Dec 2, 2014 - Senza categoria    Comments Off on SANTA LUCIA E LA SUA PARROCCHIA A MISTRETTA

SANTA LUCIA E LA SUA PARROCCHIA A MISTRETTA

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Il 13 Dicembre la Chiesa cattolica festeggia Santa Lucia.
Lucia nacque a Siracusa nel 283 in una nobile famiglia molto ricca. Educata alla religione cristiana, desiderò dedicare la sua vita a Dio e donare le sue ricchezze agli indigenti. Nel 302, sotto Diocleziano, durante la persecuzione, un soldato romano tentò di rapirla. Poiché Lucia gli oppose resistenza, in quanto cristiana, la denunciò alle autorità e, per ordine del governatore Pascasio, subì il suo atroce martirio.
Fu arrestata, torturata, uccisa.
Dopo il martirio, il suo corpo fu portato in processione nelle catacombe di Siracusa che chiamarono “le catacombe di Santa Lucia”.
Il culto della Santa cominciò immediatamente e proseguì nel tempo. Papa Gregorio Magno (590-604) inserì il nome Lucia nel Canone della Messa imponendo la Sua venerazione a tutta la Chiesa.
Nel 1039 il generale bizantino Giorgio Maniace strappò agli Arabi la Sicilia orientale, compresa la città di Siracusa, e trasportò il corpo di Lucia a Costantinopoli. Quando la capitale imperiale fu occupata dai crociati nel 1204, il doge Enrico Dandolo ordinò di portare le spoglie della Santa a Venezia dove si trovano tuttora.
La città di Siracusa custodisce in una teca d’oro solamente alcuni preziosissimi frammenti di costole. Probabilmente, grazie al suo nome che ricorda la purezza, la luce, dal latino “lux”  “Lucia”, sul suo conto si diffusero molte leggende. Una di esse narra che durante il martirio le sono stati strappati gli occhi, simbolo della luce. Ancora un’altra leggenda racconta che lei stessa si strappò gli occhi per non cedere all’ assalitore e, talvolta, è raffigurata nell’atto di porgerglieli.
Lucia è la Santa protettrice della vista e quindi della luce degli occhi perché gli occhi sono la fonte della nostra percezione della luce. Pitrè scrive “che serba sani gli occhi dei suoi devoti”.
A Mistretta l’ingenuità faceva credere al popolo semplicione che bastava lo scongiuro con uno spicchio d’aglio e con la recita di una orazione per guarire da tutti i mali dell’occhio. Lo spicchio d’aglio, sezionato orizzontalmente, si doveva poggiare vicino all’occhio malato e, intanto, a bassa voce, si doveva recitare “L’orazzioni pà bbiniritta”:

Santa Lucia n-cammira stasìa;

fuorfici r’oru, sita cusìa;

passau lu Signori cu la Vergini Maria

e cci rissi: < Chi ai, Lucia?>

<Mi fa-mmali l’uocchju>.

<Trasi nna lu me uortu,

cc’è m-per’i finuocchju:

cu li manu lu chjantai,

cu li pieri lu scarpisai:

Susi, Lucia, ca nenti ai!>

Segue: a salivi rriggina

Santa Lucia in camera stava;

con le forbici d’oro e cuciva la seta;

passò il Signore con la Vergine Maria

e le disse: <Che hai, Lucia?>

<Mi fa male l’occhio>.

Entra nel mio orto,

c’è una pianta di finocchio:

con la mano lo piantai

con il piede lo calpestai:

Alzati,Lucia, perché niente hai!>

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Lucia è la Santa che si celebra nei giorni in cui anticamente si svolgevano i rituali per festeggiare il 21 dicembre, il giorno in cui cade il solstizio d’inverno. In Sicilia, e a Mistretta in modo particolare, si dice:

Ri Santa Lucia a-Nnatali

criscinu i jorna quantu m-passu ri cani;

ri Natali m-pui

criscinu i jorna quantu m-passu ri ui”.

Traduzione:

Da Santa Lucia a Natale

crescono i giorni quanto un passo di cane

Da Natale in poi

crescono i giorni quanto un passo di bue”.

Secondo l’astronomia questo detto non è esatto perché il 13 dicembre è ancora nell’equinozio d’autunno e il dì continua ad accorciarsi. Dal 21 dicembre, giorno che inizia il solstizio d’inverno, le ore di luce aumentano perché ci si avvia verso l’equinozio di primavera.

C

A Mistretta e in molti altri paesi della Sicilia resiste ancora la tradizione di consumare come unico alimento per tutta la giornata la “Cuccia”, il frumento bollito che si consuma per devozione esclusivamente il 13 dicembre, data della ricorrenza del martirio di Santa Lucia.
Quel giorno sono banditi dalla tavola dei mistrettesi e di alcuni siciliani tutti gli alimenti che contengono carboidrati: pane, pasta, biscotti e si mangia solo la cuccia accompagnata da legumi e da verdure.
Una leggenda racconta che nel 1646 la Sicilia e la città di Siracusa in particolare durante la dominazione spagnola furono colpite da una grave carestia. Il popolo siciliano, lungamente provato dalla fame, sperando nella provvidenza divina e invocando Santa Lucia, vide giungere nel porto di Siracusa per alcuni, nel porto di Palermo per altri, una nave carica di frumento che affondò. Quel prezioso carico, fuoriuscito dalla stiva della nave, ben presto si allargò nel mare e le onde lo trasportarono fino a riva.
La gente ne ha potuto prendere in gran quantità e, poiché era necessario molto tempo per trasformare il grano in farina e in pane, mangiò direttamente il frumento già macerato dalla permanenza in acqua. Secondo un’altra narrazione la tradizione popolare racconta che, appena il grano fu scaricato nel porto di Siracusa, la gente dispose le caldaie nelle piazze, bollì il prezioso alimento e lo distribuì.
Il frumento bollito da allora si chiama “cuccia” da “còcciu” “cosa piccola, chicco”.
Il piatto originale è la cuccia condita con un pizzico di sale e con un filo d’olio d’oliva. Oggi la cuccia è diventata un dolce perché si condisce con la crema al cioccolato, con la crema di ricotta fresca, col vino cotto, con pezzi di cannella e di frutta candita, con granelli di pistacchio, col miele, col latte. L’uso di mangiare la cuccia nella ricorrenza della festa di Santa Lucia probabilmente era collegato alla festa di Cerere per la raccolta del grano. Nella tradizione cristiana la festa alla dea Cerere, divinità pagana, è stata sostituita da quella a Santa Lucia con l’usanza di mangiare la “cuccia”, il grano di nuova raccolta.
Una certa iconografia raffigura la Santa che sostiene un mazzo di spighe e un vassoio dove sono appoggiati gli occhi. A volte il vassoio reca una fiaccola, ed è per questo motivo che viene accostata alla dea greca Demetra o alla romana Cerere rappresentate con un mazzo di spighe e con una fiaccola.
Auguro Buon onomastico a tutti coloro i quali portano il nome di Lucia e di Lucio.

 

LA PARROCCHIA DI SANTA LUCIA, LA CHIESA MADRE A MISTRETTA

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La Chiesa Madre di Mistretta è la chiesa di Santa Lucia elevata a parrocchia il 12 maggio del 1790.
La sua costruzione, antica e non datata con precisione, con molta probabilità risalente al XII secolo, è avvenuta su un precedente tempio pagano. Recentemente, è stata sottoposta ad un nuovo necessario restauro che ha portato alla luce parte degli splendori nascosti.
Le prime notizie sull’origine della chiesa risalgono al 1170, anno in cui il Vescovo di Cefalù  la donò con tutti gli arredi e con i suoi patrimoni ad uno dei canonici della sua Cattedrale.
Dell’antica struttura e del suo arredo non è rimasto nulla e non esistono documenti interpretativi.
Si nota, comunque, un’alta sovrapposizione di stili di diverse epoche come testimoniano le date che si leggono all’interno e all’esterno del monumento che si inserisce armonicamente nel dignitoso scenario urbano di Mistretta in grado di rappresentare la grandezza e l’ambizione della società amastratina.
Il monumento è stato eretto grazie alla fede del popolo, alla generosità dei nobili, del clero e al gusto estetico delle anonime maestranze locali.
La chiesa, fondata a ridosso delle mura della città, nel 1169 fu danneggiata da un violento terremoto. Originariamente era a navata unica ed orientata all’opposto rispetto ad oggi e vi si accedeva dall’ingresso di via Numea.
Tra il XIII e il XV secolo la chiesa ha subìto diversi interventi migliorativi che la trasformarono in basilica a tre navate. Nel XVII sec., per intervento  del vescovo De Muniera, fu ulteriormente ampliata con la costruzione del transetto con tiburio di forma ottagonale regolare e del presbiterio pensile, su un arco che sovrasta la via Numea. Molto bello è il rivestimento del tiburio, la cupola realizzata alla fine del XVII, di forma ottagonale, fregiato con maioliche cristalline colorate nere, verdi e gialle.

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Contemporaneamente furono costruite le due cappelle mariane del presbiterio poste una di fronte al’altra, quella della Madonna dei Miracoli e quella dell’Odigitria, la nuova zona absidale, il coro e le due cappelle laterali del SS.mo Sacramento e di Santa Lucia.
Si accede alla chiesa Madre tramite tre portali: quello laterale, esposto a Sud, dedicato a San Gaetano, datato 1626, che ha davanti a sé il terrazzino dell’archivio parrocchiale, che custodisce l’anagrafe dal 1512 ed atti amministratvi dal 1494 ad oggi, protetto da un’alta ringhiera in ferro battuto, e il monumento ai Caduti.
E’ contraddistinto dal primo stile barocco come dimostrano le lesene con motivi a mascheroni nei basamenti ed edicola con volute e statuetta marmorea di Santa Lucia,

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 quello in marmo bianco che si apre nella piazza Unità d’Italia,

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 e quello principale, maestoso, trionfale, degno della grande chiesa, realizzato in seguito all’ampliamento della chiesa.

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Il vecchio ingresso della via Numea, dopo gli ultimi restauri della chiesa, consente l’accesso al piccolo museo istituito nel 2000 nei locali seminterrati della chiesa.

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Il portale marmoreo laterale della piazza Unità d’Italia porta incisa nella trabeazione la data del 1494, probabile periodo dell’inizio della costruzione.

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Questo portale, esposto a Nord, è un raffinatissimo documento dell’arte rinascimentale siciliana realizzato in marmo bianco. Attribuito a Giorgio da Bregno, detto “da Milano”, esso reca sull’architrave i medaglioni rotondi raffiguranti i Santi Pietro e Paolo posti ai lati dello stemma aragonese con i simboli della città di Mistretta.

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Nella lunetta sovrastante, la Vergine col Bambino, che raffigura l’Annunciazione,  si trova tra le Sante siciliane Lucia a destra e Agata a sinistra e  il Pantoktatore  benedicente sopra l’Annunciazione.

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L’elegante figurazione marmorea, in cui lo spirito religioso si fonde con la tenerezza umana, rappresenta uno dei maggiori documenti della scultura rinascimentale in Sicilia. I due pilastri colonnari, posti lateralmente alla porta d’ingresso, sono finemente scolpiti con vasi di fiori e terminano in basso con un rettangolo dove alloggia una bellissima faccia di angelo bambino.

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La torre campanaria di sinistra, l’unica delle due torri completata che avrebbero dovuto serrare la facciata principale della chiesa, fu innalzata negli anni dal 1521 al 1562 da maestranze locali e palermitane, come è documentato dalla data incisa sulla base di una finestra. Ha la forma di un parallelepipedo a base quadrangolare alto circa 38 metri e largo 9 metri, presenta cinque ordini sovrapposti con finestre monofore nei primi ordini a partire dal basso e termina con quattro finestre bifore con capitelli ed eleganti colonnine. In essa è inserito l’orologio rivolto verso la Piazza Vittorio Veneto e la meridiana. La torre di destra non è stata mai terminata per motivi di stabilità.

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Al periodo contemporaneo risalgono l’apertura del portale meridionale e del ricchissimo portale principale, entrambi realizzati da scalpellini locali in pietra arenaria. Questo fastoso portale principale, realizzato tra il 1646 e il 1648, scolpito in pietra arenaria estratta dalle cave della montagna vicino a Mistretta, adorna tutta la facciata della chiesa. La nuova dedicazione della chiesa ebbe luogo nel 1775.

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Classico esempio di stile barocco siciliano, il portale è delimitato da due colonne che sorreggono un frontoncino ad arco ribassato interrotto al centro e vivacizzato dalle statue di Santa Lucia nella parte centrale e di quelle laterali della Speranza e della Carità.

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Lungo la colonna di sinistra, nel primo terzo, è effigiata l’aquila, simbolo di potenza e di vittoria, raffigurante lo stemma della Città Imperiale. L’aquila è scolpita con il becco spalancato, con le ali ampiamente distese nell’impeto gagliardo di volare e con la corona regale.

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In ciascun lato dell’arco, nella parte interna del portale, sono effigiati due medaglioni. Nel medaglione di sinistra, adiacente al capitello, è raffigurato Re Davide con la cetra, simbolo di sapienza e di giustizia che, giovanetto, vinse la forza bruta di Golia, successo ottenuto per intervento di Dio.

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Nel medaglione di destra è raffigurato re Ferdinando d’Aragona, detto il Cattolico. Il re Ferdinando d’Aragona nel 1492 sconfisse in Spagna i musulmani ostili alla fede cristiana. E’ raffigurato con il braccio sinistro piegato sulla spalla destra che stringe con la mano lo scettro col giglio dei re aragonesi, simbolo del trionfo della fede e della purezza nel comando.

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La realizzazione del tondo si deve al vicerè Ugo Moncada che lo ha ordinato per ricordare il re cattolico, famoso come patrono della religione e del sapere, morto nel 1516, quando era cominciata la costruzione del portale della chiesa Madre, e per celebrare il trionfo della fede.
Nella parte interna dello stipite del portale sono incisi alcuni medaglioni che rappresentano: la faccia diritta e la faccia al rovescio di monete di epoca greca e romana, enigmatiche divinità pagane e figure femminili di tocco rinascimentale.
Domina l’architrave il tempietto dove le statue di San Pietro a sinistra e di San Paolo a destra sono slanciate verso l‘alto, simbolo dell’elevata religiosità.

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L’interno della chiesa, a croce latina, con transetto, abside  e cupola, è suddivisa in tre navate separate da otto colonne monolitiche allineate poggianti su base a una gola e doppio toro e sormontate dal capitello corinzio e dal dado brunelleschiano unendo elementi rinascimentali e ornamenti barocchi. Le colonne sorreggono ampie arcate di stile romanico.

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Dopo il suo ampliamento, la chiesa subì un incendio che, oltre a distruggere le opere d’arte e gli arredi, annerì le superfici delle colonne. Nel 1875 l’Arciprete don Giuseppe Salamone, per cancellare il nerofumo, le fece rivestire con un impasto granitico.
Inoltre fece rivestire le parti lapidee e lignee ove con marmi e misture marmoree, ove con stucchi ed oro zecchino.

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 Le arcate e le pareti furono intonacate e vi si inserirono stucchi e decorazioni in oro.

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Nel Rinascimento, la presenza nel tempio di Santi, di piante e di animali simbolicamente significava la pace con tutti gli esseri della Terra, quindi, tutti, nel loro linguaggio, celebravano la gloria del Signore. Ecco il motivo per cui nei capitelli si mescolano insieme piante e animali.

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  Nel presbiterio si deve ammirare l’altare maggiore neoclassico, opera del marmista palermitano Angelo Gabriele,

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che accoglie nel paliotto in bassorilievo, dalla forma di un cerchio, il medaglione marmoreo raffigurante La Pietà, ovvero la Deposizione di Gesù, opera di Vincenzo Gagini secondo alcuni, di Francesco Ignazio Marabutti (1761) secondo Giovanni Travagliato che ha condotto studi più approfonditi. Questo medaglione, circondato da  una cornice dorica, ricalca l’iconografia nordica del Cristo deposto a terra davanti ai piedi della Madonna  ed evidenzia la sensibilità dell’autore nella soavità dei toni sfumanti, nell’ineffabile dolcezza e nella espressiva purezza di stile. Assistono gli angeli e il popolo, testimoni di questo dramma.

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Sull’altare, realizzato intorno al 1775, l’artista pone  4 tasselli che raffigurano i 4 evangelisti con i loro simboli. Procedendo da destra verso sinistra incontriamo l’evangelista Giovanni con l’aquila e il libro.

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Segue il tassello, con intrecci di giglio, simbolo della purezza, e di palma, simbolo del sacrificio e della vittoria del bene sul male, facendo riferimento a Santa Lucia, la vergine alla quale è intitolata la chiesa.

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Nelle nicchie ci dovevano essere delle piccole staute. Segue l’evangelista Matteo col libro e con l’angelo perché il simbolo è l’angelo.

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Nella parte centrale  c’è l’altarino, un tempietto neoclassico che ribatte l’atmosfera barocca dell’ambiente, circondato dalle colonne e dalla trabeazione sormontata  dal triangolo simbolo della trinità.

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Segue l’evangelista  Marco con il vangelo e il leone, che è il suo simbolo.

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Nuovamente si ripetono i simboli della palma e del giglio.

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Segue, infine, l’evangelista  Luca, che ha come simbolo il bue.

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Nella parte posteriore dell’altare maggiore fanno bella mostra la cantoria con pannelli dipinti di figure di Santi racchiuse in cornici lavorate ad intarsio dei secoli XVIII-XIX, opera del maestro Paolo La Cristina del 1657,

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e il maestoso organo a canne risalente ai secoli XVI-XX. L’organo, formato da 1000 canne sonore molto ornamentali, è costituito da una lega di piombo, di alluminio e d’argento. E’opera di Onofrio La Gala, 1656-1664, e di Giuseppe Lugaro, 1874-1888.
Nel corso dei secoli ha subito numerosi interventi di restauro ed è stata variata anche la sua collocazione all’interno della chiesa.
L’organo presentava la tipica composizione fonica formata da 10 registri comprendenti due Principali,  l’ottava, due Flauti, e il file ripieno. Ma, nel 1978 è stata modificata radicalmente la sua impostazione: la trasmissione da meccanica divenne elettrìca,fu abolita la consolle inserita nel corpo dell’organo, fu eliminato l’originale somiere maestro a tiuro. Un altro radicale intervento è stato necessario nell’anno 2002 per ripristinare lo strumento divenuto manchevole. Il lavoro di recupero e di ampliamento dell’organo è stato affidato ala ditta “Fratelli Cimino” di Agrigento che ha adoperato le canne efficienti, ha inserto  le canne nuove, ha aggiunto altri registri. La trasmissione della consolle al corpo è di tipo elettronico seriale, mentre il funzionamento dei sonnieri a pistone e l’azionamento del registro è di tipo elettropneumatico. Nove mantici indipendenti forniscono la giusta quantità d’aria alle varie parti dell’organo. (Notizie di Sebastiano Zingone).

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L’organista e concertista americana, la signora Gail Archer, di levatura internazionale,  la sera del 22 luglio 2019,nel concerto d’organo, ha  suonato questo possente strumento musicale della chiesa Madre regalando agli ascoltatori presenti un eccezionale momento musicale al suono di melodiose esecuzioni.

Il coro ligneo, opera delle botteghe dei Li Volsi (ante 1598), di Ranfardi di Leonforte, del 1671, di Allò di Mirto, 1685-1710, di Giovanni Biffarella, del 1742, di Antonino Azzolina da Mistretta, 1712-1726, di Ciro Bagnasco del 1803, con i 71 sedili circonda l’altare. Raro esemplare di grande abilità artigiana, è scolpito fastosamente con eleganti e armoniose figure allegoriche di angeli, con fregi e con rilievi ornamentali. Sono scolpite anche  le facce dell’arciprete, del vicario, del cappellano. I sedili di legno rossiccio sono eleganti, con larga spalliera e con alti braccioli finemente intagliati. Il leggio centrale è di Angelo Messina per Carmelo Barone, del 1809; al centro del coro la lapide raffigura il sac.Giacomo Scaduto, sec. XVI.
Nei  71 scanni, realizzati  nel 1641, si sedevano i sacerdoti.  La fede  era garantita da 150 sacerdoti che operavano nell’ambiente amastratino e qui si radunavano per cantare le lodi al Signore. IL loro canto era accompagnato dall’organo .
Uno scanno era riservato alle visite pastorali del vescovo e si evince dai simboli: la chiave cristiana e lo stemma di qualche vescovo . Le cariatidi sono  simboli di potenza e  di ricchezza.
Il vescovo sedeva sullo canno di destra; l’arciprete vicario sedeva sullo scanno di sinistra. L’arciprete diventa titolare nel 1792. La chiesa di Mistretta ha un suo arciprete titolare nel 1792 mentre dai normanni e fino a questa data è arciprete vicario. In alto c’è la scritta “CORO”. Si devono immaginare questi sacerdoti che sedevano qui  e a una certa ora intonavano i canti e, quando intonavano i canti,  la chiesa si riempiva di molta gente.

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Sempre dietro l’altare maggiore  c’è il leggio bifronte. E’ realizzato ad intarsio e sostiene  un libro molto grande dove erano scritti i canti. I sacerdoti che sedevano sulla destra potevano seguire il canto mentre quelli seduti sulla sinistra leggevano dall’altra parte.

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Modernissimo è l’altare usato dal celebrante durante le funzioni religiose e rivolto alla platea. E’ stato realizzato in pietra arenaria locale. Il piano d’appoggio è sostenuto da un puttino per ogni lato e al centro è stata incastonata una croce a bracci uguali circondata da disegni dorati. Della stessa pietra arenaria è il leggio utile per appoggiare il libro sacro del Vangelo.

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Alla destra dell’altare maggiore si può visitare la cappella del SS.mo Sacramento, contrapposta a quella di Santa Lucia, dove i settecenteschi altorilievi di marmo bianco, del 1750, raffigurano l’Ultima Cena e la cena di Simone il Fariseo, opera di autori ignoti. La cappella fu costruita in seguito all’ampliamento della chiesa nel 1630 e mette in evidenza tutto il suo splendore caratterizzato dal tempietto centrale in stile barocco e realizzato con l’utilizzo di ricchi marmi policromi. La decorazione della volta è dei secolii XVII-XVIII.

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Per accedere all’altare maggiore, alla cappella del SS.mo Sacramento e alla cappella di Santa Lucia bisogna superare le balaustre realizzate da Domenico Battaglia dopo il 1750 utilizzando la tecnica ad intarsio dei marmi policromi.
Ancora a destra è obbligatorio fermarsi davanti al grande altare della Madonna dei Miracoli. Con lo splendido effetto decorativo dei marmi policromi ad intarsio l’altare rappresenta un felice episodio del barocco siciliano. La marmorea statua, datata 1495, è attribuita a Giorgio da Milano. Le decorazioni a commesso marmoreo, gli altorilievi e la balaustra sono sempre di Domenico Battaglia realizzati nel 1732.

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Rosario della Madonna dei Miracoli

Nei grani del Gloria al Padre si recita:

“Tu puoi quest’anima felicitare,

tutto o Gran Vergine, tutto puoi fare.

Tu sei l’Augusta consolatrice

tu il miserabile rendi felice,

anche quest’anima tu puoi consolare

tutto o Gran Vergine, tutto puoi fare”.

Nei grani dell’Ave Maria si recita:

“Sei potentissima dall’alto impero,

Quanto desidero da te lo spero”.

Si conclude con la Salve Regina.

Lateralmente ci sono: la statua di Sant’Agata e la statua di Santa Cecilia

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Padre Michele Giordano in preghiera

I coniugi Teresa e Liborio Lo Prinzi ringraziano la Madonna dei Miracoli per avere potuto festeggiare insieme i  50 anni del loro matrimonio.

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Oggi, 16 gennaio 2018, i coniugi Sebastiano Lo Iacono e Mariella Di Salvo,  stretti sotto il Manto benevolo della Madonna dei Miracoli, nel santuario di Mistretta hanno ricevuto la benedizione di padre Giuseppe Capizzi  per  i 25 anni del loro matrimonio festeggiati dai figli Francesca e Mattia.
Auguri a tutti i membri della famiglia Lo Iacono, persone a me molto care!

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La lapide ricorda l’affidamento alla Madonna dei Miracoli da parte dei sodalizi della città.

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Alla  destra dell’altare si ammira il monumento funerario del barone Pietro Scaduto autore delle lodi che ancora oggi vengono cantate alla Madonna dei Miracoli e che raccontano i benefici ricevuti dai mistrettesi per Sua intercessione. L’opera è stata realizzata da  Giuseppe Musca negli anni 1639-1646.

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Nella lapide è scritto: “Spectabilis Petrus Scaduto, baro Amestrati, urbis pro conservator civiumque protector, animi virutibus onustus, fortuna foelix, aeternum hoc sibi suisque erexit sepulcrum. Anno D.NI 1616

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  “Pietro Scaduto, insigne barone della città di Amestratus,  come salvatore protettore dei cittadini, pieno di doti morali, facoltoso grazie alla buona sorte, eresse per sè e per i suoi familiari questo perenne sepolcro. Nell’anno del Signore 1616”.

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Il cinque dicembre del 1619 un violentissimo terremoto investì Mistretta e il suo territorio senza provocare morti fra la popolazione. In quella occasione fu attribuito il titolo ”dei miracoli” alla Madonna che originariamente si chiamava di Loreto. Alla base della statua marmorea c’è l’iscrizione “Sancta Maria di Loreto 1495”. Nel giuramento  del clero e dei giurati della città di Mistretta, risalente al 16 febbraio 1783, in presenza del notaio Francesco Pedevillano,  atto pubblico  conservato nella chiesa madre, si legge:” La statua, il 5 dicembre 1619 dopo vespro mandò fuori per lo spazio di 3 ore con stupore e commozione di tutta la città tanto umore da tutte le parti che se ne poterono riempire caraffe e inzuppar bambagie e tovaglie”.
La protezione contro i ripetuti violenti terremoti del 1693, del 1793, del 1967 e contro le tante altre avversità, che si sono verificate a Mistretta negli anni senza causare danni, hanno rafforzato la devozione dei mistrettesi alla Madonna dei Miracoli che ancora oggi, dopo tanti secoli, continua a raccogliere preghiere e onori dal popolo amastratino per essere protetto da simili calamità. La Madonna dei Miracoli ha saputo trionfare sulle conseguenze avverse della forza della Natura.
L’undici gennaio di ogni anno è un’importante ricorrenza proprio per ricordare questi eventi. Una coinvolgente cerimonia religiosa si svolge nella chiesa Madre alla quale partecipano: i sacerdoti, mons. Michele Placido Giordano e il rev. Giuseppe Capizzi, il notaio, il sindaco, il capo dei servizi militari, le associazioni, una grandissima folla di fedeli per rinnovare il giuramento alla Madonna per avere protetto i mistrettesi dai terremoti.

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 Foto di Salvatore Piscitello

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Il Sac. Giuseppe Capizzi legge la formula del giuramento alla Madonna dei Miracoli

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Da six: il sindaco Iano Antoci – il maresciallo Giuseppe Mammano – il notaio Filippo Porracciolo – l’arciprete Michele Giordano

FORMOLA
Del Voto fatto del Rev.do Clero e Magistrato di questa Città di Mistretta, a nome di tutto il Popolo, di solennizzare il dì 11 Gennaio, redatto ad Atto pubblico per Notaro Don Francesco Pedevillano
sotto lì 16 Febbraio – prima indizione dell’anno 1783.

SEMPRE NOI MISTRETTESI
Abbiamo riconosciuto di essere stati liberati da tutti i mali e da ogni sciagura per la protezione di Maria SS. dei Miracoli e massimamente dalla domenica 15 Dicembre dell’anno 1619, quando questo Sacratissimo Simulacro, dopo Vespro, per lo spazio di tre ore, con stupore e commozione di tutta la Città, mandò fuori tanto umore da tutte le parti che se poterono riempire caraffe e inzuppare bambagia e tovaglie. D’allora si accese in tal modo la fiamma della devozione a questa venerabile Immagine che par che ognuno, sin dalle fasce, non respiri he devozione, confidenza, tenerezza, ed amor filiale verso Maria dei Miracoli.
Ad Essa Mistretta ricorre nei bisogni, nei pericoli, nelle angustie.
Essa ringrazia dei favori e delle grazie che da Dio riceve, e non attende, o spera di ricever dono, o crede d’averne impetrato, e di essergliene stato conceduto alcuno, se non per questo efficace e dolce Mezzo.
Ad Essa ascrive, con tutto il cuore, non avere il mercoledì 5 Febbraio di quest’anno 1783, ad ore 19 circa, rovinato sin dalle fondamenta per la terribile lunghissima scossa di terremoto. E per varie altre che susseguentemente se ne sono intese.

PER RICONOSCENZA
e gratitudine del quale favore, noi Arciprete Vicario e Clero, Capitano, Giurati e Sindaco qui sottofirmati, a nome e parte di tutto il Popolo di questa Città Imperiale di Mistretta,

PROMETTIAMO
A Dio Onnipotente, con pubblico comun Voto, di celebrare, con pompa e solennità il dì 11 Gennaio di ogni anno in infinito, ed in perpetuo, consacrandolo agli onori, ed alle glorie della nostra Liberatrice, e nostra Speranza, secondo il voto fatto dai nostri predecessori, quando, nell’anno 1693, il dì predetto, furono liberati dal terremoto;

OBBLIGANDOCI
E promettendo di sentir Messa in questo giorno, come siamo obbligati in altri dì festivi, potendo solo i poveri farsi dispensare ogni anno in particolare dal Curato, o dal Confessore l’obbligo di sentir Messa; niuno però obbligandosi all’astinenza dalle opere servili.

PROMETTIAMO INOLTRE
Di rinnovare pubblicamente ogni anno nel dì medesimo 11 Gennaio questo Voto innanzi la Medesima Sacra Immagine di Maria dei Miracoli uniti Magistrato e Popolo, affinché fosse in Noi perpetua la memoria di tutti i benefici, e di questo singolarmente di non essere restati seppelliti sotto le pietre il dì memorato 5 Febbraio ed acciocchè Iddio, per la Intercessione potente della Divina Sua Madre, ci sottragga in avvenire da tutti i pericoli e mali, e ci conceda tutte le Grazie per ben servirLo e poi goderlo eternamente in Paradiso.
OGGI, IN MISTRETTA, Lì 16 FEBBRAIO, PRIMA INDIZIONE 1783
PROT. APOST. MICHELE PEDEVILLANO ARCIPRETE;
GASPARE GALLEGRA – VICARIO FORANEO;
GIUSEPPE MARIA GALLEGRA DEI BARONI DI SAN GIUSEPPE;
REGIO CAPITANO;
BIAGIO LOMBARDO – GIURATO;
GIUSEPPE TITA – GIURATO;
IGNAZIO MATTIA SCADUTO – GIURATO;
PIETRO NICOLA DI MARCO, BARONE DI TERRANOVA – GIURATO;
ANTONIO CAMPO – SINDACO

https://www.youtube.com/watch?v=R0JbHyUWPNE&feature=youtu.be

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In seguito al violentissimo terremoto del 31 ottobre del 1967, poiché non si sono verificati danni alla popolazione grazie all’interposizione della Madonna, il popolo La ringraziò donandoLe un medaglione d’oro che la Madonna dei Miracoli porta al collo. Questo medaglione porta la scritta:
IL POPOLO DI MISTRETTA, GRATO ALLA MADONNA DEI MIRACOLI PER AVER SALVATO LA VITA DEI SUOI FIGLI IN OCCASIONE DEL TERREMOTO DEL 31 OTTOBRE 1967 “.
L’11 Gennaio 1968 fu solennemente portato in processione il Simulacro della Vergine dei Miracoli.
Il 31 ottobre dl 2016 la parrocchia di Santa Lucia è stata elevata a Santuario della Madonna dei Miracoli.
La lampada votiva rimane sempre accesa.

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La chiesa Madre di Mistretta custodisce una preziosa opera d’arte: il telone quaresimale. E’ una tela artistica, di circa 80 metri quadrati di superficie, ottenuta cucendo insieme parallelamente 14 rettangoli di lino e realizzata dal pittore Matteo Mauro di Trapani nel 1823 su commissione del sacerdote don Paolo Di Salvo.
E’ unica ed eccezionale e rappresenta il mistero, la rivelazione della santità di Cristo.
Il telone è l’ombra che  cade per rivelare la Redenzione.
La scena della tela rappresenta il primo processo di Gesù.
L’evangelista Matteo  racconta che Gesù, dopo essere stato  arrestato, è stato portato davanti ai sacerdoti Caifa e Anna.  Erano presenti anche gli scribi e un folto pubblico.
I sacerdoti chiedono ai presenti testimonianze contro Gesù, ma nessuno risponde.
Ad un certo momento si presentano due persone che dicono che Gesù si era vantato di ricostruire in tre giorni il tempio che era  stato distrutto.  L’evangelista Giovanni (2, 18-22) così scrive: ” Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: << Quale segno ci mostri per fare queste cose?>>.  Rispose loro Gesù: <<Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere>>. Gli dissero allora i Giudei:  < < Questo tempio è stato costruito in quarantesei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?>>.
Ma Egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi Gesù fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla Sua parola”.
Questa frase fa adirare Caifa che è raffigurato nella tela con l’aspetto di persona molto arrabbiata.
Anna, invece, punta il dito contro Gesù e un sodato alza la mano come per dare lo schiaffo a Gesù.
Matteo racconta che Gesù è condotto nel palazzo-fortezza.
Gesù sarà bastonato  e poi  crocifisso.
Nel primo piano della tela è raffigurata l’autorità religiosa mentre in alto è raffigurata l’autorità politica con la scritta “ Senato e Popolo romano”.
In  Gesù c’è la luce mentre  gli scribi e i sacerdoti sono quasi in penombra.
Quindi Gesù rappresenta la luce, mentre chi accusa rappresenta l’ombra.
In primo piano c’è la colonna. Il telone narra una storia che è venuta prima, una storia reale nel presente, una storia di quello che avverrà dopo.
Il telone quaresimale è stato sottoposto a restauro per tre volte. Alla base della colonna ci sono le date degli avvenuti restauri e i nomi dei committenti.
Il primo restauro è avvenuto  nel 1893 con l’arcipretura di don Francesco Portera, il secondo restauro nel mese di luglio del 1961 con l’arcipretura di don Arturo Franchina,  il terzo restauro,  nel 2009, eseguito dalla ditta Rimedi SAS di Bolzano, con l’arcipretura di Mons. Michele Placido Giordano.
La cornice del telone richiama foglie di cardo, di alloro e di quercia.
La notte del Sabato Santo si verifica uno spettacolare evento: “a caruta r’u tiluni”.
Questo maestoso telo quaresimale è fatto cadere dal tetto durante la veglia di Pasqua dopo le letture e dopo il GLORIA intonato da mons. Michele Placido Giordano.
Il telone quaresimale era stato issato con le corde nel tetto della chiesa davanti all’altare maggiore del presbiterio con la base arrotolata il mercoledì delle ceneri per coprire tutta la navata centrale.
Il venerdì santo il telone è completamente srotolato e nella parte inferiore si possono osservare i simboli della Passione di Gesù: la scala, la corona di spine,  i chiodi della crocifissione, le catene, i dadi, la coppa, il bastone con spugna, il martello, la  croce, le tenaglie, la lancia,  il tamburo. I simboli della Passione sono rappresentati nella collana portata addosso da mons. Michele Placido Giordano.
Questo fenomeno della “ caruta r’u tiluni” genera nei fedeli che partecipano alla funzione religiosa una grande gioia.
E’ un modo scenografico per rappresentare il passaggio dal buio della morte alla luce della vita.
Cominciano a suonare le campane,  si accendono tutte le luci,  nell’altare appare Cristo con la bandiera del trionfo.
E’ finito il tempo della passione e del dolore, inizia il tempo della gioia.

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Continuando la visita della chiesa, alla sinistra dell’altare maggiore si può visitare la cappella di Santa Lucia.
Nel 1552 un marmorario di scuola gaginiana, probabilmente Antonio Gagini, nel 1552 scolpì la “cona” raffigurante l’Annunciazione, il Risorto, i Santi Pietro e Paolo.
Nel 1561 Bonifazio Gagini, su commisisone di don Filippo Pizzuto e per volontà dei giurati della città, realizzò la statua marmorea di Santa Lucia accolta nella cona fra gli apostoli San Pietro, a sinistra, e San Paolo, a destra. Nella parte superiore il Padre Eterno è posto tra gli angeli.
I panneli laterali e la volta risalgono ai secoli XVIII-XIX.

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Lateralmente, i due medaglioni in bassorilievo raffigurano l’Arcangelo Gabriele e la Vergine Maria nell’Annunciazione. Alla base dell’altare, in altorilievo, sono raffigurati gli Apostoli e Gesù durante l’ultima cena. Le decorazioni marmoree delle pareti, del XIX secolo, e i dipinti della volta sono di Salvatore e Giovanni La Cugnina, nel1875.  La balaustra di Ambrogio Schillaci, del 1667.

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Nell’altare di destra, accanto alla porticina che permette l’accesso alla sagrestia, si ammira la cappella dell’ Odigitria, della Madonna dell’Itria. L’altare è stato realizzato dagli artisti Giuseppe Musca, Luigi Geraci e Bartolomeo Travaglia dal 1649 al 1654 usando la tecnica dei marmi mischi. I lavori sono stati commissionati con i lasciti del sacerdote Filippo Mongiovì e con l’aiuto di alcune famiglie amastratine. Lo scultore palermitano Pietro Mischì ha realizzato il bassorilievo della Madonna. Anche le colonne, le fiaccole, gli stemmi sono stati realizzati a Palermo e poi portati a Mistretta da Antonio Buscetta o Buscitta. E’ stato un lavoro di gruppo eseguito dalle maestranze palermitane.
L’altare presenta un’immagine in marmo bicromo compresa tra due colonne corinzie e sotto un arco spezzato con angeli recanti mazzi di fiori e Dio Padre benedicente al centro.
Nel primo piano del bassorilievo della Madonna dell’Odigitria sono scolpiti due vecchioni, due monaci basiliani, che sorreggono una cassa. Rappresenta la casa dove è stata nascosta l’icona dell’immagine della Madonna che è stata trasportata in Sicilia da Costantinopoli.  Sopra i vecchi, quasi seduta, c’è l’immagine della Madonna che presenta al popolo dei cristiani il Bambin Gesù. Sopra c’è la colomba che rappresenta l’immagine di Dio.  Sopra l’altare c’è la statuetta dell’Immacolata Concezione e, ai due lati, due angeli che portano due corone simbolo della glorificazione della Vergine Maria.

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Un pò di storia: nell’altare bizantino della Madonna dell’Odigitria il bassorilievo centrale è una imitazione dell’icona” la Madonna col Bambino dell’Odyghítria” dipinto da San Luca.
Raffigura la Madonna che presenta Gesù Bambino al popolo.
L’icona di San Luca fu esposta nel monastero della Panaghia Hodegetria a Costantinopoli.
Trasportata in Italia, è custodita nel santuario della Madonna di San Luca a Bologna.
Quando gli arabi, tra il 717 e il 718 per terra e per mare, durante il secondo assedio attaccarono Costantinopoli,la capitale dell’impero romano d’Oriente, le persone si inginocchiarono di fronte all’icona della Madonna dell’Itria per ottenere la protezione durante tale oppressione.
La fanteria araba, comandata da Maslama b. ʿAbd al-Malik, fu sconfitta sulle mura inespugnabili di Costantinopoli e dagli attacchi dei bulgari, mentre la flotta navale fu sconfitta dal micidiale fuoco greco subendo notevoli perdite in un naufragio.
Poiché erano perseguitati coloro che veneravano le sacre immagini, l’imperatore vietò l’esposizione di qualsiasi quadro.
Molti monaci basiliani fuggirono da Costantinopoli. Alcuni sono stati gettati in mare mentre altri approdarono anche in Sicilia protetti dalla Madonna. Trasportavano l’icona della Madonna dell’Itria dentro una cassa. Da quel momento l’icona è la Madonna del Buon Cammino, Colei che indica il cammino, protettrice del viandante.

Ancora alla destra di questo altare è esposta la vecchia statua di San Sebastiano della metà del XVI sec. Era la statua  che prima veniva portata in processione.
La peste del  1575 in Sicilia, in Italia, in Europa e anche a Mistretta ha causato tanti danni.
Nel portale della chiesa di sant’Antonio c’è scritto “1575 LA PESTE”.
I mistrettesi, durante questo grave morbo, si rivolsero a San Sebastiano e alla Madonna dei Miracoli portandoli in processione per le vie della città.
Come ringraziamento per il miracolo della scampata epidemia della peste, gli amastratini  hanno ritenuto opportuno contattare qualche artista che potesse realizzare la statua che rappresentasse San Sebastiano in modo da portarla in processione.
Si sono rivolti alle maestranze  palermitane.
L’artista ripropose il soggetto già espresso da Antonello da Messina.
San Sebastiano si  presenta vigoroso, atletico, bello come lo aveva disegnato Antonello da Messina. Ha  le braccia legate dietro la schiena.
Nove frecce trafiggono il suo corpo, ma  non nelle parti vitali. Otto frecce erano d’argento, una di bronzo. Queste frecce non ci sono più.
San Sebastiano è stato rappresentato come un uomo maturo, dai lineamenti plastici e quindi non si accordava con il fercolo che è di stile barocco.  I confrati ritennero opportuno cambiare la statua di San Sebastiano con quella realizzata da Noè Marullo. Ed è la statua che è portata in processione durante le feste di gennaio e di agosto.

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Questa statua lignea di San Sebastiano, della fine della seconda metà del ’500 e chiamata “viecchiu”, è tornata a occupare il Suo fercolo, anche se per un breve periodo di tempo. Infatti è stata sostituita con la nuova statua di San Sebastiano realizzata da Noè Marullo nei primi anni del 1900. Poiché la statua di San Sebastiano del Noè Marullo nel mese di giugno del 2018 è stata sottoposta a un delicato restauro eseguito dalla dott.ssa Sebastiana Manitta la vecchia statua di San Sebastiano, collocata nella magnificenza della Sua vera, dalla chiesa Madre è stata trasportata ed esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa di San Sebastiano.
La Vara, realizzata nel 1611 dai fratelli Li Volsi, fu adattata alle dimensioni della statua di San Sebastiano del ‘500 che vi rimase fino al 1908.
La vecchia statua di San Sebastiano è stata collocata sui fori di fissaggio alla base della vara corrispondenti esattamente a quelli predisposti dai fratelli Li Volsi. Il corpo del Santo patrono di Mistretta è perfettamente in asse con la cupola.

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Nell’ultimo altare della navata nord, sullo sfondo di marmo giallo risalta la figura del Crocifisso ligneo, di Vincenzo Genovese, datato 1866, messo in Croce e ai lati, in altorilievo, di Domenico Battaglia, ante 1750,  Maria e la Maddalena. Questo Crocifisso è chiamato dai mistrettesi “Il Padre della Provvidenza”.
L’artista ha voluto evidenziare l’espressione dolorosa dell’Uomo morente illuminata dal raggio del soprannaturale, proprio dell’Uomo-Dio.

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Tutti gli altari sono rivestiti da lastre di marmo lavorate con la tecnica a intarsio di marmi policromi.
L’altare dell’Ecce Homo custodisce la statua lignea del Cristo alla colonna, del XVII secolo, opera del Li Volsi.

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L’altare di San Gaetano da Thiene custodisce il dipinto olio su tela di Giuseppe Tomasi da Tortorici (1651).
La tela raffigura San Gaetano che porge  alla Madre il più bambino del mondo che tiene fra le braccia.
San Gaetano è l’antico protettore degli studenti.
C’è un coro di angeli e quest’orchestrina di angeli rappresenta il mondo infantile.
In alto ci sono il Padre Eterno e la colomba che rappresenta lo Spirito Santo. In basso è raffigurata la città di Mistretta nel diciassettesimo secolo. Probabilmente l’artista ha visto questo paesaggio percorrendo la strada per Motta d’Affermo.
Molto belli sono i colori: il colore rosso del mantello del Padre Eterno rappresenta la carità.
Il mantello azzurro della Madonna rappresenta la volta celestiale.

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Nell’altare delle Anime Purganti il dipinto è un olio su tela di Giuseppe Tomasi da Tortorici, del 1651, commissionato dalla confraternita.
La tela raffigura la Redenzione del Mondo dove l’artista presenta Gesù risorto mentre separa i giusti dai peccatori.
Cristo risorge dalla tomba.
Accanto al Risorto ci sono: Santa Lucia, protettrice della chiesa e Sant’Agata, le due vergini martiri siciliane.
Gli angeli festeggiano con le anime del purgatorio, che hanno ottenuto il perdono di Dio, per portarle in Paradiso.
In prima fila ci sono le anime di coloro che espiano le proprie colpe e che aspettano la salvezza eterna.
I fedeli pregano affinchè, con le loro preghiere, le anime purganti possano salire in cielo.
Il sacerdote, che prega durante la celebrazione della santa messa, aiuta l’anima purgante a guadagnare il paradiso.
Questo dipinto ha tre dimensioni: la parte umana, la parte celestiale, la parte spirituale.
Nel dipinto sono visibili: la firma dell’artista e le immagini dei due committenti della tela.

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Durante la visita della chiesa bisogna pregare la Madonna di Pompei custodita nell’altare di marmo della piccola cappella.
Il dipinto è un olio su tela circondato dalla cornice neogotica, del 1922. Nel suo insieme la cappella, stile classico, è stata realizzata per volontà delle famiglie Seminara – Ortoleva.
La volta è abbellita da medaglioni di stucco bianco con figure apotropaiche.

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Nella navata sinistra si ammira l’altare dei Santi Ausiliatori. Il dipinto, olio su tela, raffigura l’albero della Croce con il Cristo in Croce tra i Santi Ausiliatori, opera di Benedetto Berna da Capizzi, del 1692.
La tela rappresenta una perfetta simmetria in evidente moto ascensionale verso l’alto. Si distinguono due piani: un piano terreno, con paesggio marino e isole, e un piano celeste perchè l’atmosfera dove sono posti gli umani è più luminosa .

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Nell’altare di Sant’Anna si ammira il dipinto olio su tela che raffigura la Sacra Famiglia con San Giovannino e i santi Gioacchino ed Anna, opera di  Antonio Manno del 1771.

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L’altare del Cristo Risorto accoglie la statua marmorea del Cristo, opera del maestro Antonino Gagini, del 1552.

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L’altare della Deposizione o delle “cinque piaghe” accoglie il dipinto olio su tela di Antonino Manno, del 1771. L’artista ha impresso ai volti della Vergine e della Madonna intenso dolore mentre nel corpo di Cristo già deposto ha mostrato un abbandono rilassato e sereno.

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Arredano la chiesa Madre la statua, posta su piedistallo,  che raffigura la Madonna di Lourdes con Santa Bernardette

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e la statua del Cuore di Gesù, pure su piedistallo.

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La chiesa Madre possiede una meravigliosa opera d’arte commissionata all’argentiere Annibale Gagini, o Nibilio, come egli preferiva farsi chiamare, e realizzata tra gli anni 1601 – 1604 dietro pagamento di 400 onze. E’ L’ostensorio argenteo, che arreda la cappella del Santissimo Sacramento. E’ una delle ultime opere di questo abilissimo seguace della scuola del Gagini.
L’ostensorio, alto 110 cm, porta nel piede lo stemma della città di Mistretta accanto al quale il Gagini oppose l’iscrizione: “Imperialis Mistrecte Nibilio Gagini arginter fecit”. Lo stupendo ostensorio è fregiato di statuette di angeli nella parte superiore e dei dodici apostoli nella parte inferiore.
Le numerose guglie, con le figure a rilievo di Angeli e di Apostoli, completano la decorazione a sbalzo e a cesello dell’importantissimo arredo sacro.
Questa importante opera d’arte è stata restaurata grazie al dono di padre Giuseppe Capizzi, il prete che ha svolto parte del tuo sacerdozio in questa chiesa.
La sua attenzione al restauro dell’ ostensorio è stata un gesto di grande sensibilità per l’arte e un tangibile generoso ricordo per la comunità amastratina. Grazie!

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Il 20 aprile 2019, la sera del Sabato Santo, è stato benedetto il portacero, opera che l’artista scultore amastratino Sebastiano Leta ha donato alla comunità amastratina in memoria del padre Filippo.
Il titolo dell’opera è: “Io sono la luce del mondo”.
L’artista Sebastiano Leta è di Mistretta, ma vive e lavora a Pietrasanta, in provincia di  Lucca, nella città natale di Giosuè Carducci.
Il portacero è collocato a fianco dell’ambone all’interno del Santuario della Madonna dei Miracoli a Mistretta.
L’opera marmorea esprime un grande messaggio di fede.
La simbologia della scultura è il sacrificio dell’agnello. L’agnello sacrificale che è sulla roccia, rappresenta Cristo, la certezza delle fede. Il ramo d’ulivo è il simbolo della pace.
Le mani intrecciate di Gesù,  rivolte verso l’alto, che hanno i segni dei chiodi, in quella posizione proiettano l’ombra di una colomba in volo.  Rappresentano  lo Spirito Santo.
Fra i due pollici delle mani poggia il portacero in ottone dorato che conterrà il cero pasquale quale simbolo della fiamma della fede in Cristo.
La scultura poggia su un piedistallo realizzato con la pietra dorata di Mistretta dai fratelli Judicello della ditta SEPAM.
E’stato realizzato in marmo di Carrara, oro e bronzo e l’artista ha impiegato due mesi di tempo per la lavorazione. Il blocco di marmo, dal peso di 310 Km, è stato estratto  dalla stessa cava da dove ha attinto Michelangelo per realizzare la Pietà.
L’opera ha raccolto l’applauso dei fedeli commossi.

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Dal Vangelo di (Gv 8,12-20): «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».

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Importante è anche il reliquario argenteo.

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Prezioso è il fonte battesimale, opera seicentesca realizzata in legno scolpito e rivestito d’oro zecchino. Al suo interno nasconde le custodie degli Oli Santi che si possono ammirare aprendo le porte.
Il fonte marmoreo, realizzato con marmi di Carrara,  è opera di Vincenzo Gagini, del 1575, su commissione dell’Arciprete don Filippo Pizzuto. La bussola lignea è opera di Giovanni Biffarella, del 1731, insieme al gruppo del Battesimo di Gesù nel Giordano, con cui culmina.
Dopo lunghi mesi di assenza, perché sottoposto ad un necessario restauro, è ritornato nella sua cappella della chiesa Madre.

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Il battesimo di Nicola. Mistretta 03/09/2017

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Da ammirare, inoltre, sono: la composizione del pavimento, a forma stellare, all’ingresso della chiesa realizzata con marmi policromi e le acquasantiere marmoree barocche, di Ambrogio Schillaci, del1667.

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 In conclusione, l’esterno e l’interno della parrocchia di Santa Lucia a Mistretta offrono un itinerario artistico irripetibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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