Feb 7, 2017 - Senza categoria    Comments Off on UN DONO GRADITO, PIACEVOLE – SPIACEVOLE

UN DONO GRADITO, PIACEVOLE – SPIACEVOLE

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Un dono può essere gradito ma, nello stesso tempo, dolce – amaro.
Ricevere un libro in regalo è sempre un’esperienza piacevole, ma apprendere la notizia dell’improvvisa morte dell’autore è causa di molta tristezza.

Da parte del mio amico Carmelo Federico ho ricevuto il dono dell’importante suo libro, scritto assieme al figlio Rocco,
LA GUIDA ALLA FLORA VASCOLARE DEL COMPLESSO COLLINARE CATALFANO-SONUNTO”,  con dedica.

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Nella mail mi aveva scritto: “Carissima Prof.ssa Nella, nonché amica mia carissima, questa mattina ti ho inviato “LA GUIDA ALLA FLORA VASCOLARE DEL COMPLESSO COLLINARE CATALFANO-SONUNTO” con la prefazione di Pino Giaccone, il Prof. algologo che tu hai conosciuto al tempo dei laboratori di anatomia vegetale assieme al prof.Sortino, al prof.Trapani, e il libro sulle Orchidee Siciliane con la prefazione di Silvano Riggio.
Se ben ricordi era, ai nostri tempi, l’assistente del Prof. Reverberi, mentre oggi è titolare della cattedra di Ecologia. Sto curando una seconda edizione aggiornata delle Orchidee siciliane. Vorrei continuare a dialogare con te, ma rimandiamo a tempi migliori. Un forte abbraccio, un sincero augurio, un caro saluto
. Carmelo Federico”.
Carmelo Federico è stata la prima persona che ho conosciuto quando sono venuta a Licata, ancora studentessa universitaria, e col quale è nata una sincera, leale e profonda amicizia.

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Amicizia! Una parola ricca di molti significati. Epicuro ci ha insegnato: “Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un’esistenza felice, la più grande è l’amicizia“. L’Amicizia esiste ed è un bene reale. Grazie, amico mio, per esserci stato!
Carmelo Federico e Carmelo De Caro erano molto amici. Alla loro indissolubile amicizia si è aggiunta anche la mia. Avevamo molti interessi in comune. La Natura soprattutto! Ricordo le lunghe escursioni che facevamo nel territorio di Licata, muniti di macchine fotografiche, alla ricerca di piante spontanee dalle quali volevamo conoscere il nome scientifico consultando subito la Guida Botanica D’Italia. Tutti e tre eravamo appassionati dello studio della Botanica. Sono ricordi di tanti ani fa, ma indelebili.
La sua prematura scomparsa, avvenuta il 24 novembre del 2016, il giorno di Santa Flora, mi ha pietrificata anche perché il nostro ultimo dialogo è avvenuto pochissimi giorni prima del suo decesso.
Tempi migliori che, purtroppo, non ci sono stati.
Il prof. Carmelo Federico era il licatese, trapiantato a Palermo, che possedeva i veri valori della vita: la generosità, l’onestà, la modestia, l’amore per la Natura. Valori che rendono la vita degna di essere vissuta pienamente e che possono lasciare la traccia e il ricordo incancellabile negli altri. Era studioso e divulgatore delle piante che faceva conoscere attraverso i suoi numerosi articoli di argomento naturalistico e attraverso le sue pubblicazioni di argomento floristico: “La Flora della Riserva dello Zingaro, la Flora del Parco delle Madonie, la Flora della Riserva di Torre Salsa (AG), la Flora della Riserva di Vendicari (SR), la Giuda alla Flora Vascolare del complesso collinare Catalfano-Solunto”. E’ stato membro del Direttivo dell’Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali (A.N.I.S.N.) sez. di Palermo. E’ stato socio della O.P.T.I.M.A. “Organization for the Phyto-Taxonomic Investigation of the Mediterranean Area”. E’ stato socio della Società Botanica Italiana e della Società Siciliana di Scienze Naturali.
Carmelo, riposa in pace! Lassù sei la stella più luminosa. Tutti noi ti saremo sempre vicini con la preghiera.
Nella nota del paragrafo “Un cenno alla Geo-idro-logia della zona” del libro “ Giuda alla Flora Vascolare del complesso collinare Catalfano-Solunto (Pa) ho letto: “Linaresii perché questa piccola e precoce Iridacea è stata dedicata dal suo autore il Botanico Filippo Parlatore al suo grande amico Vincenzo Linares”.

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Il fatto che all’illustre licatese VincenzoLinares è stato reso omaggio con l’attribuzione del suo nome a questa bellissima pianta è una gioia per tutti i licatesi e per me in particolare che, leggendo la nota, la comunico con entusiasmo nel mio blog.
Filippo Parlatore, nato a Palermo l’8 agosto 1816, è stato un famoso studioso di Botanica. La sua attenzione per la botanica nacque dalla conoscenza dei botanici palermitani Vincenzo Tineo, direttore dell’Orto botanico di Palermo, e Antonino Bivona Bernardi. Il Comune di Palermo lo ricorda intitolandogli una via cittadina che porta il Suo nome. Desiderando approfondire le sue conoscenze botaniche, Filippo Parlatore viaggiò molto in Italia, in Svizzera, in Francia, dove ebbe come maestri de Candolle, St.Hilaire, Brogniart, e fece  amicizia con Webb e von Humboldt. Nel 1842 il Granduca Leopoldo II gli conferì la cattedra di botanica all’Università di Firenze e lo nominò direttore del Giardino dei Semplici annesso al Museo di Botanica dove è esposto il suo busto.

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Nel 1844 fondò il “Giornale botanico italiano” e, nel 1845, l’Erbario Centrale Italiano. Diresse il Museo di Storia Naturale di Firenze dal 1868 fino alla morte avvenuta il 9 settembre del 1877. Fu autore di diverse pubblicazioni scientifiche.

La Romulea linaresi subsp. Linaresii, lo Zafferanetto di Linares, è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Iridaceae.

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Si fissa al suolo mediante un piccolo bulbo dal quale s’innalza il fusto, alto 8-10 cm, che termina con 1-2 fiori.  Le foglie, di colore verde intenso, sono filiformi e strette. Il fiore è di colore violaceo e con venature bluastre. Fiorisce prematuramente nei mesi tra febbraio e marzo.

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 Il frutto è una capsula ovoidale, lunga circa 1 cm, divisa in tre setti, contente i semi.
La Romulea linaresii è una pianta endemica delle aree costiere della Sicilia nord-occidentale. Facilmente s’incontra nei territori di Palermo e di Marsala.
I suoi habitat preferiti sono le rupi e i prati prospicienti il mare e fino a un’altitudine di 600 metri. Ama essere accolta da un terreno calcareo o sabbioso.

La figura di Vincenzo Linares, giornalista e scrittore italiano, è stata egregiamente raccontata dal prof. Calogero Carità nel suo libro
” IMMANIS GELA NUNC ALICATA URBS DILECTISSIMA AC…”

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Vincenzo Linares nacque a Licata il 6 aprile del 1804 da Filippo e da donna Nicoletta Lenzi.
Dopo i primi studi seguiti nella città natale, assieme al fratello Antonino si trasferì a Palermo per frequentare il Collegio Casalanzio retto dallo zio materno Carlo Lenzi. Subito si applicò nello studio della filosofia e delle materie umanistiche prevalendo nelle gare scolastiche organizzate dai professori del collegio.
Quindi intraprese gli studi di diritto non portati a termine perché, suo padre, avendo subito un rovescio di fortuna, lo fece ritornare a Licata, in famiglia.
Da Licata ritornò nuovamente a Palermo e, nel 1827, cominciò a lavorare presso la Gran Corte dei Conti.
Ai momenti di lavoro e di studio alternava momenti di rilassamento suonando la chitarra. Assieme al fratello Antonio nel 1834 fondò una gazzetta settimanale pubblicata fino al 1837.  Il periodico, dal titolo “Il Vapore”, istruttivo, gradevole, accompagnato da un figurino di mode, collaborato da alcuni tra i maggiori uomini intellettuali palermitani dell’epoca, dando ampio spazio agli scritti di Felice Bisazza e di Giuseppe La Farina, godette di grande simpatia e di larga diffusione in Sicilia. Per quanto i fratelli Antonio e Vincenzo Linares abbiano scelto il quieto vivere, è dalle colonne del loro giornale che prendono evoluzione le più disparate manifestazioni di pensiero. I fratelli Linares furono i proprietari, i fondatori e i redattori principali del giornale avendo come collaboratori, anche se per poco tempo, i fratelli Francesco, Paolo e Vincenzo Mortillaro. Destinato alle “colte e gentili siciliane di ogni specie di bello e di sapere desiose”, in un primo momento non ebbe grande successo, considerato giornale elegante, ma poi ben presto si impose.
A rendere il giornale ancora più interessante contribuirono i disegni di Giuseppe Patania, i rami di Tommaso Aloisio, di Francesco Saverio Cavallaro, le incisioni di Pietro Waincher, il pennello dei fratelli Burgio per colorare il figurino di mode. Ebbe molti consensi.
Anche il marchese Tommaso Gargallo, che tutelava la cultura siciliana dell’epoca, fu ammiratore de “Il Vapore” e scriveva da Napoli a Vincenzo Linares: “Del Vostro foglio vi assicuro che resto assai contento sentendone anche le lodi da bocche che, trattandosi di cose siciliane, non vogliono essere molto eloquenti”. Alternando la poesia, al racconto, alla novella fornì utili notizie letterarie, economiche, igieniche.
La critica teatrale, pur mettendo in luce i difetti dei teatri siciliani e la scarsa valenza degli artisti, espresse parole di lode per i pochi artisti meritevoli, che onoravano veramente l’arte del canto, ed evidenziò le insufficienze delle amministrazioni teatrali.
A causa del diffondersi dell’epidemia del colera a Palermo, ogni attività letteraria si bloccò e anche “Il Vapore” cessò le pubblicazioni nel 1837.
Nel 1838 Vincenzo Linares fece stampare il romanzo “Maria e Giorgio, ossia il colera a Palermo”, dove è evidente il richiamo alla peste manzoniana. L’opera fu elogiata dai più valenti critici contemporanei: da Filippo Parlatore, da Ottavio Lo Bianco, da Filippo Minolfi, da l’Ambrosioli.
I racconti popolari”, scritti durante la sua permanenza a Canicatti, dove svolgeva il suo lavoro di notaio, pubblicati nel 1840 presso la stamperia di Bernardo Virzì, e che l’autore dedicò al Principe di Sant’Elia, sono un’altra produzione letteraria del Linares. In essi Vincenzo descrive, nella loro cruda realtà, le tradizioni, le superstizioni, le credenze, gli usi, i costumi, i difetti e le virtù del popolo siciliano.
Nel 1840, sempre presso la stamperia di Bernardo Virzì, pubblicò il racconto “I Beati Paoli” i quali “col manto dell’ipocrisia coprivano le loro buone o cattive azioni”.
Nominato ufficiale di carico nella cancelleria della Gran Corte dei Conti a Palermo, nel 1841 Vincenzo Linares pubblicò il racconto “ Il masnadiero siciliano” dedicato al fratello Antonio. In esso racconta la storia del brigante Antonio Di Blasi detto il “Testalonga”.
Egli è uno sventurato uomo perseguitato dalla sfortuna che, per l’invidia umana, è stato costretto a darsi alla macchia. E’ un bandito gentiluomo che, coraggioso per natura, feroce per necessità, difende i poveri costringendo i ricchi ad aiutarli e imponendo ai vessatori di restituire ciò che hanno derubato.
Anche il racconto “L’avvelenatrice” riscosse notevole successo.
Il Linares assume l’atteggiamento di un progressista legalitario, che condanna la mafia, che si rammarica dello stato di arretratezza economica della sua terra e che si augura che si aprano nuove strade per affrontare gli affari, per aumentare i traffici e per riunire gli abitanti della Sicilia incoraggiando a far cessare i delitti, i privilegi, gli asili.
Nel 1844 collaborò con “La Gazzetta dei Saloni” di Palermo e con i giornali “L’Occhio” e “L’Oreteo”.
Fu, inoltre, biografo di illustri personaggi siciliani tra i quali il botanico Antonino Bivona Bernardi e il fisico Domenico Scinà, entrambi deceduti durante l’epidemia del colera.
Ammalatosi, nel 1845, improvvisamente colpito da apoplessia, morì a Palermo il 18 gennaio del 1847 a soli 41 anni d’età.

Nel 1902, durante la rievocazione di Vincenzo Linares, organizzata dal rag. Angelo Aquilino, nella Piazzetta Elena di Licata la lapide in sua memoria fu collocata sul muro del prospetto meridionale dell’antico ospedale San Giacomo d’Altopasso il cui epitaffio fu suggerito da Gaetano De Pasquali.

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Il liceo classico “V. Linares” di Licata porta il suo nome.

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foto della prof. Rosaria Merro

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