Dec 5, 2013 - Senza categoria    Comments Off on PICEA EXCELSA, L’ALBERO DI NATALE NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

PICEA EXCELSA, L’ALBERO DI NATALE NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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La festività del Santo Natale si avvicina sempre di più e l’albero di Natale è stato già allestito nelle abitazioni, nei negozi, negli uffici, nelle piazze di tutti i paesi italiani e stranieri.
Carico di luci e di addobbi colorati e multiformi, simboleggia “la sapienza, la ricchezza e il benessere”.
E’ il simbolo del Santo Natale.
L’albero fu associato al Natale fin da tempi antichissimi. Probabilmente questa tradizione è derivata dai culti pagani praticati nell’Europa settentrionale nelle zone agricole. Poiché l’Abete rimane sempre verde, anche durante l’inverno, i druidi, antichi sacerdoti dei Celti, lo consideravano il simbolo di “lunga vita” e lo onoravano nelle feste invernali. Virgilio racconta che, nel 45 a.C., durante le feste Saturnali, i romani usavano portare in giro un Abete rosso per salutare la fine dell’inverno. Nei calendari nordici all’Abete rosso era riservato il primo giorno dell’anno, che allora era quello del solstizio d’inverno, della rinascita del Sole, che poi fu scelto dai cristiani come quello della nascita di Gesù.
Per festeggiare il passaggio dall’autunno all’inverno i Teutoni piantavano davanti alle proprie case un Abete rosso ornato di ghirlande di fiori e bruciavano un enorme ceppo per dare nuova forza al tiepido sole di dicembre. Forse così è nato l’albero di Natale la cui storia è molto complessa. Essa nasce dalla fusione di miti pagani e di riti cristiani.
Già nel Medioevo, presso i popoli nordici, un Abete rosso era tagliato all’avvicinarsi del Natale e si addobbava con ghirlande di fiori e con dolciumi.
La tradizione di addobbare l’albero proviene dall’Egitto poiché l’Abete è simile ad una piccola piramide. Infatti, l’albero era realizzato con una piccola piramide di legno costruita ad imitazione dei giganteschi monumenti come simbolo “culturale e propiziatorio”.
L’usanza di addobbare l’albero nei secoli XVIII e XIX fu importata presso altri Paesi europei. Sulla nascita di questa tradizione sono narrate moltissime leggende. L’elemento comune è l’interpretazione dell’allegoria: un albero sempreverde rappresenta “la vita che si rinnova, la primavera che ritorna, la forza della Natura”. La più bella leggenda narra di un taglialegna dell’Alsazia che, tornando a casa la vigilia di Natale, in una notte ghiacciata e illuminata dalla luna, osservò le stelle che brillavano attraverso i rami di un Pino ricoperto di neve e di aghi di ghiaccio. Per spiegare alla moglie la bellezza del fenomeno osservato, recise un piccolo Abete e lo guarnì con nastri bianchi e con piccole candele accese simbolo “del ghiaccio, della neve e delle stelle”.
L’albero, così addobbato, suscitò una tale ammirazione che, da allora, in ogni casa si allestisce l’albero di Natale. L’attribuzione di simboleggiare il Natale con l’albero di Abete è attribuita a San Bonifacio, nato in Inghilterra nel 675 e morto, martire in Germania, nel 754.
Essendo missionario nei dintorni di Geismar, nella Germania settentrionale, notò che alcuni pagani, per preparare il sacrificio del piccolo principe Asulf al dio Thor, adoravano una Quercia.
San Bonifacio li fermò, salvò il bambino ed abbatté la Quercia, che cadde. Nello stesso luogo apparve un Abete che San Bonifacio tagliò, lo consegnò alla gente del luogo spiegando loro che l’Abete sempreverde era l’albero della vita e la sua presenza rappresentava il simbolo divino come “la nascita di Gesù Cristo”. La tradizione di ornare l’albero di Abete nel periodo di Natale si attribuì anche ai popoli francesi o tedeschi. Alcuni documenti riportano che in Alsazia, nel 1521, la popolazione era autorizzata a tagliare il proprio albero di Natale.
Già nel 1605, a Strasburgo, per la ricorrenza del Natale, si portavano dentro le case gli Abeti che si ornavano con rose di carta di vari colori, con mele, con zucchero e con oggetti dorati.
Da allora la tradizione di addobbare l’albero per il Natale si estese a molti altri popoli del nord Europa. Johann Wolfgang Goethe (1789-1832), pur non essendo di fede cristiana, amava moltissimo quest’usanza tanto da riportarla nella sua famosa opera “Die leiden des jungen Werther”, “I dolori del giovane Werther” nel 1774.
Grazie a lui, la tradizione dell’albero di Natale si diffuse a Weimar, un importantissimo centro culturale dell’epoca. Si racconta che nel lontano 1611 la duchessa di Brieg, in Germania, per festeggiare la ricorrenza del Santo Natale, aveva fatto adornare il suo castello.
Un angolo del salone era rimasto vuoto rispetto al resto della stanza. Copertasi col suo scialle, uscì nel parco certa di trovare nella Natura la soluzione cercata. Durante la sua passeggiata notò un piccolo Abete.
Ordinò ad uno dei suoi giardinieri di ripiantare l’alberello in un vaso e di trasportarlo all’interno del salone. Martin Lutero e i luterani ebbero poi l’idea di abbellire l’albero con piccole candele per rappresentare la vita e la fede. Si narra che Martin Lutero, rischiarato dallo splendore delle stelle nel cielo freddo di dicembre, ripeté nella sua casa quella scena lucente riportandola su un Abete. Nel 1841, con l’arrivo alla corte inglese del principe Alberto di Sassonia, marito della Regina Vittoria, l’usanza di addobbare l’Abete come albero di Natale si diffuse rapidamente in Inghilterra e poi in tutto il mondo perchè la famiglia fu fotografata attorno all’albero di Natale.
L’immagine, pubblicata nel London News, ebbe un gran successo. Dall’Inghilterra la tradizione dell’albero di Natale raggiunse gli Stati Uniti grazie ai mercenari della guerra di secessione.
Una leggenda americana racconta che un bambino, sperdutosi in un bosco la vigilia di Natale, sopraggiunta la notte, si addormentò sotto un Abete.
Per proteggerlo dal freddo, l’Abete si piegò fino ad abbracciare il bambino tra i suoi rami. La mattina dopo i paesani trovarono il bambino che dormiva tranquillo sotto l’Abete ricoperto dai cristalli che luccicavano alla luce del sole e, in ricordo di questo episodio, cominciarono a decorare l’albero ogni Natale. Il primo presidente americano a mostrare l’albero di Natale all’esterno della Casa Bianca fu Franklin Pierce.
Nel 1889 Benjamin Harrison dichiarò che l’albero di Natale alla Casa Bianca faceva parte della tradizione americana. In una strada molto trafficata di New York, nel 1851, furono venduti i primi alberi recisi. Il mercato degli alberi tagliati fu talmente redditizio da portare alla distruzione di numerose foreste.
Theodore Roosevelt decise di non allestire mai più l’albero di Natale nella Casa Bianca salvaguardando, così, le foreste dalla distruzione. I suoi due figli, che avevano preparato di nascosto un piccolo albero di Natale nella loro camera, scoperti dal padre, furono puniti. Alla fine del 1800 anche la Regina Margherita, moglie del Re d’Italia Umberto I°, fece allestire un grande albero di Natale in un salone del Quirinale. Una leggenda collega direttamente l’albero al presepe. C’era una volta presso Betlemme un piccolo Abete circondato da robusti ulivi e da alte palme carichi di frutti. Si sentiva piccolo e inutile perché non aveva nulla da offrire a Gesù Bambino. Pianse.
Un angelo lo vide, s’impietosì e ordinò alle stelle di scendere dal cielo e di vestirlo di luce. Da allora l’Abete è il più bello tra gli alberi che circondano il presepe. L’albero di Natale ha sostituto il presepe, il più conforme alla religione cattolica.
Fortunatamente gli alberi di Natale artificiali sono subentrati a quelli veri con gran sollievo per la Natura!
L’albero di Natale possiede molti nomi.
Picea excelsa, Abies picea, Abete rosso,  Peccia, Pezzo, Abete moscovita, Abete comune sono sinonimi della stessa pianta.
Il Picea excelsa è una conifera perenne, sempreverde, di prima grandezza, appartenente alla Famiglia delle Pinaceae.

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Pianta giovane

Il nome “Picea”, attribuito da Plinio, deriva dal latino “pix“, che significa “pece, resina”. Il termine “eccelsa” è stato assegnato per l’altezza che possono raggiungere i suoi tronchi regolari, diritti, molto resinosi e il nominativo ”rosso” per fare notare le sfumature rossastre della corteccia e dei rametti. La sua distribuzione geografica interessa un’ampia area dell’Europa, dell’Asia minore, del Giappone e dell’America settentrionale vivendo, l’albero, da solo o in compagnia dell’Abete bianco, del Larice e del Pino silvestre.
Sulle Alpi è una specie tipica dell’orizzonte montano medio e superiore e di quello subalpino inferiore trovando un clima accettabile tra i 1200 e i 1800 metri d’altitudine, anche se in condizioni particolari può vegetare fino a 600 – 800 metri, così come avviene nel Tarvisiano. In Italia l’Abete rosso è molto diffuso in Valtellina, dove vive tra i 1000 e i 2300 metri d’altitudine; è limitato negli Appennini settentrionali e in poche stazioni dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Nella riserva naturale di Campolino, nei pressi dell’Abetone, nell’Appennino centrale, sopravvive una colonia di Abete rosso che risale all’ultima glaciazione e che conserva intatto il patrimonio genetico primitivo.
In Sicilia diversi esemplari di Abete rosso sono presenti nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta.

 

 

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L’albero ha un portamento imponente, molto slanciato, che può raggiungere altezze vicine ai 50 metri e il diametro del tronco di 2 metri.
Il Corpo Forestale dello Stato, durante un censimento sugli alberi monumentali d’Italia, ha segnalato un grande Abete rosso a Bagni di Mezzo di San Pancrazio: è alto 45 metri ed ha una circonferenza di 4,8 metri.
Il portamento può, comunque, differenziarsi in base all’altitudine essendo una pianta caratterizzata da un certo polimorfismo: la chioma, infatti, può assumere una forma più espansa alle quote alpine più basse, mentre a quote più alte tende a divenire più stretta per cercare dl limitare i danni provocati dal peso della neve.
Il fusto, poco rastremato, diritto e cilindrico, largo alla base, sostenuto da un apparato radicale debole e superficiale, è rivestito dalla corteccia rosso-bruna, sottile e squamosa che, con l’età, diviene bruno-grigiastra e si divide in placche rotondeggianti o poligonali dalle quali fuoriesce la resina che scende in rivoli lungo il tronco ed emana il caratteristico profumo.

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La chioma, piramidale, con apice allungato, è formata dai rami un po’ inclinati verso il basso, con rametti secondari spesso penduli ricoperti dalle foglie aghiformi di colore verde-chiaro brillante nella pianta giovane, ma che si colorano di verde scuro quando invecchia, leggermente curve, tetragone, appuntite, ma non pungenti. Le foglie persistono per più anni sulla pianta.

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Gli aghi sono lunghi circa 2 centimetri, resistenti, disposti a spazzola o a ventaglio sui rametti. In inverno, sulle ramificazioni spiccano le gemme grosse e poco resinose. Gli aghi, cadendo, lasciano delle cicatrici sporgenti che rendono i rametti scabri. L’Abete rosso è una pianta monoica ma dicline, ossia porta fiori maschili e fiori femminili in diverse parti dello stesso individuo. I fiori si aprono da maggio a giugno.
Quelli maschi sono gialli, quelli femminili di colore rosa. I microsporofilli maschili, riuniti in brevi e duri amenti ascellari, formano coni lunghi un centimetro. Sono di forma ovale, di colore giallo-rossiccio e posti all’apice dei rametti dell’anno precedente nella parte superiore della chioma, al disotto dei coni femminili.
I macrosporofilli femminili formano coni sessili posti nella parte apicale dei rami. Sono riuniti in gruppi di tre o quattro. Si sviluppano in primavera e appaiono dapprima eretti, di colore rosso-violaceo.
Dopo l’impollinazione, diventano penduli, legnosi, lunghi anche 15 centimetri. A maturazione avvenuta assumono un colore bruno-chiaro quasi lucente. Le squame sono arrotondate e pronte in autunno a rilasciare i semi dapprima di colore verde poi rossastro.
Le pigne mature, dopo aver liberato i piccoli semi alati, con l’ala lunga fino a 16 millimetri, cadono a terra intere, ma possono rimanere sulla pianta appese ai rami per lungo tempo, anche per parecchi mesi.
La pianta comincia la fruttificazione tardi, dai 20 ai 50 anni d’età. La propagazione avviene per semi, che vanno raccolti all’inizio dell’autunno e seminati in primavera, e per propaggini da radici.
In primavera si possono prelevare anche talee semilegnose da fare radicare in un miscuglio di sabbia e di torba. La crescita della pianta, lenta nei primi anni di vita, diventa poi veloce ad età avanzata. La pianta è longeva potendo vivere fino a 500 anni.
L’Abete rosso è una specie tipica delle zone fredde e, poiché è una pianta montana, è resistente al freddo e alle gelate tardive, può adattarsi a forti escursioni termiche, ha bisogno di una forte umidità atmosferica e, in realtà, non sopporta il clima troppo secco. Anche se si adatta a vivere in differenti località, la pianta predilige gli ambienti continentali e i terreni sciolti, acidi, profondi, freschi, umidi posta in posizione luminosa, anche in pieno sole. Soprattutto nei mesi più caldi ama frequenti nebulizzazioni del fogliame.
Le radici hanno bisogno di una certa quantità d’acqua, quindi è necessario bagnare a fondo il terreno lasciandolo poi quasi asciugare prima di irrigare nuovamente.
Essendo l’apparato radicale scarsamente profondo, l’albero è poco resistente alle tempeste di vento. Non richiede cure particolari. Non ha bisogno di concimazioni e di potature. Alla fine dell’inverno qualche taglio potrebbe servire a creare dei palchi ben definiti che danno movimento alla chioma compatta.

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In genere, l’Abete è una pianta che non è attaccata dai parassiti. I funghi e gli Acari sono acerrimi nemici. Talvolta gli Afidi lanigeri colpiscono i giovani germogli e, se il clima è molto secco, possono essere attaccati anche dai Ragnetti rossi.
Pertanto, durante l’inverno, è consigliabile applicare alcuni trattamenti preventivi. L’Abete rosso è coltivato nei parchi e nei giardini come essenza ornamentale, ma è la conifera che ha la più grande importanza per impieghi silvicolturali in Italia e in Europa. E’ usato anche per scopi terapeutici estraendo i principi attivi dalle gemme, dalle foglie, dai rametti, dalla corteccia.
Le gemme hanno proprietà espettoranti, balsamiche, antisettiche, diuretiche. Si raccolgono nei mesi da febbraio ad aprile, prima che si aprano. Dall’Abete rosso si estrae la resina utile per preparare unguenti per uso topico e dalla sua distillazione si ricava la trementina di Borgogna. Nell’antichità i medici facevano grande uso della resina profumata mescolata alla cera.
Un pizzico di resina, versata in un recipiente colmo d’acqua bollente, purifica l’aria degli ambienti dove è stagnante.
Un tempo i contadini facevano un unguento universale utile per curare le contusioni, le slogature, i dolori articolari, i geloni. Una manciata di gemme o di rametti, avvolti in una garza ed infusi nell’acqua del bagno, permettono di ottenere un’abluzione balsamica, rigenerante, deodorante, opportuna dopo un’intensa giornata di attività fisica.
La corteccia, ricca di tannini, in alcuni paesi è usata per la concia delle pelli e nell’industria delle vernici. Dai rametti si ottiene una sorta di birra. Il legno, molto richiesto per i suoi molteplici usi, è leggero, elastico, resinoso, di colore bianco-panna, resistente alla compressione e alla trazione, ad anelli distinti, lucido e facilmente fendibile. E’ utilizzato in falegnameria e in carpenteria, negli imballaggi, come pasta per la produzione della carta, grazie alle sue lunghe fibre, e per la creazione degli strumenti musicali, in particolare per la cassa di risonanza e per l’anima del violino, selezionando il legno di un tronco d’albero che ha raggiunto i 200 – 300 anni di vita.
Infatti, la costruzione di questi strumenti richiede legni esterni con specifiche caratteristiche acustiche che solo l’Abete rosso può dare. Nel Trentino il clima favorisce lo sviluppo di un legno particolarmente pregiato, il ”legno di risonanza”, così chiamato proprio per le sue caratteristiche acustiche.
È un particolare tipo di Abete rosso, designato col termine di “Abete maschio“, il cui legno presenta anomalie di accrescimento degli anelli annuali e che, fin dai tempi passati, è stato ricercato dai liutai per costruire strumenti musicali a corda quali violini, viole, violoncelli.
La distribuzione di questo “albero che canta” è limitata a poche zone europee. Perciò si ritiene che diversi strumenti musicali, anche di illustri liutai dei secoli scorsi, siano stati costruiti con il legname di risonanza della Val Canale e del Tarvisiano in provincia di Udine, nonché della Val di Fiemme e della foresta di Paneveggio nella provincia di Trento.
Antonio Stradivari, per i suoi famosi violini, si riforniva presso la Magnifica Comunità di Fiemme.
Questo albero è, inoltre, riscontrabile solo in alcuni distretti alpini della Germania, mentre è assente in Austria. Recentemente questa caratteristica è stata scoperta negli Abeti rossi della Valle di Ledro, sul monte Tremalzo.
Sembra che l’Abete rosso in Grecia sia stato l’albero dedicato ad Artemide, la dea della caccia. Nella mitologia greca è strano trovare traccia dell’Abete rosso perché reperibile là solo in alta montagna, ma può darsi che l’albero abbia seguito il peregrinare della dea nelle regioni nordiche, come dea della vita silvestre. Artemide era anche la divinità femminile che controllava i parti, mentre l’Abete rosso era considerato “l’albero della nascita”.

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