I MISTERI DEL VENERDI’ SANTO
La fede cristiana esprime la propria religiosità materializzandola nei richiami concreti delle raffigurazioni di statue e di immagini di Cristi, di Madonne, di Santi.
Il rito della Passione e della Morte in croce del Cristo Gesù culmina nel cammino processionale dei Misteri il pomeriggio del Venerdì Santo.
La processione del venerdì santo nasce per annullare il movimento dei flagellati.
Nel 1603 un padre francescano, giunto a Mistretta, ha visto scene di flagellazioni un po’ cruente.
Ad essere flagellati erano anche i bambini.
I confrati si flagellavano.
Il francescano rimase talmente infastidito che da quel momento propose alla chiesa di eliminare il movimento dei flagellati sostituendolo con la processione delle varette.
Le varette, provenienti da altre chiese, si riuniscono davanti alla chiesa di San Giovanni da dove inizia il cammino processionale.
Le dieci “vare”, trasportate in processione secondo l’ordine dell’evento, sono:
Gesù nell’orto di Getsemani, statua proveniente dalla chiesa di San Sebastiano,
Il gruppo di Giuda, che ricorda l’abbraccio, proveniente dalla chiesa di San Nicola di Bari e recentemente restaurato dal pittore amastratino Sebastiano Caracozzo,
Cristo alla Colonna proveniente dalla chiesa di San Giovanni,
l’Ecce Homo provenente dalla chiesa di Santa Caterina d’Alessandria,
Cristo sotto la Croce proveniente dalla chiesa di San Giovanni,
Gesù Crocefisso con Maria e Maddalena, proveniente dalla chiesa di Monte Carmelo,
Gesù in Croce proveniente dalla chiesa delle Anime Purganti,
la Pietà proveniente dal santuario della Madonna della Luce,
il Cataletto proveniente dalla chiesa della SS.maTrinità,
l’Addolorata proveniente dalla chiesa del Rosario.
Ogni vara rappresenta un momento della Via Crucis.
RIUNIONE DELLE VARETTE NELLA PIAZZA DEI VESPRI A MISTRETTA
Il Venerdì Santo è un evento penitenziale e devozionale molto sentito dal popolo amastratino che partecipa con fede e con commozione al cammino processionale dei Misteri durante il quale le Vare simulano i momenti della Passione e della Morte di Cristo secondo la successione descritta nei vangeli. Il venerdì, in genere per tutto l’anno, è il giorno della crocifissione e della morte di Cristo Gesù, è tempo di dolore, di pianto. A tal proposito un proverbio mistrettese così recita: ” Cu ri venniri rriri ri sabbitu chjanci”, “Chi di venerdì ride di sabato piange”.
Io ricordo che ogni vara, durante il cammino processionale, era seguita dai cantori che intonavano il canto delle parti del Venerdì Santo, vere e proprie storie in versi poetici, chiamate “ i parti ra Santa Cruci, o i parti ru venniressantu”.
Sebastiano Lo Iacono nel suo libro “Ideologia e realtà nella letteratura popolare di Mistretta” scrive: ”I cantori che con voce e gestualità rianimano la rappresentazione di una drammatizzazione immobile e muta, diventano attori-protagonisti. Essi, in fase di doppiaggio, inseriscono un audio. La scelta dei cantori dietro una certa vara è determinata anche da particolari motivazioni devozionali. Oggigiorno, sopravvive solo un gruppo di cantori dietro la vara della Madonna Addolorata. Questa tradizione tende a scomparire sia perché i cantori-contadini sono ormai defunti sia perché il senso del cantare come preghiera è venuto meno”.
Pregare cantando dietro le vare è, come dice Sant’Agostino, “pregare due volte”.
Le varette, già alle prime ore del pomeriggio del venerdì santo, si dirigono disordinatamente verso la Piazza Dei Vespri, di fronte alla chiesa di San Giovanni, da dove inizierà il cammino processionale.
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LA PROCESSIONE DEI MISTERI DEL VENERDI’ SANTO A MISTRETTA
Le varette, riunite nella Piazza Dei Vespri, di fronte alla chiesa di San Giovanni, intorno alle ore 19.00, iniziano il cammino processionale.
Fa da capofila del cammino Gesù nell’orto di Getsemani
Seguono: il gruppo di Giuda,
IL Cristo alla Colonna
l’Ecce Homo
Il Cristo sotto la Croce
Gesù Crocefisso con Maria e Maddalena,
Gesù in Croce,
la Pietà,
il Cataletto,
Maria l’Addolorata,
Ogni vara rappresenta un momento della Via Crucis.
Accompagnano le varette il sac. Mons. Michele Placido Giordano, sorreggono il baldacchino i signori: Scarito, Treglia, i fratelli Porracciolo, Salamone.
Il corteo percorre il Corso Umberto I, imbocca la via Anna Salamone, attraversa tutta la via Libertà.
Acompagnano i simulacri cantando i cantori.
Io ricordo mio padre Giovanni e i confrati della confraternita di San Nicolò che, dietro la varetta di Giuda, con la testa cinta dalla corona di spine realizzata con l’intreccio dei rami probabilmente della pianta di Gleditsia triacanthos, cantavano dietro la “vara di Giuda”:
Oh Santa Cruci, a-vvui viegnu a-vviriri;
chjina ri sangu vi truavu allacata!
Cu fue ss’uomu chi-vvinni a mmuriri?
Fui Ggesù Cristu c’appì na lanciata!
Jacqua addumanna, nu-nni potti aviri:
cci rettiru la sponsa ntussicata!
E ntussicata Maria -povira ronna!-
circannu a lu so figghiu a-ccorchi bbanna.
Nun lu circari, no, ch’è a la culonna
bbattutu cu na ranni virdi canna!
Maria passa ri na strata nova
e a porta ru furgiaru aperta era:
<<Oh, caru mastru, chi fai apiertu a st’ura?>>
<<Fazzu na lancia e ttri ppuncenti chjova!>>
<<Oh caru mastru, tu pi-ccu l’a-ffari?>>.
<<L’a-ffari pi lu figghju ri Maria!>>
<<Oh caru mastru, nun li fari ora:
ri nuovi ti la paju la mastria!>>.
<<Oh, cara ronna, si-fforra pi-mmia,
cchju-lluonghi e-senza punta li farria!>>.
<<Oh, caru mastru tuttu mmalirittu
ca r’unni passi tu n-truovi rrisiettu!>>.
Maria passa ri na strata nova,
e a porto fallignami aperta era.
<<Oh, caru mastru, chi-ffai apiertu a st’ura?>>.
<<Fazzu na cruci e na curune spini!>>.
<<Facitili cchju-llieggi chi-putiti
pirchì sunu carnuzzi ddilicati!>>
<<Oh, cara ronna, si-fforra pi-mmia,
tutti ri rossi e-sciuri li farria!>>.
<<Oh, caru mastru, tuttu bbinirittu
ca r’unni vai tu truovi rrisiettu!>>.
<<Sienti, sienti, Maria: to figghju passa
e-pporta na catina longa e ggrossa;
ri quant’è-llonga tuttu lu scuncassa,
ca purpi n-avi cchjui supra ri l’ossa!>>.
<<Chiamatimi a Ggiuanni ca lu uogghju.
quantu m’ajuta a-cchianciri a-mme figghju!
La lampa ora muriu;canciati l’uogghju:
ora ca viu ch’è-mmuortu me figghju!
Ora ca viu ch’è-mmuortu me figghju,
ri niviru mi miettu lu cummuogghju!
Manciati carni o sabbitu, ca uogghiu:
vardatici lu venniri a-mme figghju:
a-cu n-ci varda u venniri a-mme figghju
li carni si cci abbbrucinu cuom’ uogghju!>>.
Oh, Santa Croce, voi vengo a trovare;
piena di sangue vi trovo allagata!
Chi fu quell’uomo che venne a morire?
Fu Gesù Cristo ch’ebbe un colpo di lancia!
Acqua domanda, non potè averne:
gli diedero la spugna intossicata!
E intossicata (è) Maria-povera donna!-
cerando suo figlio da qualche parte.
Non cercarlo, no, ch’è alla colonna,
percosso con una grande canna verde!
Maria passa da una strada nuova
e la porta del fabbro era aperta:
<<Oh, caro mastro, che fai aperto a quest’ora?>>
<<Faccio una lancia e tre pungenti chiodi!>>
<<Oh, caro mastro, per chi devi farli?>>
<<Devo farli per il figlio di Maria!>>
<<Oh, caro mastro, non li fare ora:
nuovamente te lo pago il tuo lavoro!>>
<<Oh, cara donna, se fosse per me,
più lunghi e senza punta li farei!>>
<<Oh, caro mastro tutto maledetto,
che dove passi tu non trovi pace!>>
Maria passa da una strada nuova
e la porta del falegname aperta era.
<<Oh, caro mastro, che fai aperto a quest’ora?>>
<<Faccio una croce e una corona di spine!>>
<< Fateli più leggeri che potete
perché sono carni delicate!>>
<<Oh, cara donna, se fosse per me,
tutte di rose e fiori le farei!>>
<<Oh, caro mastro tutto benedetto,
che dove vai tu trovi pace!>>
<< Senti, senti, Maria: tuo figlio passa
e porta una catena lunga e grossa;
di quant’è lunga tutto lo sconquassa,
tanto che non ha più carne sopra le ossa!>>
<< Chiamatimi Giovanni che lo voglio,
perché mi aiuti a piangere mio figlio!
La lampada s’è spenta; cambiate l’olio:
ora che vedo ch’è morto mio figlio!
Ora che vedo ch’è morto mio figlio,
di nero me lo metto il manto!
Mangiate carne il sabato, lo permetto:
ma rispettate il venerdì per mio figlio:
a chi non rispetta il venerdì a mio figlio
le carni gli si brucino come olio!>>
La commozione era ed è tanta!
Anche se i vecchi cantori, come mio padre, non ci sono più, la tradizione continua.
Il signor Indovino Orazio, (per gli amici Bettino), ed il signor La Ganga Filippo, (per molti anni superiore della vara di San Sebatiano), sono coloro che hanno trasmesso ai confrati della Confraternita di San Sebastiano l’importanza dei canti tradizionali del Venerdì Santo, canti che orgogliosamente da 15 anni ripetiamo con cadenza annuale.
Già dal 2003 è stata riportata in auge la Confraternita di San Sebastiano e i confrati cantano “i parti ra Cruci” sia in chiesa, prima della processione, sia durante il cammino processionale. Queste tradizioni non si devono perdere!
La quasi totalità dei confrati conosce a memoria le strofe. I nuovi confrati, ammessi da poco tempo, si aiutano leggendo il foglietto con le strofe che discretamente nascondono nella manica della tunica.
Le vare sono accompagnate anche dal suono della banda musicale
e dal rumore de “ i truocculi”, particolari strumenti musicali che, facendoli girare a mano, producono un suono sgradevole, ma efficace.
Questa tradizione si conserva ancora!
Quindi il corteo delle varette ritorna nuovamente in piazza Dei Vespri.
Dopo avere ascoltato l’omelia del sacerdote e avere ricevuto la benedizione eucaristica, la gente si allontana. Il corteo si scioglie e le varette ritornano ciascuna nella propria chiesa.
Finalmente la domenica successiva le campane suoneranno a festa perchè annunzieranno al mondo la gran nuova: Cristo è risorto! Auguri, Buona Pasqua!
LE CONFRATERNITE RELIGIOSE A MISTRETTA
L’associazionismo religioso, espressione tipicamente cattolica, fu il primitivo “fenomeno” cristiano. Anche Mistretta, che vanta secoli di piena appartenenza alla Chiesa Cattolica, ha avuto innumerevoli testimonianze di esperienza associativa intra-ecclesiale.
L’esistenza a Mistretta di due conventi e di un monastero giustifica l’esperienza religiosa particolarmente sentita e praticata. Le associazioni di allora erano, perciò, istituzioni sorte nei conventi e in molte chiese di quartiere nelle quali gli obiettivi erano: l’attuazione di relazioni apostoliche, di assistenza spirituale e di mutuo soccorso. Questi motivi invogliavano le iscrizioni. Le associazioni si chiamano tuttora “Congregazioni” per il fatto che erano legate ad una determinata Chiesa o ad un Convento ed aventi le descritte finalità.
Le confraternite presenti nelle chiese di Mistretta un tempo erano tante, anzi ogni chiesa aveva la sua confraternita.
Purtroppo diverse confraternite oggi non esistono più. Da alcuni giovani volenterosi del quartiere è stata riattivata la confraternita di Santa Caterina.
Le confraternite, sorte come associazioni di laici cattolici, erano formate da persone appartenenti alla piccola e alla media borghesia: muratori, falegnami, massari, artigiani, commercianti. Sin dal 1400 ebbero una grande importanza nei comportamenti della comunità amastratina non solo di carattere religioso, ma anche di carattere socio-etico-politico.
Anche se espressioni di differenti culti devozionali, le confraternite erano tutte impegnate nel fare crescere nei confrati l’amore verso Dio e l’imitazione di Cristo Crocefisso: non solo solidarietà associativa, ma preghiere, opere buone “in vita e in Morte”. Le confraternite erano dirette da una persona chiamata “il superiore”. Le Confraternite partecipavano alle Sacre rappresentazioni ispirate alla Passione di Cristo, come avviene tuttora durante la processione dei Misteri del Venerdì Santo.
I Misteri sono un insieme di statue provenienti da molte chiese della città che sfilano per le vie principali di Mistretta accompagnate dalla spiritualità dei fedeli. Fino a qualche decennio fa i cantores, con i loro dai canti di lutto, facevano da cornice ad un rito secolare, suggestivo e pietoso. Le Confraternite accompagnano in processione anche altre santi. Le Confraternite presenti a Mistretta erano: la confraternita di San Nicolò, della SS. Trinità, di Maria SS.ma del Monte Carmelo, di Maria SS.ma del Rosario, di Santa Caterina, di San Giovanni Battista, di San Sebastiano, del Purgatorio, di Santa Rosalia.
La Confraternita di San Sebastiano, dapprima intitolata a Sant’Agostino, perché la cappella era limitrofa al convento delle suore agostiniane, e con lo statuto ispirato alla regola agostiniana, nacque probabilmente nel sec. XVII.
Tra il’400 e il’600 a Mistretta la devozione a San Sebastiano aveva assunto proporzioni così popolari tanto da proclamarLo patrono della città, grazie all’insistente sollecitudine della confraternita, il 2 giugno 1775 quando la Chiesa Madre fu dedicata al Santo martire unitamente a Santa Lucia e a San Maurizio, secondo l’usanza di dedicare le grandi basiliche a tre diversi santi. Il sec. XIX fu il periodo d’oro della confraternita notevolmente impegnata nel culto di San Sebastiano, nell’attenzione per la Sua chiesa, nell’amministrazione di beni, nel mutuo sostegno ai confrati.
Nel 1890 incaricò lo scultore amastratino Noè Marullo di realizzare la statua del Patrono, magnificamente integrata nel pregevole fercolo dei fratelli Li Volsi che ha superato i 400 anni d’età. La confraternita di San Sebastiano attualmente è formata da tanti giovani devoti che, con entusiasmo, coordinano il culto e la festa del Santo Patrono.
Recentemente, il comitato per i festeggiamenti di San Sebastiano e la confraternita hanno sostenuto la pubblicazione del volumetto dell’arch. Angelo Pettineo “Un capolavoro del manierismo siciliano: la vara di San Sebastiano a Mistretta”.
La confraternita è sottoposta a “Regole, Costituzioni ed Osservanze”. Partecipa, inoltre, a tutte le processioni delle feste locali impegnandosi particolarmente alla conduzione della varetta di Gesù nel Getsemani durante la processione dei Misteri del Venerdì Santo. La statua raffigura Gesù nell’orto di Getsemani, il giardino situato ai piedi del monte degli Ulivi. La confraternita non ha mai posseduto grandi patrimoni, pertanto è priva della cappella funeraria.
La Confraternita di Santa Caterina fu costituita nel secolo XIV. L’atto della fondazione non esiste più perchè tutti i documenti sono stati distrutti da un incendio sviluppatosi verso la fine del secolo XVII. Lo scopo della confraternita era quello di amministrare, per mezzo della deputazione, i beni e le rendite della chiesa e di mantenere vivo il sentimento morale e religioso tra i confrati.
Essa era amministrata da un Superiore e da otto Deputati che duravano in carica quattro anni. I confrati dovevano mantenere un contegno dignitoso sia in chiesa, sia fuori, sia durante le processioni e dovevano confessarsi almeno una volta al mese.
Chi trasgrediva tali norme e si assentava per tre volte consecutive dalle riunioni veniva cancellato dall’elenco dei confrati, questo avveniva anche se qualcuno osava bestemmiare contro Dio e contro i Santi. La divisa era formata da un camice bianco, da un’ampia mantella bianca orlata di rosso, da una visiera bianca.
Essa era indossata durante la processione del Venerdì Santo in segno di lutto. Lo statuto, approvato nella riunione del tre aprile del 1898 dai confrati, era composto da dodici capitoli che trattavano dei diritti e dei doveri di tutti i confrati. Don Calcedonio Bavisotto, allora cappellano della parrocchia, venne incontro alle esigenze della Confraternita che, in quell’epoca, contava circa cento fratelli. Il primo giugno del 1944, in seguito a molte riunioni, la Confraternita fu esentata da qualunque attività e l’amministrazione fu affidata ad una commissione composta dall’Arciprete monsignor Giuseppe Caputo, dal parroco Antonino Caputo e dal maresciallo Antonino Ortoleva.
Ciò fu deciso il 28 maggio del 1944 dal vescovo di Patti mons. Angelo Ficarra che aveva considerato caotica la situazione in cui la confraternita era venuta a trovarsi, nonostante la buona fede di moltissimi elementi. Da quel giorno la Confraternita non si convocò più e si sciolse. Dopo sessantasette anni, nel febbraio del 2011, un gruppo di fedeli e di giovani della parrocchia, coadiuvati dal parroco Giovanni Lapin, decisero di ricostituire la vecchia Confraternita con la stessa divisa e con gli stessi principi della vecchia Confraternita. Queste notizie sono state fornite dal segretario Fabrizio Marchese.
La Confraternita del Rosario è una Congregazione maschile avente come fine la diffusione della recita del Santo Rosario.
Sorse attorno alle attività dell’Ordine dei Predicatori, tradizionalmente diffusori della pratica del Rosario, tanto che San Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine, è sempre raffigurato nell’atto di ricevere dalle mani della Vergine la corona del Rosario.
La comunità dei Domenicani, fiorente a Mistretta già nel secolo XV, lasciò il Convento di Santa Maria dell’Alto, oggi la chiesa del Rosario, nel 1587, per eccessiva indigenza, come riferì lo storico ecclesiastico siciliano Rocco Pirro. Rimase la congregazione nei suoi due rami di cui quello maschile assunse ben presto carattere di confraternita col solo fine di culto e fedele alle sue funzioni di vita ascetica e di spiritualità eucaristico-mariana.
La confraternita organizza la festa della Madonna del Rosario, che si glorifica il sette d’ottobre, e, dal secolo scorso, l’istituzione delle Quarantore.
La confraternita partecipa alla processione del Corpus Domini e a quella dei Misteri della Passione del Venerdì Santo con la statua dell’Addolorata. La Confraternita non ebbe la possibilità finanziaria di costruire una cappella funeraria al cimitero monumentale per la sepoltura dei Confrati.
La Confraternita del Purgatorio, probabilmente coetanea della Chiesa delle Anime Purganti, è stata istituita nel sec. XVII dai contadini, ma è stata cancellata nel 1946. Grazie all’impegno dell’arciprete mons. Michele Giordano e alla rivalutazione della Chiesa, la confraternita è ritornata in vita.
Regolata da un preciso statuto, impone la preghiera di suffragio per tutti i defunti, dagli iscritti, ai familiari, ai benefattori. La confraternita, come simbolo, su una t-shirt nera porta una croce rossa quasi quadrata.
In origine il suo ingente patrimonio comprendeva: terreni, case e rendite censuarie misteriosamente scomparso dall’ufficio del catasto dopo l’ultima guerra. La Confraternita partecipa alla processione del Corpus Domini, a quella dei Misteri della Passione del Venerdì Santo, trasportando la statua del Cristo sulla Croce, e a quella della processione della Madonna della Luce.
La Confraternita di Maria SS.ma del Monte Carmelo, meglio conosciuta come la Confraternita del Carmine, formata da artigiani e da operai, è associata alla chiesa di Maria SS.ma del Monte Carmelo e si regola tramite la stesura dello statuto. Ha la funzione di gestire principalmente la chiesa omonima e il suo patrimonio immobiliare, anticamente molto consistente e oggi molto impoverito, fonte di sostegno per la manutenzione della chiesa e per l’esercitazione del suo culto.
La Confraternita organizza la festa della Madonna del Carmelo, che cade il 16 luglio di ogni anno. Fino a poco tempo fa la festa della Madonna del Carmelo era preceduta dalla processione dei “busci”, mazzi di spighe che incorniciavano il quadro della Madonna del Carmelo. Il popolo, portandoli in processione, simbolicamente ringraziava la Dea Cerere, molto venerata dal popolo amastratino, per l’abbondante raccolta del frumento. La confraternita partecipa alla processione del Corpus Domini e a quella dei Misteri del Venerdì Santo.
La confraternita del Carmine possiede la cappella funeraria al cimitero monumentale per la sepoltura dei confrati.
Parallela alla confraternita maschile era l’Associazione della Madonna del Carmelo femminile, fondata dal sac. Filadelfio Longo nel 1962, e che aveva la stessa sede e le stesse finalità della confraternita maschile.
La confraternita della SS.ma Trinità, fondata nel 1711, ed i cui capitoli furono approvati nel 1734 dal Vescovo di Cefalù, associava esclusivamente “mastri”, i muratori. La confraternitaè ancora esistente e si riconosce per la croce bicolore, rossa e celeste, trinitaria che i confrati espongono sulla fascia bianca indossata di traverso sul petto.
Il disegno trinitario ripete quello dell’Ordine dei Templari. Applicando il proprio statuto, la confraternita è responsabile della Chiesa omonima e cura anche gli interessi economici. La chiesa possedeva diversi ettari di terreno, edifici, chiesette rurali, colture d’ogni genere ed un vastissimo bosco. Le rendite di questo patrimonio dovevano servire all’assolvimento della principale finalità della Confraternita: l’affrancamento degli schiavi, secondo il carisma proprio dell’Ordine Trinitario. Io ricordo che la terza domenica di maggio, nella ricorrenza della festa della Madonna dei Miracoli, seguiva il cammino processionale un ragazzo moro in catene, simbolo della liberazione degli schiavi. Questa tradizione è stata sospesa tanti anni fa. Le confraternite della SS. trinità e di Maria SS. del Monte Carmelo erano collegate. Anche la tela dell’altare maggiore della Chiesa della SS.Trinità raffigura al centro un angelo seduto, che mostra la croce bicolore trinitaria sul petto, nell’atto di liberare due schiavi: un ragazzo bianco e un ragazzo nero. Incrociando le braccia, con ambo le mani, simbolo di fratellanza, stringe i due giovani liberati dalla schiavitù.
Altro obiettivo era la solidarietà fra gli iscritti. La confraternita attuale, inoltre, promuove e gestisce la festa interna della SS. Trinità e la festa esterna di San Vincenzo di Saragozza, diacono e martire. Partecipa alla processione del Corpus Domini e a quella dei Misteri del Venerdì Santo. Alla fine del sec. XIX costruì la Cappella cimiteriale per la sepoltura dei Confrati.
La confraternita di San Nicolò di Bari, la più antica in ordine di tempo, fu istituita, probabilmente, contemporaneamente alla costruzione della Chiesa nel secolo XIV. Organizzata secondo la stesura di uno statuto molto rudimentale, i suoi fini erano: l’elevazione religiosa dei confrati, il culto, la cura, la manutenzione, il decoro della Chiesa, il controllo del comportamento degli adepti, il rispetto delle leggi dell’organizzazione interna, abbastanza democratica per quei tempi, l’amministrazione delle terre. Anticamente la chiesa possedeva diversi terreni adibiti a pascolo degli animali e per questo motivo concessi in affitto ai pastori che pagavano una modesta somma annuale. Notevole era l’elargizione di elemosine a persone o a famiglie in stato di indigenza. La confraternita era gestita da un “governatore”, mio padre lo è stato per diversi anni ai tempi di padre Antonino Saitta e di don Filadelfio Longo, collaborato da due congiunti di man destra e di man sinistra, dal procuratore, che fungeva anche da cassiere, e dal segretario. Purtroppo la confraternita non esiste più; rimane, come testimonianza della sua realtà, solo il quadro esposto nella sacrestia della chiesa.
La confraternita di San Giovanni Battista, oggi estinta, recava simboli molto somiglianti a quelli della SS.maTrinità.
La croce, bianca o argentata, era posta su uno sfondo rosso esattamente come quella del cavalleresco Sovrano Ordine di Malta. Essa era associata alla rinascimentale chiesa di San Giovanni Battista, un tempo molto ricca e considerata la “succursale” della Chiesa Madre.
Il suo statuto è pressoché identico a quello delle altre confraternite e copia il modello molto in uso in Sicilia già dal’400 ispirato alla regola di Sant’ Agostino. La confraternita di San Giovanni partecipava alla processione dei Misteri del Venerdì Santo con le statue del Cristo alla colonna e di Gesù caduto sotto la croce.
Solennizzava anche le feste di San Giovanni Battista e di San Michele Arcangelo. La confraternita curava anche l’ordinato svolgimento di alcune funzioni religiose quali: la Candelora, le Palme, la Passione e la Prima Comunione perché la Chiesa di San Giovanni era utilizzata come stazione principale per le processioni liturgiche. La confraternita non costruì mai una propria cappella cimiteriale.
La Confraternita di Santa Rosalia sorse con l’affermarsi del culto della Patrona di Palermo, invocata specialmente contro la peste, le cui reliquie, per la prima volta, furono scoperte a Monte Pellegrino e venerate a Palermo nel 1624.
La Confraternita probabilmente nacque con la Chiesa che tutti chiamano di “Santa Rosa”, tra il 1680 e il 1705.
Ebbe finalità di culto e di mutuo soccorso pressoché simili alle altre confraternite, ma con l’obbligo di una particolare attenzione ai malati. Sciolta nei primi anni del 1900, fu ricostituita dopo il 1945, ma con scarsi risultati. I nuovi confrati avevano l’obiettivo di recuperare la “Chiusa di Santa Rosalia” e il feudo di “San Simone”, le cui rendite avevano garantito per oltre due secoli una dignitosa esistenza della Chiesa, della Confraternita e delle opere caritative connesse.
Il santuario della Madonna della Luce non ha una confraternita, ma un comitato molto unito nell’organizzazione della festa. Segno distintivo del comitato è una fascia azzurra con la M di Maria e dentro l’ellisse la Madonna fra i giganti.
I membri del comitato, nonché dell’associazione “Amastra Fidelis”, indossano la fascia durante la processione dei Misteri del Venerdì Santo portando il loro Mistero della “Pietà” di Michelangelo, gruppo statuario recentemente restaurato.