Nov 1, 2016 - Senza categoria    Comments Off on PER RICORDARE SALVATORE E CARMELO DE CARO, PADRE E FIGLIO

PER RICORDARE SALVATORE E CARMELO DE CARO, PADRE E FIGLIO

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Ogni anno il calendario ripropone ricorrenze che vengono celebrate con gioia o con tristezza. Il 2 novembre, secondo la Chiesa Cattolica Romana, ricorre la Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum, cioè la Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti, di quelle anime che sono ritornate alla casa del Padre. Per i parenti è un giorno di grande fede nel quale il dolore per la morte dei propri cari è sostenuto dalla speranza cristiana. Da Cristo Gesù loro hanno ricevuto la vita eterna passando dalla morte terrena alla vita immortale. Infatti Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno” (Gv. 5, 24-25).
A Marta, che piangeva per la morte del fratello Lazzaro, Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;  chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?” Gli rispose:”Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, Figlio di Dio che deve venire nel mondo”  (Gv. 11, 25 -27).
In questo giorno di commemorazione è obbligatorio andare al cimitero per visitare le persone care, per deporre sulla loro tomba fiori e ceri accesi, per assistere alla funzione religiosa a beneficio di tutti i defunti.
In questo triste giorno desidero commemorare Salvatore e Carmelo De Caro, padre e figlio, che sono state per me due persone molto importanti. Voglio ricordarli a tutti coloro che li hanno conosciuti in vita.
Voglio ricordare la figura di Salvatore De Caro non a chi visse la sua epoca, perché sono trascorsi tanti anni, oltre un secolo, ma a chi forse non ne ha sentito parlare perché troppo giovane.
Salvatore De Caro nacque a Licata il 13 settembre del 1904. Nono di quindici figli, Salvatore nacque in piena “belle époque“.
Periodo d’oro per la città di Licata poiché una borghesia illuminata e sensibile al gusto estetico promuove e incoraggia le manifestazioni artistiche. Dopo il periodo scolastico, trascorse gli anni dell’adolescenza nel laboratorio artigianale ebanistico del padre, in via Frangipane, dove si dedicò precocemente alle arti figurative. Del 1922 è un suo autoritratto che colpisce l’osservatore per la sapienza del tratto e per il gioco delle luci.

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Per le arti è un periodo di intensa, febbrile attività di ricerche e di scoperte; gli echi delle nuove correnti artistiche arrivano fin quaggiù e il giovane Salvatore ne è coinvolto. Gli è da stimolo l’atmosfera, ricca di fervida attività, della bottega del padre ove già dipingono tre fratelli maggiori. Vi si realizzano lavori come altari in legno, sontuosi addobbi in uso allora per le chiese nei giorni di festa, e vi si organizzano in tutti i dettagli festeggiamenti religiosi e civili. E ai fratelli De Caro si rivolge l’emergente borghesia locale che vuole le proprie case decorate nel nuovo stile che conquista l’Europa: il Liberty.
Collaborando per parecchi anni con una rivista dell’epoca, “L’Artista Moderno“, Salvatore De Caro evolve il suo modo di concepire l’espressione artistica di provincia non più limitandosi al semplice lavoro artigianale. Negli anni della maturità, dopo varie esperienze che lo portano anche volontario in Africa Orientale, si dedica alla decorazione e al restauro di molte chiese di Licata e dei paesi vicini: dagli affreschi e oli, alla progettazione di altari e pulpiti, agli stucchi, all’applicazione dell’oro zecchino.

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Adotta le tecniche dei grandi maestri apprendendole da libri e da riviste. Si prepara il “mordente“, una colla speciale, per l’applicazione dell’oro zecchino in fogli mediante una formula di sua invenzione, che non rivela a nessuno poiché non ha seguaci a cui insegnare.
E’ l’ultimo decoratore che, senza travisare o distorcere lo stile originario, rifinisce molte decorazioni chiesastiche rimaste incomplete in epoche precedenti. Subito dopo si afferma il concetto di restauro conservativo che limita drasticamente gli interventi sui beni artistici e monumentali.

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Nella foto Salvatore De Caro con il vescovo di Agrigento, mons. Lauricella, mentre viene consacrato un nuovo Altare da lui progettato.
E’ sulle tele, prodotte in gran numero tra gli anni ’40 e ’60, che si può meglio leggere la sua personalità.
Nella sua pittura rifiuta le nuove correnti contemporanee restando legato al figurativo, ma riuscendo a trasfondere sulla tela uno studio di costume, fatto, a volte, in chiave di sottile ironia, e una grande ammirazione per la Natura e per la figura umana che definisce “la più alta creazione di Dio“.

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All’apparenza i suoi paesaggi sono sereni e pacati: vi affiora la commozione sempre viva per la bellezza delle marine e delle campagne della sua Licata, ma non può sfuggire, ad un attento esame, la presenza di una forza creativa a volte travagliata e insoddisfatta, a volte momentaneamente appagata nella contemplazione profondamente riflessiva del soggetto.

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E’ al suo unico figlio Carmelo, autore del libro “Sintiti, Sintiti”, che il papà Salvatore trasmette l’amore per l’arte, per la Natura, per il bello estetico.
Negli ultimi anni della sua vita Salvatore De Caro ha intrapreso l’attività di architetto e di costruttore di tombe gentilizie nei cimiteri di Marianello e dei Cappuccini. Ma, nel pieno della sua maturità artistica, il 22 maggio del 1969, a soli 64 anni, l’artista Salvatore De Caro muore a Licata colpito da infarto.

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 Sul suo tavolo di lavoro sono rimasti incompiuti numerosi progetti, bozzetti, schizzi che non vedranno mai la luce.

 

CARMELO DE CARO, come è stato descritto  dagli amici nel suo libro “Sintiti, Sintiti” ,pubblicato dalla moglie  Nella Seminara dopo la sua prematura scomparsa.

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 Chi ha conosciuto Carmelo De Caro ne ricorda sicuramente lo sguardo acuto, vivo.
Non era necessario porgli domande. Le risposte giungevano rapide e sicure. Si trattasse di un problema matematico o di un argomento di scienze o di tecnica, non c’erano dubbi. La soluzione era pronta, a portata di mano.
Se poi si trattava di didattica o, in specie, di didattica della matematica per i preadolescenti delle medie o gli adolescenti delle superiori, ancora meglio: metodologia chiara, operativa, senza fronzoli, essenziale ed efficace.
Se, infine, si faceva scienza, le ricerche sul campo, il laboratorio, gli esperimenti, le immagini, le videocassette, l’elaboratore.
Un docente amabile ed amato, capace, di spessore, e sensibile, eccezionalmente sensibile: i ragazzi e le ragazze, anche se a volte difficili, lo apprezzavano, lo rispettavano, gli volevano un mondo di bene. E il suo rigore e il suo essere esigente, preciso, puntuale, senza sconti, non pesavano: compensavano con la disponibilità e la comprensione.
Sapevo di Carmelo De Caro docente. Sapevo di lui uomo pulito, aperto, ambientalista senza schemi, sportivo leale e curioso, appassionato di archeologia e di mare, sempre attento ai fatti scientifici e sociali, perché le scienze sono e non possono non essere che al servizio della società e dell’umanità.
Scopro ora, a distanza di anni, che era anche poeta e narratore, giovane che si fa adulto e avvia una riflessione, che è un misto di speranza e il contrario di essa, su se stesso, sulla sua vita, sulla coscienza del suo stato.
Lo scopriranno con piacere i tanti amici che si troveranno tra le mani il libro “Sintiti, Sintiti”,

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e anche quanti si avvicineranno per la prima volta a questa figura semplice, lineare, ma versatile, dagli orizzonti mai chiusi.
Carmelo De Caro soffriva fisicamente, ma combatteva la sofferenza con l’intelligenza, con il cuore, con l’amore grande per la vita.
Non si rassegnava, reagiva: Mandami il dolore, / L’abbraccerò, compagno / di viaggio inseparabile”.
Si apriva a Nella, la moglie affettuosa, agli amici cari, ma senza lamenti, con il sorriso, e lanciava proposte, iniziative, progetti.
Nei momenti di stanchezza scandiva il ” lento fluire del tempo” e chiedeva alla luna di accendere le stelle: bianca, tersa, vecchia luna, / accendi stasera tutte le stelle, / voglio il cielo in abito da sera”.
Guardava le pietre provate da mille temperiee si desiderava comunissimo passero che  “ saltella di tegola in tegola”.
Si vedeva, infine,”là dove riposa cullato dalle morbide ombre avvolgenti/ del falso pepe il padre di mio padre”.
Leggere le righe che Carmelo De Caro non ha avuto modo di rivedere, e che vedono ora la luce, è un tornare indietro nel tempo, ma anche un muoversi in avanti. Ricordare è anche vivere e, attraverso queste righe di poeta e narratore di polso impegnato a maturare la sua esperienza, riviviamo una stagione che è anche nostra e che può essere di tutti: una stagione di sofferenza, ma anche di amore, intelligenza, volontà di essere uomini fino in fondo.

Grazie, Carmelo.
Carmelo Incorvaia  Già dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “A. Bonsignore” di Licata

L’Associazione Archeologica Licatese, partecipa al commosso ricordo che, attraverso la pubblicazione di questi scritti, la moglie rivolge a Carmelo a tre anni dalla prematura scomparsa.
Rimangono vivi nella mia memoria la lunga frequentazione iniziata in seno all’Associazione e il rapporto di cordiale amicizia che si instaurò immediatamente e che rimase sempre reciprocamente vivo.
La passione per lo sport subacqueo aveva avvicinato Carmelo e il Centro Attività Subacquee, di cui era presidente, all’archeologia sottomarina e a instaurare l’appassionata collaborazione con l’Associazione Archeologica Licatese per la valorizzazione del patrimonio culturale licatese.

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Nella foto da sx: Roberto Alaimo, Carmelo De Caro, matteo Re

L’insorgere prima e il progredire successivamente della malattia lo costrinsero ad abbandonare anzitempo lo sport a lui tanto caro e a dedicarsi con impegno all’Associazione collaborando intensamente a tutte le sue attività, soprattutto a quelle rivolte alla realizzazione del nuovo Museo Archeologico nella nostra città.
Chi ha avuto modo di frequentarlo, in tutti quegli anni, ne ricorda l’impegno e la generosità, come quelli profusi per l’avvio della Cooperativa Alicata, fondata all’interno dell’Associazione con la finalità di dare un futuro ai soci più giovani privi di lavoro, e di cui fu il primo, disinteressato, presidente.
Ma non solo in questo fu d’esempio a tutti coloro che lo frequentarono: lunghi anni di sofferenze sempre più gravi ed evidenti, non spensero in Carmelo la disponibilità verso gli altri e non ne fecero neanche una vittima della vita, da commiserare. Una sofferenza vissuta all’interno, la sua, mai fatta pesare sugli altri. La sua forza interiore ritengo che sia stata un grande insegnamento per tutti coloro che lo conobbero: non un lamento, non un segno di vana ribellione contro un destino certamente non generoso, uscì mai dalle sue labbra.
Desidero sottolineare, degli scritti di Carmelo, l’aspetto intimistico delle poesie, forse neanche concepite per la pubblicazione, e quello invece didascalico dei racconti, che nascono, oltre che per il diletto personale, proprio con l’intento di raccogliere e tramandare credenze, fatti e personaggi popolari: “A trovatura”, “Sintiti! Sintiti”, “Michelangelo”, “Mastro Cola e lo zolfo”, hanno le loro radici nel passato di questa terra, dalla quale Carmelo è stato orgoglioso di derivare.
Nel leggere le poesie mi ha colpito ritrovare due stesure dello stesso testo, con titoli diversi. La prima stesura, con il titolo “Il muro”, datata ottobre1996, composta per la morte della cugina Danila. La seconda stesura, con poche variazioni, datata maggio 2000, e intitolato “Mondo di silenzio”. Non so quale necessità abbia spinto Carmelo, a pochi giorni dalla conclusione della sua vita terrena, avvenuta il 22 maggio del 2000, a riprendere quel testo, nel quale, alla rabbia che chiude la sua prima stesura, si sostituisce la disillusione della fine, alla quale si sentiva, probabilmente, ormai vicino.
Pietro Meli  Associazione Archeologica Licatese

 Un filo sottile, ma gentile, lega la tematica di questi versi e racconti: la visione ottimistica del mondo, il sentire cioè oggettivamente una realtà seguita, per ragioni logiche, da altre in modo forte e con una tensione emotiva quasi fanciullesca che spinge l’autore e caro amico verso una luce di bontà ed amore.
Carmelo De Caro, al quale sono legato da profonda stima e grande affetto, lascia, con questi scritti, il suo personale messaggio catartico di assoluta pace e armonia verso questo piccolo mondo.

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L’amore che lo lega alla sua terra, al suo amato paese, è la testimonianza reale di un valore inestimabile e mai fragile: la libertà dei sentimenti.  Angelo Biondi Sindaco della città di Licata

 Carmelo, mio carissimo e indimenticabile amico, tardi, molto tardi ti ho conosciuto!
Questo poco tempo mi è stato sufficiente per conoscere e apprezzare le tue grandi doti di animo e di intelligenza.
Subito ho richiamato alla mia mente il tuo papà, il caro Totò De Caro, apprezzato concittadino licatese per la sua moralità, per la sua arte e la sua genialità.
Tu hai riportato tutte le sue doti di intelligenza e le hai meglio sviluppate servendoti dei mezzi moderni. Hai sviluppato queste doti soprattutto nel tratto umano, nella professione di docente valente e scrupoloso, ancora nell’accoglienza e nel trattare come fratello il ganese Joseph che hai curato, sollevato, assieme alla tua cara Nella, materialmente e moralmente accogliendolo a casa tua.

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Ti guardavo e ti ammiravo quando ti venivo a trovare in casa e mi facevi subito i lavori al computer per il nostro Oratorio e per la nostra Parrocchia. E’ stato il tuo giocattolo preferito, lo manovravi con destrezza e ne ricavavi tanta soddisfazione per le cose meravigliose che ne tiravi fuori. Quando hai cominciato a navigare in Internet, ti sentivi immerso nel Creato, spaziavi a destra e a manca e qui, con la tua grande fede, lodavi il Signore. Carmelo, grande è stata la tua fede.
Fede che ti ha dato sempre coraggio, pazienza, forza, soprattutto nella tua sofferenza sempre crescente e che ti ha accompagnato fino alla fine. Carmelo, ti ricordo così e più ancora porto per sempre con me il tuo sorriso, il tuo sguardo penetrante e il tuo abbraccio nel quale ancora mi sento stretto.

Padre Cologero Bonelli  Tuo Parrocco della parrocchia di Santa Barbara.

 “Se il chicco di frumento caduto a terra non muore, rimane solo, se muore, invece, produce molto frutto”(Giovanni 12,24).
Non si può produrre vita senza dare la propria. La vita è frutto dell’amore e non sgorga se l’amore non è pieno, se non giunge al dono totale. Amare è donarsi senza lesinare, fino a sparire, se necessario, come individuo.
Nella metafora del chicco di frumento che muore in terra, colgo, caro Carmelo, amico mio, tutta la tua vita, la tua sofferenza vissuta e la morte come condizione perchè si liberasse tutta l’energia vitale che contiene. Carmelo, ti ho conosciuto in vita gli ultimi anni della tua sofferenza e adesso conosco ancor più le mille potenzialità che possedevi molte di più di quante ne apparivano. Si, perchè il dono totale della tua vita le ha liberate e con questi tuoi scritti si esercitano in tutta la loro efficacia. Il frutto comincia nello stesso chicco che muore, colgo la tua morte come il culmine di un processo di donazione di te stesso; ultimo atto di una donazione costante a chi ti legge in questi scritti e che sigilla definitivamente la dedizione rendendola irreversibile.

Padre Gaspare Di Vincenzo

Carmelo: amico, fratello, compagno di vita e di avventure. Riunendoci sotto le grandi ali del “Centro Attività Subacquee” di Licata, sei stato il nostro insostituibile coordinatore e maestro insegnandoci i valori dell’amicizia, della cordialità, della lealtà umana e sportiva, guidandoci, con la tua inesauribile volontà e tenacia, a calcare gli scenari dei campi di gara locali, provinciali, regionali e nazionali.

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Cosi come hai vissuto, sei andato via delicatamente, in punta di piedi, lasciandoci orfani del tuo buonsenso e della tua abnegazione, dei tuoi consigli e delle tue esperienze maturate e vissute.
Memori di quanto ci hai insegnato e donato, fraternamente, ti ringraziamo e ti salutiamo con un arrivederci, poiché presto o tardi saremo nuovamente insieme, facendoti inoltre sapere (ma crediamo che tu già lo sappia) che in questa vita terrena rimarrai per sempre nei nostri cuori.
Ci hai semplicemente preceduto in mari più calmi e tranquilli, essendo pioniere della nostra grande famiglia, (speriamo) in una nuova vita eterna e serena.

Matteo Re  Per il gruppo del “Centro Attività Subacquee”

Nella Scuola Media Statale “Antonino Bonsignore”  di Licata il nome del prof. Carmelo De Caro è sempre vivo perché il 15 settembre del 2004 gli è stata intitolata l’aula di informatica e al prof. Vincenzo Rollini la biblioteca dell’Istituto.

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Il ricordo dell’alunna Carmela Grillo Decaro:
 Ho letto l’articolo tutto di un fiato. Un inaspettato tuffo nel passato..in questa domenica sera di questo nuovo e strano anno.
Che meraviglioso ricordo è venuto fuori, mio caro ed indimenticabile prof. Carmelo De Caro!
Io alunna di scuola media e tu un’insegnante come pochi altri. Impeccabile la tua umiltà, memorabile la tua generosità che mettevi a disposizione di tutta la classe, non di meno il tuo ESSERE INSEGNANTE.
Non sapevo della tua dipartita avvenuta cosi prematuramente e così, alla gioia di scoprire che parlavano di te, si è aggiunta l’amara notizia della tua perdita. Ma chi vive nel cuore degli altri non muore mai, prof.
Non morirà mai il ricordo della tua gentilezza, di quel sorriso che si nascondeva dietro ai tuoi grandi occhiali, le nostre chiacchierate durante la ricreazione.
Quanto tempo è passato e quante cose son cambiate dall’ora; oggi ne avrei di cose da raccontarti, di quella scienza che continua a incuriosirmi e a sorprendermi.
Avrò, ancor di più, cura di quei ricordi e del tuo esempio di resilienza che mi hai lasciato.
Grazie mille professoressa Seminara per questo articolo che ha pubblicato e condiviso nella memoria di un Grande Uomo.
Spero accetti il mio forte abbraccio che desidero La raggiunga con tutta la stima che provo.
P.S Accanto ad un Grande Uomo c’e sempre una Grande Donna.
Grazie.Grazie.

 Carmelo De Caro è nato a Licata il 03/01/1945 da una famiglia di artisti, pittori e scultori noti. Città che ha amato e dove ha scelto di vivere e di operare.

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Laureatosi  in Scienze Naturali presso l’Università di Palermo,

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i quattro neolaureati in Scienze Naturali di quella sessione

ha iniziato la sua carriera scolastica all’Istituto Tecnico per Geometri di Agrigento, ha continuato il suo lavoro all’Istituto Magistrale di Casteltermini, ha insegnato per molti anni nella Scuola Media Statale “ Luigi  Milani” di Palma di Montechiaro fermandosi per oltre un ventennio nella Scuola Media Statale “Antonino Bonsignore”, oggi Istituto Comprensivo, di Licata fino al 1996.
E’ stato un professore molto apprezzato per la preparazione culturale, per la disponibilità al dialogo, per la collaborazione e soprattutto per la sua grande umanità.
Innamorato della Natura, del mare innanzitutto, ha praticato per molti anni lo sport subacqueo dirigendo il circolo sportivo “Centro Attività Subacquee”di Licata. Ha costituito e diretto per un lungo periodo anche la Sezione Provinciale FIPS di Agrigento coordinando tutti i circoli sportivi della provincia, partecipando e organizzando gare di pesca di vari tipi a livello provinciale, regionale e nazionale.

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E’ stato anche un attivo e valido collaboratore dell’Associazione Archeologica Licatese per la realizzazione del Museo Archeologico.
Si è impegnato pure nel volontariato collaborando con l’associazione “Centro 3P”, con l’Oratorio e con la  parrocchia di Santa Barbara.
Marito affettuoso, ha saputo instaurare con la moglie un intenso rapporto di stima, fiducia, fratellanza, amicizia, solidarietà e amore.
Sostenuto dalla fede, ha accettato con pazienza e forza la sua sofferenza fisica arrendendosi il 22/5/2000.
E’ sepolto, assieme al papà Salvatore, alla mamma Dorotea Lauria, al cimitero di Marianello a Licata.

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“L’eterno riposo dona loro, o Signore,

e splenda ad essi la luce perpetua.

Riposino in pace. Amen”.

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