Oct 19, 2015 - Senza categoria    Comments Off on L’ALBERELLO DEL PUNICA GRANATUM NELLA MIA CAMPAGNA DI LICATA

L’ALBERELLO DEL PUNICA GRANATUM NELLA MIA CAMPAGNA DI LICATA

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Nella mia campagna dl Licata l’alberello di Melograno ha maturato i suoi gustosi frutti.

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Le melagrane mature richiamano alla mia memoria dolci ricordi di una persona cara e indelebile: sono quelli di mia nonna Sebastiana Isabella, la mamma di mio padre Giovanni.
Era una donna poco alta, magra, religiosissima, silenziosa e quasi sempre con lo sguardo lontano, con la speranza di poter riabbracciare il figlio Peppino, purtroppo disperso in Russia durante la seconda guerra mondiale.
Mi raccontava che i gendarmi lo chiamarono fuori di casa e da allora non lo ha più rivisto.
Donava a tutti i suoi nipoti un amore grande, immenso.
Per la ricorrenza dei “morti” la melagrana era il frutto che, con la sua corona regale, troneggiava al centro del cestino di vimini, che lei, la nonna Sebastiana, preparava, uno per ciascun nipote, colmandolo di frutta secca: di noci, di nocciole, di mandorle, di fichi secchi, di castagne, di semi di pistacchio. Oggi lo stesso cestino è riempito dalla frutta martorana.
Nella tradizione mistrettese e siciliana in genere, l’usanza di regalare ai bambini, proprio il giorno dei morti, il cestino traboccante di frutta secca o di frutta martorana simboleggia il “ciclo biologico della Vita”.
La Natura la dona, la toglie, la ridà.
La scelta di tutti questi frutti raggruppati insieme testimonia lo stretto rapporto tra l’Uomo e la Natura, il bisogno di attribuire agli elementi vegetali, che la Madre Terra mette a disposizione, i valori fondamentali per la vita di ciascuno.

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L’albero di Melograno è una pianta antichissima, risalente al Pliocene inferiore, che produce un frutto oggi quasi dimenticato ma che, nel passato, ha goduto di grande notorietà perché considerato il frutto della “fertilità”.
Ogni popolo che ha conosciuto la melagrana, le ha attribuito un particolare significato simbolico.
Nell’Antico Testamento è citata come uno dei frutti della Terra Promessa.
I Fenici e i Cristiani attribuivano ad essa un valore religioso: il rosso della melagrana simboleggiava il “sangue dei martiri e la carità”.
Nell’arte copta l’albero del Melograno è simbolo di “resurrezione”.
Anche per i Romani, dove il Melograno giunse dopo la sconfitta di Cartagine, era il simbolo di “fecondità e di abbondanza” e le spose usavano ornare i loro capelli con i rami della pianta come segno di “buon augurio”.
Nella tradizione asiatica ancora oggi il frutto aperto simboleggia “abbondanza e buon auspicio”.

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Gli americani pensavano che bere il succo del frutto combattesse la sterilità.
Nel “linguaggio dei fiori“, comunque, prevale il significato di “abbondanza e di amore” per il colore acceso delle fioriture. Nell’Antico Egitto si utilizzavano i frutti nelle cerimonie funebri.
All’interno delle tombe egizie, nelle pitture, sono state rilevate testimonianze risalenti al 2500 a.C.
Nella necropoli di Tebe, nella Valle dei Re, il sarcofago del faraone Ramsete IV conteneva appunto i suoi frutti essiccati.
Le sue origini greche sono molto antiche.
In Grecia questa pianta era sacra a Giunone e a Venere.
Si racconta che la melagrana era il frutto che Paride offrì a Venere e che lei coltivò a Cipro.
Secondo il mito greco il Melograno nacque dal sangue di Dioniso che, catturato dai Titani, fu ridotto a brandelli.
Amore, fedeltà, prolificità, concordia, ricchezza” sono i numerosi e sorprendenti termini attribuiti all’albero di Melograno e soprattutto alla melagrana, il suo frutto, per il notevole numero di grani contenuti al suo interno e per il loro colore rosso vermiglio.
E’ citato nell’Odissea, nel giardino del re dei Feaci.
Il Melograno e la melagrana hanno notevolmente ispirato anche l’arte.
Giotto dipinse Cristo Crocefisso su un albero di Melograno.
La melagrana nel XV e nel XVI secolo è stata rappresentata frequentemente in sculture e in dipinti da bravissimi e famosissimi artisti.
Nel dipinto laMadonna della melagrana”, di Sandro Botticelli, la Madonna sorregge nella sua mano sinistra una melagrana come simbolo di “fecondità”. Anche il Bambinello appoggia sulla melagrana la sua paffuta manina.
Nell’iconografia medioevale e rinascimentale è proprio Gesù Bambino a reggere la melagrana alludendo alla nuova vita.
Nel Cantico dei Cantici, (4,1-3), nelle lodi alla bellezza della sposa, attraverso la metafora della melagrana, eletta a simbolo “dell’amore, della fecondità della Terra Promessa, della “fedeltà e della femminilità”, lo sposo, in rapimento poetico, canta le bellezze dell’amata sposa: “[…] Come sei bella, amica mia, come sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe, dietro il tuo velo. Le tue chiome sono un gregge di capre, che scendono dalle pendici del Gàlaad. I tuoi denti come un gregge di pecore tosate, che risalgono dal bagno; tutte procedono appaiate, e nessuna è senza compagna. Come un nastro di porpora le tue labbra e la tua bocca è soffusa di grazia; come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il tuo velo […]”, e nel (4,13): “ […] I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti […]”.
In Deuteronomio (7-9), nelle prove del deserto è scritto: “ […] Perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai dunque a sazietà e benedirai il Signore Dio tuo a causa del paese fertile che ti avrà dato […] ”.
L’albero di Melograno, sotto la sua chioma, ha ospitato Saul come si legge nel primo libro di Samuele cap.14: “ […] Un giorno Giònata, figlio di Saul, disse al suo scudiero: <Su vieni, portiamoci fino all’appostamento dei Filistei che sta qui di fronte>. Ma non disse nulla a suo padre. Saul se ne stava al limitare di Gàbaa sotto il melograno che si trova in Migròn; la sua gente era di circa seicento uomini […]”.
Le Melagrane sono anche il simbolo della “benedizione divina”; sono ricamate sulla veste per le funzioni sacre di Aronne e sono scolpite sui capitelli di bronzo che sormontavano le colonne all’entrata del Tempio di Salomone.
Nella Bibbia, nella reggia di Salomone, (1Re 7,40-42) è scritto: ” […] Chiram preparò inoltre caldaie, palette e vassoi.
E terminò tutte le commissioni del re Salomone per il Tempio del Signore, cioè le due colonne, i globi dei capitelli che erano sopra le colonne, i due reticolati per coprire i due globi dei capitelli che erano sopra le colonne, le quattrocento melagrane sui due reticolati, due file di melagrane per ciascun reticolato
[…] “.
Nel Cristianesimo medievale la melagrana ha assunto un significato ancora più importante: ha rappresentato la Chiesa, simbolo di “concordia della società e di conservazione dell’unione dei popoli” che, paragonati ai grani, stretti sotto la membrana, pur essendo profondamente diversi per cultura e per tradizione, erano armonicamente riuniti sotto la stessa fede.
La melagrana aperta è invece emblema “dell’amore misericordioso di Cristo”.
Per gli ebrei era simbolo di “amicizia, di fratellanza, di abbondanza, di prosperità”.
In ebraico “rimonim” vuol dire Melograno perché i puntali del tempio di Gerusalemme hanno la forma di Melograno.
In senso più laico, la melagrana fu anche considerata simbolo di “desiderio, di passione, di prolificità”.
In Turchia, la giovane sposa, gettando a terra una melagrana matura, dal numero di semi che fuoriescono dal frutto che si apre urtando contro il suolo, conoscerebbe in anticipo quanti figli potrebbe partorire.
In Dalmazia lo sposo trasferisce la pianta di Melograno dal giardino del papà della sposa al suo podere come simbolo di “fecondità, di successo in amore e di prole numerosa”.
Il nome scientifico del Melograno è “Punica granatum“.
Il nome del genere “Punica” dal latino “punicum”, “persiano”, è stato attribuito al Melograno dal botanico Linneo convinto della sua origine africana.
Il nome della specie “granatum” per i tanti “semi, grani” che possiede il suo frutto, la melagrana.
Dai Romani l’albero di Melograno era chiamato “Mela punica”, dal latino “malus”, “mela” per la sua forma, e “punicum” perché pensavano che provenisse da Cartagine e lo ritenevano il frutto più gustoso del Mediterraneo.
Plinio lo chiamava “
malum punicum”, ovvero mela cartaginese.
Il frutto, la melagrana, o mela granata, o balausta, deriva pure dal latino “malus granatum”.
Apprezzato dagli Egizi per le sue proprietà vermifughe, lo onoravano come sacro.
In realtà l’albero era originario dalle regioni del sud-ovest asiatico da dove ebbe una larga diffusione in tutta l’Africa settentrionale e, in particolare, nei paesi mediterranei, dalla Turchia alla Penisola Iberica.
Dal Marocco, i mercanti lo portarono in Europa, in Italia e in Spagna diffondendone la coltivazione.
La città di Granada, dominata dai Mori dal ’700, ha questo nome perché, eretta su tre colli, somiglia ad una melagrana aperta che è divenuta l’emblema del suo stemma.
In Italia è presente nelle regioni meridionali e insulari sia spontaneo sia coltivato, soprattutto a scopo ornamentale.
Un vecchio esemplare di Melograno già dal 1867 abita nel Piazzale Sud dei Giardini Hanbury a Ventimiglia.

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Appartenente alla famiglia delle Punicaceae, il Melograno è una pianta rustica, piccola, ma, da adulta, raggiunge circa i tre metri d’altezza, perenne, molto longeva, anche se la sua crescita è piuttosto lenta e modesta.
Si presenta con portamento arbustivo, cespuglioso, molto ramificato, con una chioma irregolare ed espansa, con i rami rigidi, esili e un poco spinosi.
Nei rami più giovani la corteccia è rossiccia, liscia e molto rugosa, mentre nei rami vecchi e nel tronco è grigio-cinerea e screpolata.
Il fusto diventa sinuoso e attorcigliato negli alberelli annosi.
Le foglie sono semplici, piccole, caduche, alterne od opposte, di forma ovale, di colore verde lucente sulla pagina superiore, ma che muta con le stagioni: sono rosse nei giovani germogli e, successivamente, diventano di colore verde chiaro.
Cominciano a spuntare in primavera inoltrata e, prima di cadere, nel tardo autunno, assumono una colorazione giallo-dorata.
I fiori, ermafroditi, solitari, splendidi, hanno la corolla tubulosa, a campanella, formata da 5-8 petali, di colore rosso vermiglio, che racchiude le antere gialle portatrici di polline, goloso premio per gli insetti impollinatori.
La fioritura si estende dalla primavera fino all’inizio dell’estate e i fiori sbocciano all’estremità dei rami di un anno o sui dardi, isolati o riuniti in gruppi di tre.

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La pianta di Melograno comincia a fruttificare dopo 4 anni di età e raggiunge il massimo della sua produzione dopo circa trenta anni.
I frutti sono bacche commestibili, tondeggianti, grosse quanto una mela.
Sono rivestiti da una buccia coriacea dapprima verdognola, poi di colore giallo-arancio e, a completa maturazione, di colore rosso-corallo con sfumature soffuse di rosso. All’interno, i diversi loculi, separati da una membrana sottile, contengono un numero imprecisato di semi di forma prismatica, sfaccettati, avvolti da una polpa rossa gradevolmente dolce-acidula, molto succosa, trasparente.
I frutti maturano tra settembre e ottobre, vanno raccolti in autunno e mangiati in inverno.
Per evitare che le piogge provochino la spaccatura dei frutti, è consigliabile raccoglierli con un leggero anticipo; infatti maturano completamente anche dopo essere stati staccati dalla pianta.

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La moltiplicazione avviene per seme, in primavera, ma non è molto usata poiché le nuove piantine difficilmente mantengono le caratteristiche genetiche della pianta madre. I metodi più diffusi per la propagazione del Melograno sono: la talea, che può essere ottenuta da parti di ramo o di radice, e anche attraverso i polloni radicati che crescono alla base del ceppo della pianta adulta, la margotta e la propaggine.
La pianta di Melograno è molto pollonifera quindi, se lasciata crescere in modo naturale, assume un portamento cespuglioso, mentre, adottando particolari potature, può essere modellata in maniera tale da assumere svariate forme.
Il fiore rosso vermiglio del Melograno in primavera sorride festosamente a Persefone che ritorna dalle viscere della terra.
Persefone, a Zeus, che le domandò insidiosamente se le fosse stata usata violenza, se durante la sua permanenza negli inferi avesse mangiato o bevuto qualcosa confessò che un giorno, tormentata dalla sete, ha ceduto alla tentazione di accettare da Ade un chicco di melograna.
Non sapeva che questo inganno le avrebbe impedito di rimanere per sempre sulla terra, nel regno della luce.
Avendo mangiato un chicco di una melograna nel regno dei morti, era costretta a farvi ritorno ed a trascorrere sei mesi di ogni anno con lo sposo Ade e gli altri sei mesi con la madre sulla terra.
Demetra, sua madre, decise che, nei mesi in cui Persefone fosse stata nel regno dei morti, nel mondo ci sarebbe stato freddo, la Natura si sarebbe addormentata, erano le stagioni dell’autunno e dell’inverno, mentre nei restanti sei mesi la terra sarebbe rifiorita, erano le stagioni della primavera e dell’estate.
Ecco perché, in primavera, la terra si ricopre di fiori: perché Demetra festeggia il ritorno di Persefone sulla terra.
In autunno, quando si reca nel regno dei morti, spoglia la Natura di ogni colore e la riveste di uno squallido manto.
Demetra, grata, da allora regala agli uomini un prodotto particolare: il grano.
Attualmente il Melograno è coltivato nei giardini solo come pianta decorativa perchè di grande effetto ornamentale specialmente per il portamento di quegli esemplari con tronchi contorti, per il bel colore del fogliame e per la decoratività dei frutti maturi.
L’albero, ben inserito nella macchia mediterranea, predilige i luoghi caldi, con molto sole, ben ventilati.
E’ coltivato anche in zone relativamente fredde, ma mal sopporta temperature molto basse, anche se si è adattato a vivere in montagna dove è bene piantarlo in posizioni riparate.
Preferisce i terreni argillosi, sabbiosi, tendenzialmente calcarei e drenati per favorire il rapido assorbimento dell’acqua.
Teme le piogge frequenti e l’elevata umidità del terreno e dell’aria durante l’autunno perché danneggiano i frutti in corso di maturazione e fanno sì che la pianta si spogli piuttosto precocemente.
Le piante che vivono all’aperto sono poco esigenti e si accontentano dell’acqua piovana e di un po’ di fertilizzante.
Una buona luminosità è indispensabile per garantire una considerevole fruttificazione.
La pianta non richiede molte cure e difficilmente si ammala; raramente è colpita da parassiti animali quali gli Afidi e il Ragnetto rosso, un piccolissimo aracnide che vive a spese della pianta succhiandone la linfa, e da agenti patogeni di origine fungina quale il mal bianco.
La pianta colpita deperisce visibilmente fino a morire se non è aiutata a liberarsi dal parassita.
L’albero, prevalentemente, è esposto agli attacchi di parassiti durante la fioritura, pertanto, nella somministrazione dei prodotti insetticidi, occorre avere prudenza per non impedire l’impollinazione naturale.
Gli usi tradizionali del Melograno in farmacologia sono molto antichi: le prime indicazioni si trovano in un papiro del 1550
a. C. Già Ippocrate consigliava l’uso dell’involucro del frutto per combattere la dissenteria.
Sono adoperate quasi tutte le parti della pianta. I fiori e i frutti contengono tannini e mucillagini.
I tannini sono indicati in farmacopea per trattare casi di emorragie avendo proprietà astringenti. I fiori si usano in infuso contro la dissenteria.
Il tegumento dei semi è astringente e diuretico.
Il frutto possiede proprietà rinfrescanti, diuretiche e toniche, la membrana e le radici sono astringenti ed antidiarroiche.
Anche i popoli dell’antica Grecia ne apprezzavano le proprietà medicamentose di antielmintico, di antinfiammatorio, di antibatterico nelle infezioni della pelle e di astringente nei casi di diarrea cronica.
In Europa, nel secolo scorso, la corteccia della radice era molto usata per curare la tenia solium grazie ad una miscela di alcaloidi presenti ma, essendo velenosa, se ne consigliava l’uso con molta cautela.
Le sostanze antiossidanti ad alta concentrazione rendono gli estratti di Melograno adatti a contrastare lo stress dell’organismo, a vincere le malattie del sistema nervoso, a regolare le pulsazioni cardiache, a rallentare l’invecchiamento dei tessuti e della pelle, a combattere l’ipercolesterolemia e l’aterosclerosi.
La corteccia delle radici, inoltre, è utilizzata anche per preservare gli indumenti dalle tarme.
Recentemente il Melograno è stato apprezzato per il suo potenziale uso cosmetico, per preparati ad effetto idratante della pelle.
Con i fiori e con le bucce dei frutti si ottengono dei coloranti rossi utilizzati in conceria per ornare il cuoio marocchino.
L’uso alimentare della melagrana è antichissimo e nasce già con i Romani.
Il frutto, considerato anticamente il re dell’orto per la presenza della corona, è stato apprezzato maggiormente nel Medioevo.
Per essere ricco di vitamine e di diversi sali minerali è entrato nella lista degli ingredienti delle cucine orientali e in tutti quei territori la cui l’aridità non offre una grande varietà di prodotti ad alto valore nutritivo.
Attualmente, nella cucina italiana è scarsamente utilizzato.
Gli chef più creativi impiegano i semi nei dessert, nelle gelatine, nelle granite, nelle marmellate e il succo nella preparazione di sciroppi, di bibite e di prodotti di pasticceria.
Il succo era utilizzato per aromatizzare il vino, detto “vinum granatus“, offerto sporadicamente ai commensali in occasioni particolari soprattutto della vita di corte. Con i grani si prepara la deliziosa e dissetante granatina, tipica bevanda spagnola.
E’ un liquore ricco di virtù medicinali, ottimo da bere in qualsiasi momento della giornata, soprattutto dopo un buon pranzo, per le sue qualità digestive, ideale per chi vuole offrire ai graditi ospiti un liquore unico e per chi vuole ritrovare gli antichi sapori di un tempo.
I suoi ingredienti sono: alcool, acqua, zucchero, vino bianco, melagrane e buongusto.
Maometto, trecento anni dopo la distruzione dei templi pagani, raccomandava di consumare il succo di melagrane per cancellare l’invidia conservando la ferma tradizione legata all’utilizzo del Melograno come pianta sacra.
Il Melograno è l’albero a cui tendeva la mano Dante, il figlioletto di Giosuè Carducci morto all’età di tre anni nel 1870.
Così recita il poeta nella sua breve ma accorata poesia “Pianto antico”:

L’albero a cui tendevi

la pargoletta mano,

il verde melograno

da’ bei vermigli fior,

 

nel muto orto solingo

rinverdì tutto or ora

e giugno lo ristora

di luce e di calor.

 

Tu fior de la mia pianta

percossa e inaridita,

tu de l’inutil vita

estremo unico fior,

 

sei ne la terra fredda,

sei ne la terra negra;

né il sol più ti rallegra

né ti risveglia amor”.


Non ci sono parole per esprimere il dolore di un padre per la perdita prematura del proprio figlio.
C’è solo il pianto, la manifestazione, individuale ed intima, di un’immensa sofferenza interna.

 

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