Jun 7, 2016 - Senza categoria    Comments Off on LE ROSE ROSSE E BIANCHE NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

LE ROSE ROSSE E BIANCHE NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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Un vecchio proverbio che i mistrettesi recitano dice: “maggiu fa li sciuri e giugniu si nni preja “ cioè il mese di “maggio fiorisce e il mese di giugno gioisce”. Anche io gioisco vedendo i roseti fioriti nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta.
Il nome “Rosa” deriva dal sancrito “vrad o vrod”, che significa “flessibile”, oppure dal “rhood o rhuud”, che significa “rosso”, oppure dalla lingua originaria iranica “vareda” che significa semplicemente “fiore”, cioè, appunto, la Rosa, “il fiore” per eccellenza.

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Il più regale dei fiori spuntò come una semplice specie selvatica a cinque petali. Lunghi anni di coltivazione e di ibridazione l’hanno trasformata nel sontuoso ed elegante fiore di oggi.
Le “Georgiche” di Nicandro dicono che la rosa è originaria esattamente del monte Bermios, nel Caucaso orientale, dove le famiglie, in primavera e in autunno, si recavano alla ricerca delle sue talee.
Nel V sec. Erodoto parlò già della rosa a cento petali come di un fiore comune e riferì come fosse coltivata con successo in Macedonia nei giardini di Mida, il mitico re che trasformava in oro tutto ciò che toccava. Raccontò che presto Mida lasciò la città di suo padre e si stabilì in Tracia, poi nell’Edonia e nell’Emazia, sempre con le sue rose sotto il braccio, fino a fissare la propria dimora e soprattutto a creare i suoi prestigiosi giardini ai piedi del monte Bermios.
Ancora oggi nel Kurdistan la rosa cresce spontanea.
La Rosa è originaria dell’Asia Minore e, successivamente, è stata introdotta in Grecia, in Mesopotamia, nella Siria, nella Palestina.
Verso il 1100 furono i Crociati, al ritorno dalle guerre, a portare in Francia ed in Inghilterra le rose asiatiche e quelle di Damasco.
Dopo i Crociati, dall’Europa le rose viaggiarono verso il Nuovo Mondo con i colonizzatori i quali scoprirono che già gli Indiani d’America amavano piantare la rosa selvatica.
I greci attribuirono l’origine della rosa all’isola di Citera, chiamata anche Cerigo, al largo del Peloponneso e mitica patria di Afrodite.
Una leggenda racconta che Chloris, la dea greca dei fiori, durante una sua passeggiata ha rinvenuto nel bosco il corpo senza vita di una ninfa, uccisa dalle punture delle api, contenuto nel tronco di un albero. Allora trasportò la ninfa sul monte Olimpo. Chiese aiuto ad Afrodite, la dea della bellezza, e a Dionisio, il dio che insegnò agli uomini la coltivazione della vite, affinché le donassero l’immortalità. Afrodite le donò la bellezza, Dioniso le aggiunse il nettare per donarle un dolce profumo e, infine, le tre Grazie le diedero fascino, gioia e luminosità.
Chloris portò la ninfa anche da Apollo, il dio del sole, affinché con i suoi raggi potesse riscaldarla e permetterle di fiorire. Zephir, il dio del vento dell’est, spazzò via le nuvole. Rinata, la ninfa divenne la Rosa, la regina dei fiori.

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Fu Saffo, la poetessa greca, vissuta nel IV secolo a.C., a definire la Rosa la  “regina dei fiori,- regina, grazia delle piante,- orgoglio dei pergolati,- rosso dei prati, occhio dei fiori,- la sua dolcezza schiude l’alito d’amore,- fiore favorito di Citera”.
Anacreonte rispose: “ La rosa è l’onore e la bellezza dei fiori – la rosa è la cura e l’amore della primavera – la rosa è il piacere delle potenze celesti .- Il figlio della bella Venere, prediletto della Citera, –  avvolgeva il suo capo di ghirlande di rose, –  quando andava a danzare nel giardino delle Grazie”.
Dall’inizio della storia la rosa è sempre stata  il fiore di Afrodite, “con serti di rose e mirto si cingevano le sue statue” e, secondo le antiche fonti, era di colore bianco.

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 Divenne di colore rosso per intervento divino.

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 Sono dell’antica Grecia dei miti le leggende che narrano perché le rose, dapprima tutte candide, successivamente si colorarono.
Venere si era follemente innamorata di Adone. Marte, l’amante ufficiale, poiché suo marito era Vulcano, furioso e ingelosito, si trasformò in un cinghiale per uccidere il bellissimo Adone. Il suo sangue, per volere di Venere, colorò le pallide rose e il suo corpo si trasformò in un fiore di anemone.
I greci credettero che la rosa fosse nata dal sangue fluito dalla ferita di Venere la quale, bella sopra ogni altra divinità dell’Olimpo, mentre correva incontro al suo innamorato Adone, mettendo un piede su un cespuglio, sarebbe stata graffiata dalle spine di un roseto spoglio e scolorito. Subito le rose bianche, mescolando la linfa terrena al sangue divino, per la vergogna di aver causato molto dolore alla dea, arrossirono e rimasero rosse per sempre.

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 Un’altra leggenda mitologica racconta che durante un convivio dell’Olimpo, Cupido, il dio dell’amore, trascinando una schiera di danzatori, ha lasciato cadere alcune gocce di nettare sui mazzi di rose bianche che adornavano le tavole imbandite. Le rose, allora, si sarebbero tinte del colore dell’aurora.
Un altro antico mito racconta che quando Venere uscì dalle acque nella sua conchiglia Gea, la Terra, si ingelosì e decise di creare qualche cosa di altrettanto  bella: la rosa, appunto, perfetta nella forma e finemente profumata.
Anche Anacreonte racconta che la rosa è la stessa Afrodite che emerge dalle onde del mare Egeo gocciolante d’acqua. Una goccia, fissata sulla pelle nuda della Dea, cadendo a terra, fece spuntare la prima rosa.
Non si esaurisce mai il discorso sulla rosa. La rosa è il fiore più  cantato dai poeti, menzionato dagli antichi scrittori e disegnato dagli artisti. E’ stata descritta, oltre che nella mitologia, nella letteratura, nella poesia, nella pittura, nella scultura, nell’architettura, nella storia, nella Bibbia. Omero racconta che Aurora, la dea del mattino, con “dita di rosa”, dipinge di colore il mondo ad ogni alba. Saffo, Catullo, Anacreonte, Virgilio, Ovidio, Erodoto, Plinio, Ippocrate sono stati incantati dal suo fascino. Dante paragonava l’amore paradisiaco al centro di una rosa. In tempi più recenti Lorenzo il Magnifico, Shakespeare, D’Annunzio, Ugo Foscolo, Giovanni Pascoli, Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco non hanno saputo resistere alla tentazione di usarla nelle loro opere.
L’isola di Rodi era detta “l’isola delle Rose”; essendo la terra natale di Minerva.
La rosa era il fiore sacro anche alla dea della saggezza. Nelle feste di Dioniso gli antichi greci erano soliti cingersi con corone di rose poiché credevano che avessero la virtù di calmare i fumi dell’alcool.
Il governo dell’isola di Rodi coniò monete con impresso il simbolo della rosa.
La più antica testimonianza storica sull’origine della rosa risale al re di Accad, Sargon I, che si pensa sia stato il primo a promuovere la coltivazione delle rose nel 2300 a.C. Un’iscrizione attesta che, tornando da una spedizione, “portò ad Ur viti, fichi e alberi di rose”.
Già il pensatore cinese Confucio, che viveva in mezzo alle rose, per esse compose un gran numero di poesie.
Fra i 18.000 volumi della biblioteca dell’imperatore della Cina, 1800 sono trattati di floricoltura e di essi 600 riguardano la coltivazione delle rose nonostante che, allora, erano conosciute solo due qualità: la Rosa bianca e la Rosa giallo-paglierina.

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La rosa è nata, in realtà, oltre quaranta milioni di anni fa, come risulta dai reperti fossili di questo fiore ritrovati nel Colorado e nell´Oregon.
Dal 1790 al 1824 sono state introdotte dall’Oriente in Europa molte varietà spontanee con portamento cespuglioso, con foglie e con rami rossicci allo stato giovanile, con fioritura abbondante dalla primavera all’autunno, costituite da rose singole come fiori da recidere e da rose a mazzetti che formavano variopinte macchie di colore dal profumo intenso.
Oggi le varietà di rosa sono tantissime.
La rosa è sempre stata un elemento indispensabile anche nelle cerimonie religiose e laiche ed è passata indenne dai pagani ai cristiani sempre con lo stesso significato di “perfezione”. Se la rosa è la regina dei fiori, il roseto è il re del giardino. Da sempre considerata simbolo di riservatezza, di eleganza, di bellezza, di fragilità e, soprattutto dell’amore, è stata diffusamente coltivata già nell’antichità sia come pianta ornamentale sia per le proprietà officinali ed aromatiche.
Il re di Babilonia Nabucodonosor coltivava le rose per adornare il suo palazzo e per estrarre dai petali l’olio profumato.
Gli imperatori del Kashmir coltivavano dei meravigliosi roseti poiché enormi quantità di petali erano gettate nel fiume per accogliere il loro ritorno a casa.
Ammirare la soavità e la bellezza della rosa, attingere alle sue innumerevoli proprietà è merito di Bacco, il dio del vino. Bacco, invaghitosi di una ninfa, tentò di possederla. Per sfuggire ai suoi desideri, correndo precipitosamente la ninfa inciampò in un cespuglio che Bacco trasformò in un roseto dal quale spuntarono splendidi fiori di un delicato colore rosato, il colore delle guance della sua ninfa.

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Ebrei ed Egiziani conobbero la rosa relativamente tardi, in Egitto, però, divenne una vera passione al tempo di Cleopatra.
Cleopatra portava sempre al collo un cuscinetto ripieno di profumatissimi petali di rosa. Faceva cospargere di petali il pavimento, i mobili e i letti. Invitava Cesare e Antonio a fare il bagno in uno strato di petali di rosa alto mezzo metro.
Petali di rosa erano sparsi lungo il percorso dei vincitori.
Poiché gli antichi romani erano grandi consumatori di rose e farle venire dall’Egitto, dove esistevano enormi coltivazioni, costava una fortuna, furono creati vivai nell’Italia meridionale.
Nella Roma imperiale le rose divennero anche sinonimo di vizi e di eccessi. I nobili patrizi e gli imperatori costringevano i plebei ad una super-produzione di rose a scapito della coltivazione di generi alimentari necessari alla loro esistenza. Amavano, infatti, colmare le piscine e le fontane di acqua di rose e sedere su morbidi tappeti di petali di rosa.
Seneca racconta che Nerone, appassionato di rose, per addobbare una delle sue feste ne ordinò una tale quantità, pagata quattro milioni di sesterzi, spargendo i petali sopra i suoi invitati.
Marco Aurelio Antonino, detto Eliogabalo, in onore del dio Sole, durante una cena fece scendere da un finto tetto dei suoi saloni un’abbondante pioggia di petali di rosa che ha sommerso i propri convitati tanto che alcuni di loro perirono soffocati.  Egli si bagnava solo nel vino di rose.
Verre, politico romano del I secolo a.C., propretore della Sicilia dal 73 al 71 a.C., sulla lettiga giaceva disteso su un materasso di rose e con esse si cingeva la testa e il collo. Marco Valerio Marziale, il più importante epigrammista in lingua latina, diceva “Egiziani inviateci il grano, noi vi manderemo rose“.
Ancora nell’antica Roma, testimoniate fin dal I secolo d.C., tra l’11 maggio e il 15 luglio si tenevano le Rosalie, la festa delle Rose, che rientravano nel culto dei morti. Durante questa festa le tombe erano guarnite di rose e di viole.
In Cina l’essenza di rosa può essere usata solo dai membri della famiglia imperiale e dagli alti dignitari. Un sacchetto pieno di foglie di rosa era considerato un talismano contro i geni del male, contro le malattie e i brutti sogni. Per fare sogni d’oro si consigliava di dormire su un cuscino imbottito di petali di rose, di aroma di limone, di menta e di chiodi di garofano. In Thailandia è credenza popolare che il genio del bene è nato in un boschetto di rose, mentre il genio del male in un boschetto di cipressi.
La rosa è simbolo di “rigenerazione” perciò veniva portata sulle tombe degli avi offerta ai Mani dei defunti. Nella religione romana i Mani erano le anime benevole dei defunti e le divinità dell’oltretomba. Veramente, in principio, certi lussi furono un poco limitati, nessuna esibizione di corone, nessun letto di rose e persino qualche critica all’abitudine di ornare di fiori le tombe, perché, come osservò Minuzio Felice “se i morti sono in pace, non sanno che cosa farsene e, se sono dannati, non possono gioirne“.
Ecate, dea degli inferi, era talvolta rappresentata con corone di rose a cinque petali: il cinque indica la fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo. Questo uso si è conservato in alcune regioni d’Italia dove la domenica di Pentecoste è detta “Pasqua delle Rose”.
Nell’antica festa di Pentecoste dei primi cristiani la rosa rappresentava la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e, durante la ricorrenza, petali di rose erano fatti cadere sui fedeli dal lucernaio della cupola dell’antico Pantheon, diventato Santa Maria dei Martiri, a simboleggiare le lingue di fuoco della sapienza.
Sempre petali di rose bianche erano fatti cadere il 5 agosto sui fedeli radunati in Santa Maria Maggiore a Roma per ricordare la nevicata miracolosa che indicò il luogo dove, per volere della Madonna, si sarebbe dovuta costruire la chiesa.
Anche oggi dai balconi dei palazzi si gettano ceste di petali di rosa sui simulacri dei Santi e sul Corpus Domini.
Nei tempi lontani, nella quarta domenica di quaresima, a San Pietro si svolgeva una cerimonia risalente al 1096. In quell’anno, alla fine del Concilio di Tours, papa Urbano II° benedisse per la prima volta una rosa donandola al principe che si era maggiormente distinto nei confronti della chiesa. Si trattava di un ramo che portava molte rose d’oro e dove erano incastonate pietre preziose. Il ramo rappresentava il Cristo.
Questa ricorrenza, denominata Domenica a Latere o Domenica delle Rose, era considerata un passaggio verso l’ultimo periodo della quaresima. Metà della penitenza era ormai superata, c’era una pausa di riposo che, simbolicamente, corrispondeva  alla partenza degli Ebrei verso Gerusalemme. Dopo il 1759 questo prezioso “omaggio” fu riservato alle regine.
Le ultime rose d’oro furono donate nel 1923 a Vittoria Eugenia di Spagna, nel 1925 ad Elisabetta del Belgio, nel 1937 ad Elena di Savoia, regina d’Italia.

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Tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800, una grande appassionata di rose fu Giuseppina  Beauharnais, prima moglie di Napoleone Bonaparte, che fece arrivare dall’Inghilterra e da altri continenti rose dalle diverse varietà da coltivare nel giardino della Malmaison. Nemmeno le guerre napoleoniche, grazie a speciali permessi, la fermarono. I suoi giardinieri erano abilissimi nel creare nuovi ibridi. In questo modo incrementò l’esiguo numero delle specie allora coltivate. Il suo fiore preferito era la Rosa spinosissima.
Ai nostri giorni splendide rose sono state donate a personaggi illustri: a Rita Levi Montalcini, a Lady Diana, ad Ornella Muti, a Sofia Loren, a Marella Agnelli, a Luchino Visconti, che collezionava rose color pastello.
La rosa è il fiore più disegnato dagli artisti.
Nel quadro di Botticelli, “la nascita di Venere“, la dea sorge dalle acque accompagnata da una pioggia di rose. Esse celebrano colei che è la manifestazione della bellezza divina, ma anche il sacro sposalizio tra cielo e terra.
Marcel Uzè scrisse che un dio, passando un giorno dinanzi ad un umile cespuglio che sembrava attendere un poco di vita, gridò: “Che la rosa sia”.
Immediatamente nacque dal cespuglio un fiore luminoso e bianco, la prima di tutte le rose.
E’ difficile trovare in letteratura un altro fiore più famoso della rosa celebrata come il simbolo della grazia femminile. Rosa è la prima parola con la quale inizia il celebre “contrasto” di Cielo D’Alcamo:

Rosa fresca aulentis[s]ima  ch’apari inver’ la state,

le donne ti disiano,  pulzell’ e maritate:

tragemi d’este focora, se t’este a bolontate;

per te non ajo abento notte e dia,

penzando pur di  voi, madonna mia.”

E’ messo in risalto il contrasto amoroso fra il gabelliere innamorato e la donna che lo rifiuta.

Nell’ode “All’amica risanata”, dedicata ad Antonietta Fagnani Arese guarita da una brutta malattia che l’aveva colpita nell’inverno del 1801-1802 e da cui uscì sul cominciare della primavera:

“[… ] Fiorir, sul caro viso

Veggo la rosa, tornano

I grandi occhi al sorriso

Insidiando; e vegliano

Per te in novelli pianti

Trepide madri, e sospettose amanti [… ] “

Ugo Foscolo decanta il rifiorire della sua primitiva bellezza che la rende oggetto di trepida ammirazione da parte di tutti.

Ne “Il sabato del villaggio”:

“La donzelletta vien dalla campagna,

in sul calar del sole,

col suo fascio dell’erba; e reca in mano

un mazzolin di rose e di viole,

onde, siccome suole,

ornare ella si appresta

dimani, al dì di festa, il petto e il crine  [… ] “

Giacomo Leopardi fa intuire che l’unica forma di felicità consiste nello sperare, non nel vivere.

Anch’egli s’immerge nelle gioie di questo piccolo mondo, le gioie del sabato che preludono la domenica. Come scrive il Vossler “E’ gioia di un giorno specchiata in eterno dolore”.
Nel racconto di Antoine di Saint-Exupéry ”Il piccolo principe“, il principe viveva sul suo minuscolo pianeta insieme ad una rosa che egli pensava essere unica. Quale non fu la sua infelicità quando, scendendo sul pianeta terra, s’imbatté in un giardino fiorito di rose. Una volpe gli spiegò il mistero. Il piccolo principe capisce: gli uomini “coltivano cinque mila rose in un unico e medesimo giardino, e non vi trovano ciò che cercano. E pensare che quel che cercano lo possono trovare in un’unica rosa. Ma gli occhi sono ciechi. Con il cuore bisogna cercare“.
E. Dean Hole affermò: “Chi vuole avere rose belle nel giardino, deve avere rose belle nel cuore”.
Questi discorsi non sono per nulla esaurienti e riferimenti alla rosa ne esistono in abbondanza.
Nelle 74 fitte pagine del “Deutsches Worterbusch” i fratelli Grimm, alla voce “Rosa“, si esprimono con derivati ed espressioni ad essa attinenti: “roseo, rosetta, balsamo di rosa, sangue di rosa, colori rosa, labbra rosate, velo di rose, gote rosate, tempo delle rose”.
La Rosa c’è anche nella Bibbia. In Siracide, come “attributi della Sapienza” si legge: “[…] come le palme in Engaddi, come le piante di rose in Gerico […]” (Siracide 24,1-4). Nel passo “il sapiente letterato”, dello stesso Siracide, che esorta a lodare Dio, è scritto: “[…] Ascoltatemi figli santi, e crescete come una pianta di rose su un torrente […]”(Sir. 39,25).
Con l’inizio del cristianesimo la rosa rossa è coltivata perché le sue spine ricordano la passione di Cristo.

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Il culto, un tempo tributato a Venere, ora è giustamente riservato alla Madonna il cui cuore è raffigurato trafitto da spine di rosa.
Secondo un’antica leggenda la rosa era priva di spine e la Vergine è detta “Rosa senza spine” perché non è stata sfiorata dal peccato originale.
San Domenico di Guzman sogna che le preghiere dei mortali salgono alla Madonna sotto forma di rose e ne discendono piene di grazie.
È la nascita del Rosario: la preghiera più popolare adatta alla recita singola e collettiva che si trasforma in un potente mezzo d’intercessione.
San Bernardo, in uno dei suoi sermoni (vol. III p.1020), dice: “Maria è stata una Rosa, bianca per la sua verginità, vermiglia per la carità“.
La rosa è presente nella simbologia cattolica. la Rosa mistica è la Vergine; la Rosa alba raffigura i misteri gaudiosi del rosario che simbolicamente rappresentano ”la nascita”, la Rosa rubra i misteri dolorosi, “la morte”, la Rosa lutea i misteri gloriosi, ”la resurrezione”. Il temine di “Rosario” si lega alla visione delle rose. Se le spine sono il simbolo del peccato, la rosa è, appunto il simbolo, della redenzione. Così canta il poeta provenzale Pierre de Corbiac:

Roza ses espina

Sobre totes flors olens

rosa senza spine,

la più odorosa dei fiori”.

Gli angeli e le anime benedette del Paradiso sono spesso dipinti con corone di rose che circondano la testa.
Cespi di rose incoronano il capo delle Sante. Santa Rosa da Lima cambia il proprio nome e, da Isabella, diventa Rosa ed è la “Rosa del Nuovo Mondo”.
Nei secoli XVIII e XIX sul cassettone delle case di un certo pregio era in bella mostra una statuetta di cera del Bambino Gesù incorniciata da un serto di roselline doppie d’organza di colore rosa della varietà Pompon de Bourgogne.
Simbolo di riservatezza, una rosa stilizzata a cinque petali fu spesso utilizzata per ornare i confessionali con la scritta “sub rosa” posta sotto il sigillo del silenzio e della discrezione per garantire il segreto della confessione. L’espressione “sub rosa” significa “in confidenza”.
La rosa è entrata anche nella storia. In Inghilterra una rosa rossa divenne il simbolo del casato Lancaster, mentre una rosa bianca divenne il simbolo del casato York. Fra questi due casati fu combattuta la guerra dei trent’anni, (1455-1485), nota come “la guerra delle Due Rose”.
Come simbolo, è tra i più usati negli stemmi sia di casate sia di città.
In Svizzera le persone assolte avevano il diritto di portare la “Rosa dell’innocenza“.
Il teologo tedesco Lutero, il padre spirituale della Riforma protestante, aveva una rosa nel suo sigillo.
La rosa bianca era il movimento tedesco di opposizione al nazismo.
La rosa è stata da sempre un fiore molto amato. Gli affreschi e i tessuti scoperti nelle tombe egiziane, databili intorno al III – IV secolo a.C. e nelle case di Pompei (79 a.C.) documentano la presenza della rosa coltivata. Virgilio attesta l’esistenza a Paestum di roseti che fiorivano due volte l’anno. Il Medioevo fu un’epoca buia per la rosa. Carlo Magno emise inutili decreti per valorizzarla tanto che ne impose la coltivazione anche nelle ville private. Nella stessa epoca i monaci benedettini si affezionarono a questo fiore e lo coltivarono.
Roland A. Brawne scrisse: “Io non so se le brave persone tendono a coltivare rose, o se coltivare le rose rende brave persone”.
Con la caduta dell’impero romano il fascino della rosa subì un forte arresto. Alberto Magno di Bollstädt (1200-1280) ), vescovo domenicano di origini tedesche, conosciuto come Sant’Alberto il Grande, il santo protettore degli scienziati, consigliava la sua coltivazione “sicut ruta, salvia et basilicon“.
I suoi precisi riferimenti testimoniano  fin da allora nell’Europa continentale la presenza di quattro specie di rosa: Rosa canina, Rosa alba, Rosa rubiginosa, Rosa arvensis.
Pare che si debba risalire a San Medardo per ritrovare l’origine del simbolo della corona di rose come ricompensa della virtù. Si narra che Medardo, vescovo di Vermandois, nato a Salency e morto a Noyon nel 545, uomo molto solidale verso i poveri, abbia stabilito un premio di 25 franchi da regalare ogni anno alla più virtuosa fanciulla e, contemporaneamente, le si cingeva la fronte con un serto di rose.
Il vocabolo rosa è ancora molto usato nel discorso figurativo: il mese delle rose è il mese di maggio, la stagione delle rose è la primavera, un bocciolo di rosa è una giovane bella e fiorente, essere in un letto di rose è trovarsi in una situazione favorevole, essere fresco come una rosa è mostrare un aspetto rilassato e indifferente, non c’è rosa senza spine indica che anche la gioia può essere contrastata da qualche dispiacere, all’acqua di rose sono le azioni superficiali e poco impegnative, vedere tutto rosa è essere ottimisti. La rosa è un tema sempre ricorrente.
La mitologia, la storia, la poesia cedono il posto alla scienza.

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La Rosa, appartenente alla famiglia delle Rosaceae, comprende circa 150 specie e numerose varietà con infiniti ibridi. E’ un alberello alto da 20 centimetri a diversi metri, dall’aspetto cespuglioso, sarmentoso, rampicante e anche strisciante. Le foglie, alterne, picciolate, imparipennate, caduche, composte da 5-9 foglioline, ovali, sono dentate e a margine seghettato.
La pagina superiore è verde, mentre quella inferiore è pallida e glabra. I rami sono numerosi, eretti nella parte inferiore, ricurvi nella porzione superiore. Sul tronco e sui rami numerose foglie, trasformate in spine, difendono la pianta dal morso degli erbivori. I fiori possono essere grandi o piccoli, a mazzetti, solitari, semplici o doppi e fioriscono tra maggio e giugno e, quando fioriscono le rose, cantano gli usignoli che, nella poesia persiana, dichiarano il loro amore per la regina dei fiori.
Firdousi, nel XI sec., canta: “I giardini arrossiscono per lo splendore delle rose. Le colline sono coperte di tulipani e giacinti; nei boschetti piange e si lamenta l’usignolo; la rosa risponde sospirando al suo canto”.
I frutti sono piccoli acheni bruno-giallastri racchiusi nel falso frutto ovale di colore rosso vivo, lucido, carnoso chiamato cinorrodo.
La moltiplicazione avviene per seme, ma Plinio descrive, con vivezza di particolari, la coltivazione della rosa tramite la talea, un metodo più facile e più rapido. La rosa è una pianta colonizzatrice che vive anche sulla roccia.
Le piante sono solitamente coltivate in piena terra nei giardini e dentro le aiuole poste su un terreno argilloso fresco, fertile e ben drenato. Prediligono un’esposizione in pieno sole o in luoghi molto luminosi e sopportano bene temperature sia alte sia basse.
Passando dalla rosa selvatica a quella coltivata, le cure necessarie per una buona fioritura aumentano perché, appunto, si desidera produrre un fiore di colore, di dimensioni, di profumo diversi da quelli originari. Il roseto, con le sue caratteristiche foglioline tondeggianti, alcune trasformate in spine, resta sempre una pianta rustica.
Greci, Romani e Persiani impiegavano diverse varietà di rosa a scopo terapeutico.
Il medico arabo Eissa Ibn Massa riconosce ai petali di rosa rossa una virtù al tempo stesso fortificante e rinfrescante che si rivela miracolosa nelle affezioni cerebrali. Ishac Ibn Amram consiglia il decotto di petali di rosa per rafforzare lo stomaco ed il fegato. Razès lo usa come febbrifugo.
Nel 77 d.C. Plinio citava ben 32 disturbi che potevano essere curati con preparati a base di rose.
La famosa acqua di rose fu inventata da Avicenna, celebre medico persiano vissuto tra il IX e il X secolo, che la considerava anche efficace contro la nausea, contro le infiammazioni degli occhi e delle orecchie.
La rosa, in farmacopea, è un eccellente tonificante ed astringente e anche oggi è riconosciuto il suo valore nella cura delle emorragie e dei tumori della pelle.
Nell’antichità l’olio di rose era usato sia per imbalsamare i morti, sia per lucidare il legno pregiato con cui erano costruiti molti idoli. Per ottenerlo, si faceva bollire del giunco aromatico in olio d’oliva, si agitava bene e si versava sui petali di rosa opportunamente seccati. Si lasciava in infusione un giorno ed una notte e si filtrava il tutto conservandolo in vasi prevalentemente unti di miele.
Dai petali opportunamente seccati si ricavava, inoltre, una polvere deodorante, chiamata “diapasma “, usata come talco dopo il bagno caldo e prima di quello freddo. Plinio parla di un profumo ottenuto mescolando in olio d’oliva fiori di rosa, di zafferano, di cinabro e di giunco.
In realtà non era un profumo, ma un unguento profumato, infatti non si sapevano ancora distillare le essenze. Oli, unguenti e profumi ricavati da questo fiore erano usati in tutto il mondo antico. Infatti, Omero, nell’Iliade, canto XXIII, verso 186, parlò della rosa, anzi d’olio di rose per i massaggi. Afrodite usò olio di rose per preparare alla sepoltura il corpo di Ettore ucciso dal pelide Achille che minacciava di gettarlo in pasto ai cani, ma non avvenne perché

“[…] i cani li teneva lontani la figlia di Zeus, Afrodite

di giorno e di notte, l’ungeva con olio di rose,

ambrosio, perché Achille non lo scorticasse tirandolo […]”

Le spade dei due contendenti recavano inciso sull’elsa il fiore di rosa.

Gli alchimisti persiani del XVI secolo producevano un’essenza superiore per distillazione.
L’essenza è un prodotto costosissimo; per produrre 300 grammi d’olio servono circa 1000 Kg di petali. Per questo motivo oggi è largamente sintetizzata. Circa il 96% dei profumi femminili e il 46% di quelli maschili contengono essenza di rosa.
La rosa, pur nella sua bellezza, è causa di fastidiose allergie. Lusitanicus racconta di un sacerdote ”[…] tamquam mortuus, humi prostratus iacebat, proinde a medicis consulebatur, ut eo tempore, quo rosae vigebant, domi maneret, nec extra prodiret, ut tantum malum fugeret[…]”  “Lo sfortunato era costretto a non uscire di casa finché fiorivano le rose nei dintorni, sotto pena di rimanere a terra, come morto”.
Già, fin dal tempo di Galeno (129-199), le rose godevano di questa fama negativa. Come scrive Serafini, sofferenze vaghe e malesseri non ben precisabili colpivano molti individui fra quelli che si trovavano in presenza di fiori di rosa.
Fra i secoli XVII e XVIII s’incominciò a parlare di una strana forma di “raffreddore da rose”. Scrive Johannes Pierius Valerianus che fu il cardinale Oliviero Caraffa a sperimentare involontariamente la perfidia nascosta nelle rose. Egli era tanto sensibile da essere costretto ad ordinare alle guardie di servizio del suo palazzo di impedire l’ingresso a chiunque recasse con sé questi fiori.
Le rose, essendo entomofile, impollinate per mezzo degli insetti, liberano nell’aria il poco, ma nocivo polline responsabile delle fastidiose allergie.
La rosa è apprezzata anche nell’arte culinaria. In cucina si faceva grande uso di insalate di rose,soprattutto come “intermezzo” fra una portata e l’altra quando si beveva un po’ troppo; molto quotato era anche il paté alla rosa. Gli Assiri, pare, furono i primi a scoprire le sue virtù. In età romana si usavano i petali per fare “il piatto di rose con cervella, uova, vino e salsa di pesce“. Marco Gavio Apicio, nato intorno al 25 a.C. e morto verso la fine del regno di Tiberio, famoso buongustaio romano, ha saputo creare saporite ricette utilizzando i petali di rosa come è scritto nel “De re coquinaria”, “L’arte culinaria”, lasciando ai posteri la ricetta del pudding di rosa.
La rosa canina ha avuto un ruolo importante nella fornitura di vitamina C ai bambini britannici durante la seconda guerra mondiale. I suoi frutti, detti “arance del nord”, sono stati usati in sostituzione della fonte normale degli agrumi allora difficili da reperire.
Alla rosa erano attribuiti anche molti significati magici. Apuleio, nella favola dell’Asino D’oro, racconta che Lucio, stanco di essere condannato a restare nel corpo dell’animale, invoca Iside che, per fargli riprendere le sembianze umane, gli consiglia di mangiare una corona di rose.

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Nella favola “ La Bella e la Bestia”, Bella chiede “solo una rosa” al padre che parte per un lungo viaggio. Al suo ritorno Bella riceve una rosa magica, che non appassirà mai, cresciuta nel giardino della Bestia. Bella s’innamora della Bestia.
Nella favola “La bella addormentata nel bosco“, la protagonista è custodita nel suo sonno verginale da una tenace barriera di rose selvatiche in grado di conservarla intatta per cento anni fino all’incontro del vero amore. La ragazza si chiama Rosaspina.
Più spesso la rosa continua a mantenersi casta, anzi diviene simbolo di castità tanto che in Germania era proibito l’uso di corone di rose alle fanciulle che avevano perso la virtù, mentre le donne regolarmente maritate potevano portare corone, ma poste sul cappello. Nel Medioevo solo le vergini potevano indossare ghirlande di rose.
Molto tempo fa, in diverse parti dell’Europa, le ragazze, la vigilia del giorno di San Giovanni, usavano gettare alla luce della luna petali di rosa. Alla mezzanotte, recitando una particolare orazione, avrebbero visto apparire l’uomo che le avrebbe sposate.
In Persia una ragazza poteva far tornare l’innamorato perduto bollendo la sua camicia in acqua di rose e di spezie.
La rosa ha meritato un’intera gamma di significati diversi a seconda del colore e della forma.

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Nel linguaggio dei fiori alla rosa si attribuisce un doppio significato: “delicatezza e piacere”, ma anche “sofferenza e dolore fisico”.
Il piacere è quello che si prova nel guardarla e nel sentire il profumo, il dolore è quando si tenta di coglierla. Ogni colore di rosa evoca un particolare significato: la rosa bianca, legata alla Madonna, simboleggia il “silenzio e la segretezza”, ma anche il “candore, l’innocenza e la verginità”; indica “amore eterno e puro, libero dalla passione terrena, ma è anche simbolo di morte”.
La rosa variegata simboleggia “l’amore tradito”. La rosa tea la “gentilezza della donna amata”. La rosa rossa è simbolo di “passione, di pegno di un amore fedele, dell’amore che sopravvive alla morte” e, unita al mirto, è una vera e propria richiesta di “matrimonio”. Se l’amata è una fanciulla, allora è meglio scegliere il colore rosa tenero simbolo di “serenità”. La rosa gialla simboleggia la “vergogna, l’infedeltà, la gelosia”.

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Una leggenda narra che il profeta Maometto, essendo dubbioso sulla fedeltà della sua favorita Aisha, chiese all’Arcangelo Gabriele di aiutarlo a scoprire la verità. L’Angelo gli disse di bagnare le rose e, se avessero cambiato colore, i suoi dubbi sarebbero stati fondati. Di ritorno a casa, Maometto ricevette da Aisha alcune rose rosse. Maometto le ordinò di lasciarle cadere nel fiume. Diventarono gialle!

 

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