi davanzali,
nell’azzurro profondo
del cielo.
Ho voglia di correre,
ho voglia di volare,
ho voglia di salire
sempre più in alto,
ho voglia di volare
lassù, fino a quell’astro dorato.
27 novembre 1963

“RAPSODIA” è la poesia, tratta dal libro “SINTITI SINTITI”, di CARMELO DE CARO,
che lui ha scritto nel lontano 1963.

May 1, 2023 - Senza categoria    No Comments

GLI ALBERELLI DI NICOTIANA GLAUCA LUNGO LE STRADE DI LICATA

Percorrendo alcune strade di Licata, soprattutto la via Principe di Napoli, si possono osservare tanti arbusti di questa meravigliosa pianta dai fiori gialli dalla forma particolare di lungo imbuto.
Veramente, pur essendo una pianta rara, tanti altri esemplari della stessa specie si possono osservare lungo il Corso Argentina, nella baia di Marianello, davanti alla sede dei Vigili Urbani nella pazzetta Libia, e all’Istituto Comprensivo “Guglielmo Marconi” in via Egitto, in via Gen.le Dalla Chiesa, in via Gela, in via Umberto II, sempre a Licata. Ciò significa che è una specie di facile riproduzione e poco esigente nella scelta del suo habitat. I piccoli semi,dispersi d vento, favoriscono la diffusione della specie.
Il nome scientifico e “NICOTIANA GLAUCA”
Il nome italiano è “TABACCO GLAUCO”.
Sinonimo è “TABACCO SELVATICO”


Etimologicamente il nome del genere “Nicotiana” è in onore di Jean Nicot, Signore di Villemain (1530-1600), accademico e ambasciatore francese in Portogallo che, nel 1559, spedì alla corte di Caterina de’ Medici un esemplare di questa pianta allora considerata un efficace farmaco contro diverse patologie.
Il nome della specie “glauca” deriva dal greco “γλαυκός” “glauco, azzurro verdognolo” per il colore delle foglie verde-azzurro.

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La Nicotiana glauca, chiamata comunemente “Falso tabacco o tabacco glauco”, è una specie vegetale perenne della famiglia botanica delle Solanaceae originaria dell’America meridionale e diffusa in Argentina, nel Paraguay e in Bolivia , ma ormai inselvatichita e divenuta naturalizzata in tutto il mondo.
Probabilmente è arrivata in Europa all’epoca della colonizzazione spagnola dell’America meridionale. In Italia, introdotta come essenza ornamentale, è possibile trovarla in Sicilia, in Campania, nel Lazio, in Liguria, nelle Marche, in Puglia, in Sardegna in Toscana.
Vegeta bene nelle zone calde, appoggiata al muro, sui suoli sabbiosi, nei greti dei torrenti e lungo le scarpate a quote che variano tra 0 e 600 metri sul livello del mare.
La pianta, legata al suolo mediante una robusta e profonda radice fittonante, si solleva dal terreno assumendo uno sviluppo di arbusto ascendente.  

Il fusto, alto fino a 2 metri, legnoso e molto ramificato, è ricoperto da una corteccia liscia di colore marrone scuro.
I numerosi rami semilegnosi, che dal colore marrone virano al verde chiaro nelle estremità apicali, formano la chioma irregolare.

Le foglie, portate sui rami da lunghi piccioli, alterne, coriacee, e di colore verde – azzurrino, hanno la forma lanceolata e il margine intero.


I fiori, a di forma trombetta, con la corolla gamopetala di colore giallo intenso, sono disposti in vistose infiorescenze a pannocchie che, durante il periodo della fioritura, sbocciano nelle parti apicali dei rami. Le infiorescenze della Nicotiana sono composte da 20–40 fiorellini lunghi 4 cm e larghi 0,5 cm circa. I fiori non profumano.
La fioritura avviene nel corso della stagione estiva e i fiori si mostrano sulla pianta fino all’arrivo dell’autunno. Considerando la lunga durata della fioritura la Nicotiana glauca è utilizzata per lo più come pianta ornamentale.







Il frutto è una piccola capsula ellissoidale, coriacea, pendula, lunga fino a 1 cm, contenente numerosissimi semi scuri. La pianta si propaga per seme in primavera. L’ impollinazione avviene tramite farfalle diurne e notturne. Dai semi germogliano in poco tempo piante capaci di fiorire già dal terzo mese di vita.
La Nicotiana glauca predilige i terreni sciolti, ricchi e ben drenati posta in luoghi soleggiati dove possa ricevere la luce del sole per molte ore al giorno, ma prospera abbastanza bene anche nei luoghi semi-ombrosi e più freschi. Vegetando spontaneamente in piena terra, si accontenta delle scarse piogge sopportando anche lunghi periodi di siccità. Teme i venti freddi.
La Nicotiana glauca è una pianta facile da coltivare e non richiede accorgimenti particolari per regalare il meglio della sua bellezza per gran parte dell’anno.

Si può coltivare anche nei giardini, nelle villette private sia in piena terra, sia nei vasi abbastanza capienti. Per ottenere una fioritura abbondante bisogna annaffiare quando il terreno è asciutto e somministrare un concime per piante da fiore. Per quanto riguarda la potatura, per dare una forma più ordinata all’arbusto all’inizio della primavera bisogna accorciare i rami di circa la metà della loro lunghezza. Si favorisce l’emissione di nuovi getti floreali.
Le foglie della Nicotiana glauca vengono fumate dai nativi americani. La pianta possiede anche delle presunte proprietà medicinali per l’alto potere cicatrizzante. Serve anche per combattere le malattie reumatiche, e come pomata per curare gonfiori, ematomi, ferite e infiammazioni.
Come le altre piante ornamentali e quelle coltivate per la produzione del tabacco, anche la Nicotiana glauca contiene anabasina, un alcaloide estremamente tossico e velenoso.
L’ingestione delle foglie di Nicotiana glauca può infatti causare convulsioni, vomito, coma e anche la morte.
Con gli estratti della pianta si producono insetticidi.

 

 

 

Apr 19, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LE PIANTE DI OSTEOSPERMUM ECKLONIS E DI OSTEOSPERMUM FRUTICUM ADDOSSATE ALLA RECINZIONE DELLA MIA CAMPAGNA A LICATA.

LE PIANTE DI OSTEOSPERMUM ECKLONIS E DI OSTEOSPERMUM FRUTICUM ADDOSSATE ALLA RECINZIONE DELLA MIA CAMPAGNA A LICATA.

Durante la passeggiata nelle campagne di contrada Montesole-Giannotta a Licata, la mia attenzione è stata attratta dalla colorazione bianco-violacea di moltissime piante fiorite che, prepotentemente, occupano ampi spazi delle recinzioni, anche attorno al cancello della mia campagna, creando un ambiente colorato.
Sono i fiori di Osteospermum che mettono allegria, perché sono l’esplosione della vita.
Formano pareti intense, ampie e ondeggiano al primo alito di vento.

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Esistono circa 80 specie di Osteospermum, ma la più frequente è “l’Osteospermum di Ecklon o Dimorfoteca di Ecklon”.
Questa specie è nota con altri nomi: “Margherita sudafricana, Margherita del Capo, Margherita dagli occhi azzurri, Margherita dei Carpazi”.
Etimologicamente il nome del genere “Osteospermum” deriva dall’unione delle parole greche “όστεον”  “osso” e “σπερμα” “seme” per via dei semi duri, che sembrano di osso.
Il nome “Dimorphotheca” deriva dal greco “δίς” “due volte” e da “μορφή” ” forma”, “apparenza”, e da “θήκη” “cassa, scrigno, capsula” per i frutti o i semi di duplice forma.
Il nome della specie “ecklonis” è stato attribuito in onore del Dr. Christian Frederik Ecklon (1795-1868), studioso botanico tedesco.
Si tratta di piante originarie dall’Africa meridionale, ma anche dalla penisola arabica, ritrovate nelle praterie, nelle montagne rocciose, ai margini dei boschi.
L’Osteospermum, per bellezza e per la raffinatezza dei suoi fiori, dal colore bianco, rosa,violetto, ha conquistato molti floricoltori non solo con il bell’aspetto, ma anche per la fioritura a lungo termine.



L’Osteospermum è un genere botanico composto da circa 85 specie appartenenti alla grande famiglia delle Asteraceae maggiormente originario dell’Africa meridionale e della penisola arabica.
Alcune specie sono piante erbacee, altre sono arbusti.
La specie più nota e più coltivata è la “Osteospermum ecklonis”, una pianta erbacea perenne, se il clima è mite in inverno, altrimenti è annuale, se il clima è freddo.



Possiede radici profonde, con le quali si lega al terreno, e dalle quali si sollevano i fusticini, eretti, alti fino a 1 metro, da dove emergono densi cespi di foglie disposte a rosetta alla base della pianta, sessili, lanceolate, ghiandolari, di colore verde chiaro, cerose, cuoiose, leggermente succulente, aromatiche e con il margine intero.


Fra le foglie sbocciano i fiori, simili a margherite, di colore viola che iniziano a fiorire in primavera prolungando la fioritura fino all’inizio dell’estate.



Durante i mesi invernali la pianta si concede un lungo periodo di riposo entrando in una sorta di “letargo” per poi rifiorire durante la stagione successiva.
Nella stessa ringhiera della mia campagna vegetano bene  anche fiori di Osteospermum fruticosum dal colore bianco.

Se le foglie o il gambo sono danneggiati, il fiore emette un odore piuttosto sgradevole che, altrimenti, non c’è.
La pianta di Osteospermum può essere propagata per seme o per talea.
Il frutto è una piccola bacca con la superficie rugosa.

La riproduzione per seme si esegue in primavera.
Si usano i semi raccolti in autunno dai fiori appassiti e si conservano in un luogo fresco ed asciutto.
Seminati in semenzai o nei vasi, su un substrato universale, germoglieranno dopo 10-15 giorni circa.
La moltiplicazione per talee semilegnose si esegue all’inizio della primavera.
Bisogna tagliare alcuni steli teneri, lunghi circa 10 cm, che vanno interrate in un miscuglio di sabbia e di torba nel terreno o nei vasi. Radicheranno in circa 20 giorni.
Nella stagione autunnale è possibile effettuare la divisione dei cespi.
L’Osteospermum è una pianta rustica, ornamentale, facile da coltivare sia in giardino, in piena terra, per formare bordure e aiuole, sia nei vasi, per abbellire le terrazze e i balconi delle case private creando un fenomeno spettacolare allegro in primavera e in autunno.

Essendo una pianta di origine africana bisogna tenere presente che il suo principale nemico è il freddo durante il periodo invernale.
Per questo motivo, pur essendo una pianta perenne, spesso viene coltivata come pianta annuale.
La coltivazione in vaso ha il vantaggio che, all’arrivo della stagione fredda, le piante possono essere riparate in un luogo dove la temperatura si mantiene costantemente più alta.
Gradisce una posizione all’aperto, su luoghi molto soleggiati, dove può ricevere alcune ore di luce diretta ogni giorno, ma cresce anche a mezz’ombra, dove la temperatura minima annuale non deve essere inferiore a -4 -5ºC, pur producendo più foglie che fiori.
L’Osteospermum non è una pianta esigente in fatto di terreno, ma preferisce essere posta su un substrato fertile, ricco di sostanza organica, soffice, leggero e ben drenato.
È adatta anche ai giardini di mare, perché sopporta il caldo intenso, la salsedine ed i venti salmastri.
Potrebbe incorrere in una fase di riposo vegetativo durante la stagione avversa, per riprendere la fase di vegetazione quando le condizioni torneranno favorevoli.
Durante il periodo della fioritura la pianta necessita di irrigazioni regolari ed abbondanti evitando i ristagni idrici, che potrebbero provocare la formazione di marciumi radicali.
Durante le altre stagioni occorre bagnare il terreno con moderazione e solo quando è asciutto.
Dall’inizio della primavera e fino alla fine dell’estate è consigliabile concimare aggiungendo dei fertilizzanti organici, come guano o pacciame.
Oppure usare quelli chimici, liquidi per piante da fiore diluiti nell’acqua d’irrigazione in modo da stimolare un migliore sviluppo della pianta e una fioritura più abbondante.
La pianta non ha bisogno di essere potata. Si devono soltanto eliminare i fiori appassiti, accorciare gli steli che crescono troppo, e tagliare quelli secchi o deboli.
Per quanto riguarda i parassiti, le malattie e le altre avversità l’Osteospermum è frequentemente attaccato dagli Afidi, dalla Mosca bianca, dalla Cocciniglia cotonosa.
L’azione preventiva contro eventuali attacchi è quella di intervenire con insetticidi specifici, da somministrare prima della ripresa vegetativa.
Importante: la pianta di Osteospermum contiene acido cianidrico, che la rende velenosa per il bestiame.

Apr 8, 2023 - Senza categoria    Comments Off on “RAMI DI SCIROCCU” – TRILOGIA POETICA IN DIALETTO SICILIANO NELLA PARLATA MISTRETTESE DEL SECOLO VENTESIMO DI FILIPPO GIORDANO.

“RAMI DI SCIROCCU” – TRILOGIA POETICA IN DIALETTO SICILIANO NELLA PARLATA MISTRETTESE DEL SECOLO VENTESIMO DI FILIPPO GIORDANO.

L’amico Filippo Giordano continua la sua instancabile e fruttuosa voglia di scrivere le sue apprezzate poesie in dialetto siciliano mistrettese. Filippo è “Poeta educatore dei sentimenti umani, maestro dell’arte della Poesia”.

Infatti, ha aggiunto, alla sua numerosa collana produttiva, il nuovo libro dal titolo “RAMI DI SCIROCCU – trilogia poetica in dialetto siciliano nella parlata mistrettese del secolo ventesimo”, edito dalla Youcanprint e pubblicato nel mese di Aprile del 2023.

“Rami di sciroccu” è una espressione dialettale siciliana appartenente al gergo pastorale che, pittorescamente, ritrae particolari forme di nuvole le quali, secondo la secolare esperienza contadina, preludono all’imminente arrivo dello scirocco, con conseguente innalzamento della temperatura.
Sotto questo unico nome, il libro riunisce tre piccole raccolte di poesie, già pubblicate, col titolo: “Scorcia ri limuni scamusciata” (anno 2003), “Ntra lustriu e scuru” (anno 2006), “Riepitu” (anno 2015), scritte in dialetto siciliano in uso nel XX° secolo a Mistretta, piccolo comune, di antichissima origine, sito sui monti Nebrodi.
”Da ogni poesia di Filippo Giordano emerge la descrizione di un piccolo mondo perfetto, il mondo che ha visto per primo e che amerà per tutta la vita: il posto dove è nato e cresciuto. Posto del quale il poeta Filippo Giordano conosce ogni angolo del luogo, ogni paesaggio, ogni suono, ogni voce, ogni profumo. Luogo che lo affascina e lo rassicura. In cui ogni cosa parla il suo stesso linguaggio, il linguaggio mistrettese, il linguaggio dei nostri padri, il linguaggio per molti incomprensibile, ma che Filippo comprende e racconta straordinariamente perché è il linguaggio che gli appartiene.
E’ il linguaggio della sua città. Della nostra città. Di Mistretta!
In “SCORCIA RI LIMUNI SCAMOSCIATA” , edito dal giornale “Il Centro Storico” di Mistretta nel 2006, le poesie rivivono i personaggi del villaggio attraverso l’immediatezza vitale del dialetto, così come s’incarna la saggezza popolare in figure elementari che assurgono a spunti di meditazione filosofica: “E quando il tempo / mi salì addosso / capii che era lui a comandare / e che l’asino ero io.”

” NTRA LUSTRIU E SCURU”, edito dal giornale “Il Centro Storico” di Mistretta nel 2006, e arricchito da magnifici disegni di Enzo Salanitro, fa seguito a “Scorcia ri limuni scamusciata”, con la preziosa prefazione di Giuseppe Cavarra , libro di poesie che aveva ottenuto notevoli consensi di pubblico e anche da quella critica attenta a questo tipo di pubblicazioni. Pertanto, il nome di Filippo Giordano si aggiunge alla schiera della grande tradizione di poesia in dialetto siciliano, dalla Conca d’oro, alla sub-regione etnea, passando ora per Mistretta, rappresentata, nell’ultima generazione, dagli ottimi Antonino Cremona, Mario Grasso, Salvatore Di Marco, Nino De Vita, che, in vario modo, dicono la loro esigenza “colta” e “gergale” in una fusione espressiva che qualcuno ha voluto definire neodialettalità.


“RIEPITU”, edito da Youcanprint nel 2015, è il poemetto dove Filippo descrive il ritorno incessante dell’immagine del fratello Enzo scomparso prematuramente.
Ritma la sconsolata malinconia e il cuore, oppresso dal rimpianto, corre al pensiero dell’estrema dimora: “ssu juornu che, ‘nsirata, mentri spaccavi ligna, / l’ummira, a trarimientu, t’agghiaccau / idda, na pussenti rancata / cuomu na rizza bbannotta / sbulazziau”.
Filippo ricostruisce, nel richiamo della memoria, le cose positive della vita che Enzo aveva costruito, unitamente alle sue qualità umane e sociali: “A-ttia ca stavi o terzu pianu / ti piacìa, passannu, spi ssu arrialari / cassette r’aranci, limuni e mandarini / e condomini ri casi popolari”.
Nella nobilissima rievocazione, tutto è sospeso in domande inappagate, alla ricerca di spiegazioni sull’aldilà.
“Po’ essiri ca l’armi ri muorti vanu a pusari / nna npuostu chi nuaddi nun virimu”. Una sequenza di domande, che tessono il ciclo misterioso e attraente della vita, demarca il confine col mistero: “Ma siddu ssu puostu ‘n-cielu c’è, / mu rici, frati miu, cuomu è fattu? / Nni viri rosi, jaloffiri, gerani? / Nni curri acqua nno vadduni ? / Nni sciuscia vientu a mienzu i rami? / Chiovi, corchi bbota, a primavera? / Tu fai u bagnu, a mari, ri stasciuni? Cancinu culura i fogghj nna l’autunnu? / Nni quagghia nivi nna mmirnata? / Cu è dduocu chi ti fa cumpagnia? / C’è a banna musicale nna ssu puostu? / Sona cuomu sona cca / o puru, arrivànnu dduocu, / cancia pi sempri ogni sunata?

Molti letterati, critici d’arte e giornalisti hanno scritto sulla validità dell’opera poetica di Filippo Giordano: “Poesie che riescono a coinvolgere il lettore per l’armonia sonora che sprigionano e per l’atmosfera di mistero che aleggia nei versi” (nc)”, “Un piccolo capolavoro” (gc), “Raccolta effervescente” (pt), “Armoniosa completezza di contenuto e di fattura” (pf), “Insolita commistione di chiarezza e misteriosità” (sa), “Dense e luminose poesie d’amore fraterno, che diviene amore e compartecipazione per il mistero della creazione” (sgp).
Giorgio Bárberi Squarotti commenta: “Mi piace soprattutto, nella sua poesia, la capacità di cogliere con epigrammatica forza le situazioni di vita siciliana fra sociologia e spettacolo ed esplosione dei sensi e dei sentimenti”.
Chi è Filippo Giordano?
Filippo Giordano è nato è nato a Mistretta, un piccolo paese sui monti Nebrodi, il 12 Marzo 1952, dove vive con la famiglia, con l’affettuosa moglie, la signora Pina Sutera, e con dolcissima figlia Maria Laura.
La figlia primogenita, Ilenia, laureata in Scienze della Formazione, vive e lavora a Roma quale docente in una Scuola Elementare di primo grado.
A Mistretta, in via Libertà, Filippo ha gestito l’ufficio sindacale in qualità di Consulente del Lavoro.
In quiescenza, si gode il meritato riposo.

Collabora da oltre un ventennio con diverse riviste specializzate di arte e di cultura varia e con diversi settimanali.
Articoli, sulla sua produzione letteraria, sono stati pubblicati su molteplici riviste del settore, mentre alcuni quotidiani, fra i quali la Gazzetta del Sud e L’Avvenire, hanno riportato notizie sui suoi studi sulla successione dei numeri primi in aritmetica matematica.
Un suo teorema, relativo a una proprietà dei numeri perfetti, è stato inserito nel contesto di una tesi di laurea presentata nel 2005 presso la Facoltà di Matematica della Università di Torino.
Per altri diversissimi interessi, che hanno radici nella matematica combinatoria, collabora da un paio d’anni con un settimanale nazionale.
Filippo, oltre ad essere Poeta e Scrittore, è anche Ricercatore autodidatta di matematica.
Molti sono i premi letterari conseguiti da Filippo Giordano.
Ha vinto il premio di poesia “Città di Marineo”, edizione 1979, e (per la poesia dialettale) il premio “Bizzeffi” (Limina), edizione 1999. Ripetutamente è stato apprezzato e premiato dalla giuria del concorso letterario “Maria Messina” organizzato dal Centro Storico di Mistretta.
Dei tanti libri pubblicati dall’autore Filippo Giordano ne cito solo alcuni:
Il libro “VOLI DI SOFFIONE– piccole storie di minima gente”, Edito dalla tipografia LA CELERE di Messina nel 2001, è una raccolta continente 19 racconti dai titoli: “La valigia del militare, Con gli occhi chiusi, Il funerale del cavaliere Panarea, Pan per focaccia, Nitto, Contadino senza terra, Tempo di Beguine, La mula, Nuvole, Una sera di Marzo, U su-Bastianu, Lisa, Lo specchio del sorriso, Nuccia, L’ombra, Il maresciallo Leonardo, Il fiore che vola, Lingua e dialetto, La foto, La neve. Questi racconti sono stati riuniti per la prima volta in questo volume perchè già singolarmente pubblicati su molte riviste: Alla Bottega Milano, Il Centro Storico di Mistretta, Liberetà (mensile dello Spi-cgil), Paleokastro (sant’Agata di Militello).


“NEBRODIVERSI” , edito da “IL CENTRO STORICO” di Mistretta nel 2016 , che contiene 14 sillogi di poesia, è il titolo che l’autore ha dato al suo libro unendo due termini: “Nebrodi”, i monti della Sicilia, e “versi”, che indicano il suggestivo scenario a cui s’ispira la poesia dell’autore che tratta diversi punti: “Ricordo improvvisamente sbucato / da un tempo di pastori / accovacciati all’ombra di qualche rudere / mentre la nenia delle pecore / si spandeva sulla groppa dei Nebrodi. / Infanzia incavata nella memoria. / Ora l’alba preme sui vetri.” (Sulla groppa dei Nebrodi, da Se dura l’inverno). In questi versi prendono vita “odori e sapori” della terra di Sicilia. Per dirla con Vittorini, le intense fragranze dei limoni, dei fichidindia, delle zagare che evocano il profumo della terra di Sicilia. L’ “amara terra mia” col suo fascino malioso seduce irresistibilmente i suoi figli, ma anche li condanna all’inanità o li costringe all’esilio: “Occhi di operai, occhi di studenti, / gli occhi dei miei amici, / i miei occhi. / Partiranno domani col solito / treno diretto verso il nord. / Saranno gli occhi di un carabiniere, / di un operaio della fiat, / di un laureato. / Saranno gli occhi di uno straniero.” (Autunno). Essa piange i suoi morti, dopo averli abbandonati al loro destino: “Cresce uomini / e subito li espelle, / Mistretta. / E vedove bianche / attendono mariti. / E al morto del giorno / si piangono anche i vivi.” (Mistretta). Le dure condizioni della povertà insinuano la sofferenza nelle famiglie: “Ancora gambe di bambini tremano / sotto il peso eccessivo del lavoro / e il lavoro continua a restare / debitore nei confronti di molti uomini / e molta gente continua a riempire / treni di valige e di speranze / e troppe madri piangono figli lontani / cupidamente falciati dal capitale / mentre uomini vecchi montano / questo nuovo anno.” (Ancora).


“VALLE DELLE CASCATE – il volto sconosciuto di Mistretta” è il libro fotografico che Filippo Giordano ha presentato nella sede della Società Agricola di M:S di Mistretta il 3 settembre del 2015. L’autore scrive: “[…] La valle delle cascate di Mistretta si trova a quattro Km dal centro abitato verso est, al confine delle contrade Pietrebianche, Rescifu, Acquasanta, Ciddia e Farà. Le cascate più alte (Pietrebianche e Rescifu rispettivamente di 33 e 25 metri circa) raccolgono le acque torrentizie provenienti dalla zona a monte, i cui corsi si estendono per circa 3 Km. Guardando da Sud verso Nord, cioè dalle rispettive foci, sul greto del torrente più a sinistra, proveniente dalla contrada Acquasanta, circa 100 metri prima della cascata omonima, si trova il <<doppio salto carrivali>> di circa 6/7 metri alla cui base si forma una ampia vasca profonda quasi un metro. Più sotto, poco prima di giungere alla cascata, l’acqua attraversa altre due ampie vasche. Dalla seconda vasca, l’acqua, a cascata, giunge sul sottostante greto e subito si incontra con l’acqua che precipita, alcuni metri più sotto, dalla cascata Riscifu, ribattezzata <<Cascata delle Fate>> dove alla sua base è abbastanza frequente vedere apparire un arcobaleno che risale lungo la schiuma vaporizzata dell’acqua […]”.









Filippo Giordano con Daniela Dainotti presidente dell’Ass.ne “La valle delle cascate”

“MENTRE PIANO RISALI IL TORRENTE” edito da Youcanprint, è il libro dedicato alla Valle delle Cascate, sui Monti Nebrodi, a Mistretta. E’ Poesia musicale, come il mormorio delle cascate. Il libro contiene 13 liriche e 14 splendide fotografie a colori che ritraggono meravigliosi scorci tratti dalle nove cascate della valle sottostante a Montepiano.
È un incontro simbiotico perfettamente riuscito dell’immagine con la parola o, per meglio specificare, si tratta della sinergia tra Poesia e Natura. Filippo Giordano scrive con animo stupefatto e con un sentimento che nasce dal bisogno dello spirito di cercare nuovi aspetti e inaspettate bellezze.
Con l’occhio attento e con una grande capacità espressiva , il suo percorso si snoda lungo gli ambienti delle valli dei Nebrodi in un rapporto tra realtà e sogno. L’incanto dei luoghi, dove l’uomo vive pressoché isolato, il ritmo primordiale dell’esistenza, la bucolica armonia del paesaggio, la purezza e la luminosità dell’aria danno a Filippo un sentimento di intimo appagamento.
Riuscendo a cogliere i profumi e i colori, Filippo fa vivere la bellezza della Natura che lo rilassa dando serenità al suo animo e risvegliando le sue emozioni.
Fa da sfondo una presenza amica e idillica: l’acqua delle cascate di Ciḍḍia, un’area di notevole pregio naturalistico nei dintorni di Mistretta. Sono le fulgide “dieci sorelle, tutte diverse che godono nei giorni che imbiancano le creste del Corvo e della Conigliera e luccica la montagna al lume della luna”.


“MISTRETTA DA SCOPRIRE”, ed. Youcanprint, è la pubblicazione di Filippo Giordano volta a promuovere una nuova visione della “capitale dei Nebrodi” nei suoi aspetti naturalistici, storici e antropologici. Riguarda l’identità mistrettese esprimendo la ricchezza e i valori che la connotano.
L’opera, dalla costruzione grafica originale e dal testo scorrevole, è un ulteriore tassello che va ad aggiungersi al grande mosaico della storia di Mistretta che domina uno scenario ricco di remote suggestioni, arroccata su una rupe in vista delle alte e boscose cime dei Nebrodi che sembrano avvinghiare in un abbraccio passionale il suo cuore. Scorrendo le immagini sapientemente selezionate, Filippo racconta la storicità del suo silenzioso linguaggio: la pietra arenaria dorata, protagonista indiscussa del paesaggio, che contribuisce a dare una immagine uniforme dell’abitato ben adattato all’ambiente.
Il viaggio nel paese consente al lettore di leggere i segni di una vicenda storica e umana di strutture urbanistiche dove le case, sono addossate le une alle altre in pittoresco disordine.
Le enigmatiche vanedde, ripide e tortuose, dove si percepisce il palpitare di una umanità autentica le scalinate, i chiani, le scalette esterne, gli anniti, sono descritti da Filippo con grande entusiasmo. I mascheroni apotropaici, inquietanti e misteriosi, i fregi di tipo naturalistico e le figurazioni dalla funzione propiziatoria, le insegne artigianali, altri elementi decorativi su balconi, mensole e portali, le facciate delle chiese, che sono stilisticamente di un barocco esclusivo, figurativamente legati alla fantasia di anonimi artisti locali e ai momenti più significativi della storia locale, diventano un buon filo per rinascere con la città di Astarte e trovarne l’anima vecchissima.
Con questa riposante rievocazione Filippo vuole rinsaldare nei mistrettesi l’amore per questa misteriosa città con la sua atmosfera intima, dove si risente quel profumo antico della vita e dove il silenzio è infinito, mentre i giorni che passano fugaci lasciano dentro un malinconico affetto per la nostra montagna.  
In “MISTRETTA E MARIA MESSINA: UN LEGAME SECOLARE”, Edito da Youcanprint, Tricase 2016, di 78 pagine, Filippo descrive il rapporto vissuto da Maria Messina e Mistretta, città dove la scrittrice abitò, dal 1903 al 1909, in una casa di Via Paolo Insinga dove ambientò le sue novelle e i suoi racconti.
l’Associazione “Progetto Mistretta” ha rivolto alla scrittrice grande attenzione assegnando a Maria un posto di meritevole rilievo nella cultura amastratina divulgando il suo nome e la sua opera attraverso la promozione del concorso letterario “Maria Messina” con cadenza annuale (già alla XIII edizione) e la cui premiazione avviene nell’elegante sala di rappresentanza del Circolo Unione.
Maria Messina è nata ad Alimena, in provincia di Palermo, il 14 marzo del 1887.
Si arrese alla sofferenza fisica all’alba del 19 gennaio del 1944 morendo a Masiano, una frazione a pochi chilometri da Pistoia, nella casa di contadini della famiglia Tarabusi dove si era trasferita per sfuggire ai bombardamenti della guerra, che aveva diviso l’Italia in due parti separandola dall’amato fratello e dalle nipoti, e dove viveva in solitudine in campagna, “vinta” dal destino, divorata dalla distrofia muscolare.
A Pistoia fu sepolta nel Cimitero della Misericordia Addolorata. Riesumata nel 1966, i suoi resti mortali furono custoditi nella stessa tomba della madre, signora Gaetana Valenza Traina.
Dal 24 aprile del 2009 Maria Messina riposa nel Cimitero monumentale di Mistretta. Il merito di questo “ritorno” in patria si deve attribuire soprattutto al prof. Nino Testagrossa, il presidente dell’associazione “Progetto Mistretta”, che ha messo in risalto il legame della Messina con quelli che lei stessa definì “i miei buoni mistrettesi”. Maria Messina fu una delle più grandi scrittrici veriste, ammirata dal Verga, commentata da Borghese come “scolara del Verga”. Tuttavia, completamente dimenticata, è stata assente dalla letteratura italiana del Novecento.
Abbattere il muro del silenzio attorno a lei, schiudere le porte dell’oscurità, che avevano nascosto per oltre mezzo secolo il nome e l’opera di Maria Messina, aprire quelle della sua fama, furono meriti dello scrittore Leonardo Sciascia che, nei primi anni ottanta, ha ripropo sto la lettura di alcuni dei suoi racconti e alla casa editrice Sellerio per la pubblicazione delle opere.
Da allora le sue opere hanno attraversato una nuova stagione di notorietà e sono state tradotte in diverse lingue. Nelle sue opere ha raccontato, con una commiserazione pervasa di ribellione, la società maschilista dell’epoca, la subalternità dell’universo femminile nella società dell’epoca in Sicilia, quale era fino agli anni della seconda guerra mondiale. Ha decritto diversi temi come quello della gelosia, dell’adulterio, dei maltrattamenti, dell’abuso sessuale, dei pregiudizi, dei costumi, delle contraddizioni, della religiosità.
Nei suoi lavori Maria Messina ha evidenziato anche l’isolamento e la percezione di un destino avverso, a cui non ci si può ribellare, che non dà ai “vinti” la possibilità di evasione e di liberazione in una società dove le regole sono stabilite da sempre.


Il libro di Filippo Giordano si sofferma sugli avvenimenti che hanno legato il nome di Maria Messina a Mistretta: dall’istituzione del Premio Letterario a lei intestato alla intitolazione di una strada comunale, all’assegnazione della cittadinanza onoraria alla scrittrice, al reperimento delle sue spoglie mortali e alla traslazione delle stesse presso il cimitero monumentale di Mistretta.
Filippo Giordano, nella sua attività di poeta, di scrittore e di ricercatore, nell’ampia raccolta dei suoi scritti ha abbracciato l’intero arco di una vita, dalle primizie di luce della giovinezza all’imbrunire del tramonto, dipingendo i colori, restituendo gli umori e i sapori della sua terra natia, ritraendo i personaggi più caratteristici, spaziando dall’ironia, alla levità poetica, all’indagine gnoseologica offrendo un quadro completo della propria personale esperienza di umana vicissitudine.
Caro Filippo, i commenti elogiativi e gli apprezzamenti sono meritati e tantissimi!
Ti auguro di continuare a seguire la SCIA della scrittura ampliando e arricchendo di nuove conoscenze le menti dei tuoi paesani di Mistretta.

 

 

 

Apr 4, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA CYMBALARIA MURALIS APPOGGIATA AL MURO DELLA VILLA “DELLE PALME” A PALERMO

LA CYMBALARIA MURALIS APPOGGIATA AL MURO DELLA VILLA “DELLE PALME” A PALERMO

Ho osservato questa pianta appoggiata ad un muretto nella villa “Delle Palme” accanto allo stadio comunale “Renzo Barbera” a Palermo.
E’ la CYMBALARIA MURALIS.
Osservare questa pianta fiorita per me è stato motivo di ammirazione perchè la Natura sa essere sempre incantevole!

Tanti sono i sinonimi della Cymbalaria muralis: “Ciombolino comune, Erba piattella, Erba tondella, Linaria muralis, Parrucca, Cimbalaria, Palomilla de muro“.
Il Genere “Cymbalaria” comprende una decina di specie alcune delle quali sono spontanee.
La specie più diffusa è la “Cymbalaria muralis”.
I primi studiosi  a classificare e a descrivere questa specie furono i botanici e naturalisti tedeschi Philipp Gottfried Gaertner, Bernhard Meyer, Johannes Scherbius.
Etimologicamente, il termine del genere “Cymbalaria” deriva dal greco “κύμβαλον” “cembalo”, in riferimento allo strumento musicale cavo, molto simile a un tamburo, in analogia con la forma concava delle foglie della pianta.
Il termine della specie “muralis” deriva dal latino “murus” “muro” , in riferimento al suo habiat naturale poichè ama appoggiarsi ai muri.
La Cymbalaria muralis, appartenente alla famiglia delle Plantaginaceae, è una pianta comune che ha origine in Africa, in America, in Asia, in Australia, in Europa.
In Italia è diffusa in quasi tutte le regioni, isole comprese.
Evidentemente, essendo una pianta piuttosto comune, è diffusa in tutto il pianeta Terra.

La Cymbalaria muralis è una piantina erbacea perenne che si salda al terreno mediante un apparato radicale poco sviluppato che permette ad essa di cresce nelle fessure di muri e negli anfratti rocciosi molto umidi.

Dalla radice emerge la parte aerea formata da sottili fusti glabri, esili, striscianti, legnosi, lunghi fino a 60 cm, di colore verde alla base e di colore rosso porpora nella parte apicale e provvisti di ventose.
Proprio per questa caratteristica dei fusti, che si insinuano tra gli anfratti dei muri, per questa particolare forma pendente, questa specie è stata usata dai giardinieri per creare vasi sospesi nelle ville come avviene nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta.
Le foglie, portate da un picciolo, di forma reniforme – palmata, le superiori alterne, le inferiori opposte, glabre e carnose, di colore verde lucente nella pagina superiore e rossastre sulla pagina inferiore, sono munite di stoloni, che permettono alla pianta di arrampicarsi.

La “Cymbalaria muralis” produce bellissimi piccoli fiorellini ermafroditi, zigomorfi, solitari o appaiati all’ascella delle foglie.
Il calice, gamosepalo, glabro o debolmente peloso, è diviso in 4 lobi lanceolati-lineari, acuti.
La corolla, gamopetala, trilobata, ha i piccoli petali di colore viola e mostra due prominenze, tinte di un bel colore giallo, nella parte inferiore della fauce.
Queste prominenze sono il punto d’appoggio degli insetti visitatori per aprire il fiore e per penetrare nel suo interno dove è gelosamente custodito il nettare col quale la pianta li ricompensa del loro servizio di impollinazione, di fondamentale importanza per la conservazione della specie.
Il fiore, soggetto al  fototropismo, prima dell’impollinazione si muove verso la luce, come il Girasole.
Quindi, si sposta al riparo dentro le fessure del muro.
La fioritura è molto lunga. I fiori fioriscono generalmente da marzo ad ottobre.


Dopo l’impollinazione, compiuta da piccoli ditteri, coleotteri e formiche, il peduncolo del fiore si allunga, s’incurva e porta in basso l’ovario, sotto le foglie, in cerca di un nascondiglio ove porre al sicuro i frutti.
Sul muro si vedono qua e là tenue righe d’argento. Ciò significa che esso è stato attraversato dalle lumache le quali, involontariamente, rendono un grande servizio alla Cymbalaria muralis  perché trasportano i semi che si sono appiccicati al loro corpo coperto di mucillagine.
Il  frutto è una piccola bacca nera, glabra, globosa, deiscente, con 3 aperture alla sommità, che ospita i piccolissimi semi scuri, ovoidi, rugosi e crestati.

Dopo la fioritura, i peduncoli che portano i frutti crescono si allungano per agevolare la dispersione dei semi tra le fessure dei muri e delle rocce.
La riproduzione avviene per seme e per stolone.
La Cimbalaria muralis è una pianta spontanea, però può essere coltivata nei giardini a scopo ornamentale o nei vasi che abbelliscono le abitazioni dei privati.
Gli Habitat della Cimbalaria muralis sono: i muri, le rocce, le zone ruderali,  i margini dei boschi.
Cresce facilmente e velocemente prediligendo i luoghi semi-ombrosi o poco soleggiati a quote comprese tra 0 -1500 metri sul livello del mare adattandosi a tutti i tipi di terreni, anche se preferisce quelli non calcarei, sciolti e ben drenati.
Si accontenta di poca acqua, quella che cade dal cielo, ma il terreno deve essere sempre umido.
Pertanto, nelle piante coltivate, le annaffiature devono essere regolari e costanti soprattutto in estate e nei periodi di prolungata siccità.
Per favorire la fioritura e l’emissione di nuovi getti a fine inverno è bene somministrare del concime organico a lenta cessione.
Per quanto riguarda le malattie e i parassiti la pianta è resistente e non viene attaccata da parassiti e non è affetta da malattie fungine.
Nella medicina popolare si usava la pianta fresca raccogliendo le foglie nel periodo da marzo ad ottobre recidendo pochi rami per ogni pianta in modo da non danneggiarla.
Per i principi attivi contenuti, tannini e mucillagini, gli infusi delle foglie sembra che abbiano doti lenitive per curare le infiammazioni emorroidali e della pelle e per fare cicatrizzare le ferite.
I fiori sono diuretici e facilitano l’emissione dell’urina.
Dalla radice è possibile ricavarne un colorante rosso.
In India pare che la pianta venga usata per curare il diabete.
Queste applicazioni farmaceutiche sono indicate solo a scopo informativo.
E’ sempre necessario il consiglio del proprio medico.
La Cymbalaria muralis è usata anche in cucina, ma con moderazione, perché le foglie sono leggermente tossiche.
La quantità usata deve essere limitata.
Esse si prestano per impreziosire le insalate perchè hanno un gusto acre e pungente.
Nel linguaggio dei fiori la “Cymbalaria muralis” indica “affetto, fratellanza, amicizia”.

Mar 27, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA CRASSULA OVATA NELLA MIA CAMPAGNA, IN CONTRADA MONTESOLE, A LICATA

LA CRASSULA OVATA NELLA MIA CAMPAGNA, IN CONTRADA MONTESOLE, A LICATA

Superato il cancello d’ingresso della mia campagna, in contrada Montesole, a Licata, il muro che circonda la grande aiuola è abbellito dalla presenza di alcuni vasi, provenienti dalla ceramica di Santo Stefano di Camastra, dove vegetano bene le piante di Crassula ovata protette dalla Tuya e in compagnia dell’ Oleandro.
Altri vasi di Crassula ovata circondano il perimetro della terrazza attorno alla casa all’ombra degli alti Pini.









 

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Il genere Crassula è estremamente vasto e vario. Infatti, sono raggruppate oltre 300 specie diverse nell’aspetto e nelle dimensioni e quasi tutte provenienti dagli stati meridionali dell’Africa.
La specie più diffusa è la Crassula ovata.
Il suo nome scientifico è “CRASSULA ARBORESCENS” .
Il nome italiano è “CRASSULA OVATA”.


Altri nomi sono:” Albero di Giada, Crassula argentea, Cotyledon arborescens, Crassula portulacea,Crassula obliqua. Precedentemente la specie fu classificata col nome di Cotyledon ovata (Mill., 1768).
Ha ottenuto l’attuale denominazione nel 1917 ad opera di George Claridge Druce.
E’ conosciuta anche con il nome di “Albero di Giada” in riferimento al colore delle foglie simili alle verdissime pietre di giada, un minerale molto apprezzato in gioielleria.

Etimologicamente il nome del genere “Crassula” deriva da latino “crassus” “grasso, spesso”, per le foglie carnose.
Il nome della specie “Ovata” deriva dal latino “óvum”, ” uovo”, in riferimento alla forma delle foglie della pianta che richiamerebbero la caratteristica forma delle uova.
La Crassula ovata è una pianta succulenta molto apprezzata a scopo ornamentale, pertanto è molto diffusa.
È, infatti, molto semplice da coltivare e, nelle favorevoli condizioni, regala un’abbondante e prolungata fioritura molto decorativa.
Non indugiamo a coltivarla!
La pianta di Crassula ovata, originaria dalle aree più meridionali dell’Africa, è giunta in Europa nel XVIII secolo, dove si è diffusa rapidamente grazie all’adattabilità al clima. Quindi è stata esportata in tutto il mondo, come varietà ornamentale, per le sue foglie singolari.
E’ una pianta arbustiva succulenta, appartenente alla famiglia delle Crassulaceae.
Ha l’aspetto di un arbusto molto ramificato, eretto, che può ragiungere l’altezza di 1 metro ma, se coltivata in uno spazio adeguato, può crescere fino a 2 metri sia in altezza sia in larghezza. La sua crescita è abbastanza lenta.
Dalla radice fuoriescono i fusti, spessi, di colore grigio-marrone, robusti, di forma cilindrica e dalla consistenza carnosa, che si ramificano creando una chioma tondeggiante formata da un singolare fogliame.


Le foglie, di forma ovata, mediamente affusolata e bombata, carnose, turgide, per la grande quantità di acqua che contengono, sono di colore verde scuro, ma spesso il bordo ha sfumature rossastre se esposte al sole intenso per molte ore del giorno. Sono sessili e crescono a coppie contrapposte.



I fiori, ermafroditi, con la corolla di forma stellare, formata da petali lanceolati di colore bianco-rosato, sono raccolti in grandi infiorescenze a corimbo raggruppati agli apici dei rami e sostenuti da lunghi steli.






Essendo un specie originaria dell’emisfero australe, la temperatura influisce molto sulla fioritura.
Pertanto, se posta nelle giuste condizioni ambientali, la fioritura avviene, in generale, nel periodo autunno- inverno. Con una buona esposizione solare la pianta fiorirà in primavera anche alle nostre latitudini.
A Licata dove l’inverno è mite, le mie piante fioriscono a partire dal mese si Febbraio e continuano a fiorire fino alla primavera inoltrata.
L’impollinazione avviene grazie alla visita delle api, delle vespe, delle mosche, degli scarafaggi e delle farfalle, animali attirati dal profumo dolce e tenue dei fiori della pianta.
I frutti sono dei piccoli follicoli lunghi circa 3 mm, di forma ovoidale che contengono piccoli semi.
La Crassula si propaga per seme, per polloni, per talea.
La moltiplicazione per seme avviene a marzo o a settembre. Bisogna mettere i semi all’interno di un contenitore contenente terriccio misto a sabbia sottile adeguatamente bagnato. Mantenendo il vaso all’ombra, i semi germoglieranno.
La moltiplicazione per polloni avviene prelevando il pollone durante la stagione primaverile e piantarlo in un terriccio misto a torba e a sabbia e concimarlo almeno una volta al mese. Quando si notano i primi germogli, significa che la pianta ha radicato.
Il metodo più semplice di moltiplicazione è la talea, da effettuarsi nei mesi di maggio- giugno. Bisogna prelevare piccoli steli lunghi 10-15 cm e piantarli nel vaso a 5 cm di profondità esponendolo al caldo e alla luce diretta del sole. Quando compariranno le prime radici allora la Crassula ovata può essere trattata come una pianta adulta.
Come tutte le piante succulente, la pianta di Crassula ovata non ha bisogno di cure particolari, per cui può essere efficacemente coltivata sia in piena terra, nel giardino, sia in vaso all’esterno del balcone, sia dentro l’appartamento e, nelle giuste condizioni, darà una fioritura ricca e molto decorativa.
La Crassula ovata ama i climi caldi e secchi, pertanto vegeta bene nelle regioni meridionali e sulle coste dove la temperatura, tra i 10°C e i 25°C., non scende mai al di sotto dello 0°C. La sua crescita vegetativa si arresta completamente solo quando il termometro scende sotto i 5°C.
Per garantire la piena salute è necessario far vegetare la pianta su un suolo morbido, leggermente acido, asciutto e ben drenante accettando anche quelli argillosi, sabbiosi. S adatta alle tipiche condizioni costiere ventose e di salsedine, mentre soffre l’umidità e il gelo.
Ama essere posizionata in un luogo dove poter ricevere la luce del sole e dove la temperatura rimane alta anche durante le ore notturne.
La pianta tenderà a svilupparsi in direzione della luce del sole.
Per questo motivo è bene girare frequentemente il vaso affinché la crescita dei vari rametti risulti equilibrata.
Accetta anche l’esposizione a mezz’ombra diventando più scura e più bella, ma non fiorirà. Posizionata in pieno sole, diventerà tutta rossa, virerà dal colore verde al colore giallo, ma non morirà e fiorirà ugualmente.
Se riceverà il sole la mattina o nel tardo pomeriggio regalerà grandi fioriture invernali e mostrerà il suo bel colore verde- giada delle foglie. Andrà a riposo in estate, quando diventerà un pochino avvizzita, fermerà la sua crescita e per qualche settimana berrà poca acqua.
Come tutte le piante succulente, anche la Crassula ovata non ha bisogno di annaffiature frequenti, che devono essere abbastanza parsimoniose perchè, essendo dotata di tessuti particolari, è in grado di contenere grandi quantitativi d’acqua come riserva riuscendo a disperderne pochissima.
Le annaffiature eccessive potrebbero causare il temuto marciume radicale. La pianta non ama, infatti, i ristagni d’acqua.
La Crassula ovata va concimata durante il periodo vegetativo, cioè tra la primavera e l’autunno, utilizzando un fertilizzante ricco di azoto, di fosforo e di potassio e anche di microelementi utili che favoriscono la crescita equilibrata della pianta.
Quando la pianta va a riposo vegetativo non deve essere concimata. All’interno degli appartamenti la pianta deve essere coltivata nei vasi garantendo ad essa una buona quantità di luce essendo posta vicino a una finestra.
La Crassula ovata non necessita di potature. E’ sufficiente eliminare i rami secchi e le foglie morte.
Solitamente, non è colpita da malattie o da parassiti.
Occorre, tuttavia, fare molta attenzione alle annaffiature, alle esposizioni in luoghi molto assolati e ad altre cattive tecniche di coltivazione. Il suo maggior nemico è il ristagno idrico, che causa il marciume delle radici e la conseguente perdita delle foglie.
Quindi bisogna limitare le irrigazioni e scegliere un terreno sufficientemente drenante.
Un altro nemico della Crassula è la muffa grigia, che causa delle macchie gialle sulle foglie. Il trattamento prevede la somministrazione di anticrittogamici.
La Cocciniglia cotonosa è un parassita molto dannoso. Deposita sulla foglie un cotone bianco appiccicoso che blocca la funzione vitale della pianta.
Per eliminarla è necessario tagliare la parte “malata” della pianta o strofinare le foglie con un batuffolo di cotone imbevuto di alcool e di acqua.
Il Ragnetto rosso causa il colore rosso delle foglie.
Per prevenire la comparsa del ragnetto rosso è bene mantenere alta l’umidità poichè esso prolifera proprio in ambienti caldi e secchi.
L’Oidio è una malattia fungina che crea macchie bianche irregolari sparse sulle foglie della pianta.
Questo problema emerge quando si effettuano eccessive annaffiature, quando esiste un alto grado di umidità, quando la temperatura è bassa, quando la luminosità e la circolazione dell’aria sono scarse.
L’Oidio si combatte utilizzando una soluzione composta da bicarbonato di sodio e da aceto e spruzzata sulla foglie.
Le tartarughe si nutrono delle foglie della Crassula, però raramente le divorano completamente.
Frequentemente le vespe nidificano tra i suoi rami.
La Crassula ovata è un alimento tradizionale per alcune tribù dell’Africa Meridionale tra i quali i Khoi.
La cucina locale prevede, infatti, che le parti edibili, cioè le radici, dopo la raccolta, vengano grattugiate e poi bollite nel latte.
Nella loro medicina tradizionale queste popolazioni utilizzano lo stesso procedimento per realizzare rimedi curativi contro la diarrea, l’epilessia e per rimuovere i calli.
La Crassula ovata è tossica in tutte le sue parti se mangiata dai cavalli, dai cani e dai gatti. Mediamente è anche tossica per l’uomo. L’ingestione può causare diarrea e vomito. Il contatto della linfa con la pelle può dar luogo a pruriti e a irritazioni. Sintomi simili, ma più intensi, si hanno sugli animali domestici. Si è osservato come, tra le chiamate d’emergenza all’American Association of Poison Control Centers (AAPCC), la Crassula ovata sia risultata la nona specie più comune tra i casi di intossicazione da piante, specialmente nei bambini.
Una curiosità: questa pianta ha la capacità di assorbire l’inquinamento elettronico prodotto dagli elettrodomestici aiutando l’aria dell’appartamento dove si abita ad essere depurata in modo del tutto naturale.
Nel linguaggio dei fiori in Cina, nei principi del Feng Shui, la Crassula ovata è descritta come simbolo di “prosperità, di fortuna e di ricchezza” per la forma delle sue foglie che ricordano quella delle monete. E’ capace, quindi, di portare benessere nella casa in cui vegeta. Per questo motivo è chiamata “L’Albero dei Soldi”.
E’ di buon auspicio regalare una pianta di Crassula ovata a tutte le persone alle quali si è legati affettivamente non solo come porta fortuna, ma anche come dono simbolo di “forza e di solidità”.

Mar 13, 2023 - Senza categoria    Comments Off on A MARIA MESSINA INTITOLATA LA CAMERA D’AUTRICE AL B&B “DIMORA SAN GIROLAMO” A LICATA. 1

A MARIA MESSINA INTITOLATA LA CAMERA D’AUTRICE AL B&B “DIMORA SAN GIROLAMO” A LICATA. 1


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Gioiosa e importante è stata la mattina del mercoledì, 8 Marzo 2023, trascorsa nella Piazzetta San Girolamo, a Licata, assieme al gruppo della Toponomastica femminile di Licata.

In occasione della Giornata Internazionale dei diritti della donna, aderendo al Progetto Camera d’Autrice, il gruppo di Licata della Toponomastica femminile ha voluto intitolare a Maria Messina, scrittrice siciliana per molto tempo dimenticata dalla letteratura italiana del ‘900, la camera del B&B “Dimora San Girolamo” sito nel cuore dei vicoli del quartiere della Marina licatese.
Il tema del Progetto “Camera d’autrice” era la ” SICILIANITA’ ” ,raccontata in un contesto fatto di di vicoli, di cortili, di case che recano il segno del tempo.
La dott.ssa Ester Rizzo, nel suo discorso introduttivo, ha fatto emergere come Maria Messina, nel romanzo
“LA CASA NEL VICOLO”, ha saputo descrivere la vita siciliana dei paesi raccontando le atmosfere di questi vicoli, le donne che si sedevano fuori a parlare tra di loro, i sapori, gli odori, i colori, le voci, i rumori della vita quotidiana in quel luogo. Ecco il motivo della scelta della Piazzetta San Girolamo, alla quale si accede percorrendo un corto vicolo denominato Piano San Girolamo.


Il progetto di intitolare una struttura alberghiera ricettiva da parte della Toponomastica femminile nasce nell’anno 2017 ed è rivolto ai direttori, ai gestori di queste strutture alberghiere perchè è molto bello poter ricordare in quel territorio una scrittrice o una donna che, magari nel corso degli anni, è stata dimenticata o non si hanno più sue notizie.

Molte sono state in Sicilia e in Italia le strutture alberghiere dove una stanza è stata intitolata a donne importanti quali, ad esempio, ad Alda Merini, a Rosa Balistreri, a Renata Fonte.
La prima intitolazione ad Alda Merini avvenne in Versilia il 16 settembre 2017 grazie alla sensibilità di Cristiana Gemignani, ls proprietaria dell’hotel “Giulia”. L’albergo, affacciato sul lungomare del Lido di Camaiore, ha una tradizione gestionale femminile che continua da diverse generazioni. La scelta letteraria è ricaduta su Alda Merini, che vinse il Premio Viareggio nel 1996, con “Ballate non pagate” (1996) e il Premio Camaiore con “Superba è la notte”(2000). Alda era una donna forte, libera e profonda, proprio come il mare sul quale si affaccia la finestra della camera a lei dedicata. La “sua” camera profuma di acqua salata e di aromi trascinati dal vento e dal quale amava farsi pettinare. I libri aperti sul tavolino dell’albergo rievocano il suono della sua voce e il suo ritratto riflette il volto di una donna dai forti contrasti.
Il 5 novembre 2021, presso l’hotel “Villa Giuliana”, a Licata, è stata intitolata la “Sala delle riunioni” a Rosa Balistreri, famosa cantatrice folk licatese, con una cerimonia alla quale hanno partecipato ospiti e il gruppo della Toponomastica femminile. Ha preceduto la cerimonia di intitolazione un percorso lungo le vie dove Rosa Balistreri ha cantato con la sua voce roca l’amore, la passione, la fatica del lavoro, la pesca, il sole cocente, il dolore, suo e delle donne di Sicilia, il carcere.
Il poeta Ignazio Buttitta scrisse:   “la voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva uscisse dalla terra arsa della Sicilia…”.
Il 25 luglio 2021, l’hotel Terminal di Santa Maria di Leuca ha intitolato la Camera d’Autrice a Renata Fonte , prima Assessora al Comune di Nardò, prima vittima di mafia nel Salento, prima vittima politica del luogo. L’omicidio-femminicidio di Renata Fonte fece molto scalpore nei primi tempi, poi cadde nell’oblio. È stata la caparbietà delle figlie Sabrina e Viviana che si sono appropriate della loro storia personale e hanno cominciato a ricucire nella memoria collettiva i frammenti sfilacciati della vicenda.
All’interno di ogni camera delle strutture ricettive dedicata a queste donne è importante che ci siano: una fotografia, un quadro, alcune frasi, dei libri, richiami alla figura e all’opera della donne in questione, segni che ricordino la loro presenza.
Nella camera del B&B “Dimora San Girolamo” di Licata sono in mostra: la foto di Maria Messina, la pergamena e una piccola libreria che accoglie alcuni libri della scrittrice siciliana a disposizione degli avventori della struttura che amano conoscerla meglio.





La prof.ssa Giuseppina Incorvaia ha messo in evidenza come su Maria Messina c’è stato troppo silenzio che, per molti anni, ha coperto la vita, le opere di questa piccola grande donna, voce suggestiva autentica della letteratura siciliana. Ha magistralmente letto la biografia di Maria Messina affermando che notizie sulla vita della scrittrice sono state fornite dall’unica nipote, Annì, figlia del fratello Salvatore, e dalla brevissima corrispondenza che Maria tenne con Giovanni Verga, che tanto l’amava e tanto la stimava. Dei suoi paesani mistrettesi così Gli scriveva:”I miei buoni mistrettesi”.



La prof.ssa Nella Seminara ha parlato della permanenza di Maria Messina a Mistretta, dal 1903 al 1909 perchè il padre, essendo un insegnante di Scuola, si è trasferito con la famiglia a Pistoia. Ha raccontato la grande attenzione che l’Associazione “Progetto Mistretta” rivolge all’amata scrittrice istituendo annualmente il
“PREMIO LETTERARIO MARIA MESSINA”, giunto quest’anno alla XVIII Edizione.
Ha parlato del giornale locale “Il Centro Storico”, dove spesso si scrive e si legge su Maria Messina.
Ha regalato l’ultima copia del giornale alla prof.ssa Lia Nogara per darne comunicazione ai suoi alunni, qualcuno dei quali potrebbe partecipare al Premio letterario.



La prof.ssa Mariella Mule’, ricordando che l’8 Marzo è la giornata internazionale dei diritti della donna, ha rivolto il suo pensiero alle donne violentate, maltrattate, uccise. Quindi ha letto magistralmente una pagina del romanzo
“LA CASA NEL VICOLO”.

La dott.ssa Donatella Meli ha letto, anche lei in maniera chiara e coinvolgente, il racconto “ROSE ROSSE” tratto dal libro “Ciancianedda” dove Maria Messina cita la città di Licata.


Infine la prof.ssa Arianna Bona ha letto un’altra pagina del romanzo “LA CASA NEL VICOLO” ricevendo molti applausi. 
La signora Lavinia Licata, titolare del B&B “Dimora San Girolamo”, ha ringraziato: il gruppo della Toponomastica femminile, la Pro Civis, tutte le associazioni e le altre persone intervenute alla cerimonia.



E’ stata scoperta la piastrella in onore di Maria Messina, realizzata dalla ceramista Susanna De Simone di Palermo.




Gli applausi sono stati abbondanti, sinceri, affettuosi e cordiali.
Insieme abbiamo dimostrato grande amore per Maria Messina, notevole elogio per l’iniziativa di questa cerimonia, l’entusiasmo di portare lontano il nome della città di LICATA.




Chi era MARIA MESSINA?
Maria Messina nacque ad Alimena, un paesino in provincia di Palermo, il 14 marzo del 1887. Si arrese alla sofferenza fisica all’alba del 19 gennaio del 1944 morendo a Masiano, una frazione a pochi chilometri da Pistoia, nella casa di contadini della famiglia Tarabusi dove si era trasferita per sfuggire ai bombardamenti della guerra, che aveva diviso l’Italia in due parti separandola dall’amato fratello Salvatore e dalla nipote Annì, e dove viveva in solitudine in campagna, “vinta” dal destino, divorata dalla distrofia muscolare.
Prima di morire, donò alla sua affezionata infermiera Vittoria Tagliaferri “I doni della vita”,  un documento di fede e di religiosità, un’esperienza di sofferenza fisica e spirituale. A Pistoia fu sepolta nel Cimitero della Misericordia Addolorata. Riesumata nel 1966, i suoi resti mortali furono custoditi nella stessa tomba della madre, la signora Gaetana Valenza Traina.
Maria Messina fu una delle più grandi scrittrici veriste, ammirata dal Verga, commentata da Borghese come “scolara del Verga”.
Tuttavia, completamente dimenticata, è stata assente dalla letteratura italiana del Novecento.
Abbattere il muro del silenzio attorno a lei, schiudere le porte dell’oscurità, che avevano nascosto per oltre mezzo secolo il nome e l’opera di Maria Messina, aprire quelle della sua fama, furono meriti dello scrittore Leonardo Sciascia che, nei primi anni ottanta, ha riproposto la lettura di alcuni dei suoi racconti. Da allora le sue opere hanno attraversato una nuova stagione di notorietà e sono state tradotte in diverse lingue.
Nelle sue opere ha raccontato, con una commiserazione pervasa di ribellione, la società maschilista dell’epoca, la sottomessa e oppressa condizione femminile in Sicilia quale era fino agli anni della seconda guerra mondiale.
Ha esaminato diversi temi come quello della gelosia, dell’adulterio, dei maltrattamenti, dell’abuso sessuale, dei pregiudizi, dei costumi, delle contraddizioni, della religiosità. Nei suoi lavori la Messina ha evidenziato anche l’isolamento e la percezione di un destino avverso, a cui non ci si può ribellare, che non dà ai “vinti” la possibilità di evasione e di liberazione in una società dove le regole sono stabilite da sempre.
Poichè dimorò a Mistretta dal 1903 al 1909, in una casa di Via Paolo Insinga dove ambientò le sue novelle e i suoi racconti, l’Associazione “Progetto Mistretta” ha rivolto alla scrittrice grande attenzione assegnando a Maria un posto di meritevole rilievo nella cultura amastratina divulgando il suo nome e la sua opera attraverso la promozione del PREMIO LETTERARIO “Maria Messina” con cadenza annuale (già alla XVIII edizione) e la cui premiazione avviene nell’elegante sala di rappresentanza del Circolo Unione.
Mistretta onora Maria Messina intitolandole una strada  della città. Il Sindaco, avv. Iano Antoci, la giunta comunale, con al seguito la banda musicale, le hanno intitolato una via del centro urbano il 20 Ottobre 2007.
Nel mese di febbraio del 2009 l’Amministrazione comunale di Mistretta ha conferito alla scrittrice Maria Messina la cittadinanza onoraria.
Grazie all’interessamento dell’Associazione “Progetto Mistretta”, al giornale “Il Centro Storico”, e al certosino lavoro di ricerca del pistoiese “mistrettese”  Giorgio Giorgetti, le spoglie di Maria Messina sono state trasferite dal cimitero della Misericordia di Pistoia al cimitero monumentale di Mistretta.
La cerimonia di accoglienza e di tumulazione dei suoi resti mortali è avvenuta il 24 aprile del 2009.
Ada Negri, poiché le due donne relazionavano in forma epistolare, scrisse a Maria Messina: “Non ti conosco fisicamente, ma mi sembra di conoscere bene la tua grande anima”.
Nel 2016 anche la città di Licata  ha onorato la scrittrice Maria Messina intitolandole la strada,  una traversa di via Salso.
Alcuni titoli dei libri:
La casa nel vicolo, Casa paterna, piccoli borghi, Pettini fini, Ciancianedda, L’amore negato, Personcine, Ragazze siciliane, Il guinzaglio.

 

 

Mar 4, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA PIANTA DI ARGYRANTHEMUM FRUTESCENS NELL’AIUOLA DELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

LA PIANTA DI ARGYRANTHEMUM FRUTESCENS NELL’AIUOLA DELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

Ho molto gradito il piccolo vaso contenente una piccola piantina dai bellissimi fiori colorati.
Grazie alla mia cara amica Letizia per il suo gentile pensiero!

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Donare un omaggio floreale è dimostrazione di sensibilità verso la Natura che ci sorprende sempre per la diversità delle forme, per i variopinti colori, per gli inimitabili profumi dei fiori. Già nel Medioevo e nel Rinascimento il valore simbolico dei fiori era connesso ad importanti significati morali.
Ho trapiantato la piantina in un’aiuola della mia campagna, in contrada Montesole, a Licata, dove si è perfettamente adatta e cresciuta tanto da occupare tutto lo spazio a sua disposizione.


Il suo nome scientifico è “ARGYRANTHEMUM FRUTESCENS”.
Il suo basionimo è “Chrysanthemum frutescens”.
Altro sinonimo è ” Pyrethrum frutescens”.
I nomi italiani sono: “Margherita delle Canarie, Margherita legnosa, Crisantemo delle Canarie”.


Etimologicamente il nome del genere “Argyranthemum” è formato da una parola composta derivante dal greco “ἄργῠρος” “argento” e da “ἄνϑεμον” “fiore” col significato di “Fiore argenteo”.
Il nome della specie “frutescens” proviene dal latino “frutex” “arbusto” per il suo potamento di piccolo arbusto.
L’Argyranthemum è una specie originaria delle isole Canarie dove sono presenti numerose sottospecie come: A.frutescens, A.canaria, A.Foeniculaceum, A.gracilescens, A.parviflorum, A.pumilum Humphries,A.succulentum Humphries. Tutte queste specie hanno in comune la forma del fiore a margherita con il disco centrale giallo, spesso semplice, ma anche doppio e con i petali sovrapposti. La corolla è di diversi colori: bianca, gialla, rosa, rossa.
L’Argyranthemum frutescens ha subito importanti mutamenti genetici così da ottenere esemplari dal migliore valore ornamentale. I mutamenti genetici si sono concentrati sulle potenzialità del colore, sulla forma dei fiori e su nuove altre forme della pianta.
L’Argyranthemum frutescens è una comune pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle Asteracee.


E’ provvista di un robusto apparato radicale dal quale si solleva la parte aerea abbondantemente ramificata formata dagli steli semilegnosi alla base ed erbacei nella parte terminale facendo assumere alla pianta un portamento cespuglioso. Gli steli sono ricoperti da numerose foglie di colore verde e profondamente incise. Sono piccole e bipennate, cioè formate da un asse centrale da cui si dipartono numerose altre foglioline secondarie su entrambi i lati.

Dalla folta chioma, durante tutto il periodo della fioritura, fanno capolino i fiori, grandi, decorativi, provvisti di una vistosa corolla composta da lunghi petali ligulati di colore bianco-rosato. Fiorisce per quasi tutto l’arco dell’anno, soprattutto nelle zone dove il clima è mite, come a Licata.


Nelle zone più fredde la fioritura si estende dall’inizio della primavera protraendosi sino al tardo autunno, rendendo questo fiore una scelta perfetta per avere un giardino rigoglioso e allegro.
Dopo la stagione della fioritura è bene potare la pianta togliendo i rami secchi e i fiori appassiti così da ottenere uno sviluppo più compatto della pianta.
L’impollinazione è entomofila se il trasporto del polline viene effettuato dagli insetti, anemofila se compiuta dal vento.
Il frutto è un piccolo achenio contenente pochi piccoli semi che, a maturità, diventano neri.
La moltiplicazione dell’Argyranthemum frutescens avviene per disseminazione dei semi tramite l’acqua, il vento, gli animali, e anche per talea scegliendo come periodo migliore la primavera e l’autunno.
I semi si possono disporre in un semenzaio contenente del terriccio misto a torba e posto in un luogo fresco. Quando spunteranno le prime piantine si rinvaseranno e saranno pronte per esserere regalate agli amici più cari.
Per riprodurre la pianta per mezzo della talea è necessario prelevare una porzione apicale di un ramo lunga almeno 10 cm e interrarla in un terreno misto a torba e mantenuto umido. Quando le talee avranno messo le radici, allora sarà possibile trasferirle in piena terra o in un vaso.
L’Argyranthemum frutescens è una pianta erbacea, quasi arbustiva, ornamentale, di facile coltivazione, impiegata per abbellire le aiuole dei giardini pubblici e privati, per rivestire aree di cortili, dei balconi e delle terrazze nelle zone temperate e costiere.


E’ resistente al caldo intenso, alla salsedine, ai venti salmastri. Cresce a quote comprese da 0 fino a 500 metri di altitudine sul livello del mare. Ama le posizioni luminose, soleggiate, dove possa ricevere per almeno 5-6 ore al giorno i raggi diretti del sole. Predilige vegetare su terreni sciolti, fertili, leggeri, lievemente acidi, ricchi di nutrienti e con un buon drenaggio.
Periodicamente è bene arricchire il terreno con sostanza organica, oppure somministrare concime granulare ricco di fosforo, potassio e azoto. Per quanto riguarda l’Irrigazione la specie non è molto esigente in termini idrici. In primavera e in estate bisogna innaffiare con regolarità, in autunno e in inverno con moderazione evitando le acque calcaree. Tollera brevi periodi di siccità, ma a discapito della fioritura.Teme molto i ristagni idrici. Di norma, è consigliabile eliminare alla base i rami secchi e danneggiati dal freddo tagliandoli alla base. I rami più lunghi vanno accorciati al fine di favorire l’infoltimento del cespuglio durane la fase vegetativa. I rametti possono essere utilizzati come talee. Se la coltivazione dell’Argyranthemum frutescens avviene in vaso, bisogna scegliere contenitori grandi in modo da garantire una quantità di substrato per nutrirsi bene e avere una buona fioritura.
Per quanto riguarda le malattie e i parassiti l’Argyranthemum frutescens teme il Mal bianco o Oidio, che si riconosce dai depositi di polvere biancastra sulle foglie. Soffre l’attacco degli Afidi. Per combattere le malattie fungine e i parassiti è bene trattare la pianta con prodotti specifici o con un antiparassitario al piretro.
Nel linguaggio dei fiori l’Argyranthemum frutescens evoca “candore, innocenza, grazia”

Feb 19, 2023 - Senza categoria    Comments Off on PRESENTAZIONE DEL LIBRO – LICATA E “DINTORNI” Storie di storia politica – DI GAETANO CELLURA

PRESENTAZIONE DEL LIBRO – LICATA E “DINTORNI” Storie di storia politica – DI GAETANO CELLURA

Giovedì, 16 Febbraio 2023, nell’accogliente sala di lettura della biblioteca comunale “Luigi Vitali”, sita in Piazza Matteotti a Licata,

è stato presentato il libro <LICATA E “DINTORNI” Storie di storia politica>, di 71 pagine, trasmesso in Licata News SRLS, dell’autore GAETANO CELLURA. 

Nella seconda di copertina : “Con questo libro (pagine 71, euro 9), Licata News SRLS avvia le proprie edizioni cartacee, con l’intento di offrire alla città un servizio di divulgazione (promozionale e culturale) sempre più ampio. Con l’opera scritta ci impegniamo in una nuova avventura con l’augurio di ripetere il successo riscosso con la rappresentazione in video delle nostre tradizioni, del nostro folklore e in particolare della nostra festa patronale”.
Il giovane Domenico Cannizzaro, che ha aperto i lavori, ha saputo intrattenere piacevolmente i rappresentanti dell’Amministrazione comunale di Licata nelle persone del sindaco dott. Giuseppe Galanti, dell’assessore alla Cultura Violetta Callea e del consigliere comunale Giuseppe Peruga, e tutto il pubblico presente dando la prima spiegazione sul contenuto del libro. Da sx: Giuseppe Peruga-Gaetano Cellura-Domenico Cannizzaro

Il consigliere comunale Giuseppe Peruga si è complimentato con l’autore Gaetano Cellura per l’importante lavoro culturale atto ad informare la cittadinanza sulla situazione in cui versava la città di Licata in quegli anni così lontani nel tempo.
Il sindaco di Licata, il dottor Giuseppe Galanti, nel suo breve intervento, dopo aver portato i saluti istituzionali di tutti i componenti dell’Amministrazione Comunale di Licata, ha manifestato i suoi apprezzamenti allo scrittore Gaetano Cellura per i tanti volumi pubblicati dallo stesso autore, che AMA immensamente la sua città. Certo, molti di questi problemi evidenziati sono stati risolti, anche dalle precedenti Amministrazioni comunali, ma molti altri ne rimangono ancora da risolvere, soprattutto con la preziosa collaborazione di tutti i cittadini licatesi.


Il giovane speaker Domenico Cannizzaro ha esaurientemente esposto il contenuto del libro di Gaetano Cellura <Licata e “Dintorni” storie di storia politica>, nel quale l’autore ha descritto la storia di Licata a ritroso nel tempo nel quarto periodo del secolo scorso descrivendo quasi cinque lustri di storia locale, dal dopoguerra fino al 1967, con rapide incursioni ed escursioni su fatti accaduti negli stessi anni anche nei paesi a noi vicini.
Ha descritto anche parte della storia politica non solo di Licata, ma anche di altri paesi circostanti della provincia di Agrigento. Le virgolette, infatti, nel titolo del libro, indicano, appunto, altri fatti storici avvenuti nei paesi di Ravanusa, di Naro, di Favara, di Avola, una cittadina in provincia di Siracusa, e di altri luoghi.
Infatti, nel suo libro Gaetano Cellura ha descritto le promesse mai mantenute dalla politica, le opportunità che in quegli anni ha perso la città di Licata, le contestazioni e le sommosse popolari.
Ha ricordato i gravissimi fatti legati allo sciopero del 5 luglio del 1960 per la prolungata mancanza d’acqua potabile, erogata alla cittadinanza dopo lunghi periodi di attesa. A causa di questa sommossa, in un momento di forte rivolta popolare, perse la vita il venticinquenne licatese Vincenzo Napoli.

La gentilissima signora Daniela Mulè ha catturato l’attenzione della platea con la lettura di alcune pagine a tema, tratte dallo stesso libro.
E’ stata bravissima attrice nell’interpretazione riscuotendo numerosi applausi.


Anche il poeta dialettale licatese, il signor Lorenzo Peritore, ha reso omaggio a Gaetano Cellura con la recita di alcune poesie, sul tema dell’aeroporto e sulla morte di Vincenzo Napoli, tratte dalla sua copiosa collezione, centrando pienamente le varie argomentazioni trattate nel libro <LICATA E DINTORNI” Storie di storia politica>.

Gaetano Cellura, visibilmente emozionato, ha ringraziato i presenti per la numerosa partecipazione all’evento dimostrandogli vera amicizia e approvazione solidale dei suoi scritti.
Ha ringraziato anche chi ha contribuito alla realizzazione dell’opera spiegando le motivazioni che lo hanno spinto a scrivere il presente volume.
Ha citato il compianto dottor Vincenzo Marrali, recentemente scomparso, per la pubblicazione dei suoi libri e per le sue battaglie politiche.
Inoltre, questo libro è l’omaggio a Giuseppe Peritore, professore e storico licatese, per la realizzazione del volume “LICATA CITTA’ RIVOLUZIONARIA” pubblicato nel 1969 .
Ha ringraziato anche gli operatori che hanno prestato servizio nella Biblioteca comunale che, con il loro impegno, hanno permesso la buona riuscita dell’evento.

Ha concluso i lavori il giovane Domenico Cannizzaro con queste parole: “Sono contento per Gaetano Cellura, che considero un fine scrittore, che l’evento sia riuscito a meraviglia e che abbia visto la partecipazione di tanti licatesi. Tutti i posti a sedere disponibili nella Biblioteca comunale erano occupati!
Tanti auguri a te, Gaetano, per questa tua nuova creatura letteraria alla quale, certamente, ne seguiranno altre“.
Gli applausi sono stati tanti, meritati e affettuosi.
I commenti letti su Fb:
Lorenzo Peritore: “E’ stata una piacevolissima e importante serata trascorsa con tanti amici facendo insieme un viaggio a ritroso nella nostra storia ricordando un periodo travagliatissimo della nostra citta di Licata”.
Angelo Biondi: “Mi associo alle tue parole. Complimenti a Gaetano Cellura. Ho già letto il libro che arricchisce di notizie e acute riflessioni un periodo storico in cui la nostra città ha tentato, manifestando un moto di ribellione, di rivendicare rispetto e considerazione“.
Salvo D’Addeo: “Mi spiace non essere stato presente perché impegnato alla Scuola Media Marconi per uno spettacolo su Camicette Bianche“.
Calogero Carità Onorio:” Complimenti a Gaetano Cellura“.
Daniela Mule’:”Fatti di storia politica e sociale della nostra città, un ritratto di Licata ancora molto attuale, un libro che dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani“.
Chi è Gaetano Cellura? 
Gaetano Cellura è nato di Licata, dove vive assieme alla sua famiglia, godendosi in quiescenza il meritato riposo dopo avere lavorato come portalettere della locale Posta Italiana.
E’ autore di numerose opere di narrativa e di saggistica letteraria e storica.
Ha pubblicato nel 2008 “Licata contemporanea, politica e società”. Tra le altre opere: “Professori d’altri tempi. Letterati e filosofi” (2022), “Le pieghe della vita nel sonno”. Saggi e note di letteratura“ (2017),” Le stoppie del feudo. Racconti veri e verosimili” (2015), “La bottega di Spinoza. Racconti storici e civili” (2013), “Rumore di fondo. Note di letteratura e storia” (2011), “Storia amara del ’43” (2007). Nel 2023 <LICATA E DINTORNI” Storie di storia politica>,

Feb 13, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA FASCIA COSTIERA ATTORNO AL MARE DI LICATA

LA FASCIA COSTIERA ATTORNO AL MARE DI LICATA

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Certamente un tempo queste zone costiere dovevano essere ricoperte da una vegetazione intricata e impenetrabile che offriva selvaggina e legna per l’uomo del neolitico.
I tagli intensi, gli incendi frequenti e l’allevamento continuo di bestiame, ne hanno favorito la degradazione.
La fascia costiera, estesa oltre 18 km, è caratterizzata dalla presenza di vegetali adattati alle difficili condizioni pedologiche e climatiche.

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Ad ovest del centro abitato, dune, anche di notevole mole, prospicienti un lungo litorale sabbioso ininterrotto da Torre di Gaffe a San Nicola, ospitano specie vegetali alofile e fortemente xerofile come il Carpobrotus edulis, dai fiori dai colori smaglianti,

2 carpobrotus edulis OK

il Mesembryanthemum crystallinun luccicante di piccoli cristalli

3 Mesembryanthemum crystallinun OK

e il Pancratium, dal delicato fiore bianco profumato.

4 Pancratium OK

Queste popolazioni si riducono gradualmente a pulvini di piante pioniere; quasi sempre l’Ammophila arenaria cresce nei pressi della battigia.

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Anche ad est dell’abitato le spiagge si estendono dalla foce del Salso-Imera al castello di Falconara interrotte solo dagli scogli di Poggio della Guardia e delle Due Rocche dove sbocca il torrente Cantigaglione.
Tra le dune vive lo Scarabaeus semipunctatuts , un coleottero coprofago.

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I paesaggi del piano sopra il litorale roccioso della Montagna e della collina Poliscìa sono punteggiati dagli appariscenti cespugli rotondeggianti di Euphorbia arborea.
Più in basso, tra le rocce calcaree sopra la linea della battigia, la vegetazione si riduce a piante isolate e distanziate di Salsola e di Salicornia.

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Durante i mesi di giugno e di luglio alcune scarpate, nelle immediate vicinanze del mare, lungo la tormentata costa della Poliscìa, si coprono di una margheritina color giallo oro: è l’Inula crithmoides acutifolia perfettamente adattata alle severe condizioni ambientali.
Secondo E. Baroni ha un areale molto limitato.

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Il Poliphylla fullo, un bel maggiolino dalle elitre elegantemente disegnate a marmoreggiature, abita le zone litoranee della Montagna, della Poliscìa e di Castellazzo.
Il suo ciclo biologico dura parecchi anni durante i quali gli stadi larvali rimangono sotto terra, mentre la vita da adulto è breve. Di tanto in tanto si assiste, tra aprile e maggio, ad una vera e propria invasione di questi coleotteri.

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Circondato da alte dune sabbiose, un antico fondo palustre, “Il Lago”, residuo di una depressione retrodunale bonificata in parte, situato a nord nord-est della Rocca di San Nicola, è ricco di falde freatiche poco profonde.
La depressione, a causa della presenza d’acqua, favorisce una vegetazione ricca di piante idrofile, l’Arundo, associazione di piante della famiglia delle graminacee compresa la canna del canneto.

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Nei canali di drenaggio che l’attraversano vive il Myriophyllium verticillatum, pianta d’acqua dolce,

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e vi nuota il Lebistes reticulatus, un pesciolino che riesce a sopravvivere al disseccamento estivo rifugiandosi tra la fanghiglia del fondo e rallentando di molto il proprio metabolismo. Molto comune fino a qualche trentennio fa, oggi è raro a causa dell’uso spesso improprio dei
pesticidi in agricoltura.

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Il Cormorano è abituato a frequentare queste coste, anche se, per logici motivi legati alle necessità nutrizionali, privilegia il porto peschereccio, dove non è difficile osservare, durante i mesi invernali, la sua inconfondibile sagoma. Comune e nidificante in Sicilia fino a meno di
un secolo fa, oggi questo uccello ha un areale di nidificazione italiano
molto limitato in Sardegna.

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Tra le scogliere marine è presente il Marangone dal ciuffo, un uccello tuffatore che si è adattato a pescare anche all’interno delle darsene portuali.

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Il Cormorano e il Marangone catturano le loro prede. I numerosi gabbiani,

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sempre presenti nelle aree portuali, tranne che nei periodi di cova e di allevamento della prole, hanno imparato a “mendicare” con insistenza il cibo alle barche da pesca.

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