Oct 10, 2015 - Senza categoria    Comments Off on L’URGINEA MARITIMA CON LA SPIGA FIORALE BIANCA

L’URGINEA MARITIMA CON LA SPIGA FIORALE BIANCA

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A Mistretta, al mio paese, le feste religiose di San Sebastiano, della Madonna della Luce e dei Giganti, del SS. mo Ecce Homo, il concorso letterario di poesia dialettale “Enzo Romano”, il trittico amastratino dedicato a “Mario De Caro”, la mostra fotografica collettiva di: Giuseppe Ciccia, Ugo Maccà, Giusy Sirni, Emanuele Coronato, Francesca Scarcina, sul tema “San Vastianu, vui siti lu gran santu”, la mostra di pittura dell’artista Sebastiano Caracozzo, la presentazione del libro di poesie “Le sequenze del cuore” di Antonio Oieni, del libro di poesie “Ad un soffio da te” di Donatello Scieuzo, del libro di poesie “Versi Diversi” di Rino Scurria,  dei libri di Filippo Giordano “Riepitu” e “Valle delle cascate, il volto sconosciuto di Mistretta”, la Cover musicale al largo Cavour della cantante folk Cinzia Sciuto, che ha l’interpretato alcuni canti tratti dal repertorio di Rosa Balistreri, il concerto di Deborah Iurato, la cantante siciliana pop vincitrice della tredicesima edizione del talent di Maria De Filippi “Amici”, la sfilata di moda con l’elezione della “Miss sotto il castello” organizzata da Dino Porrazzo, il concerto in piazza San Felice della banda musicale di Mistretta, diretta dal maestro Girolamo Di Maria, il concerto degli allievi dell’Accademia fisarmonicistica, curato dal maestro Salvo La Ferrera, l’esibizione della Corale Monteverdi, diretta dal dott. Sebastiano Zingone, i molti complessi di musica, molto eterogenei, che si sono esibiti sul palco in piazza San Felice e lungo i marciapiedi della via Libertà, la passeggiata sotto le stelle nei quartieri della città di pietra, organizzata dall’Associazione Sicilia Antica con Santina Rondine, la passeggiata alla valle delle cascate dei Nebrodi, con Filippo Giordano, Daniela Dainotti, Nello Turco, Luigi Marinaro, le escursioni a cavallo, la sfilata dei carretti siciliani, le sagre del “cudduruni, della salsiccia, dei prodotti caseari”, la mostra cinofila, le gare sportive, il torneo di Calcio-Tennis, i giochi di abilità per bambini, lo Slide and Fly “Il mare a Mistretta”, il “XXI raduno internazionale del Folklore”, le commedie,  la gimkana,  gara organizzata dal comitato pro festa del SS.mo Ecce Homo, durante la quale i concorrenti hanno dovuto percorrere nel più breve tempo e con il minor numero di penalità un tracciato tortuoso e reso impegnativo da ostacoli, la visita quotidiana alla villa comunale “Giuseppe Garibaldi” e alla villa “Chalet”, la serata di premiazione dei vincitori partecipanti alla XII edizione del Concorso Letterario “Maria Messina”, promosso dall’Associazione culturale “Progetto Mistretta”, in collaborazione con l’ Istituto Comprensivo “Tommaso Aversa”, e presentata, come ogni anno, nel Salone delle Feste del Circolo Unione, sono state tutte manifestazioni, insieme a tante altre ancora, inserite nel programma dell’estate mistrettese 2015 programmato dall’Amministrazione comunale, dalla Pro Loco, dalla Kermesse d’arte,  dai Comitati delle feste religiose, dalle varie Associazioni, che hanno vivacizzato il paese.
La movida, formata dalla gioventù amastratina, ha animato la vita notturna dalla mezzanotte fino alle prime luci dell’alba.
Inoltre hanno reso piacevole il mio lungo soggiorno a Mistretta la gradevole frescura del luogo, che mi ha evitato di patire l’afosa e insopportabile calura licatese, la tranquillità della vita del paese, la piacevole compagnia degli amici.
Due carissime persone hanno concluso la loro vita terrena durante l’estate appena trascorsa. Ciao Nellina! Ciao Maruzza! Vi ricorderò sempre.
La mia villeggiatura a Mistretta è terminata.
Sono ritornata a Licata, a casa mia! Festosamente sono stata accolta dalle mie vicine: Letizia, Cettina e Raffaella.
Lungo il viaggio di ritorno che da Mistretta conduce a Licata, percorrendo la statale 125, esattamente nelle vicinanze di Enna, ho notato alcune piante che ergevano verso l’alto la loro spiga fiorale.
Mi sono subito innamorata della loro bellezza ed eleganza!
Qual è il nome scientifico?
Ha soddisfatto la mia curiosità il mio amico, il prof. Giuseppe Bazan, docente di botanica all’Università di Palermo.
Carissimo Giuseppe ti ringrazio sempre per la tua grande disponibilità ad istruirmi soprattutto sulle piante spontanee e rare che amo immensamente.

E’ L’URGINEA MARITIMA.

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Urginea è un genere di piante ricco di 120 specie distribuite nel bacino del Mediterraneo.
Sono diffuse in Europa, in Asia, in Africa. In Italia vegetano in Liguria, in Toscana, nel Lazio, nel meridione e nelle isole.
 In Italia delle tre specie esistenti la più comune è l’Urginea maritima.
La pianta di Urginea maritima appartiene alla famiglia delle Gigliaceae secondo la “Guida Botanica d’Italia”.
Il nome del genere “Urginea” ricorda la tribù algerina Beni Urgin, dalla quale ha ereditato il nome, e dove fu raccolta e studiata per la prima volta nel 1834. Gli algerini la chiamano “Âsquyl”.
Il nome “maritima” della specie è stato attribuito perché allo stato spontaneo la pianta vegeta bene nella macchia mediterranea costiera.
Si allontana poco dal mare dove s’interra nella sabbia delle spiagge o fra le rocce. Molto raramente vegeta nelle zone interne.
Infatti, è stato un fenomeno inconsueto aver notato un insieme di piante di Urginea maritima nella zona interna della Sicilia, esattamente nei pressi di Enna.

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L’Urginea maritima volgarmente è chiamata “Squilla”, ma .possiede molti altri sinonimi: “Charybdis pancration, Charybdis maritima, Speta, Urginea scilla, Drimia maritima,  Cipolla marina, Scilla marittima”.
Etimologicamente il nome ”Scilla” deriva dal sostantivo greco “Σκύλλα”  “Scilla”, il feroce mitico mostro marino che abitava in una caverna rocciosa di rimpetto a Cariddi, più tardi localizzata nello stretto di Messina. Potrebbe derivare dal verbo “σκύλλω” “dilaniare, stracciare, tormentare” nome che Ippocrate utilizzò per segnalare la forte tossicità della pianta.
Secondo la classificazione botanica più recente il nome Urginea maritima è il sinonimo del corretto nome Drimia maritima (L.) Stearn (1978). Il Pignatti, nella Flora d’Italia, la riporta come Urginea maritima.
L’Urginea maritima è una pianta che si fa apprezzare per il portamento e per la bellezza dei suoi fiori. Si notano dei pennacchi bianchi che ondeggiano nel vento: è l’infiorescenza che spesso, nella cultura popolare, segna la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno.

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 L’Urginea maritima è una pianta erbacea perenne dotata di un grosso e pesante bulbo, rivestito da una tunica, dal diametro fra i 10 e i 20 cm e dal peso anche di 4 chilogrammi. Alla fine dell’estate emette uno scapo fiorifero eretto, alto anche due metri, di colore verde biancastro, che termina con un’infiorescenza a racemo denso formato da numerosi fiori, anche oltre 100, a forma stellare, peduncolati e formati da sei tepali ovali bianchi con una costola mediana marrone e con filamenti giallo-verdastri.
I fiori sono inodori. L’apertura dei fiori è graduale, inizia dal basso e prosegue verso l’alto. E’ molto decorativa. La punta dell’infiorescenza tende frequentemente ad incurvarsi a causa del peso dei fiori.

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 Le foglie, di colore verde scuro, molli e carnose, lanceolate, larghe circa 10 cm e lunghe fino a 50 cm, riunite in una rosetta basale, appaiono contemporaneamente o prima della fioritura creando una sorta di “culla” da cui emerge lo scapo fiorifero.
I fiori sbocciano alla fine dell’estate. Il frutto è una capsula membranosa ellittica triloculare contenente molti semi.
La moltiplicazione avviene per seme in primavera. Ancora più indicata è, in estate, la moltiplicazione per divisione dei bulbi.
La coltivazione dell’Urginea maritima è abbastanza facile sia in vaso, di dimensione sufficiente, sia in piena terra.
Il bulbo deve essere collocato a pochi centimetri dalla superficie e con la sua punta ricoperta solo da un sottile stato di terra. Il substrato deve essere sciolto, ricco di humus e molto permeabile, preferibilmente sabbioso, sia acido sia calcareo.
Gradisce una esposizione dove può ricevere la luce diretta del sole della mattina.
Durante il periodo del ciclo vegetativo, in cui sono presenti le foglie, è necessario somministrare un debole concime liquido per piante da fiore. Durante l’estate i bulbi non devono essere mai annaffiati.
L’Urginea maritima teme le basse temperature. Nelle zone fredde non riesce a sopravvivere, quindi è bene coltivare la pianta in grandi vasi che potranno essere trasportati in luoghi più caldi durante la stagione invernale. Essendo molto irritante per la pelle si consiglia di maneggiare la pianto usando i guanti.
La pianta era nota già nell’antichità con il nome di “Scilla”.
Questo nome è tuttora frequentemente usato in erboristeria.
Per le sue proprietà cardiotoniche e diuretiche la pianta era già usata come droga dagli egizi, dai greci e dagli arabi.
E’ stata descritta da Dioscoride, da Teofrasto, da Galeno che conoscevano già le stesse proprietà cardiotoniche, diuretiche ed espettoranti dell’Urginea.
Lo scienziato Plinio il Vecchio, I° secolo d. C., così scrisse:“In verità nobilissima è la scilla, sebbene nata per i medicamenti e per rinforzare l’aceto. Non c’è bulbo più grande e che abbia maggior forza. Due sono le varietà della medicinale, il maschio dalle foglie bianche, la femmina dalle foglie nere. Ma la terza varietà è un cibo gradevole, si chiama Epimedio, dalle foglie piccole e meno aspro. Hanno tutte molto seme; tuttavia crescono abbastanza celermente con i bulbilli nati attorno e, perché crescano, le foglie, che hanno ampie, si sotterrano; così i bulbilli ne assumono le sostanze nutritive. Nascono spontaneamente numerosissime nelle isole Baleari e ad Ibiza e per tutta la Spagna”.
Secondo Plinio esistono due varietà di Scilla. La varietà “alba”,chiamata anche “Scilla maschio”, di dimensioni minori; la varietà “rubra”, chiamata “Scilla femmina” il cui bulbo può arrivare a 3–4 kg. La differenziazione delle due varietà si riferisce al colore delle squame del bulbo.
Plinio ancora scrisse: “ Tra le scille con proprietà medicinali la bianca è il maschio, la nera la femmina; la più bianca è la migliore. Tolta a questa la scorza secca, fatta a fette la parte verde restante, si pongono queste su un panno a piccola distanza l’una dall’altra. Poi i pezzi seccati vengono sospesi in un orcio pieno di aceto quanto più forte possibile in modo che non tocchino nessuna parte del vaso. Si fa questo quarantotto giorni prima del solstizio. Poi il vaso otturato con gesso viene posto sotto le tegole perché ricevano il sole dell’intera giornata. Dopo quel numero di giorni si tira fuori il vaso, si estrae la scilla e si cola l’aceto. Questo rischiara molto la vista, è salutare per lo stomaco, per i dolori al fianco assunto a digiuno ogni due giorni. Ma è tanto forte che assumendolo con troppa avidità per un momento sembra che uno sia morto. Giova pure alle gengive e ai denti anche solo masticandola. Assunta con aceto e miele elimina le tenie e gli altri parassiti del corpo. Messa fresca sotto la lingua fa che gli idropici non sentano sete. Si cucina in diversi modi: in una pentola che si mette nel forno spalmata di grasso o di fango o a pezzi in tegame. E cruda viene seccata, poi si taglia a pezzi e si cuoce nell’aceto, quando serve contro i morsi dei serpenti. Quando è arrostita si netta e la sua parte centrale viene cotta di nuovo in acqua. Così cotta viene somministrata agli idropici, per stimolare la diuresi bevuta nella dose di tre oboli con miele ed aceto, allo stesso modo ai sofferenti di milza e ai sofferenti di stomaco, se non avvertono i sintomi dell’ulcera, che abbiano problemi di digestione, per le coliche, per i sofferenti di bile, per la tosse cronica che toglie il respiro. In soluzione con le foglie per quattro giorni combatte la scrofolosi, cotta in olio ad empiastro la forfora e le ulcere che emettono liquido. Si cuoce pure nel miele per cibo, soprattutto per favorire la digestione. Così purifica anche l’intestino. Cotta in olio e mista ad acquaragia sana le screpolature dei piedi. Il suo seme viene applicato con miele nel caso di dolore dei fianchi. Pitagora tramanda che la scilla sospesa anche sulla porta è efficace a tenere lontani i malefici”.
“L’aceto di Scilla quanto più è invecchiato tanto più è utile. Giova, oltre a quanto abbiamo detto, ai cibi inaciditi perché li rende più gradevoli al gusto; parimenti a quelli che vomitano a digiuno perché dà insensibilità alla gola e allo stomaco. Elimina l’alitosi, cicatrizza le gengive, rende saldi i denti, dà un colorito migliore. Gargarizzandolo elimina la durezza di orecchi e apre le vie dell’udito. In pari tempo acuisce la vista. È straordinariamente utile agli epilettici, ai biliosi, contro le vertigini, i restringimenti della matrice, gli urti, le cadute e gli ematomi che ne conseguono, i nervi ammalati, le malattie dei reni, da evitare in caso di ulcera”.
Nel XVIII secolo sono state scoperte le sue proprietà cardiotoniche simili a quelle della Digitalis purpurea, differendo da questa per l’azione più rapida, ma di più breve durata.
Oggi le sue attività principali sono: la cura delle forme lievi di insufficienza cardiaca e della ridotta funzionalità renale. L’uso come espettorante è ormai sorpassato.
Possono verificarsi casi di tossicità, di interazioni e di effetti secondari. I sintomi di intossicazione, anche alle dosi terapeutiche, si possono manifestare con nausea, vomito, disturbi gastrici, diarrea, polso irregolare.
E’ consigliabile attenersi rigorosamente alle indicazioni del medico e alle preparazioni standardizzate perché la concentrazione della droga può variare fortemente.
Storicamente, dunque, l’interesse per questa pianta si è maggiormente indirizzato verso le virtù medicinali più che per le sue caratteristiche ornamentali. La parte della pianta che interessa è il bulbo. Esso è raccolto in agosto, prima della fioritura, tagliato a fette e posto ad essiccare in un ambiente asciutto e ventilato.
Esso dimostra una notevole tossicità per l’uomo, specie se consumato fresco. I principi attivi contenuti nel bulbo sono: afoscillina, scillipicirina, scillitossina, scillina, poliosi, mucillagine, ossalato di calcio.
Curiosità: il bulbo è talvolta utilizzato come  topicida perché i topi, attirati dal suo odore aromatico, affondano i denti nella polpa e, rapidamente, muoiono.
E’ noto che i capi Bantù si procurano delle cicatrici con una pasta preparata da queste piante e usano le foglie come medicinali. Anche le foglie, come i bulbi, contengono sostanze tossiche per l’uomo e per gli animali.
In Sardegna l’Urginea maritima è considerata una pianta magica e spesso è coltivata come talismano come protezione dalle stregonerie.

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