Feb 1, 2016 - Senza categoria    Comments Off on L’ABIES ALBA

L’ABIES ALBA

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Nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta l’Abies alba occupa, nell’insieme delle conifere, un posto di primaria importanza. E’ facilmente incontrarlo perché, fra tutte le piante della villa, che sono sprovviste dell’etichetta didascalica, è quasi l’unico albero ad esserne provvisto. Si trova esattamente nella piazza principale, nell’aiuola a destra, adiacente a quella dove è esposto il busto dell’on. Vincenzo Salamone.

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 L’Abies alba è una delle numerose specie di conifere, circa 55, che appartengono al genere Abies e alla famiglia delle Pinaceae, diffuse nelle regioni montagnose dell’Emisfero settentrionale. Già Plinio, nella sua “Storia Naturale”, lo classificava come Abies. Distribuita in Europa, dai Pirenei ai Carpazi e dalla Sassonia orientale alla Grecia settentrionale questa specie, presente sulla terra già da molti milioni di anni fa, ha resistito ai capovolgimenti geologici dell’era quaternaria e, di generazione in generazione, è giunta fino all’era odierna.

L’Abies alba ha diversi sinonimi: “Abies pectinata, Abete d’argento, Abete comune, Abete vero, Abete europeo, Pino bianco, Abezzo o Avezzo”.

L’Abete bianco è un albero maestoso, slanciato, di prima grandezza e, data la notevole altezza che alcuni esemplari raggiungono, fino a 50 metri, e un diametro di tre metri, è considerato “il principe dei boschi“. Vive in montagna, ad altezze comprese tra i 400 e i 2000 metri sul livello del mare ed è originario del Caucaso e dell’Armenia.

Molto comune in tutta l’Europa, l’Abete bianco forma vaste foreste allo stato puro, ma può crescere bene anche al di fuori del suo ambiente originario. 

 Il più grande Abete bianco d’Europa, segnalato dal Corpo Forestale dello Stato in un censimento sugli alberi monumentali d’Italia, è un esemplare alto 60 metri e con una circonferenza di 4,8 metri. Si trova a Lavarone, in località Malga Laghetto, in provincia di Trento ed è chiamato dalla gente del luogo “Avez del Principe”.

In Italia l’Abete bianco cresce rapidamente e spontaneamente. Si trova negli Appennini e nelle Alpi, in particolare è frequente nel margine esterno del Trentino, nell’ Altopiano di Asiago, in Cadore e nelle Alpi Carniche dove vegeta insieme all’Abete rosso e al Faggio. Si trova solitamente anche in Calabria, sull’Aspromonte, sulla Sila, nella Serra S. Bruno e in Corsica.

Un nucleo di Abete bianco spontaneo si trova a sud del Monte Amiata misto ai Cerri. Nelle Marche una stazione di Abete bianco è segnalata sui Monti della Laga e nel bacino del Trigno.

In Sicilia è presente, come già detto, anche nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta.

 

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Le poche abetine, che si possono ammirare ancora oggi sugli Appennini, sono sopravvissute grazie alle cure e alla custodia delle comunità monastiche residenti presso le antiche e celebri abbazie di Vallombrosa, di Camaldoli, di La Verna e di tante altre ancora che hanno saputo proteggere gli Abeti preservandone la specie.

Tuttavia, l’uso eccessivo dell’Abete da parte dell’uomo ha causato la sua scomparsa nell’Appennino, pertanto le abetine appenniniche oggi esistenti sono quasi tutte di origine artificiale.

 Anche l’Abete bianco spontaneo in Italia è in via d’estinzione a causa dell’eccessivo sfruttamento perché, come tutte le conifere, quando la pianta è tagliata alla base del tronco, muore a differenza delle latifoglie, come il Faggio e il Castagno, che, se tagliati, generano polloni, cioè nuovi giovani fusti.

 L’Abete bianco è una conifera sempreverde, molto rustica, che si riconosce facilmente per alcune caratteristiche peculiari: per la sua forma conica, per il colore della chioma tipicamente verde cupo e con riflessi chiari nella pagina inferiore della foglia e dalla quale prende il nome di “alba”, per il tronco chiaro, per i rami disposti orizzontalmente e mai penduli.

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 L’Abete bianco possiede un apparato radicale inizialmente fittonante formato da un’unica grande radice che, penetrando nel terreno, àncora saldamente la pianta al suolo. Successivamente la radice principale si atrofizza a vantaggio di altre radici laterali che, continuando ad accrescersi e ad ingrossarsi, si spingono in profondità permettendo alla pianta di avere una buona resistenza meccanica al vento. L’Abete bianco è, per questo motivo, una delle conifere che meglio si vincola al terreno ed è poco soggetto a sradicamenti.

Il fusto è diritto e colonnare. Il legno  è privo di resina e con venature rossastre. Se la pianta cresce isolata, allora il fusto presenta fitti e folti rami fin dalla base, se, invece, cresce a stretto contatto con altre piante, il fusto è spoglio per una ragguardevole parte della sua altezza.

Il fusto è rivestito dalla corteccia che, negli alberi giovani, è liscia e di colore grigio argenteo e presenta delle piccole sacche resinose che, se schiacciate, diffondono l’odore di trementina, mentre negli esemplari adulti diventa più spessa, scura, si screpola e si fessura profondamente soprattutto nella parte basale del fusto.

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I rami principali sono verticillati e disposti orizzontalmente, mai penduli, i rami secondari sono distici e disposti su un piano lungo il tronco seguendo un andamento a spirale, i ramuli terminali sono coperti da sottili peli di colore bruno chiaro.
La chioma, nell’insieme di colore verde-blu cupo, è stretta e slanciata, di forma piramidale nel periodo giovanile; successivamente, quando la pianta raggiunge la maturità, essendo longeva, potrà contare fino a 300 anni d’età, termina l’accrescimento apicale sviluppando le gemme laterali dei rami sottostanti che danno origine ad una specie d’incavo, forma nota come “nido di cicogna”.

Le foglie sono aghiformi e inserite a pettine sul rametto, da cui il sinonimo “pectinata”. Sono solitarie, inserite in due serie opposte su un solo piano, leggermente ristrette alla base. Gli aghi, persistenti, corti, appiattiti, coriacei, lucidi, con la punta arrotondata, non pungente e con i margini lisci, presentano la pagina superiore di colore verde scuro e la pagina inferiore di colore bianco azzurrino con due linee parallele di colore bianco argenteo.

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L’Abete bianco è un albero monoico, cioè presenta sulla stessa pianta fiori maschili e fiori femminili portati da infiorescenze separate. La fioritura avviene nei mesi di maggio e di giugno. Parlare di fioritura nelle conifere è, in realtà, inesatto dal momento che queste piante sono gimnosperme e non producono i fiori come li intendiamo noi, né i frutti. Gli organi riproduttivi consistono in sporofilli raggruppati a formare gli strobili: gli sporofilli maschili, i microsporofilli, preposti alla formazione del polline, sono riuniti in strobili; gli sporofilli femminili, i macrosporofilli, portano alla formazione degli ovuli e sono riuniti in strobili o pigne.

I microsporofilli fioriscono nella parte centrale e alta della chioma. Sono più piccoli e più numerosi di quelli femminili e sono raggruppati sul lato inferiore dei rametti. Hanno forma ovoidale, sono di colore giallastro e presentano due antere che contengono il polline. Il polline è facilmente trasportato verso l’alto dal soffio dell’aria calda.

I macrosporofilli si trovano nella parte superiore dei rametti del primo anno e nella parte alta della chioma. Sono eretti e formano infiorescenze cilindrico-ovali, di colore verde o rosso-violaceo, con squame copritrici più lunghe delle squame ovulifere.

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Gli strobili, di forma quasi ovoidale, un po’ affusolati alle estremità e lunghi anche 18 centimetri, inizialmente di colore verde, poi di colore rosso bruno, sono formati dalle squame acuminate a ventaglio, di consistenza legnosa che, a maturità, si sfaldano, si staccano e cadono al suolo, mentre l’asse centrale della pigna rimane a lungo, anche per vari anni, eretta sul ramo. Le squame degli strobili variano in numero da 150 a 200 e ogni squama porta due ovuli che si trasformano in semi fertili che, liberi, sono dispersi dal vento.

Il seme è di forma triangolare, lungo da 6 a 9 millimetri, di colore giallo bruno e presenta un’ala saldamente attaccata al seme stesso che gli permette, una volta liberato, di volteggiare nell’aria.

 Gli strobili maturano nei mesi di settembre e di ottobre. La riproduzione avviene per seme a marzo.     

La pianta raggiunge la maturità sessuale abbastanza tardi, fra i 20 e i 40 anni di età se vive isolata, fra i 40 e i 60 anni se vive nel bosco assieme ad altre piante. Dopo i 100 anni la pianta diminuisce la quantità di coni e la qualità del seme.

L’Abete bianco preferisce vivere in un ambiente di montagna, dove il clima è fresco, con estati relativamente umide e con inverni molto nevosi, ma non troppo rigidi, collocato preferibilmente sui versanti esposti a nord poiché necessita di un lungo periodo di riposo vegetativo con ridotte escursioni termiche. E’ molto resistente al vento e alle intemperie. È, però, sensibile alle gelate tardive.

Necessita di un’elevata piovosità e soprattutto di buona umidità atmosferica ed è capace di superare brevi periodi di siccità grazie all’apparato radicale profondo. Non ama il ristagno idrico, la causa del marciume dell’apparato radicale. L’Abete bianco è indifferente alla natura litologica del substrato prediligendo i terreni silicei, freschi, profondi, umidi e ben drenati tipici delle zone ombreggiate e molto piovose. Non necessita di particolari annaffiature.

 In condizioni di sviluppo normale l’Abies alba ha bisogno di spazio e di luce per potersi accrescere e raggiungere grandi dimensioni con buone prospettive di longevità; può essere, quindi, esposto in luoghi anche particolarmente soleggiati.

I giovani Abeti sopravvivono in una situazione d’ombra mantenendosi allo stadio di piccola pianta con sviluppi molto ridotti. La crescita potrà essere ripresa anche in età adulta se riceverà una buona quantità di luce.

L’Abete bianco cresce lentamente nei primi dieci anni di vita, poi si sviluppa rapidamente.

E’ comunemente soggetto all’attacco di parassiti. Quando si verificano gelate precoci si può avere la formazione di spaccature da gelo lungo il fusto e i rami che aprono una via d’ingresso alle infezioni parassitarie. Anche successioni di annate siccitose sono correlate a particolari crisi patologiche. Diversi sono i parassiti che possono attaccare l’Abete bianco: l’Heterobasidion annosum, che è l’agente del marciume radicale, la Melampsorella caryophyllacearum, che è l’agente della ruggine che sfigura la pianta, gli Afidi, che s’insediano sugli aghi ed elaborano la “manna” o “melata” di Abete, una soluzione zuccherina ottenuta dagli scarti delle sostanze succhiate dalla pianta. La manna è molto gradita alle api che la convertono in un miele pregiato chiamato “miele d’abete“.

Altri fattori possono essere nocivi per la pianta di Abete bianco, soprattutto quando ha raggiunto i 60, 70 anni di età, causando la perdita anticipata degli aghi vecchi, l’alterazione del colore degli aghi, la discesa dei flussi di liquidi lungo il tronco, la perdita delle radici sottili fino a causare la “moria dell’Abete bianco“. Questi fattori sono: i cambiamenti climatici, l’inquinamento atmosferico, l’immissione nell’aria di anidride solforosa, di metalli pesanti e di ossidi di azoto, che danno luogo alle piogge acide, la perdita di variabilità genetica della specie, il trattamento sbagliato, la mancanza di cure colturali e l’azione antropica del disboscamento anche per creare nuovi pascoli.

Questi fenomeni accadono specialmente se la stagione è calda e meno piovosa, quindi in situazioni che indeboliscono la pianta stessa.

Dell’Abete bianco, in fitoterapia, si utilizzano gli aghi, le gemme, le foglie, i semi e la resina estratta dalla corteccia. Le gemme si raccolgono all’inizio della primavera e prima della loro schiusa staccandole con le mani e, se non sono usate fresche, si possono essiccare all’omb­ra, in un luogo areato. I rametti possono essere raccolti durante tutto l’anno recidendo la parte giovane, quindi non sono conservati perché sono sempre disponibili. Le gemme contengono un olio ed un glucoside, detto “piceina”, che le rende balsamiche, con proprietà sfiammanti, antireumatiche e diuretiche.

Il decotto di gemme è molto utile per risolvere le malattie delle vie respiratorie come antisettico ed espettorante. Nell’ambiente dove sosta il paziente sofferente di malattie respiratorie è buona abitudine introdurre rami di giovani Abeti o di Pini che, diffondendo le sostanze balsamiche, migliorano il suo stato di salute. Quanto più spesso i rami si rinnovano, tanto maggiore è il beneficio che se ne ricava. Inoltre, i principi contenuti nelle gemme servono anche per risolvere i problemi legati al sistema osteo-articolare fragile. Fu il medico belga Pol Henry, il padre della gemmoterapia, a scrivere per primo che il macerato di gemme agì favorevolmente nei confronti delle ossa e della crescita dell’individuo per la capacità di fissare il calcio e di rimineralizzare in caso di fratture.

L’olio, estratto dai semi, è usato per aromatizzare prodotti cosmetici, per massaggi tonificanti, nell’industria delle vernici e come combustibile. Le foglie, ricche di provitamina A, erano utilizzate per curare le malattie degli occhi. Il decotto delle foglie è utile per l’artrite e per le malattie della pelle. Dalle pigne si può estrarre un olio lenitivo per le ferite. Incidendo la corteccia dell’Abete bianco si ottiene una resina dalla quale si ricava la così detta “Trementina di Strasburgo” o “di Alsazia” utile, sotto forma d’impacco, per sanare le lombaggini, gli strappi e le contusioni e, diluita, in parti uguali, con olio di mandorle dolci, serve per curare i geloni, le ragadi e le ulcere. La resina è utilizzata soprattutto per preparare le vernici. I monaci di Camaldoli con estratti di questa pianta producono un liquore chiamato “Lacrima d’abete”.

 Essenza forestale di primaria importanza, l’Abete bianco fornisce anche un legname che, sebbene di qualità inferiore rispetto a quello dell’Abete rosso, trova molteplici impieghi in falegnameria e nell’industria cartaria. Il legno ha struttura eterogenea e presenta numerose nodosità che ne rendono difficile la lavorazione. Si presta per varie costruzioni di mobili e di porte esterne, nonostante sia abbastanza vulnerabile ai tarli e agli agenti atmosferici, per  la fabbricazione di scatolami, di fiammiferi e di casse di risonanza adoperate in liuteria. In passato, tra il XV e il XVIII secolo la pianta, data la notevole altezza dei suoi fusti, era utilizzata come albero di maestra per le navi e per la costruzione di remi.

Ancora oggi, soprattutto nell’Europa centrale, gli esemplari più giovani sono tradizionalmente utilizzati come albero di Natale in sostituzione del più usato Abete rosso. I suoi aghi sono aromatici e resistenti e cadono molto più tardi rispetto a quelli dell’Abete rosso.

Simbolicamente l’Abete rappresenta “il tempo e l’immortalità” in quanto ha aghi persistenti e pigne che rimangono sempre rivolte verso l’alto anche a maturità.

 

 

 

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