Mar 4, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA PIANTA DI ARGYRANTHEMUM FRUTESCENS NELL’AIUOLA DELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

LA PIANTA DI ARGYRANTHEMUM FRUTESCENS NELL’AIUOLA DELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

Ho molto gradito il piccolo vaso contenente una piccola piantina dai bellissimi fiori colorati.
Grazie alla mia cara amica Letizia per il suo gentile pensiero!

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Donare un omaggio floreale è dimostrazione di sensibilità verso la Natura che ci sorprende sempre per la diversità delle forme, per i variopinti colori, per gli inimitabili profumi dei fiori. Già nel Medioevo e nel Rinascimento il valore simbolico dei fiori era connesso ad importanti significati morali.
Ho trapiantato la piantina in un’aiuola della mia campagna, in contrada Montesole, a Licata, dove si è perfettamente adatta e cresciuta tanto da occupare tutto lo spazio a sua disposizione.


Il suo nome scientifico è “ARGYRANTHEMUM FRUTESCENS”.
Il suo basionimo è “Chrysanthemum frutescens”.
Altro sinonimo è ” Pyrethrum frutescens”.
I nomi italiani sono: “Margherita delle Canarie, Margherita legnosa, Crisantemo delle Canarie”.


Etimologicamente il nome del genere “Argyranthemum” è formato da una parola composta derivante dal greco “ἄργῠρος” “argento” e da “ἄνϑεμον” “fiore” col significato di “Fiore argenteo”.
Il nome della specie “frutescens” proviene dal latino “frutex” “arbusto” per il suo potamento di piccolo arbusto.
L’Argyranthemum è una specie originaria delle isole Canarie dove sono presenti numerose sottospecie come: A.frutescens, A.canaria, A.Foeniculaceum, A.gracilescens, A.parviflorum, A.pumilum Humphries,A.succulentum Humphries. Tutte queste specie hanno in comune la forma del fiore a margherita con il disco centrale giallo, spesso semplice, ma anche doppio e con i petali sovrapposti. La corolla è di diversi colori: bianca, gialla, rosa, rossa.
L’Argyranthemum frutescens ha subito importanti mutamenti genetici così da ottenere esemplari dal migliore valore ornamentale. I mutamenti genetici si sono concentrati sulle potenzialità del colore, sulla forma dei fiori e su nuove altre forme della pianta.
L’Argyranthemum frutescens è una comune pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle Asteracee.


E’ provvista di un robusto apparato radicale dal quale si solleva la parte aerea abbondantemente ramificata formata dagli steli semilegnosi alla base ed erbacei nella parte terminale facendo assumere alla pianta un portamento cespuglioso. Gli steli sono ricoperti da numerose foglie di colore verde e profondamente incise. Sono piccole e bipennate, cioè formate da un asse centrale da cui si dipartono numerose altre foglioline secondarie su entrambi i lati.

Dalla folta chioma, durante tutto il periodo della fioritura, fanno capolino i fiori, grandi, decorativi, provvisti di una vistosa corolla composta da lunghi petali ligulati di colore bianco-rosato. Fiorisce per quasi tutto l’arco dell’anno, soprattutto nelle zone dove il clima è mite, come a Licata.


Nelle zone più fredde la fioritura si estende dall’inizio della primavera protraendosi sino al tardo autunno, rendendo questo fiore una scelta perfetta per avere un giardino rigoglioso e allegro.
Dopo la stagione della fioritura è bene potare la pianta togliendo i rami secchi e i fiori appassiti così da ottenere uno sviluppo più compatto della pianta.
L’impollinazione è entomofila se il trasporto del polline viene effettuato dagli insetti, anemofila se compiuta dal vento.
Il frutto è un piccolo achenio contenente pochi piccoli semi che, a maturità, diventano neri.
La moltiplicazione dell’Argyranthemum frutescens avviene per disseminazione dei semi tramite l’acqua, il vento, gli animali, e anche per talea scegliendo come periodo migliore la primavera e l’autunno.
I semi si possono disporre in un semenzaio contenente del terriccio misto a torba e posto in un luogo fresco. Quando spunteranno le prime piantine si rinvaseranno e saranno pronte per esserere regalate agli amici più cari.
Per riprodurre la pianta per mezzo della talea è necessario prelevare una porzione apicale di un ramo lunga almeno 10 cm e interrarla in un terreno misto a torba e mantenuto umido. Quando le talee avranno messo le radici, allora sarà possibile trasferirle in piena terra o in un vaso.
L’Argyranthemum frutescens è una pianta erbacea, quasi arbustiva, ornamentale, di facile coltivazione, impiegata per abbellire le aiuole dei giardini pubblici e privati, per rivestire aree di cortili, dei balconi e delle terrazze nelle zone temperate e costiere.


E’ resistente al caldo intenso, alla salsedine, ai venti salmastri. Cresce a quote comprese da 0 fino a 500 metri di altitudine sul livello del mare. Ama le posizioni luminose, soleggiate, dove possa ricevere per almeno 5-6 ore al giorno i raggi diretti del sole. Predilige vegetare su terreni sciolti, fertili, leggeri, lievemente acidi, ricchi di nutrienti e con un buon drenaggio.
Periodicamente è bene arricchire il terreno con sostanza organica, oppure somministrare concime granulare ricco di fosforo, potassio e azoto. Per quanto riguarda l’Irrigazione la specie non è molto esigente in termini idrici. In primavera e in estate bisogna innaffiare con regolarità, in autunno e in inverno con moderazione evitando le acque calcaree. Tollera brevi periodi di siccità, ma a discapito della fioritura.Teme molto i ristagni idrici. Di norma, è consigliabile eliminare alla base i rami secchi e danneggiati dal freddo tagliandoli alla base. I rami più lunghi vanno accorciati al fine di favorire l’infoltimento del cespuglio durane la fase vegetativa. I rametti possono essere utilizzati come talee. Se la coltivazione dell’Argyranthemum frutescens avviene in vaso, bisogna scegliere contenitori grandi in modo da garantire una quantità di substrato per nutrirsi bene e avere una buona fioritura.
Per quanto riguarda le malattie e i parassiti l’Argyranthemum frutescens teme il Mal bianco o Oidio, che si riconosce dai depositi di polvere biancastra sulle foglie. Soffre l’attacco degli Afidi. Per combattere le malattie fungine e i parassiti è bene trattare la pianta con prodotti specifici o con un antiparassitario al piretro.
Nel linguaggio dei fiori l’Argyranthemum frutescens evoca “candore, innocenza, grazia”

Feb 19, 2023 - Senza categoria    Comments Off on PRESENTAZIONE DEL LIBRO – LICATA E “DINTORNI” Storie di storia politica – DI GAETANO CELLURA

PRESENTAZIONE DEL LIBRO – LICATA E “DINTORNI” Storie di storia politica – DI GAETANO CELLURA

Giovedì, 16 Febbraio 2023, nell’accogliente sala di lettura della biblioteca comunale “Luigi Vitali”, sita in Piazza Matteotti a Licata,

è stato presentato il libro <LICATA E “DINTORNI” Storie di storia politica>, di 71 pagine, trasmesso in Licata News SRLS, dell’autore GAETANO CELLURA. 

Nella seconda di copertina : “Con questo libro (pagine 71, euro 9), Licata News SRLS avvia le proprie edizioni cartacee, con l’intento di offrire alla città un servizio di divulgazione (promozionale e culturale) sempre più ampio. Con l’opera scritta ci impegniamo in una nuova avventura con l’augurio di ripetere il successo riscosso con la rappresentazione in video delle nostre tradizioni, del nostro folklore e in particolare della nostra festa patronale”.
Il giovane Domenico Cannizzaro, che ha aperto i lavori, ha saputo intrattenere piacevolmente i rappresentanti dell’Amministrazione comunale di Licata nelle persone del sindaco dott. Giuseppe Galanti, dell’assessore alla Cultura Violetta Callea e del consigliere comunale Giuseppe Peruga, e tutto il pubblico presente dando la prima spiegazione sul contenuto del libro. Da sx: Giuseppe Peruga-Gaetano Cellura-Domenico Cannizzaro

Il consigliere comunale Giuseppe Peruga si è complimentato con l’autore Gaetano Cellura per l’importante lavoro culturale atto ad informare la cittadinanza sulla situazione in cui versava la città di Licata in quegli anni così lontani nel tempo.
Il sindaco di Licata, il dottor Giuseppe Galanti, nel suo breve intervento, dopo aver portato i saluti istituzionali di tutti i componenti dell’Amministrazione Comunale di Licata, ha manifestato i suoi apprezzamenti allo scrittore Gaetano Cellura per i tanti volumi pubblicati dallo stesso autore, che AMA immensamente la sua città. Certo, molti di questi problemi evidenziati sono stati risolti, anche dalle precedenti Amministrazioni comunali, ma molti altri ne rimangono ancora da risolvere, soprattutto con la preziosa collaborazione di tutti i cittadini licatesi.


Il giovane speaker Domenico Cannizzaro ha esaurientemente esposto il contenuto del libro di Gaetano Cellura <Licata e “Dintorni” storie di storia politica>, nel quale l’autore ha descritto la storia di Licata a ritroso nel tempo nel quarto periodo del secolo scorso descrivendo quasi cinque lustri di storia locale, dal dopoguerra fino al 1967, con rapide incursioni ed escursioni su fatti accaduti negli stessi anni anche nei paesi a noi vicini.
Ha descritto anche parte della storia politica non solo di Licata, ma anche di altri paesi circostanti della provincia di Agrigento. Le virgolette, infatti, nel titolo del libro, indicano, appunto, altri fatti storici avvenuti nei paesi di Ravanusa, di Naro, di Favara, di Avola, una cittadina in provincia di Siracusa, e di altri luoghi.
Infatti, nel suo libro Gaetano Cellura ha descritto le promesse mai mantenute dalla politica, le opportunità che in quegli anni ha perso la città di Licata, le contestazioni e le sommosse popolari.
Ha ricordato i gravissimi fatti legati allo sciopero del 5 luglio del 1960 per la prolungata mancanza d’acqua potabile, erogata alla cittadinanza dopo lunghi periodi di attesa. A causa di questa sommossa, in un momento di forte rivolta popolare, perse la vita il venticinquenne licatese Vincenzo Napoli.

La gentilissima signora Daniela Mulè ha catturato l’attenzione della platea con la lettura di alcune pagine a tema, tratte dallo stesso libro.
E’ stata bravissima attrice nell’interpretazione riscuotendo numerosi applausi.


Anche il poeta dialettale licatese, il signor Lorenzo Peritore, ha reso omaggio a Gaetano Cellura con la recita di alcune poesie, sul tema dell’aeroporto e sulla morte di Vincenzo Napoli, tratte dalla sua copiosa collezione, centrando pienamente le varie argomentazioni trattate nel libro <LICATA E DINTORNI” Storie di storia politica>.

Gaetano Cellura, visibilmente emozionato, ha ringraziato i presenti per la numerosa partecipazione all’evento dimostrandogli vera amicizia e approvazione solidale dei suoi scritti.
Ha ringraziato anche chi ha contribuito alla realizzazione dell’opera spiegando le motivazioni che lo hanno spinto a scrivere il presente volume.
Ha citato il compianto dottor Vincenzo Marrali, recentemente scomparso, per la pubblicazione dei suoi libri e per le sue battaglie politiche.
Inoltre, questo libro è l’omaggio a Giuseppe Peritore, professore e storico licatese, per la realizzazione del volume “LICATA CITTA’ RIVOLUZIONARIA” pubblicato nel 1969 .
Ha ringraziato anche gli operatori che hanno prestato servizio nella Biblioteca comunale che, con il loro impegno, hanno permesso la buona riuscita dell’evento.

Ha concluso i lavori il giovane Domenico Cannizzaro con queste parole: “Sono contento per Gaetano Cellura, che considero un fine scrittore, che l’evento sia riuscito a meraviglia e che abbia visto la partecipazione di tanti licatesi. Tutti i posti a sedere disponibili nella Biblioteca comunale erano occupati!
Tanti auguri a te, Gaetano, per questa tua nuova creatura letteraria alla quale, certamente, ne seguiranno altre“.
Gli applausi sono stati tanti, meritati e affettuosi.
I commenti letti su Fb:
Lorenzo Peritore: “E’ stata una piacevolissima e importante serata trascorsa con tanti amici facendo insieme un viaggio a ritroso nella nostra storia ricordando un periodo travagliatissimo della nostra citta di Licata”.
Angelo Biondi: “Mi associo alle tue parole. Complimenti a Gaetano Cellura. Ho già letto il libro che arricchisce di notizie e acute riflessioni un periodo storico in cui la nostra città ha tentato, manifestando un moto di ribellione, di rivendicare rispetto e considerazione“.
Salvo D’Addeo: “Mi spiace non essere stato presente perché impegnato alla Scuola Media Marconi per uno spettacolo su Camicette Bianche“.
Calogero Carità Onorio:” Complimenti a Gaetano Cellura“.
Daniela Mule’:”Fatti di storia politica e sociale della nostra città, un ritratto di Licata ancora molto attuale, un libro che dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani“.
Chi è Gaetano Cellura? 
Gaetano Cellura è nato di Licata, dove vive assieme alla sua famiglia, godendosi in quiescenza il meritato riposo dopo avere lavorato come portalettere della locale Posta Italiana.
E’ autore di numerose opere di narrativa e di saggistica letteraria e storica.
Ha pubblicato nel 2008 “Licata contemporanea, politica e società”. Tra le altre opere: “Professori d’altri tempi. Letterati e filosofi” (2022), “Le pieghe della vita nel sonno”. Saggi e note di letteratura“ (2017),” Le stoppie del feudo. Racconti veri e verosimili” (2015), “La bottega di Spinoza. Racconti storici e civili” (2013), “Rumore di fondo. Note di letteratura e storia” (2011), “Storia amara del ’43” (2007). Nel 2023 <LICATA E DINTORNI” Storie di storia politica>,

Feb 13, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA FASCIA COSTIERA ATTORNO AL MARE DI LICATA

LA FASCIA COSTIERA ATTORNO AL MARE DI LICATA

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Certamente un tempo queste zone costiere dovevano essere ricoperte da una vegetazione intricata e impenetrabile che offriva selvaggina e legna per l’uomo del neolitico.
I tagli intensi, gli incendi frequenti e l’allevamento continuo di bestiame, ne hanno favorito la degradazione.
La fascia costiera, estesa oltre 18 km, è caratterizzata dalla presenza di vegetali adattati alle difficili condizioni pedologiche e climatiche.

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Ad ovest del centro abitato, dune, anche di notevole mole, prospicienti un lungo litorale sabbioso ininterrotto da Torre di Gaffe a San Nicola, ospitano specie vegetali alofile e fortemente xerofile come il Carpobrotus edulis, dai fiori dai colori smaglianti,

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il Mesembryanthemum crystallinun luccicante di piccoli cristalli

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e il Pancratium, dal delicato fiore bianco profumato.

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Queste popolazioni si riducono gradualmente a pulvini di piante pioniere; quasi sempre l’Ammophila arenaria cresce nei pressi della battigia.

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Anche ad est dell’abitato le spiagge si estendono dalla foce del Salso-Imera al castello di Falconara interrotte solo dagli scogli di Poggio della Guardia e delle Due Rocche dove sbocca il torrente Cantigaglione.
Tra le dune vive lo Scarabaeus semipunctatuts , un coleottero coprofago.

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I paesaggi del piano sopra il litorale roccioso della Montagna e della collina Poliscìa sono punteggiati dagli appariscenti cespugli rotondeggianti di Euphorbia arborea.
Più in basso, tra le rocce calcaree sopra la linea della battigia, la vegetazione si riduce a piante isolate e distanziate di Salsola e di Salicornia.

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Durante i mesi di giugno e di luglio alcune scarpate, nelle immediate vicinanze del mare, lungo la tormentata costa della Poliscìa, si coprono di una margheritina color giallo oro: è l’Inula crithmoides acutifolia perfettamente adattata alle severe condizioni ambientali.
Secondo E. Baroni ha un areale molto limitato.

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Il Poliphylla fullo, un bel maggiolino dalle elitre elegantemente disegnate a marmoreggiature, abita le zone litoranee della Montagna, della Poliscìa e di Castellazzo.
Il suo ciclo biologico dura parecchi anni durante i quali gli stadi larvali rimangono sotto terra, mentre la vita da adulto è breve. Di tanto in tanto si assiste, tra aprile e maggio, ad una vera e propria invasione di questi coleotteri.

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Circondato da alte dune sabbiose, un antico fondo palustre, “Il Lago”, residuo di una depressione retrodunale bonificata in parte, situato a nord nord-est della Rocca di San Nicola, è ricco di falde freatiche poco profonde.
La depressione, a causa della presenza d’acqua, favorisce una vegetazione ricca di piante idrofile, l’Arundo, associazione di piante della famiglia delle graminacee compresa la canna del canneto.

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Nei canali di drenaggio che l’attraversano vive il Myriophyllium verticillatum, pianta d’acqua dolce,

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e vi nuota il Lebistes reticulatus, un pesciolino che riesce a sopravvivere al disseccamento estivo rifugiandosi tra la fanghiglia del fondo e rallentando di molto il proprio metabolismo. Molto comune fino a qualche trentennio fa, oggi è raro a causa dell’uso spesso improprio dei
pesticidi in agricoltura.

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Il Cormorano è abituato a frequentare queste coste, anche se, per logici motivi legati alle necessità nutrizionali, privilegia il porto peschereccio, dove non è difficile osservare, durante i mesi invernali, la sua inconfondibile sagoma. Comune e nidificante in Sicilia fino a meno di
un secolo fa, oggi questo uccello ha un areale di nidificazione italiano
molto limitato in Sardegna.

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Tra le scogliere marine è presente il Marangone dal ciuffo, un uccello tuffatore che si è adattato a pescare anche all’interno delle darsene portuali.

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Il Cormorano e il Marangone catturano le loro prede. I numerosi gabbiani,

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sempre presenti nelle aree portuali, tranne che nei periodi di cova e di allevamento della prole, hanno imparato a “mendicare” con insistenza il cibo alle barche da pesca.

Feb 5, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA CAMPSIS GRANDIFLORA ADORNA MURI GIARDINI E BALCONI A LICATA

LA CAMPSIS GRANDIFLORA ADORNA MURI GIARDINI E BALCONI A LICATA

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A Licata i muri di tante strade, le recinzioni dei giardini privati, le ringhiere dei balconi sono rivestiti da piante dai fiori appariscenti, spettacolari, di lunga durata, che abbelliscono l’ambiente.
Sono le Bignonie di cui ne esistono diverse varietà, alcune sempreverdi, altre stagionali e rampicanti.
Alcune producono fiori il cui colore varia dal rosso vivo, al rosso arancio, al rosso salmone.

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Le varietà più note sono: “Tagliabuana”, che presenta fiori grandi di colore rosso che ricoprono la pianta fino a ottobre, e ”Madame Galen”, dai bei fiori color rosso-salmone.
Il nome “Bignonia” è stato attribuito da Joseph Pitton de Tournefort in onore dell’abate Jean -Paul Bignon, suo allievo e botanico francese.
Tra le specie più belle si disitngue la Bignonia grandiflora, il cui nome scientifico è “Campsis grandiflora” appartenente alla famiglia delle Bignoniaceae e originaria della Cina.
Sinonimi sono: “Bignonia grandiflora, Campsis chinensis, Tecoma grandiflora“.
Il nome del genere “Campsis” deriva dal greco ” Καμπέ” “piegato”, con riferimento agli stami ricurvi.
Il nome della specie “grandiflora” perchè i fiori sono grandi.

https://youtu.be/9yeHY2AepaA
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La Campsis grandiflora, comunemente nota come la “Tromba cinese”, è un arbusto rampicante deciduo, a crescita rapida, alto fino a 10 metri, con la parte ipogea legata al terreno mediante una robusta radice fascicolata, mentre la parte epigea è formata da un insieme di radici avventizie dotate di ventose per permettere di aggrapparsi ai muri e alle ringhiere dei giardini e dei balconi.

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Sui rami spuntano le foglie, opposte, ovate, pennate, dai margini dentellati, di colore verde scuro, lunghe da 2,5 a 10 cm.

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In estate, e fino all’inizio dell’autunno inoltrato, all’estremità dei rami compaiono i fiori, molto vistosi, riuniti in infiorescenze terminali. La corolla, campanulata, a forma di tromba, è composta da cinque petali arrotondati di colore arancio – rossastro all’interno e giallo arancio -salmone all’esterno.

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La fioritura è abbondante e spettacolare. I fiori attirano gli insetti impollinatori, come api e bombi, e anche piccoli uccelli affamati. Dopo la fioritura, la pianta produce i frutti, piccoli e lunghi baccelli verdi, contenenti all’interno 5 -7 semi piatti e di forma sferica.
La moltiplicazione avviene per talea o per propaggine.
Le talee si prelevano da pezzetti di fusto non lignificato o di legno tenero lungo 10-15 cm e messe a radicare in un recipiente contenente una miscela di torba e di sabbia. Il periodo migliore per la pratica delle talee è il periodo giugno-luglio.
Le nuove piantine si potranno trapiantare nella primavera successiva.
La moltiplicazione per propaggine si ottiene utilizzando rami bassi e flessibili, parzialmente interrati, che si staccheranno dalla pianta madre a radicazione avvenuta.
La Campsis grandiflora è una pianta un pò delicata, non molto vigorosa, ma di facile coltivazione.
Ha bisogno del clima mite, come quello di Licata.
Non sopporta le basse temperature invernali.
Questa Campsis delimita il cancello d’ingresso di un’abitazione a Licata riparata dai venti e con una buona esposizione alla luce del sole. Migliore è quella a sud o a ovest.
Tutte le Campsis gradiscono vegetare su terreni freschi, fertili, leggermente acidi o leggermente alcalini e ben drenati in modo da evitare i temuti ristagni idrici.
Le annaffiature devono essere frequenti, regolari e abbondanti nei periodi più caldi. Ogni 3 – 4 mesi è opportuno somministrare alla base della pianta del concime granulare a lenta cessione.
Si deve effettuare la potatura dopo la fioritura e, in caso di esemplari particolarmente vigorosi, ogni volta che si ritiene necessaria allo scopo di contenere le dimensioni della stessa pianta.
E’ meglio evitare di potare le piante giovani di Campsis perché si rallenterebbe la loro crescita. E’, invece, importante potare la pianta adulta.

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Per quanto riguarda i parassiti e le malattie la Campsis grandiflora teme il marciume radicale, il mal bianco e l’attacco degli Afidi, piccoli insetti di colore chiaro che si depositano sulle foglie. In loro presenza la pianta va trattata usando antiparassitari specifici.
Nel linguaggio dei fiori la Campsis grandiflora è un fiore sacro al Sole.
E’ anche la pianta che protegge scrittori e artisti favorendone la loro ispirazione.
Nel Messico, in Perù e in Argentina il fiore è considerato ancora oggi simbolo di prosperità, di ricchezza e, se ricevuto in dono, esprime BUON AUSPICIO e BUONA FORTUNA.
Una leggenda greca narra che le Muse, una volta morte, divenivano fiori a loro simili, le Begnonie appunto!

Nov 15, 2022 - Senza categoria    Comments Off on LA BITUMINARIA BITUMINOSA NELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

LA BITUMINARIA BITUMINOSA NELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

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Osservare le piante spontanee per me è sempre una piacevole esperienza che mi dimostra quanto è varia la Natura e arricchisce le mie conoscenze naturalistiche.
Ho fotografato la BITUMINARIA BITUMINOSA  nella mia campagna di Licata, a Montesole, una montagna a 119 metri s.l.m.

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La Bituminaria bituminosa è conosciuta con altri nomi italiani: “Psoralea bituminosa, Trifoglio bituminoso, Trifoglio cavallino, Trifoglio odoroso o Fassolara”.
Altri sinonimi sono: “Aspalthium bituminosum, Psoralea palaestina”.

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Etimologicamente i nomi del genere ” Bituminaria” e della specie ” bituminosa”, dal latino “bitumen”, “bitume, asfalto”, sono dovuti all’odore di bitume che deriva dalle numerose ghiandole resinose sparse sul fusto e sulle foglie quando sono stropicciate.
La Bituminaria bituminosa è una pianta appartenente alla famiglia delle Fabaceae originaria dalle zone mediterranee dell’EuropaIn Italia è comune nelle regioni centro-meridionali.
E’ rara o assente nelle zone settentrionali quali la Valle d’Aosta, la Lombardia, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia.
La Bituminaria bituminosa è una pianta erbacea perennante, per mezzo di gemme poste a livello del terreno, pelosa-ghiandolosa, composta da tanti fusti erbacei, eretti, alti da 20 a 50 cm, tondeggianti, costolati, scuri, striati, coperti da peluria setosa e dai quali spuntano i rami corimbosi.

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Le foglie, sostenute da lunghi piccioli, alterne, di forma lungamente lanceolata con margine intero, sono formate da una coppia di foglie laterali e di una centrale leggermente distanziata e ricoperte da fini peli sericei.

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I numerosi fiori sono raccolti in infiorescenze a capolini emisferici portati da peduncoli più lunghi delle foglie.
Il calice del fiore è tuboloso, densamente irsuto, peloso e dentato.
La corolla è papilionacea e di colore azzurro-violaceo o biancastro. Gli stami sono in numero di 10, tutti più o meno lunghi e uguali di cui 9 sono uniti in filamenti cilindrici e 1 è libero con le antere ovoidali. Lo stilo è ricoperto da papille gelatinose al centro.
L’antesi avviene dal mese di aprile e si protrae fino al mese di luglio.

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Il frutto è un legume indeiscente di forma ovale-convessa con lungo rostro appiattito, poco sporgente dal calice, portante un solo seme reniforme.
I suoi habitat preferiti sono: i margini delle strade, i sentieri umidi dei boschi, i luoghi erbosi, i pascoli aridi, i terreni incolti.
Cresce nell’intervallo altimetrico tra 0 e 1000 m s.l.m.
La Bituminaria bituminosa è una pianta spontanea di notevole interesse farmaceutico per la presenza di diversi principi attivi quali: ipsoraleni, gli isopsoraleni ( da cui deriva il nome Psoralea sinonimo di Bituminaria), e gli ptercarpani,che ne giustificano l’antico uso come farmaco.
I psolareni sono sostanze fotosensibilizzanti che vengono usate insieme all’esposizione a raggi PUVA per la cura dell’alopecia, della vitiliggine, della psoriasi e di altre malattie della pelle quali dermatiti ed edemi.
Gli ptercarpani mostrano una forte attività antiossidante e l’integrazione con la dieta aiuta a prevenire problemi cardiovascolari, vari tipi di cancro, disordini epatici ed infiammatori.
In passato la pianta essiccata si fumava per lenire il mal di denti e come espettorante nelle affezioni dell’apparato respiratorio.
L’infuso delle foglie si riteneva fosse utile per cicatrizzare e lenire le ferite causate dai morsi di serpenti.
Attualmente si usa come tonico.
Questi composti sono ubiquitari nei diversi organi della pianta, infatti si possono ritrovare nelle foglie, nei germogli,nei fiori, nei frutti e nelle radici in concentrazioni diverse a seconda dello stato “vitale” della pianta, se vegetativo o riproduttivo.
Le applicazioni farmaceutiche sono indicate solamente a scopo informativo. Attenersi sempre ai consigli del medico sia dal punto di vista curativo, sia estetico sia alimentare.

Nov 3, 2022 - Senza categoria    Comments Off on LA MIRABILIS JALAPA – LA BELLA DI NOTTE DAI FIORI DIVERSAMENTE COLORATI

LA MIRABILIS JALAPA – LA BELLA DI NOTTE DAI FIORI DIVERSAMENTE COLORATI

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La Bella di notte è una pianta molto comune a Licata.
L’ho vista vegetare abbondantemente nelle aiuole davanti all’ingesso di tante palazzine in via Honduras a Licata, in modo particolare al numero civico 14, e anche nelle aiuole adiacenti all’inizio della scala al cimitero di Marianello.

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E’ una pianta gioisa, che mette allegria con i suoi fiori colorati.
Il suo nome scientifico è “Mirabilis jalapa”, conosciuta anche col sinonimo “Nyctago jalapa”.
Il nome del genere “Mirabilis”, derivante dal latino “mirabilis” “mirabile” “meravigliarsi”, è in riferimento alla bellezza dei suoi meravigliosi fiori che possono essere di colori diversi .
Inizialmente da Linneo fu chiamata “Admirabilis Jalapa”.
Il nome della specie “jalapa” fa riferimento a Jalapa, una città del Messico e capitale dello stato di Veracruz.

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La Mirabilis jalapa è una pianta originaria delle regioni tropicali dell’America centrale e meridionale, precisamente delle regioni del Perù.
Giunse in Europa nel 1524 e divenne subito popolare apprezzando la lunga fioritura e la capacità di diffondersi facilmente.
Fu anche notata dai botanici, in particolare per la qualità di avere brevi cicli di crescita e di sviluppo.
Questi, uniti alla grande variabilità di colori, furono requisiti indispensabili per renderla la perfetta cavia per lo studio dell’ereditarietà genetica nelle piante.
E’ anche conosciuta con il sinonimo di ” Bella di notte”, nome giustificato dal profumo emanato dai suoi fiori che si schiudono al calar del sole e si richiudono alle prime luci dell’alba. Per questo motivo è nota anche come “pianta dal fiore notturno”.

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Dall’intenso profumo dei suoi fiori è attirata una grande quantità di insetti serali e notturni, dalle farfalle al Macroglossum stellatarum, che fungono da agenti impollinatori, favorendo la diffusione della specie.
Per la caratteristica di essere un fiore notturno, che si nasconde durante le ore diurne allo sguardo della gente, nel linguaggio dei fiori, la Bella di notte simboleggia la ” timidezza”.
La Mirabilis jalapa, pur essendo una pianta semi-rustica, perenne, nei climi dove la temperatura ambientale è bassa, a causa della sua sensibilità al freddo, è coltivata come pianta annuale.
La Mirabilis jalapa è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Nyctaginaceae.
Si presenta come un denso cespuglio eretto e molto ramificato.
Si lega al suolo mediante radici tuberose nerastre all’esterno e bianche all’interno da cui si sollevano i fusti eretti, nodosi, quadrangolari, macchiati di cremisi scuro, lisci o leggermente lanuginosi, con molte ramificazioni alti da 30 a 100 cm.
Le foglie, sostenute da un lungo picciolo, sono opposte, lisce, cuoriformi, appuntite, lucide e di un bel colore verde.

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Fiorisce nel periodo da luglio a settembre regalando una fioritura abbondante e continua.
I fiori, molto profumati, sono imbutiformi, non hanno calice, sostituito da foglie bratteali, ma sono costituiti da una corolla pentalobata che può essere di vari colori: bianca, gialla, rosa, rossa, porpora, bicolore a seconda delle diverse varietà di Mirabilis jalapa.

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Dopo la fioritura, la pianta produce molti piccoli semi tondeggianti, fertili, di colore nero, legnosi, di circa 4 mm di diametro, con superficie rugosa. Essi si autoseminano.

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La moltiplicazione avviene per seme, ma è possibile anche per trapianto dei tuberi e per talea. Semina e trapianto dei tuberi si effettuano in primavera.
I semi si raccolgono dopo la fioritura, tra settembre e ottobre, e si conservano in un luogo asciutto.
Nei mesi tra febbraio e marzo si sotterrano in giardino o in vaso ricoprendoli con terriccio e sabbia.
Dopo circa 20 giorni , quando compariranno le prime piantine, si può effettuare la messa a dimora lasciando un certo spazio tra una piantina e l’altra.
La sua bellezza e la sua versatilità sono due validi motivi per coltivare la Mirabilis jalapa sia nei vasi, per abbellire balconi e terrazze, sia nei giardini, come piccole siepi o bordure.
La Mirabilis jalapa in Italia è presente ovunque comportandosi, a seconda degli ambienti, come pianta annuale o perenne.
Si coltiva facilmente e per la sua coltivazione non è per nulla esigente. Si adatta a qualsiasi tipo di terreno purché soffice, fertile, ricco di materia organica, e ben drenato.
Predilige l’esposizione al sole per alcune ore del giorno, ma tollera l’esposizione a mezza ombra, e riparata dal vento.
Spesso al sole le foglie appassiscono, per poi ritornare vigorose alla sera, quando tramonta il sole.
Non tollera il freddo. Infatti col freddo la parte aerea deperisce, mentre rimane vitale la radice per vegetare alla prossima primavera.
Per questo motivo la pianta trova il suo habitat ideale lungo le coste e nelle zone a clima mite dove le radici tuberose possono essere lasciate nel terreno da un anno all’altro.
Nelle zone dove la temperatura è bassa è necessario estirpare i tuberi a fine estate, conservarli in luogo asciutto e interrarli nel mese di aprile. Necessita di annaffiature frequenti e abbondanti nei mesi più caldi, evitando i ristagni idrici, ma resiste bene a brevi periodi di siccità.
Può essere utile ogni 15-20 giorni aggiungere un fertilizzante per piante da fiore e ricco di potassio.
Non è necessario potare la pianta, ma è sufficiente eliminare i fiori e le foglie che via via appassiscono.
Pur essendo una pianta abbastanza resistente, per quanto riguarda i parassiti teme gli Afidi verdi responsabili delle malattie dei germogli e dei fiori danneggiando le piantine.
Le piantine giovani potrebbero essere mangiate dalle chiocciole, specie durante le nottate umide primaverili.
Le foglie potrebbero essere colpite dalla ruggine.
Per tutti questi problemi, il consiglio è quello di ricorrere ad antiparassitari naturali, che non immettano sostanze nocive nell’ambiente.
Inoltre, l’eccesso di acqua favorisce il marciume delle radici. Nella medicina popolare la Mirabilis jalapa vanta diverse proprietà rivelandosi utile nei casi di diabete, di prurito, di orticaria, di scottature e per combattere i sintomi della tonsillite.
Per abbassare febbre e per bloccare la diarrea si dovrebbe bere il succo estratto direttamente dalle radici.
Dai fiori invece si ottiene un colorante rosso di uso alimentare.
E’ necessario fare molta attenzione ai semi e alle radici poichè sono velenosi.
I semi, se ingeriti, possono generare dolori addominali, nausea, vomito, confusione mentale, delirio e dilatazione delle pupille.
Contengono alcaloidi e resine tossici sia per l’uomo sia per gli animali.
Le brattee fiorali contengono la trigonellina, un alcaloide che, in caso di contatto, è responsabile di irritazioni epidermiche.
Le applicazioni farmaceutiche sono indicate solo a scopo informativo.
E’ obbligatorio consultare e seguire le indicazioni consigliate e prescritte dal medico.
Se coltivata in giardino o nell’orto è in grado di assorbire tutti i metalli pesanti presenti nel suolo.

Oct 12, 2022 - Senza categoria    Comments Off on GLI ALBERI DI CEIBA SPECIOSA NELLA VILLA COMUNALE “REGINA ELENA” DI LICATA

GLI ALBERI DI CEIBA SPECIOSA NELLA VILLA COMUNALE “REGINA ELENA” DI LICATA

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Passeggiando all’interno della villa comunale “Regina Elena” di Licata nei primi giorni del mese di ottobre 2022 sono stata incantata dai fiori e dalle spine del tronco di questa meravigliosa essenza vegetale.

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Due sono questi alberi che vegetano bene dentro l’aiuola che circonda la piazzetta “8 MARZO, giornata internazionale della Donna”.

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 https://youtu.be/v2yRfLcWOpE

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Altri alberelli della stessa specie vegetano in via Campobello, di fronte all’ingresso del centro commerciale San Giorgio, al palazzetto del Commissariato di Polizia di Stato e abbelliscono la piazza Linares.
Il suo nome scientifico è “CEIBA SPECIOSA”, una specie originaria dell’Argentina, del Brasile, del Paraguay e del Perù, diffusa ampiamente in tutta l’America latina e nel sud-est asiatico come albero sacro, posto al centro della cosmologia Maya in quanto è considerato l’albero della vita che collega terra e cielo.

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Nelle zone tropicali d’origine la specie è conosciuta con il nome di “falso kapok” perchè i semi sono avvolti da una fibra lanosa, simile al kapok, ma di qualità scadente. Anche in Italia è chiamata “falso kapok”.
Sempre nei suoi paesi di origine il kapok è utilizzato per l’imbottitura di materassi, di cuscini e di tanto altro.
La Ceiba speciosa è chiamata anche “albero bottiglia” per il caratteristico rigonfiamento della parte inferiore del tronco in cui si raccoglie acqua e sostanze di riserva che permettono di superare i prolungati periodi di siccità.
In Argentina è chiamata “palo borracho” “albero ubriaco”, per la somiglianza del tronco ad una botte di vino.
La Ceiba speciosa è coltivata anche in Italia, nelle zone a clima mite, come quello di Licata, per la sua bella fioritura rosea.

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In Italia è particolarmente diffusa in Sicilia, dove è stata introdotta, alla fine dell’800, nel giardino dell’orto botanico di Palermo in via Archirafi. Quindi, la specie si è progressivamente diffusa nei giardini delle aree costiere della Sicilia per le notevoli caratteristiche estetiche e per la facilità di coltivazione e di riproduzione. Esemplari di Ceiba speciosa arredano il verde urbano di Cagliari.
Il nome del genere “CEIBA” deriva dal termine utilizzato dalle popolazioni indigene dei caraibi per alcune specie appartenenti allo stesso genere, in particolare alla Ceiba pentandra.
ll nome della specie “speciosa” trae origine dal termine latino “speciosa” ” splendida, magnifica”.
L’antico sinonimo italian0 è “Chorisia speciosa”.
La Ceiba speciosa, molto famosa per la bellezza dei suoi fiori, è conosciuta in molte parti del mondo per cui possiede altri nomi: “brazilian kapok tree”, “floss silk tree”, “silk cotton tree”, “south american kapok tree” (inglese); “arbre bouteille”, “chorisia rose”, “kapockier” (francese); “albero bottiglia”, “chorisia”, “falso kapok” (italiano); “arvore-de paina”, “barriguda”, “paineira”, “paineira-rosa” (portoghese); “arbol de la lana”, “bitaca”, “flor de mayo”, “palo borracho”, “palo borracho rosado”, “palo rosado” (spagnolo); “brasilianischer florettseidenbaum”, “florettseidenbaum”, “wollbaum” (tedesco).
Ne esistono due specie: La Ceiba insignis, dai grandi fiori color crema, e la Ceiba speciosa da fiori rosa screziati di giallo.
La Ceiba speciosa è un piccolo albero appartenente alla famiglia delle Malvaceae o delle Bombacacee.

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E’ una pianta a rapida crescita, succulenta, assorbe i liquidi dal terreno e li conserva, come riserva idrica durante i periodi di siccità, nelle fibre del fusto completamente ricoperto da robuste spine.
La Ceiba speciosa è un albero a foglia caduca legato al suolo dalle radici superficiali e sostenuto da un fusto grigio, alto fino a 12 metri, rigonfio nella parte inferiore come una bottiglia, eretto e variamente ramificato nella parte superiore.

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Il tronco possiede un legno tenero e poroso rivestito dalla corteccia di colore verde nelle piante giovani, di colore grigio-verde in quelle adulte. Molti aculei spinosi, conici, sono presenti sul fusto e anche sui rami. Servono come difesa naturale per la sua riserva d’acqua necessaria durante i periodi di siccità e anche come strumento di difesa, nei luoghi d’origine, dagli animali predatori.
Le foglie,decidue, sostenute da un lungo picciolo, palmato-composte, con cinque foglioline ellittiche, dall’apice acuminato e dai margini dentati, sono di colore verde brillante e glabre sulla pagina superiore, di colore grigio-verde e pelose sulla pagina quella inferiore.

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La fioritura, abbondante, avviene quasi contemporaneamente alla caduta delle foglie alla fine dell’estate, tra i mesi di agosto e di ottobre, protraendosi fino al mese di novembre. I fiori, molto appariscenti, solitari o riuniti a gruppi di due o tre all’ascella delle foglie terminali, sono ermafroditi, cerosi, di circa 15 cm di diametro.

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La corolla, dialipetala, formata da cinque petali oblunghi, carnosi, dai margini ondulati, è di colore rosso striato di rosa nella parte terminale, di colore bianco punteggiato con striature scure nella parte interna. Nella parte centrale emerge un appariscente tubo staminale.

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Il frutto, a lungo persistente sulla pianta rimanendo appeso ai rami nudi per tutto l’ inverno anche in assenza delle foglie, è deiscente perchè si apre spontaneamente a maturità lungo le linee di minore resistenza liberando i semi. Esso è composto da una grossa capsula ovoidale di colore verde scuro che, al suo interno, contiene numerosi semi, globosi, neri, di 5-6 mm di diametro, avvolti in una fitta lanuggine bianca, abbastanza simile al cotone che prende il nome, appunto, di “falso kapok”.

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La riproduzione avviene facilmente per dispersione dei semi, che germinano dopo una settimana di tempo. I semi, essendo duri e coriacei, prima di essere interrati nel letto di semina, si fanno macerare avvolti in uno straccio umido almeno per un giorno.
La germinazione è piuttosto veloce, mentre la crescita della pianta è lenta.
Questa specie si può propagare anche per talea.
Nel caso in cui la propagazione avviene per talea è opportuno porre un tutore per fare crescere la pianta in posizione dritta.
La Ceiba Speciosa è un imponente albero ornamentale di grande valore paesaggistico e, pertanto, è coltivato nei giardini e nei parchi pubblici per la sua straordinaria e bellissima fioritura.

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La Ceiba Speciosa predilige vegetare all’aperto nelle zone calde della Terra dove esistono climi tropicali, subtropicali e temperato- caldi.
Da adulta, la pianta resiste a temperature al di sotto dello zero solo per un breve periodo di tempo perchè le temperature troppo basse la danneggiano irrimediabilmente. Predilige essere esposta alla luce diretta dei raggi dal sole su un terreno leggero, fertile, ricco di sostanza organica e ben drenato. Teme i venti forti, che potrebbero spezzare il fusto e i rami. Le annaffiature non devono essere frequenti, ma sono necessarie solo se non piove a sufficienza durante l’estate perchè, durante la stagione delle piogge, sa immagazzinare una certa quantità di acqua nel suo tronco dal legno spugnoso.
Bisogna evitare i ristagni idrici, una delle cause più diffuse di debolezza e di marciumi dell’apparato radicale. Tollera la salinità.
In primavera e in autunno, per ottenere una produzione floreale abbondante, è bene somministrare del concime granulare a lento rilascio, a base di potassio, di azoto e di fosforo, mescolato direttamente agli strati superficiali del terreno.
Questi tre elementi sono fondamentali per la pianta, ed una loro carenza potrebbe causare indebolimento e rallentamento della crescita della pianta e anche causare la clorosi delle foglie. Il potassio aiuta la sintesi proteica e accentua la resistenza al freddo; l’azoto supporta lo sviluppo dei tessuti e garantisce un’adeguata presenza di clorofilla nelle foglie; il fosforo aiuta il metabolismo e la radicazione.
Oltre a questi tre macro elementi, il concime deve includere anche altri microelementi come il magnesio, il rame, il calcio, il ferro e il manganese.
La pianta deve essere potata precocemente, a partire dal primo anno di età, per favorire la formazione di un unico tronco principale.
Devono essere recisi tutti i polloni che si formano alla base del tronco. Successivamente, la potatura servirà per rimuovere i rami secchi per conferire alla pianta un aspetto più gradevole e armonioso.
Per quanto riguarda le malattie e i parassiti la Ceiba speciosa è una pianta resistente agli afidi, insetti che perforano il fogliame e i germogli per succhiare la linfa, e alle malattie fungine in genere.
In un clima eccessivamente umido le foglie potrebbero essere attaccate dall’oidio o mal bianco, che si manifesta con una sorta di muffa biancastra e che provoca un progressivo deterioramento dell’esemplare colpito, e dalle cocciniglie che determinano un diffuso ingiallimento del fogliame, oltre ad attirare le formiche tramite la produzione di melata.
La soluzione è rappresentata dai trattamenti con anticrittogamici a base di zolfo. Teme fortemente il marciume delle radici se nel terreno ristagna l’acqua.
Di questa pianta si utilizzano le fibre sericee che avvolgono i semi per imbottiture di vario tipo.
Il suo legno bianco, poroso e molto leggero, viene impiegato per la fabbricazione di botti leggere.
La Ceiba speciosa non è una pianta velenosa e quindi la puntura delle spine del tronco non è tossica; potrebbe risultare pericolosa per la presenza di batteri, proprio come avviene per la puntura di spine di rosa o di altre piante.

Oct 1, 2022 - Senza categoria    Comments Off on CERIMONIA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI POESIE “TRA ANIMA E NATURA. Appunti di vita, di viaggio e…” DEL POETA LIBORIO ERBA

CERIMONIA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI POESIE “TRA ANIMA E NATURA. Appunti di vita, di viaggio e…” DEL POETA LIBORIO ERBA

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Sono trascorsi ormai 10 anni di tempo da questo evento, però è sempre piacevole ricordare e rivedere la cerimonia di presentazione del libro “Tra anima e Natura. Appunti di vita, di viaggio e…” Editrice Edas, Messina, 2012, con la prefazione del prof. Calogero Burgio .

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Pertanto, è con modestia e con leale affetto verso l’amico Liborio Erba che scrivo queste semplici parole di presentazione del libro “Tra anima e Natura. Appunti di vita, di viaggio e…” .
Nel suo libro l’autore Liborio Erba
raccoglie solo una parte delle poesie della sua ricca produzione.
Sono 144 composizioni, una più bella dell’altra, una diversa dall’altra, costruite con versi liberi, ricchi di sincera ispirazione.
Il libro è stato presentato a Mistretta nella prestigiosa sala delle conferenze del palazzo della cultura Mastrogiovanni-Tasca giovedì 09/ 08/2012.
Il palazzo Mastrogiovanni-Tasca si trova a Mistretta, in Corso Umberto I, vicino alla chiesa di San Giovanni Battista.
La famiglia Mastrogiovanni-Tasca a Mistretta ha lasciato, oltre ai cari ricordi, anche l’eloquente presenza dell’edificio, oggi sede del “Palazzo della cultura”.
Infatti, attualmente nel palazzo Mastrogiovanni-Tasca è ospitato il museo civico polivalente, intitolato al maresciallo “Egidio Ortolani”, dove sono custoditi importanti reperti archeologici di epoca greca e romana dell’antica Mytistraton-Amestratos, molte tele e il tesoro della Madonna della Luce.
E’ anche sede della biblioteca comunale, intitolata all’insigne linguista “Antonino Pagliaro”, dove è custodito, inoltre, il fondo librario antico con manoscritti risalenti anche al ‘400.
Un intero piano del palazzo è riservato alla musica dove sono custoditi importanti strumenti e spartiti musicali dell’Ottocento.

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Ha organizzato l’evento la prof.ssa Nella Seminara, che ha condotto i lavori.

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Hanno relazionato: l’avv. Sebastiano (Iano) Antoci, il sindaco di allora, il Sac. Carmelo Torcivia, e l’autore Librorio Erba.

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Il tavolo dei relatori

Da sx: Liborio Erba, Carmelo Torcivia, Nella Seminara, Iano Antoci

L’avv. Iano Antoci, dopo aver dato il benvenuto, si è congratulato con il poeta Liborio Erba per avere scelto di presentare a Mistretta il suo prezioso libro ed ha ringraziato l’organizzatrice Nella Seminara per portare avanti il nome della sia amata Mistretta.
Ha, inoltre, portato i saluti dell’Amministrazione comunale.

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Molto gradevole, filosofico, e istruttivo è stato il discorso del Sac. Carmelo Torcivia che ha illustrato la figura umana dell’autore che ha spaziato su molti argomenti di diversa natura.

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Visibilmente emozionato, ha concluso i lavori l’autore Liborio Erba che ha ringraziato: Nella Seminara, il sindaco Iano Antoci per aver concesso l’uso della sala delle conferenze del palazzo Mastrogiovanni-Tasca, il Sac. Carmelo Torcivia per il suo eloquente discorso, le signore Filippa Testa, Liria Travagliato e Marinella Catania per la calorosa accoglienza di tutti i mistrettesi e Non presenti alla cerimonia.
Infine, ha stimolato la loro attenzione attraverso la lettura di alcune poesie tratte dal suo libro.

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I meritati applausi sono stati abbondanti e affettuosi.

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Nella Seminara racconta: “Liborio ed io ci siamo conosciuti, tramite il nostro comune amico Josè Augusto, durante la manifestazione “Azzurro come il mare” nella settimana della cultura al porto turistico <<Marina di Cala del Sole>> a Licata nel mese di luglio del 2007. Abbiamo stretto subito un sincero rapporto di amicizia.
Liborio Erba è il poeta errante perché, percorrendo ogni giorno le strade della Sicilia per svolgere la sua attività professionale di rappresentante di commercio, ha sviluppato un’acuta capacità di osservazione di tutto ciò che lo circonda affidando alla penna le sue emozioni.
Egli stesso ha definito la sua vena poetica
la pagliuzza d’oro che permette ai suoi occhi di attento viaggiatore di cogliere altre pagliuzze: E’ ala, è vento / colore, amore, pietà, dolore e gioia.
Il silenzio è il suo compagno di viaggio.
Nella poesia “
Io amo il silenzio”, principalmente introspettiva, recita: “Non mi turba. / La lucertola che mi passa accanto / guardinga in silenzio, / non mi turba. / Anche il dolce ondulare / dei piccoli flutti del lago, / è silenzio. / Il sibilo del vento tra gli eucalipti, / è silenzio. / La voce di Dio nel mio cuore, / è silenzio. / Io non ho paura del silenzio. / Io parlo con Dio, /nel silenzio. / la Sua voce è silenzio…/ che parla!
Liborio, nelle sue composizioni, trova sempre l’occasione per parlare di famiglia, il fulcro principe della sua esistenza di lavoratore-viaggiatore solitario, di amore per la vita, di fede cristiana, di gioia, di tristezza, di nostalgia, di speranza.
In molte di esse emerge un velato pessimismo attenuato, comunque, dal suo entusiasmo verso le cose del Creato.
Nella poesia “
Signore Iddio, non prendermi sul serio” così recita: “Signore Iddio, non prendermi sul serio. / Ridammi, anzi, tutti i sensi miei. / Ch’io aiutare possa ogni fratello mio, / a colorarlo tutto, il nostro fosco mondo”.
I grandi problemi di impegno sociale e civile: la droga, il volontariato, l’amore del prossimo, la mafia, le guerre, il razzismo, soprattutto verso gli extracomunitari, l’immigrazione, l’immoralità, la fame nel mondo, sono trattati dal poeta con molta sensibilità e con estrema umanità manifestando sentimenti di indignazione per quei comportamenti che degradano la dignità dell’uomo.
Valori ed essenze, semplicemente, dalla sensibilità del poeta vengono incanalati lungo una soglia dalla quale si possono riprendere piccoli pezzi di storia in una semantica di oscurità e di luce spirituale:
Se penso, però, / che ci sono e ci sono stati uomini, / che hanno avuto il tempo / di compiere misfatti e genocidi, / prima di giungere al tuo cospetto / o Signore, / un dubbio, / un solo dubbio perdonamelo: / Perché?
E non mancano, nella riflessione lirica e umana di Liborio, particolari momenti che sottolineano il possesso di una profonda fede religiosa cieca, traballante, vecchina in apparenza, implorante appoggio per l’anelante vetta. O Maria, / ti prego, / donagli le carezze / che non ha avuto il tempo / di ricevere nella sua breve vita.
La Natura è elogiata con molta emotività.
Nella poesia “
La grande Madre” così si esprime: La grande Madre riposa distesa. / Il vento è il suo respiro, le montagne le sue ossa, / il suolo la sua carne. / Ha il mare come vene, gli alberi e le piante, / la sua pelle. / I suoi figli, noi animali. / Incosciamente inconsapevoli di non meritare i suoi doni, / faremmo bene a coglierli con più cortesia. / Beceri e ostinati nell’atto di autodistruggerci, / potremmo camminarle sopra con più leggerezza. / Evitiamo di svegliarla, / potrebbe rigirarsi.
La Natura, per Liborio, è bellezza, è seduzione, è evocatrice di grazia, è forza terrificante, è mare in tempesta, è distesa tranquilla di un lago, è corsa inarrestabile del fiume verso il mare, è vastità di una foresta, è silenzio di un bosco interrotto dal sibilo del vento.
Natura sono il fiore di ciliegio e di pesco, la mimosa e il solitario papavero
che s’erge dritto e fiero / da una cinta di sterpaglie.
Natura sono la luna, con la sua pallida e sfumata luce, e le stelle
semplici puntini o gioielli incastonati nel buio dal più eccelso degli orafi.
I colori delle stagioni, la luce, la profondità del buio della notte accendono in lui profonde emozioni.
Il desiderio di esprimersi mediante la poesia denota, in Liborio, il possesso di uno spirito semplice e delicato, che sceglie proprio la poesia per trasmettere sensazioni, riflessioni e profondi sentimenti.
Nelle sue poesie le riflessioni diventano sorgente di ispirazione per l’uomo che, con pudore e con intelligenza, apre il suo cuore e invita a lasciare
sempre la porta del tuo cuore aperta. / Non sarai mai solo tra i rovi.
Al lettore offre la possibilità di leggere se stesso nella propria interiorità, di commuoversi, di impressionarsi creando così un’intima comunione di pensieri.
Tutta la raccolta delle liriche, bellissime e originali, contenute nella sua opera, complessa nella sua apparente semplicità, delinea un territorio lirico che gradatamente si arricchisce di nuovi significati che dipingono, con veloci pennellate, stati d’animo di fiducia in sé e, nello stesso tempo, di sfiducia manifestando i più profondi sentimenti della sua personalità.
E’ quasi una meditazione a mezza voce di un
IO che, pur riconoscendo l’inafferrabilità degli eventi, si muove nella piena accettazione della fine unica, vera, rigogliosa radice da cui possono generarsi fiori del bene: Non pensare sempre alla morte, / è solo la naturale fine di un miracolo.
Pubblicare “Tra anima e Natura”, leggere oggi i versi poetici, che Liborio ha composto da circa un ventennio e che ha tenuto custoditi nel cassetto, significa aprire quello scrigno segreto e penetrare nell’intimo della sua anima per coglierne la ricchezza di sentimenti a lungo gelosamente custoditi.

Chi è Liborio Erba?

Liborio Erba è nato a Catania il 28 Marzo 1960, ma vive a Regalbuto, in provincia di Enna, una cittadina posta nel centro della Sicilia e dominata dalla montagna dell’Etna.
E’ padre affettuoso di due figli, Carmen e Giuseppe, e marito galante della signora Maria.
Diplomato in Ragioneria e Perito Commerciale, da molti anni esercita l’attività di rappresentante di commercio di cornici di quadri girando per le varie zone della Sicilia.
E’ venuto tante volte anche a Mistretta e a Licata.
Viaggiando per lavoro, conoscendo la stupenda isola siciliana piena di storia, di cultura, di arte, di Natura, Liborio ha avuto modo di ammirare le montagne dei Nebrodi e delle Madonie nei loro diversi e sempre magici aspetti che si alternano durante le stagioni.
E’ un attento osservatore di tutto ciò che lo circonda e, dotato di una notevole ars poetica, definendosi il “poeta errante” per i suoi spostamenti giornalieri, riesce a scrivere e a trasmettere le sue emozioni che scaturiscono dall’amore della Madre Natura, di cui ammira, fermandosi spesso sul ciglio delle strade, gli alberi dei boschi, i prati fioriti, il fiume Salso e i suoi affluenti.
Sono emozioni miste anche a sdegno per i molteplici aspetti negativi della NATURA UMANA che Liborio descrive con dovizia di particolari.
Il poeta Liborio Erba, che da oltre 20 anni si diletta a scrivere in versi, ha partecipato a vari concorsi letterari e a manifestazioni culturali riscuotendo ottimi successi e relativi premi.
Il primo premio gli è stato assegnato durante la rassegna di poesia a Campobello di Licata dove, con la poesia ” Tra la storia, bianche farfalle“, ha reso omaggio alla Valle dei Templi di Agrigento.

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Nel 2018 ha pubblicato un’altra raccolta di poesie dal titolo: “LA VOCE DELLE FOGLIE, Breve storia, di un’amicizia fuori dal comune, tra un folle… e un albero”.

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È la storia di un’amicizia senza tempo tra un bimbo, poi diventato uomo, e un albero.
E’ un racconto autobiografico dove Liborio descrive, attraverso immagini d’incredibile sensibilità, tra l’onirico e il poetico, tra il reale e il tangibile, la sua avventura verso un mondo diverso, un mondo più naturale e ancestrale e dal quale spesso ci si dimentica di provenire.
La lettura dei libri di poesie “TRA ANIMA E NATURA” e “LA VOCE DELLE FOGLIE”  offre al lettore la possibilità di vivere momenti emozionanti perchè, spesso, le parole pronunciate da sole non riescono a descrivere la realtà interiore.

  

Sep 16, 2022 - Senza categoria    Comments Off on LE PIANTE DI ARCTIUM MINUS PRESENTI NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

LE PIANTE DI ARCTIUM MINUS PRESENTI NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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Per la grandezza deLle sue foglie, per la particolarità dei suoi fiori questa pianta, che vegeta in molte aiuole all’interno della villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta, ha attratto la mia attenzione ed ha stimolato la mia curiosità di conoscerla.
Il suo nome scientifico è “ARCTIUM MINUS”.

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Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature.
Sinonimi sono: Arctium pubens, Arctium minus, Arctium chabertii.
Altri nomi italiani sono: “Lappola minore, Lappa minor, Bardana minore”.
Il nome inglese è: “Lesser burdock”.
Questo vegetale è stato citato già da Dioscuride di Anazarbo, medico greco, vissuto nel I secolo d.C.
Etimologicamente il termine del genere “Arctium” fu introdotto nella sistematica da Carl Von Linné (1707 – 1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione “Species Plantarum” del 1753.
Il binomio scientifico attualmente accettato è stato proposto inizialmente dal botanico inglese John Hill (c. 1716 – 1775) e perfezionato successivamente dal botanico germanico Johann Jakob Bernhardi (1774-1850) nella pubblicazione “Systematisches Verzeichnis”.
Il termine “Arctium”, proviene dal greco “ἄρκτιον” “orso” in riferimento ai capolini irsuto-spinosi della pianta.
Il termine della specie ” minus”, dal latino “minusculus”, “minore”, fa riferimento alle dimensioni dei capolini più piccole di quelli di altre specie dello stesso genere.
Il termine “Lappa” o “Lappola” , utilizzato anche da Plinio il Vecchio, deriva, probabilmente, dal latino “labein”, “attaccarsi”, in riferimento all’attitudine che hanno le sue infiorescenze di attaccarsi al mantello delle pecore, al pelo degli altri animali e ai vestiti di lana.
Il nome “lappa“ potrebbe derivare dal termine celtico “llap” “mano”, in riferimento ai fiori che si attaccano a qualunque cosa li sfiori, come una mano che si aggrappa a tutto ciò che ad essa si avvicina.
Resta incerta l’etimologia della parola “bardana”.
Per alcuni autori tale termine risale al Medioevo, probabilmente riferito al francese “barde” e al portoghese “barda”, col significato rispettivamente di “fetta di lardo” e di “sella” in relazione alla particolare consistenza e forma delle foglie.
L’Arctium minus è una specie complessa con molte varianti, soprattutto nelle dimensioni delle varie parti del capolino come il diametro dell’involucro o lunghezza delle squame.
L’Arctium minus è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Asteraceae originaria dell’ Europa.
È presente, in Africa mediterranea occidentale, in Asia minore, in Asia settentrionale e nelle Americhe. In tutte le regioni d’Italia è molto comune. Infatti, nelle aiuole della villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta ci sono piante a diversi stadi di sviluppo.
La più bella, perchè è grande e perchè è in fiore, vegeta bene in un’aiuola vicino a una pianta di Taxus baccata nella parte inferiore del laghetto.

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L’Arctium minus svolge un ciclo di sviluppo biennale. Nel primo anno di vita compaiono solamente le foglie; nel secondo anno sbocciano i fiori formati da capolini.

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La parte ipogea è formata dalla radice a fittone, spugnosa, crassa, esternamente di colore grigio bruno, internamente biancastra, capace di penetrare in profondità nel terreno fino a 30 cm. La parte epigea è formata dai fusti eretti, alti da 50 a 150 cm, più o meno arrossati, striati e ramificati. I rami sono eretto-patenti alla base, penduli all’apice.
Le foglie sono di due tipi. Quelle basali sono grandi, ovali-cuoriformi, lunghe fino 30-40 cm, a margine generalmente ondulato, con la lamina intera, allargata, ruvida, di colore verde scuro e provviste di picciolo cavo.
Quelle cauline sono alterne, sessili, lanceolate, progressivamente di dimensioni minori, di colore verde più chiaro.
Quelle sul fusto sono più piccole e ovali.
Tutta la pianta è densamente pelosa.

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L’infiorescenza è costituita da diversi capolini sferici riuniti in corimbi. I fiori sono tubolosi ed ermafroditi, attinoformi, pentameri, ossia sia il calice sia la corolla sono composti da cinque elementi.
Sono tetra-ciclici, con quattro verticilli: il calice, la corolla, l’androceo, il gineceo.
Nel calice i sepali sono ridotti ad una coroncina di squame.
La corolla, di colore rosso-violaceo, di forma cilindrica, termina con 5 denti.
L’ androceo è formato da 5 stami con filamenti liberi, distinti e glabri. Le antere sono saldate fra di loro e formano un manicotto circondante lo stilo.
Nel gineceo l’ovario è infero e uniloculare formato da 2 carpelli. Lo stilo è unico con uno stimma terminale bifido e glabro.
All’apice dello stilo è presente solamente un ciuffo di peli.
Fiorisce da luglio a settembre.

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La riproduzione avviene mediante l’impollinazione entomogama dei fiori per mezzo delle farfalle diurne e notturne.
Il frutto è un piccolo achenio bruno-nerastro, obovoide, leggermente schiacciato, oblungo di 5 – 7 mm, coperto da un piccolo ciuffo di peli, il cosiddetto pappo di setole bianco-giallastre, rigide, scabre, brevi, disposte in varie file.
Contiene numerosi semi. Mille semi pesano circa 15 gr.

ARCTIS

I semi, cadendo a terra, sono dispersi soprattutto dalle formiche mediante la disseminazione mirmecoria.
Avviene anche la dispersione zoocoria.
Infatti gli uncini delle brattee, che avvolgono i filamenti degli stami, si agganciano al pelo degli animali disperdendo i semi anche a una certa distanza dalla pianta madre.
L’Arctium minus è una pianta spontanea molto diffusa nel nostro territorio.
Vegeta bene a livello del mare, nelle zone collinari e montane fino a quota 1500 metri di altitudine.
Predilige i luoghi incolti e abbandonati, le siepi, i bordi delle strade,le sponde dei ruscelli e i dirupi.
Per questa sua grande rusticità è nota in tutte le regioni assumendo diverse nomi locali: “Lappola, Cappellacci, Laccio, Attacca lana, Stalass, Nappo, Lavaste, Spalpanazz e molti alti nomi ancora”.
Il substrato preferito è sia calcareo sia siliceo, con pH neutro, umido e ben drenato.
Vi sono numerosi documenti storici che attestano le proprietà terapeutiche dell’Arctium minus sin dai tempi antichi.
Secondo alcuni dati storici il medico italiano Pena riuscì a guarire Enrico III di Castiglia (1379-1406) da una malattia infettiva della pelle utilizzando gli estratti di questa pianta.
Nel Medioevo era considerata l’unico rimedio efficace contro la sifilide. La pianta possiede veramente molte proprietà medicinali.
Può essere utilizzata come antibatterica, carminativa, colagoga, diaforetica, diuretica, sudorifera, fungicida, ipoglicemica, lassativa, antinfiammatoria e depurativa del sangue. In passato era consigliata anche contro artriti, ulcere, problemi allo stomaco, alopecia, psoriasi, impurità della pelle, prolasso uterino e per la cura delle ferite.
Effettivamente, fu una pianta coltivata per moltissimi secoli perchè era utilizzata sia come ortaggio a scolpo alimentare, sia come pianta medicinale utilizzata come rimedio contro le infezioni gravi della pelle o come integratore alimentare in compresse o in ottime creme per l’applicazione diretta sulla pelle.
La sua “generosità” si manifesta sia a livello vegetativo, per lo sviluppo esuberante delle foglie, sia per i suoi preziosi principi attivi concentrati soprattutto nella radice, la quale può essere considerata una piccola “farmacia sotterranea”.
Per sfruttare a pieno le sue virtù è necessario utilizzarla fresca perchè, con l’essicazione, si disattivano numerosi principi attivi.
Un antico proverbio di epoca medievale, che testimonia l’efficacia terapeutica dell’Arctium minus, recita: “Se la vecchiaia vuoi tener lontana, fatti amiche cicoria e bardana” .
In cucina, per scopi alimentari, sono usati i semi, le radici, che sono la parte più pregiata della pianta, utilizzate sia fresche sia secche, e raccolte in primavera o nell’autunno del primo anno di vita.
Le radici migliori si ottengono da piante giovani e normalmente vengono sbucciate. Se arrostite, possono essere un buon surrogato del caffè. Le foglie, sempre giovanili, sono usate sia cotte che crude. I fusti, usati dopo aver tolto la scorza esterna, puliti dalla terra e affettati, si mangiano fritti in olio d’oliva.
Anche le foglie sono commestibili e impiegate in piatti della cucina regionale. I componenti principali della pianta sono: l’inulina, la fitosterina, l’alto contenuto in zuccheri e mucillagini.
Dalla corteccia interna del fusto si ottiene una fibra usata per produrre della carta artigianale di colore marrone chiaro.
Nel linguaggio dei fiori l’Arctium minus simboleggia la “riservatezza e la ritrosia“.

Sep 1, 2022 - Senza categoria    Comments Off on SESTA EDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE EQUESTRE “BAMBINI A CAVALLO” ORGANIZZATA DALLA SOCIETA’ AGRICOLA DI M.S. A MISTRETTA

SESTA EDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE EQUESTRE “BAMBINI A CAVALLO” ORGANIZZATA DALLA SOCIETA’ AGRICOLA DI M.S. A MISTRETTA

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Domenica, 28 Agosto 2022, a Mistretta un’importante nota di vivacità è stata data dalla partecipazione alla 6° Edizione della manifestazione equestre “BAMBINI A CAVALLO” organizzata dalla Società AGRICOLA di M.S. nella ricorrenza delle festività dell’Ecce Homo, il cui simulacro si venera nella Chiesa di Santa Maria di Gesu’ a Mistretta.

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Buona parte della via Libertà era gremita dalle tante persone entusiaste nel poter ammirare i 43 partecipanti, bambini e bambine, da 3 ai 6 anni di età, ragazzi e ragazze, di Mistretta e dei paesi vicini, e i loro meravigliosi cavalli.
Un grande merito, per la impeccabile organizzazione, spetta al signor Vincenzo Mingari, presidente della Società Agricola, e al signor Giuseppe Sorbera, vice-presidente che, con grande entusiasmo, hanno curato la manifestazione.

https://youtu.be/jPxN53ctcbU

 

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I cavalli e i cavalieri hanno iniziato il percorso a partire dal viale della villa Chalet per proseguire lungo la via Anna Salamone.

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Giunti in Piazza Vittorio Veneto hanno attraversato parte della via Libertà per farsi ammirare e per essere applauditi.

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Tornati indietro dalla via Roma, in ordine numerico, da 1 a 43, davanti alla sede della Società Agricola ciascun partecipante ha ricevuto la medaglia ricordo messa al collo dal signor Giuseppe Sorbera e dal signor Vincenzo Mingari.

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Qualche cavallo si è esibito con un clamoroso e spettacolare gesto d’inchino.
Lo speacher, il Prof. Pippo Dolcemaschio ha elencato tutti i partecipanti chiamandoli per nome.
Il prof. Pippo Dolcemaschio è sempre presente alle molteplici attività ludiche e sportive che si svolgono a Mistretta.
Il signor Vincenzo Mingari ha commentato <<Grande partecipazione alla 6° Edizione della manifestazione equestre “Bambini a Cavallo”, per cui un caloroso ringraziamento rivolgo ai soci della SOCIETA’ AGRICOLA M.S. di Mistretta, come ente organizzatore, al Sindaco della Città’ di Mistretta, Dott. Sebastiano Sanzarello, ai Carabinieri, ai Vigili Urbani, alla Croce Rossa Italiana, all’ingegnere Sebastiano Di Franco, per aver redatto i piani di sicurezza, al grande prof. Pippo Dolcemaschio, al Dott. Marco Biffarella, ai signori: Enzo Oreste, Matteo Crapa, Luciano Lipari, Franco Favaloro, Nino Vinci, Pippo Giordano, Davide Accidente, Luca Melandrino, Angelo Scolaro per la loro preziosa collaborazione>>.
Ad maiora!

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