Feb 11, 2018 - Senza categoria    Comments Off on L’UMBILICUS RUPESTRIS

L’UMBILICUS RUPESTRIS

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Camminando in campagna e anche città s’incontrano tante erbe che a noi sembrano insignificanti. Invece…!
Basta avere il desiderio di conoscere per soddisfare il bisogno della curiosità.
Alcune piante, o per la loro vistosità, o per la loro appariscenza, o per la loro modestia, o per il loro profumo più o meno gradevole catturano l’attenzione dell’osservatore attento.
Infatti, non è sfuggita alla mia attenzione la presenza di questa meravigliosa pianta, attaccata al muro, quando mi sono recata al cimitero monumentale di Mistretta durante il mio recente soggiorno per onorare il Patrono San Sebastiano.
E’ l’Umbilicus rupestris!

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L’Umbilicus rupestris comunemente è conosciuto come l’”Ombelico di Venere” per la forma ombelicata della foglia nel punto dove s’innesta il picciolo.

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 Non è l’ombelico di qualsiasi essere umano, ma proprio l’ombelico di Venere, quello della Dea dell’Amore e della Bellezza, l’ombelico perfetto!
Anticamente era abitudine attribuire alle piante, che possedevano proprietà medicamentose, il nome delle divinità.
L’Umbilicus rupestris possiede tanti altri sinonimi italiani: “Cappellone, Cappecchiolo, Scodellina, Orecchio di abate”.
A Mistretta i nostri nonni conoscevano i “Cuoppiti”,  nome dato alla pianta di Umbilicus, per l’azione  miracolosa delle sue foglie. Capovolte, con l’ombelico posto sul foruncolo, lo facevano maturare e, quindi, guarire.
In Sardegna lo chiamano: “Arecci di fraddi, bidiccu di Venere, calighe de muru, crabettori de muru, capeddu de muru, calicciu de muru”  proprio per la forma delle sue foglie che ricordano un coperchio o un cappello rovesciato con la punta al centro.
Altri sinonimi non italiani sono: “Cotyledon umbilicus-veneris, Umbilicus pendulinus”.

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Etimologicamente il nome del genere Umbilicus” deriva dal latino “umbilicus”, “ombelico, fossetta” per la forma delle sue foglie.
Il nome della specie “rupestris” deriva da” rupes”, “roccia, parete rocciosa” perché vegeta bene aggrappato alle rocce, il suo habitat preferito.

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L’Umbilicus rupestris, originario dell’Europa occidentale e delle regioni mediterranee, presente in quasi tutto il territorio italiano, isole comprese, ad eccezione della Val d’Aosta, del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e delle Marche, appartenente alla famiglia delle Crassulaceae, è una pianta erbacea perenne alta da 2 a 5 dm, succulenta.

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 Si salda al terreno mediante la radice rizomatosa dalla quale si innalza il fusticino eretto, glabro, di forma cilindrica.
Le foglie, di un bel colore verde lucido, sono carnose, rotonde o reniformi, intere e alterne. Quelle basali, lungamente picciolate, hanno la lamina circolare, leggermente crenata e con la caratteristica depressione centrale dalla quale deriva il nome di “Ombelico di Venere“.
Le foglie cauline, poco numerose, varianti nella forma, da subspatolate e cuneiformi, con margine dentato, sono progressivamente ridotte a squame lanceolate.
In primavera, tra marzo e maggio, sull’infiorescenza racemosa, lineare, allungata, ricca di nettare, sbocciano moltissimi fiori penduli.

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Hanno la corolla tubulosa – campanulata a lobi ovali con i petali di colore giallo-verdastro o screziati di rosa, il calice a 5 sepali ovati e subacuti saldati alla base.
Gli stami, in numero di 10, sono saldati al tubo della corolla. L’ ovario supero è formato da 5 carpelli liberi ed un unico stilo corto.

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Essendo un fiore ermafrodita, all’impollinazione segue la formazione del frutto, che matura in estate. E’ un folliceto verde composto di 5 follicoli. Contiene numerosi piccoli semi ovoidi o ellittici, di colore bruno scuro.
La propagazione avviene per seme o per divisione dei cespi; in molti casi, se trova il suo habitat naturale, si propaga naturalmente.
Dopo la fioritura, le piantine di Umbilicus rupestris disseccano completamente, non presentano più gli organi aerei e scompaiono dal terreno come se fossero piante annuali.
Se l’ambiente è sufficientemente umido il rizoma biancastro sopravvive sotto terra dando vita ogni anno a nuove piantine.
I suoi habitat preferiti sono le rocce umide, i muri a secco, i tetti, i sentieri di campagna dove vegeta bene sui litosuoli preferibilmente silicei, umidi, ombrosi e freschi nell’intervallo altimetrico tra il piano e i 1200 metri s.l.m.

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Utilizzata anche a scopo ornamentale, la pianta di Umbilicus rupestris è difficile da coltivare perché necessita di attenzione e di cure particolari.
La pianta di Umbilicus rupestris contiene sali minerali, tannino, mucillagini, gomme, trimetilamina, sali di calcio e di ammonio, nitrato di potassio, ossido di ferro, cellulosa, clorofilla  e  il 95% di acqua quando la pianta è fresca.
Pertanto si presta a molti usi.
Il suo uso alimentare è riconosciuto come ortaggio e come pianta da condimento.
Le parti eduli sono le foglie tenere, raccolte in primavera con tutto il picciolo, dal sapore delicato, utilizzate per insaporire le insalate soprattutto quando la consistenza dell’Ombelico di Venere è fresca.
Più che a scopo alimentare, la pianta è maggiormente adoperata in farmacologia nella medicina omeopatica.
Ricerche etnobotaniche hanno riconosciuto l’efficacia delle foglie delle piante giovani che, ridotte in poltiglia, aiutavano a lenire lievi ustioni e scottature della pelle per le loro proprietà emollienti e rinfrescanti.
Nicholas Culpeper, (18 ottobre 1616 – Londra, 10 gennaio 1654), medico, botanico e astrologo britannico, nel 1652 pubblicò The English Physician e nel 1653 Complete Herbal , due trattati che contengono una vasta conoscenza di erboristeria e di farmaceutica.
Egli trascorse la maggior parte della sua vita in Inghilterra, all’aria aperta, catalogando moltissime erbe medicinali.
Criticò quelli che considerava metodi innaturali dei suoi contemporanei scrivendo: “Anche se non è piacevole e meno vantaggioso per me, mi sono consultato con i miei due fratelli, il dr. ragione e il dr. esperienza, e ho intrapreso un viaggio per visitare mia madre Natura dal cui consiglio, con l’aiuto del dr. diligenza, ho finalmente ottenuto il mio desiderio ed essendo avvertito dalla signora onestà, un’estranea ai nostri giorni, ho pubblicato ciò al mondo”.
Infatti, in The English Physician scrisse: “Il succo delle foglie deve essere bevuto ed è molto efficace per tutte le infiammazioni, per rinfrescare lo stomaco, il fegato o le viscere: il succo del frutto e delle foglie, applicato esteriormente, guarisce i brufoli, il fuoco di Sant’Antonio ed altre affezioni della pelle. Inoltre aiuta a guarire i reni doloranti, a causa dei calcoli, ma è anche diuretico e aiuta l’eliminazione della renella.
Usato come un bagno, o trasformato in un unguento, calma il dolore e le vene emorroidali.
Non è meno efficace nel dare sollievo ai dolori della gotta, della sciatica e aiuta nella cura dei noduli al collo o alla gola, chiamati il male dei re. Guarisce i geloni se massaggiati con il succo o unti con un unguento realizzato con le sue foglie. Può essere utilizzato per la cura delle ferite come emostatico, facendole guarire rapidamente.”
 Le proprietà e le indicazioni erboristiche indicate da Nicholas Culpeper non costituiscono nessun tipo di consulto, prescrizione o ricetta medica.
Nicholas Culpeper, per classificare le erbe, usò l’astrologia piuttosto che la scienza e quindi non è una fonte affidabile.
Per le sue proprietà emollienti l’Umbilicus rupestris è utile anche nell’industria della cosmetica sotto forma di pomate, unguenti e saponi ottenuti dalla lavorazione delle foglie.
Nell’Oxford Dictionary of Plant Lore l’Umbilicus rupestris è riportato come indicatore dell’umidità metereologica. Pressando e unendo insieme due foglie e gettandole in aria se, cadendo a terra, sono ancora unite significa che la pioggia è vicina, se si separano significa che la pioggia è lontana e il tempo è asciutto.

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Nel linguaggio dei fiori la pianta di Umbilicus rupestris è adatta a chi soffre di solitudine e non riesce a stabilire contatti comunicativi con gli altri. L’umile pianta è anche indice di trasparenza.

 

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