Aug 1, 2015 - Senza categoria    Comments Off on LA STORIA DEL PINO

LA STORIA DEL PINO

L’articolo sul Pinus nigra mi stimola a raccontare la storia del Pino.

Nella villa comunale “G.Garibaldi” di Mistretta vegetano bene tante specie di Pini.  I Pini sono alberi veramente belli! Il colore sempre verde e le audaci forme delle chiome conducono la mente ad immaginare luoghi montagnosi e tempi invernali quando la neve li ricopre e li rende affascinanti. Sono le piante preferite dagli uccelli e con queste eccezionali creature vivificano l’ambiente che abitano.

Alcune specie di Pino da tempi antichissimi vegetano sui monti e sulle valli del nostro Paese e, più in generale, di tutta l’Europa. L’ampia distribuzione geografica di queste piante le vede rappresentate in regioni molto differenti, anche se la concentrazione più importante si rileva nella fascia a clima temperato o temperato-freddo dell’emisfero boreale arrivando a superare il circolo polare artico a nord e le zone subtropicali a sud. Sono circa una settantina le specie facenti parte del genere Pinus.

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Pinus nigra

 Si tratta della famiglia di conifere più estesa e di maggior importanza economica e forestale. Morfologicamente si tratta di piante arboree sempreverdi. Nella prima fase del loro sviluppo sono caratterizzate da una bella forma piramidale differenziando poi gradualmente parecchie impalcature: invecchiando, mutano la propria sagoma da piramidale in altra con figure più aperte e globose. Col tempo la corteccia della maggior parte delle specie s’ispessisce e si fessura più o meno profondamente. Le foglie sono aciculari e perenni. Gli strobili femminili e maschili sono presenti sulla stessa pianta. Il frutto è un cono che, maturando, si schiude lasciando fuoriuscire i semi alati, a coppie su ciascuna scaglia, protetti da una squama molto lignificata. Tra l’impollinazione e la fecondazione può passare anche un anno di tempo, mentre la maturazione dei semi richiede circa due anni.

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Pinus larix

Pinus è un termine d’origine controversa: forse deriva dal latino ”pix, picis”, “pece, resina”, un prodotto della pianta. Potrebbe anche derivare dalle radici indoeuropee “pic”, “pungere”, in riferimento agli aghi, oppure “pi”, “stillare”, emanare la preziosa resina, oppure ancora dal celtico “pen”, “testa” alludendo alla forma della chioma, oppure dal celtico “pin”, “montagna, roccia” per la capacità della pianta di vivere in terreni pietrosi. Secondo la mitologia latina, fu la ninfa Pitis ad attribuire il nome alla pianta.

 La ninfa Pitis chiese agli dei di essere trasformata in un albero di Pino per sfuggire al dio Pan che voleva violarla. Secondo un’altra versione, Pitis era contesa tra il dio Pan e Borea, il vento del nord. Allorquando Pitis scelse Pan, il vento Borea, per vendicarsi, la gettò giù da una rupe con un impetuoso soffio. La Terra, impietosita, la trasformò in un albero di Pino. Quando, in autunno, il vento soffia forte tra i boschi, staccando la resina dalla corteccia, allora è Pitis che stilla le sue lacrime.

 Nelle mitologie latina e  greca il Pino ha avuto un valore ambientale e storico davvero importante sfruttando ampiamente il simbolismo ed il suo nome. È menzionato spesso nelle citazioni poetiche di Ovidio, di Virgilio, di Plinio, di Orazio ritenendolo spesso un albero sacro. Molti sono i miti legati a questa pianta maestosa, ma tutti collegati a grandi eventi luttuosi del mondo maschile. Ovidio, nel libro X de “Le Metamorfosi”, così racconta il mito di Attis, il giovane mutato in un Pino: “E voi pure veniste, edere dalle radici aggrovigliate, e le viti piene di pampini, gli olmi avviluppati di viti, e ornielli, pìcee, corbezzoli carichi di frutti rosseggianti, tranquille palme che si danno in premio ai vincitori, e il pino che si erge con la sua chioma arruffata raccolta in cima, il pino, caro a Cibele, la madre degli dei, se è vero che per lei Attis si spogliò del suo corpo per fissarsi in quel tronco”.

 Nella mitologia greca il Pino è testimone del sacrificio del giovane Attis. Attis era un fanciullo di straordinaria bellezza di cui si era innamorata Cibele, la dea frigia che lo assisteva nella caccia assicurandogli prede abbondanti. Attis, tuttavia, si era innamorato della figlia del re Mida. Alle nozze di Attis, Cibele, innamorata tradita, manifestò la sua gelosia provocando disordine fra tutti gli invitati presenti alla festa e facendo impazzire Attis. Attis, allora, rinunciando al matrimonio con la figlia del re Mida, si evirò, morendo dissanguato, all’ombra di un albero di Pino. Cibele, addolorata, trasformò il corpo di Attis in un Pino sacro. Ogni goccia del suo sangue caduto a terra si trasformò in un fiore di viola. Cibele ottenne poi da Zeus che il corpo di Attis non marcisse, che i capelli continuassero a crescere e che potesse muovere il dito mignolo della mano. Cibele diede sepoltura ai genitali di Attis che diventò così il dio della vegetazione che sboccia a primavera dopo la sospensione della vita durante l’inverno. Una festività funebre, istituita in suo onore, si celebrava ogni anno il giorno dell’equinozio di primavera per ricordare che il Pino moriva e resuscitava.

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Pinus pinea

La pianta di Pino, con la sua eleganza, simboleggia “la rinascita della vita” e trasmette il senso d’immortalità considerato che sopporta il freddo invernale e mantiene la chioma verde in tutte le stagioni. E’ anche simbolo “di fecondità e di buon augurio”. In Grecia il Pino era consacrato a Rea, la Grande Madre, come simbolo di “morte, ma anche d’immortalità”: di morte perché, se tagliato, non riesce a ricrescere, d’immortalità per la sua straordinaria capacità di resistenza e d’adattamento agli ambienti più sfavorevoli. Per i Romani il Pino era simbolo di “verginità” e lo dedicarono a Bacco, il dio della vegetazione e della fertilità. In Giappone lo strobilo, fino a non molto tempo fa, compariva nelle cerimonie nuziali rappresentando la costanza e la fedeltà dell’amore coniugale e la perpetuità del genere umano. In Giappone ancora oggi il Pino evoca l’immortalità ed il suo legno è utilizzato per costruire i templi scintoisti e gli strumenti rituali. Per gli Assiri il Pino era il guardiano della vita. La tradizione medievale europea racconta del paladino Orlando, l’eroe perito sotto le sue fronde nella battaglia di Roncisvalle.

 Oltre all’importanza mitologia, il Pino è utile perchè fornisce il legno e la resina. La raccolta della resina è legata alla storia dell’uomo già dall’epoca preistorica ed è sopravvissuta fino a pochi decenni fa per i molteplici utilizzi di questo materiale naturale. L’uomo preistorico fissava le sue frecce e i suoi strumenti litici a manici di legno utilizzando un impasto di resina mescolata al carbone e alla cera d’api e i cui resti sono ancora oggi reperibili negli scavi archeologici. Le ferite a lisca di pesce, finemente incise, che ancora oggi si possono vedere su alcuni vecchi pini, riconducono ad un antico mestiere praticato in Maremma fino alla metà degli anni 60: quello del resinatore. Questa attività è oggi totalmente scomparsa essendo l’industria chimica in grado di estrarre la resina dai legnami in lavorazione e di produrla con processi di sintesi. Con la pece si trattavano i legni per le navi, s’impermeabilizzavano le corde e gli spaghi per cucire le calzature, si calafatavano le imbarcazioni. Dalla resina si ricavava l’essenza di trementina, un materiale usato per preparare le sostanze balsamiche.

In fitoterapia, secondo le antiche ricette, il Pino trovava impiego nei casi d’impotenza, come a significare che “il simile cura il simile”. Chi ne faceva uso rinasceva a nuova vita maschile, proprio come la pianta. Le parti della pianta di Pino avevano anche altre applicazioni. Gli indiani d’America utilizzavano il decotto degli aghi per prevenire lo scorbuto e i soli aghi per riempire i giacigli dove dormivano e per tenere lontani insetti e pulci. Nella tradizione popolare i germogli si aggiungevano all’acqua del bagno per curare disturbi circolatori, ferite, infezioni della pelle e dolori artritici. Alla fine dell’800, quando era diffusa la tubercolosi e si avevano pochi mezzi per combatterla, i “sanatori” erano costruiti in luoghi temperati, soleggiati e vicini ai boschi di Pini per sfruttare le proprietà balsamiche delle piante. La moderna fitoterapia utilizza i derivati del Pino per la cura delle vie respiratorie, dei reumatismi e della sciatica. I pinoli sono degli ottimi ricostituenti soprattutto per le persone malate o convalescenti. Plinio esaltava le proprietà del seme come rinvigorente delle forze debilitate e come ottimo rimedio per guarire le affezioni delle vie urinarie. Fin da tempi remoti i pinoli sono considerati potenti afrodisiaci. Galeno, nel II secolo d.C., raccomandava agli uomini di bere un bicchiere di miele e di mangiare 20 mandorle e 100 pinoli prima di mettersi a letto. L’utilizzo più poetico della trementina, ancora oggi non superato dal tempo, è rappresentato dal trattamento delle corde degli archi per suonare gli strumenti musicali. In un raffinato evento musicale dal vivo, le note che si sprigionano da viole, violini e violoncelli scaturiscono dall’inimitabile attrito che la resina del Pino produce sulle tese corde metalliche. E’ stata data grande importanza anche al legno del Pino utilizzato per la costruzione delle navi da guerra, ambiente esclusivamente maschile. Era usato per fabbricare sponde e fondi di carri agricoli, per cassapanche e, raramente, per costruire mobili. Plinio il Vecchio parla di arnie delle api costruite con assi di legno di Quercia, di Faggio, di Pino e di Fico. Il legno di Pino era anche utilizzato come combustibile facilmente infiammabile.

Nemico del Pino, dalla quale rischia di essere danneggiato, è la processionaria, la Thaumetopoea pityocampa, un insetto parassita le cui larve si nutrono delle foglie di diverse specie di Pini e che, durante la loro vita larvale, si rifugiano entro bianchi nidi sericei che costruiscono sulle chiome degli alberi. Queste larve possono defogliare la chioma dell’albero indebolendolo anche pesantemente. Le larve sono provviste di peli urticanti che provocano dermatiti e infiammazioni agli occhi ed alle mucose delle vie respiratorie alle persone che, inavvertitamente, vengono in contatto con loro.

 

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