Jun 23, 2014 - Senza categoria    Comments Off on LA STRELITZIA REGINAE

LA STRELITZIA REGINAE

 

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Il cespuglio di Strelitzie, questo capolavoro della Natura, fotografato da me in una villa privata nella zona di Pallavicino, a Palermo, ha attirato la mia attenzione per la sua ricca ed esuberante vegetazione. La pianta di Strelitzia coltivata nella giara si trova nella veranda del mio giardino in Contrada Montesole a Licata.

Il genere Strelitzia, appartenente alla famiglia delle Musaceae, comprende cinque specie di piante originarie dell’Africa meridionale, ma la più conosciuta e la più diffusa è la Strelitzia reginae. Le specie meno conosciute, ma ugualmente eleganti sono: la Strelitzia Alba, che presenta i fiori bianchi e la brattea di colore porpora, e la Strelitzia Nicolai, che presenta il fiore azzurro, lilla o bianco e le brattee di colore rosso scuro. Il fiore della Strelitzia reginae è molto apprezzato per la pregevole bellezza, per il portamento elegante, per i cromatismi a contrasto, per le vistose dimensioni. E’ noto come “fiore del paradiso” o “uccello del paradiso” per il caratteristico aspetto simile alla figura dell’esotico uccello del paradiso.

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 La Strelitzia è stata introdotta in Europa alla fine del 1700 da Banks, il responsabile dell’Orto botanico di Kew Gardens (Royal Botanic Gardens di Kew) di Londra. Le è stato assegnato questo nome per onorare Carlotta-Sofia di Meclemburg-Strelitz, grande appassionata di botanica, eletta regina per avere sposato,nel 1761, Giorgio III re di Gran Bretagna e Irlanda e dal quale è rimasta vedova nel 1820. Per questo motivo nel linguaggio dei fiori la corolla della Strelitzia indica “maestà e nobiltà”.

Per la prima volta la Strelitzia fu importata in Italia nel 1912. Cominciò ad essere coltivata nei giardini di villa Hambury, creati da Thomas Hanbury, un londinese innamorato della costa ligure, che si estendono sul promontorio della Mortola vicino alla frazione di Latte di Ventimiglia. Per molti anni la Strelitzia è stata ospitata da alcuni Orti botanici e ammirata solo da quelle  poche persone appassionate di piante. Pian piano la sua conoscenza cominciò a diffondersi dapprima in Sicilia, con la coltivazione in piena terra, e poi in altre regioni d’Italia. Essendo stata scoperta e apprezzata dalle aziende floricole, la coltivazione della Strelitzia iniziò a diffondersi industrialmente raggiungendo, soprattutto in Liguria, un grande sviluppo economico e commerciale tanto da assumere una posizione di primissimo piano nell’industria dei fiori recisi perchè il fiore della Strelitzia è prezioso quanto quello delle Orchidee. La Strelitzia è così pregiata tanto da essere usata nella sua zona d’origine da alcune tribù dell’Africa del Sud per adornare la capanna del capo o dello stregone.  

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 La Strelitzia reginae  è una pianta perenne, solitamente molto longeva, sempreverde, acaule, a portamento cespuglioso, alta fino a 90-120 cm. Possiede un apparato radicale voluminoso e robusto, talvolta rizomatoso, provvisto da grosse radici carnose e fascicolate che, se la pianta è coltivata all’aperto, si sviluppano nel terreno raggiungendo la profondità di oltre un metro. Le foglie, coriacee, ravvicinate e raggruppate in un folto cespo, di colore verde brillante con sfumature bluastre, sostenute da piccioli molto lunghi, sono a grande lamina lucida, ovate o lanceolate, larghe anche 20 cm e lunghe fino a 50 cm. I margini sono ondulati e la nervatura mediana è molto evidente. Le infiorescenze, portate da lunghi steli cilindrici ed eretti, sono formate da una spata coriacea verde leggermente sfumata di rosso. In età giovanile è situata in posizione eretta e in età adulta disposta a 90°. Aprendosi, lascia sbocciare i fiori. All’interno della spata si trovano da 5 a 8 fiori asimmetrici. I fiori, apicali o inseriti all’ascella della guaina fogliare, presentano gli elementi del perianzio molto diseguali e protetti da una brattea dalla quale fuoriescono sepali, petali e stami. Ogni fiore, ermafrodita, appariscente e molto bello, è formato da tre sepali di colore giallo-arancio vivo che formano il calice: due situati da un lato e l’altro dalla parte opposta. La corolla è formata da tre petali di colore viola-azzurro intenso di cui quello superiore è più corto e ha la forma di cappuccio mentre i due inferiori sono sagittati e saldati insieme a formare una sorta di alabarda. Gli stami, completamente nascosti, sono cinque. Lo stilo filiforme è lungo circa 10 cm. L’ovario è infero. Il periodo di fioritura della Strelitzia è molto lungo; comincia a fiorire, non prima di aver raggiunto i cinque anni d’età, verso la fine del mese di febbraio continuando la fioritura fino ad ottobre. Essendo molto longeva, non ha alcuna fretta di fiorire. Quando un fiore appassisce un altro è pronto per sbocciare. Il frutto è una capsula triloculare in cui si formano i semi tondeggianti, neri, con l’arillo piumoso e di colore arancio. Naturalmente l’impollinazione è favorita dagli uccelli di piccole dimensioni le cui specie, purtroppo, non sono presenti nei nostri climi. Tutte le piante coltivate in Italia, pertanto, sono impollinate artificialmente. La moltiplicazione per seme, la cui semina si esegue nel periodo compreso fra marzo e aprile, produrrà piante che fioriranno intorno ai 5-6 anni di età. Si possono ottenere più facilmente nuove piantine se, prima della fioritura, si separano i cespi dalla pianta madre.

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 La Strelitzia non è particolarmente difficile da coltivare e resiste anche a condizioni ambientali non ottimali.Può essere coltivata sia all’aperto, nelle regioni a clima particolarmente mite dove le temperature non scendono sotto i 5°C, sia dentro le abitazioni. Teme la neve e le gelate, gradisce ambienti arieggiati e illuminati evitando, però, l’esposizione durante le ore centrali della giornata in quanto i raggi diretti del sole potrebbero danneggiarla. La Strelitzia gradisce l’umidità pertanto richiede annaffiature frequenti e costanti e nebulizzazioni delle grandi foglie. Durante il periodo di riposo vegetativo bisogna concimare il terreno una volta al mese adoperando un concime liquido diluito nell’acqua di irrigazione. Alla Strelitzia, durante la sua crescita, bisogna fornire i necessari elementi nutritivi quali: il potassio, l’azoto, il fosforo, il manganese, che influenza la formazione della clorofilla, il rame, che agisce sugli enzimi della respirazione, ed il boro, che agisce sullo sviluppo degli apici vegetativi. Sono elementi chimici importanti, anche se presenti in minima quantità, ma necessari per un corretto ed equilibrato sviluppo della pianta. Dopo la fioritura, è necessario eliminare i fiori appassiti e le foglie che via via ingialliscono e avvizziscono per prevenire le malattie parassitarie. L’eccesso di acqua potrebbe favorire lo sviluppo del fungo Phytophtora causando il marciume basale e radicale. Si può aiutare la pianta attaccata da questo fungo togliendola dal vaso, eliminando tutte le parti colpite e trattando le ferite provocate dal taglio con un fungicida in polvere ad ampio spettro. Quindi si cambia il terriccio e si depone la pianta in un altro vaso avendo l’accortezza di annaffiarla con poca acqua, ma spesso.  Il Fusarium, un altro fungo, aggredisce le infiorescenze appena uscite dalla spata. Presentano delle macchie brune, leggermente depresse  e di forma irregolare che si coprono di una sostanza gommosa. Anche in questo caso il fungo si combatte riducendo l’umidità ambientale, grazie alla quale questo fungo prolifica, e usando fungicidi specifici.L’umidità dell’aria e le eccessive annaffiature favoriscono la proliferazione del fungo Botrytis con la comparsa sulle foglie della muffa grigia. Il rimedio è quello di trattare le foglie con uno specifico anticrittogamico dopo avere tolto tutte le parti infette. La Cocciniglia farinosa, il Ragnetto rosso, gli Afidi, comunemente chiamati “Pidocchi”, arrecano danni quasi irreversibili alle foglie e, pertanto, devono essere rimossi dalla pianta lavando accuratamente le foglie e usando un insetticida specifico.

Infine una curiosità: è opera del pittore Man Ray il quadro “L’Incompreso” dove l’artista ha dipinto l’appariscente fiore della Strelitzia.

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