Apr 1, 2017 - Senza categoria    Comments Off on I RITI DELLA SETTIMANA SANTA A LICATA – LA COMMEMORAZIONE DI MARIA SS.MA ADDOLORATA – LA CHIESA DI SANT’AGOSTINO- LA CONFRATERNITA DI MARIA SS.MA ADDOLORATA

I RITI DELLA SETTIMANA SANTA A LICATA – LA COMMEMORAZIONE DI MARIA SS.MA ADDOLORATA – LA CHIESA DI SANT’AGOSTINO- LA CONFRATERNITA DI MARIA SS.MA ADDOLORATA

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Maria Addolorata, Maria Dolorosa, Madonna Addolorata, l’Addolorata, Madonna dei Sette Dolori, in latino “Mater Dolorosa“, sono gli appellativi con i quali è chiamata e invocata dai cristiani Maria, la Madre di Gesù.
A dare il via ai riti della Passione a Licata è la commemorazione   della Madonna Addolorata del “Carricadore”, come era chiamato l’antico molo di Licata, o di Sant’Agostino, che si celebra il venerdì precedente a quello della Crocifissione di Cristo Gesù e culmina con la Commemorazione del Venerdì Santo e la festa del Redentore, in una mescolanza di religiosità, di folklore, di credenze popolari.

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Il culto della Madonna Addolorata a Licata,  chiamata “la Madonna delle troccole“, è una ricorrenza religiosa e tradizionale molto sentita dalla popolazione licatese alla quale partecipano moltissime persone.
Quest’anno le funzioni religiose, in onore della Madonna Addolorata, si svolgono dal 29 marzo al 9 aprile del 2017 secondo il programma:

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Il celebrante è padre Tobias Kuzeza

Oggi è domenica 2 aprile 2017.  Alle ore 11:00 è stata celebrata la giornata dei bambini e dei giovani con la partecipazione dei lupetti e delle coccnelle del Gruppo Scout  “LICATA 1”  con la  Benedizione dei vestitini,  simile  al vestito dell’Addolorata.

La sera ci sarà la Promessa dei confratelli aspiranti e il rinnovo della promessa di tutta la confraternita di Maria SS.ma Addolorata

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Alle ore 19;30 dello stesso giorno i confratelli dell’intera confraternita di Maria SS.ma Addolorata hanno rinnovato la promessa di continuare il culto dell’Addolorata.  Emozionante è stata la vestizione dei  nuovi aspiranti confrati ammessi in seno alla confraternita.

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I confrati entrano in chiesa

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Foto di Giovanni Mantia

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Foto di Ivana De Caro

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Celebrano la funzione religiosa i sacerdoti: padre Tobias Kuzeza e padre Alessandro Rovello

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Rinnovo della promessa dell’intera confraternita

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I nuovi aspiranti confrati

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La benedizione dei confrati

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La Vestizione dei nuovi confrati

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La celebrazione eucaristica continua. L’offertorio.

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I confrati escono dalla chiesa santuario di Sant’Agostino

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Le foto raccontano la numerosa partecipazione dei licatesi e le manifestazioni di fede alla Madonna Addolorata.

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Il culto è stato introdotto per la prima volta nel 1756 nella chiesa di San Giacomo dell’Ospedale e attuato dalla Confraternita della Penitenza denominata del “SS.mo Sacramento del’Addolorata e di Santa Margherita di Cortona” fondata nella chiesa di San Giacomo dell’Ospedale  i cui  capitoli furono approvati da Mons. Andrea Lucchesi Palli, vescovo di Agrigento, giunto a Licata per una visita pastorale.
Il quartiere Marina, sito nel cuore di Licata, dove si trova il santuario di Sant’Agostino, che accoglie la statua dell’Addolorata, addobbato a festa con striscioni colorati e bandierine, e tutta la città vivono i giorni che precedono questa processione in devoto fermento.

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La sera del giovedì, dopo la celebrazione eucaristica, la statua dell’Addolorata è tolta dall’altare maggiore, a “ Scinnuta”, ed è posta nel fercolo per essere più vicina ai fedeli per venerarLa.

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Foto di Vincenzo e Valentina Iacona

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Il cammino processionale inizia la mattina del venerdì che precede la Settimana Santa, circa alle ore 12:00, subito dopo la celebrazione eucaristica officiata da almeno tre sacerdoti su un altare posto in alto su un ripiano preparato di proposito nel piazzale davanti alla chiesa.

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foto di Giacomo Vedda

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Grande è il numero delle persone che assistono alla funzione religiosa e seguono poi il fercolo dell’Addolorata che, sostenuto dai confrati della Confraternita di Maria SS.ma Addolorata di Sant’Agostino, principalmente portuali, inizia il suo lento cammino. Dalla via Cristoforo Colombo il simulacro dell’Addolorata è condotto in processione in Chiesa Madre.

 

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In dialetto licatese si dice “U viaggiu” perché l’Addolorata è alla ricerca del proprio Divino Figlio. E’ una festa commovente!
Molti fedeli accompagnano la Madonna a piedi scalzi, in segno di penitenza e di ringraziamento per una grazia richiesta o ricevuta.

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Per lo stesso motivo alcune bambine sono vestite dalle loro mamme con abitini penitenziali che riproducono l’abito dell’Addolorata fornito di aureola e relativo pugnale.

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Il corteo è accompagnato da motivi musicali funebri intonati dalla banda locale. Le note delle marce musicali danno il passo alla processione e ai portatori della statua dell’Addolorata. E’ un passo lento, ritmato, con la caratteristica “annacata”, che si esegue con movimenti laterali e di passi in avanti, seguiti da qualche passo all’indietro.

La festa della Madonna Addolorata è caratteristica anche per il suono assordante delle “troccole”, piccoli strumenti musicali formati da tavolette di legno che, sbattendo tra di loro, emettono un suono grave e profondo al passaggio della Madonna e, per questo motivo, è chiamata anche “a Madonna ri trocculi“.

Dai balconi delle case della Marina, addobbati con coperte ricamate, al passaggio dell’Addolorata cade un’abbondante pioggia di fiori che forma un tappeto floreale sopra il quale passa l’Addolorata. Il percorso continua attraversando la via Principe di Napoli, la via Barrile, la via Guglielmo Marconi, la Piazza Progresso, fermandosi davanti al palazzo di Città,

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Il percorso continua attraversando la via Principe di Napoli, la via Barrile, la via Guglielmo Marconi, la Piazza Progresso, fermandosi davanti al palazzo di Città,

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L’Associazione Culturale  Zampognari Licatesi “V. Calamita” omaggia la Madonna Addolorata in Piazza Progresso, esibendosi in poesie e canti davanti al Palazzo della città di Licata.

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Angelo Graffeo ha recitato la sua poesia

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Tutto il gruppo dei musici ha eseguito “Lu venniri matinu” di Rosa Balistreri

 

 

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La processione riprende lungo il Corso Roma fino alla chiesa del Carmine. Quindi ritorna indietro percorrendo il Corso Vittorio Emanuele per concludersi all’interno della Chiesa Madre dove rimarrà fino alla Domenica delle Palme.

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Moltissimi fedeli, emozionati e addolorati, accolgono l’Addolorata. Per tre giorni sosta nella Chiesa Madre che diventa meta per molti devoti appartenenti a tutte le parrocchie cittadine. All’interno della Chiesa Madre fervono momenti di devozione e di canti.
Il pomeriggio della domenica delle Palme la processione dell’Addolorata riprende il suo cammino e, dalla Chiesa Madre, si conclude in tarda serata con il ritorno del simulacro nel Santuario di Sant’Agostino.

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Durante questo percorso di ritorno, il simulacro dell’Addolorata attraversa la parte opposta della città, cioè il quartiere Oltreponte, il Corso Serrovira, il Corso Italia, la zona di Settespade per poi ridiscendere verso il quartiere della Marina e, attraversando la via Principe di Napoli, rientra nella sua casa. Chiudono i festeggiamenti i confratelli della Compagnia dell’Addolorata. Un confratello grida:  “tutti a na vuci” gli altri rispondono:” Viva Maria Addulurata”. E’ molto emozionante!

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Foto di Pierangelo Timoneri

Il culto alla Madonna Addolorata era già molto sentito a Licata nella 2a metà del ‘700, ma la processione ebbe inizio nella 2a metà dell’800.
E’ la festa per eccellenza degli uomini di mare, perché protettrice dei pescatori, dei naviganti e dei lavoratori del porto, che partecipano con devozione tralasciando anche il lavoro perchè la festa avviene di venerdì, giorno infrasettimanale.

Una leggenda narra che la statua dell’Addolorata è approdata a Licata verso la fine del XVIII secolo in seguito all’attracco nel porto di Licata di un bastimento a vela che stava per abbattersi sulla scogliera presso lo sbarcatoio del Caricatore di grano a causa di una furiosa tempesta.
I portuali licatesi si buttarono in mare per cercare di aiutare i marinai in difficoltà. Tutti furono salvati, anche il prezioso carico trasportato nella stiva del bastimento. Era una bellissima statua dell’Addolorata.
I marinai del bastimento, scampato il pericolo, ringraziarono i loro salvatori. e decisero, prima di ripartire, di ringraziare la Vergine Addolorata con una messa solennemente celebrata nella vicina chiesa di S. Margherita (Sant’Agostino). Il prezioso carico, però, si rifiutò di ripartire ostacolando anche la loro partenza.
Allora decisero di lasciare a Licata la miracolosa statua dell’Addolorata e di donaLa ai licatesi. La statua fu trasportata nella chiesa di Santa Margherita, che si trovava nei pressi del mare, e collocata sull’altare per essere benedetta dai Padri Agostiniani.
Oggi è l’attuale Santuario di Sant’Agostino. Da allora la Madonna Addolorata a Licata è venerata con fede e festeggiata annualmente.

La devozione all’Addolorata è molto sentita non solo a Licata, ma in tutta la Sicilia, in Italia e nel mondo forse perché mostra la Sua condizione umana trovando la sua massima estensione durante la Settimana Santa.
Il culto dell’Addolorata è rilevato dalla diffusione delle preghiere a Maria Addolorata, dalla recita del rosario dei Sette Dolori, dai canti mariani.

Maria Addolorata va alla ricerca del diletto Figlio. Molti sono stati i canti composti per questo evento.
Io ricordo mio padre Giovanni e i confrati della confraternita di San Nicolò, a Mistretta, con la testa cinta dalla corona di spine, realizzata con l’intreccio dei rami probabilmente della pianta di Gleditsia triacanthos, durante la processione dei Misteri, cantavano dietro la vara di Giuda il famoso canto siciliano “Maria passa ni na strata nova”.

E ntussicata Maria – povira ronna!-

circannu a lu so figghiu a-ccorchi bbanna.

 Nun lu circari, no, ch’è a la culonna

bbattutu cu na ranni  virdi canna!

Maria passa ri na strata nova

e a porta ru  furgiaru aperta era:

 <<Oh, caru mastru, chi fai apiertu a st’ura?>>

<<Fazzu  na lancia e ttri ppuncenti chjova!>>

<<Oh caru mastru, tu pi-ccu l’a-ffari?>>.

<<L’a-ffari pi lu figghju ri Maria!>>

 <<Oh caru mastru, nun li fari ora:

ri nuovu ti la paju la mastria!>>.

<<Oh, cara ronna, si-fforra pi-mmia,

cchju-lluonghi e-senza punta li farria!>>.

 <<Oh, caru mastru tuttu mmalirittu

ca r’unni passi tu n-truovi rrisiettu!>>.

Maria passa ri na strata nova,

e a porta  fallignami aperta era.

 <<Oh,  caru mastru, chi-ffai apiertu a st’ura?>>.

<<Fazzu na cruci e na curune e spini!>>.

<<Facitili cchju-llieggi chi-putiti

pirchì sunu carnuzzi ddilicati!>>

 <<Oh, cara ronna, si-fforra pi-mmia,

tutti ri rossi e-sciuri li farria!>>.

<<Oh, caru mastru, tuttu bbinirittu

ca r’unni vai tu truovi rrisiettu!>>.

 <<Sienti, sienti, Maria: to figghju passa

e-pporta na catina longa e ggrossa;

ri quant’è-llonga tuttu lu scuncassa,

ca purpi n-avi cchjui supra ri l’ossa!>>.

 <<Chiamatimi a Ggiuanni ca lu uogghju.

 quantu m’ajuta a-cchianciri a-mme figghju!

La lampa ora muriu;canciati l’uogghju:

ora ca viu ch’è-mmuortu me figghju!

 Ora ca viu ch’è-mmuortu me figghju,

ri niviru mi miettu lu cummuogghju!

Manciati carni o sabbitu, ca uogghiu:

 vardatici  lu venniri a-mme figghju:

a-cu n-ci varda u venniri a-mme figghju

li carni si cci abbbrucinu cuom’ uogghju!>>.       

Oh, Santa Croce, voi vengo a trovare;

piena di sangue vi trovo allagata!

Chi fu quell’uomo che venne a morire?

Fu Gesù Cristo ch’ebbe un colpo di lancia!

Acqua domanda, non potè averne:

gli diedero la spugna intossicata!

E intossicata (è) Maria-povera donna!-

cercando suo figlio da qualche parte.

Non cercarlo, no, ch’è alla colonna,

percosso con una grande canna verde!

Maria passa da una strada nuova

e la porta del fabbro era aperta:

<<Oh, caro mastro, che fai aperto a quest’ora?>>

<<Faccio una lancia e tre pungenti chiodi!>>

<<Oh, caro mastro, per chi devi farli?>>

<<Devo farli per il figlio di Maria!>>

<<Oh, caro mastro, non li fare ora:

nuovamente te lo pago il tuo lavoro!>>

<<Oh, cara donna, se fosse per me,

più lunghi e senza punta li farei !>>

<<Oh, caro mastro tutto maledetto,

che dove passi tu non trovi pace!>>

Maria passa da una strada nuova

e la porta del falegname aperta era.

<<Oh, caro mastro, che fai aperto a quest’ora?>>

<<Faccio una croce e una corona di spine!>>

<< Fateli più leggeri che potete

perché sono carni delicate!>>

<<Oh, cara donna, se fosse per me,

tutte di rose e fiori le farei !>>

<<Oh, caro mastro tutto benedetto,

che dove vai tu trovi pace!>>

<< Senti, senti, Maria: tuo figlio passa

e porta una catena lunga e grossa;

di quant’è lunga tutto lo sconquassa,

tanto che non ha più carne sopra le ossa!>>

 << Chiamatimi Giovanni che lo voglio,

perché mi aiuti a piangere mio figlio!

La lampada s’è spenta; cambiate l’olio:

ora che vedo ch’è morto mio figlio!

Ora che vedo ch’è morto mio figlio,

di nero me lo metto il manto!

Mangiate carne il sabato, lo permetto:

ma rispettate il venerdì per mio figlio:

A chi non rispetta il venerdì a mio figlio

le carni gli si brucino come olio!>>

 L’ascolto di questo canto suscitava tanta commozione!

Questi canti raccontano la ricerca di Maria Addolorata del Figlio Divino. Maria incontra Giovanni e gli chiede di Gesù. Le risponde: “Gesù è incarcerato nelle prigioni di Pilato”. L’Addolorata parla con il fabbro ferraio, che sta preparando i chiodi per la crocefissione e gli dice. “Non fate i chiodi, vi pago lo stesso il lavoro e la mastria”. Risponde: “Maria, li devo fare per forza, perchè se non li faccio dove c’è Cristo in croce mettono a me”.

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Angelo Graffeo, in questi  spontanei  e  commoventi  versi, che integralmente trascrivo, esprime la devozione sua e dei suoi paesani alla Madonna Addolorata della chiesa di Sant’Agostino di Licata:

MADUNNUZZA ADDULURATA
Madunnuzza addulurata
ca di tuttu lu munnu siti vinirata,
pi la gran pena ca pruvastivu pi lu Signuri
c’aviti na spada intra lu vostru cori.
A Licata, lu venniri matinu,
currunu prestu tutti li divoti ni la cesa di sant’Austinu!
Co vi porta cullani, co vi porta l’orecchini, cu si la fa scauzza la prucissioni
pirchi cu vui cianu la pirmisioni.
A cco cu fedi e va addumanna aiutu,
Vui la grazia ci l’atu cuncidutu.
Maddunnuzza miraculusa,
che na grazia a fari intra ogni casa,
pirchi ognunu avi li so peni
e addumannarivi na grazia veni.
Nisciuta di la cesa vi mittiti a caminari,
arrivati a lu portu vi mettimi a facci o mari
unni ci su tutti li piscaturi
ca cu sono di na navi vi vonnu salutari,
caminati alleggiu alleggiu
e arrivati sutta l’orologiu,
circati u vostru figliu tantu amatu,
arrivati a matrici ma ancora o Signuruzzu unni l’atu truvatu.
A Duminica a sira vi mittiti arrè a caminari,
pirchi lu figliu vostru vuliti truvari,
tuttu lu paisi vi veni appressu
pianu pianu, lentu è lu vostru passu.
Vi faciti tuttu lu vostru caminu,
a notti tardi turnati a Sant’ Austinu!
A.Graffeo

Ringrazio il signor Giovanni Mantia per avermi  gentilmente concessa questa fotografia che raffigura la processione dell’Addolorata nel 1961. Sono vecchi ricordi che non si dimenticano!

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In ogni chiesa cattolica c’è sempre un’immagine della Vergine Addolorata rappresentata in forma di  statua, di dipinto, di affresco, di bassorilievo, nella via Crucis, nella Via Matris, in una Cappella, in un altare, sulle pareti della chiesa. Unitamente all’immagine dell’Addolorata si trovano: le immagini della Pietà, della Deposizione, della Crocifissione di Cristo.

Agli amici che hanno voglia di leggere e di approfondire il culto dell’Addolorata a Licata il prof. Calogero Carità  offre il seguente saggio, tratto dal suo libro “Immanis Gela nunc Alicata, urbs dilecta ac fidelis” (Licata 1988, La vedetta editrice) e dal libro “La Ven.le Confraternita di San Girolamo e il Venerdì Santo a Licata” (Licata 2016, La Vedetta editrice) degli autori Calogero Carità e Francesco Pira.
Il culto della Madonna Addolorata a Licata è stato sempre vivo e molto sentito a Licata. Sarebbe stato introdotto per la prima volta, nel 1756, nella chiesa di S. Giacomo dell’Ospedale, ove aveva sede anche la confraternita dei Nobili ed era seguito dalla Confraternita della Penitenza sotto il titolo del SS. Sacramento dell’Addolorata e di S. Margherita di Cortona, fondata in questa chiesa, i cui capitoli vennero approvati nel corso della visita pastorale a Licata dal vescovo di Agrigento, mons. Andrea Lucchesi Palli.
La Vergine Addolorata veniva venerata anche nella chiesetta del Maenza presso il regio castello a mare San Giacomo, dall’omonima confraternita , i cui capitoli, approvati dal predetto prelato nel 1761 in corso di visita pastorale a Licata, sono custoditi presso l’archivio vescovile di Agrigento .
Nel 1770 il culto dell’Addolorata venne introdotto nella chiesa del Cotturo a seguito della costituzione in essa della omonima confraternita .
Nel 1884, infine, all’Addolorata fu intitolata la chiesetta dei “Sette dolori della Vergine”, comunemente chiamata “chiesa di Settespade”, fatta edificare in aperta campagna dal benefattore Vincenzo Cibella con il concorso della confraternita degli argillai .
Dell’Addolorata che si venera e si festeggia nella chiesa di S. Margherita dei PP. Agostiniani, presso il Carricadore, antico molo di Licata, si hanno poche notizie nelle cronache locali. Non ne parla il Pitrè, di cui si conoscono le benemerenze nel settore etnografico, che dedicò tanta attenzione alle feste religiose e patronali siciliane. Anche Luigi Vitali, autore di una storia di Licata, edita nel 1909, pur citando le maggiori festività licatesi, tace sulla Addolorata di S. Agostino. Ma da una lettera di invito del 28 marzo 1817 del responsabile del Caricatore di Grano, custodita presso l’archivio parrocchiale della Chiesa Madre, inviata al Capitolo dell’Insigne Collegiata della maggiore chiesa licatese, per la partecipazione alla processione della Santa Addolorata, si evince chiaramente che questa ricorrenza fosse già in uso sin dai primi anni dell’800.
Della sacra immagine lignea dell’Addolorata (alta cm. 163) di ignoto autore, da collocare nella seconda metà del 700, si sa ben poco. Tuttavia viene attribuita a un tal Giuseppe Picone, sconosciuto allievo del Serpotta. La sua presenza a Licata è avvolta da mistero e leggenda come in altri casi analoghi, tra cui quello del S. Crocefisso di Siculiana . Si narra, infatti, che verso la fine del XVIII sec. un veliero naufragò presso lo sbarcatoio del Caricatore di Licata, prossimo alla chiesa di S. Margherita. I marinai licatesi prestarono il loro soccorso al veliero, mettendolo in salvo con tutto il suo equipaggio. La stiva della nave ospitava un insolito carico, una statua lignea dell’Addolorata. Una messa di ringraziamento venne celebrata in S. Margherita e, al termine della funzione, i marinai licatesi, forti del sostegno della gente del quartiere Marina, che aveva gridato al miracolo, non consentirono che la bellissima immagine della Vergine Addolorata prendesse il largo e pretesero ed ottennero dal comandante del veliero che fosse lasciata a Licata.
Probabilmente la venerazione dell’Addolorata di S. Agostino rimase sino ai primi anni del 900 all’interno del perimetro dell’antico quartiere Marina, finché non si estese a tutta quanta la città.
La festa viene celebrata puntualmente, ogni anno, il venerdì di passione e segna l’inizio dei festeggiamenti più solenni che la città da secoli, ormai, è solita tributare al Venerdì Santo. E’ una ricorrenza molto attesa e seguita con commossa devozione da tutta la cittadinanza e soprattutto dal popoloso quartiere della Marina nonostante cada in un giorno feriale. Protagonisti di questo giorno di festa sono stati da sempre i lavoratori del Caricatore, l’antico molo di Licata, e sino al 2003, anno in cui si è costituita la Confraternita dell’Addolorata, i lavoratori del porto. E tanta è stata la loro devozione che addirittura prima della seconda guerra mondiale, quando il traffico mercantile del porto di Licata registrava un alto volume, loro, pur di essere presenti sotto la bara della Madonna, recuperavano la mattina del venerdì lavorando tutta la notte del giovedì.
Alle spese per i festeggiamenti si fa fronte solo con la questua tra la gente della Marina che si è sempre dimostrata molto generosa. Come era solito raccontarci, don Michele Polizzi, che questa chiesa parrocchiale resse per svariati lustri, a partire dal 1° gennaio 1954, anche la gente più povera e più bisognosa non ha mai fatto mancare il suo obolo a sostegno dei festeggiamenti della Addolorata. Addirittura, una volta, una povera donna rincorse il suo figlioletto che era andato a comprare la sua merendina, gli prese le 50 lire che gli aveva dato e le consegnò a don Michele. Una elemosina di poco conto, ma era felice perché anche lei aveva contribuito. E fatti come questi, anche se i tempi sono mutati, accadono tutti gli anni tra i vicoli, quei pochi ancora abitati, della Marina. E sono questi soprattutto i motivi per cui il vescovo di Agrigento, mons. Giuseppe Petralia, accolse la supplica di don Michele Polizzi del 19 marzo 1973 ed elevò il 13 aprile successivo, nel corso di una pubblica e solenne cerimonia, la chiesa dell’Addolorata a Santuario.
La processione della sacra bara, seguita da numerose persone a piedi scalzi ed in abito penitenziale , inizia a mezzogiorno e si snoda lentamente, al suono di bellissime e commoventi marce musicali, da via Colombo verso via Barrile per procedere da via Guglielmo Marconi, lungo la quale viene salutata dal particolare suono di antichi strumenti lignei di origine ebraica, detti localmente “troccoli” e “firriaroli”, verso piazza Progresso. Da qui prosegue verso la chiesa del Carmine da dove, dopo una breve pausa, riprende a ritroso il suo cammino per raggiungere la chiesa Madre dove viene ospitata, esposta sull’altare maggiore, per tre giorni sino alla sera della Domenica delle Palme. Qui riceve l’omaggio da tutto il popolo licatese che la sera della domenica, stringendosi numeroso attorno alla sua bara, la riporta in processione, questa volta lungo la via Principe di Napoli, nella sua chiesa. Molto commovente è l’ultima fase della processione. Infatti, un coro di cinque anziani, ex agricoltori, accanto ai marinai e ai portuali che di generazione in generazione si contendono il privilegio del trasporto della bara della Vergine, intona nenie ed incomprensibili ed accorate lamentanze in vernacolo partecipando al dolore della Madre Addolorata che non è riuscita a trovare il Figlio, già arrestato dai Giudei.
Una di queste lamentanze così recita:
“Giuda trenta dinari su vinnia/ Grida sangu nill’ortu di Gesù/ Ligatu e fracillatu a la colonna/ o chi pungenti spini su la so’ cruna/ o chi pisanti lignu iè la so’ cruci/ Spira l’arma a Gesù e cu tanti peni./ Orfani arristammu senza Patri o Diu di Amuri/ Sopra ddi du munti chiova piangennu Maria/ piangemmo ccu Maria l’Addilurà/” ).
Alla fine, verso mezzanotte, la bara della Madonna, dopo un lento procedere, varca la soglia del santuario tra gli evviva dei fedeli, molti dei quali appositamente ritornati a Licata persino da paesi oltreoceano. Così l’Addolorata, trafitta nel cuore da una spada d’argento e adorna di uno stellario e di un medaglione pure d’argento, contenente una reliquia della Santa Croce, donata dalla famiglia Taschetta, i cui antenati l’ebbero dal santo cardinale Giuseppe Tomasi, ritorna sull’altare maggiore, il cui sottarco è adornato da sette piccole tele circolari ad olio, attribuiti all’artista locale Giuseppe Spina, che ha voluto in esse raffigurare i sette dolori della Vergine. A chiudere la festa sono i confratelli della Compagnia dell’Addolorata urlando “tutta na vuci: viva Maria Addulurata”.
Ad occuparsi dei festeggiamenti dell’Addolorata è la confraternita da qualche anno appositamente istituita con l’approvazione del vescovo di Agrigento.
Rosa Balistreri, illustre licatese, dedicò a Maria Addolorata una significativa canzone in vernacolo licatese che, musicata, incluse nell’album delle sue cantate:

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IL SANTUARIO DI SANT’AGOSTINO A LICATA

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Il Santuario di Sant’Agostino si trova a Licata, nel quartiere Marina, all’incrocio fra la fine della via Guglielmo Marconi e la via Cristoforo Colombo. Anticamente era localizzata presso il caricatore di grano quando a Licata era fiorente il commercio del frumento ancor prima del commercio dello zolfo.

La chiesa era dedicata a Santa Margherita d’Antiochia di Pisidia, vergine e martire cristiana. E’ stata intitolata a Sant’Agostino dai Padri Agostiniani che abitavano nel convento della chiesa di Santa Maria del Soccorso, oggi non più esistente, nei pressi del costruendo Castel Sant’Angelo.  Nel 1611 i Padri Agostiniani si spostarono verso il caricatore del grano fermandosi lì fino al 1735, quando fu soppresso il convento dove abitavano.

La chiesa di Santa Margherita d’Antiochia di Pisidia fu distrutta dalle invasioni africane, non rimanendo nulla dell’originaria struttura. Abbandonata per tanti anni, riedificata e più volte ristrutturata, la chiesetta solo nel prospetto conserva alcuni elementi originali che fanno pensare alla prima metà dell’800. Sono le due paraste in conci di pietra, il portale e la finestra quadrilobata. Riaperta al culto, la chiesa fu eletta parrocchia nel 1950.

Il 13 aprile del 1973 la chiesa di Sant’Agostino, per la grande devozione alla Madre Addolorata, con decreto vescovile del Vescovo Mons. Giuseppe Petralia, su richiesta di don Michele Polizzi, è stata elevata a Santuario della “Vergine Santissima Addolorata” affinchè “l’insigne onore, con cui viene decorata la chiesa di Sant’Agostino, serva, per la grazia di Cristo e per la fede del popolo di Licata, ad aumentare la filiale fiducia nella Regina dei Martiri Maria”.

Una solenne liturgia è stata officiata da Mons. Giuseppe Petralia e da don Michele Polizzi nel piazzale di fronte alla chiesa alla quale parteciparono tutte le Autorità civili e militari locali e un folto numero di devoti. Al termine della funzione Mons. Giuseppe Petralia diede lettura del decreto di elevazione della chiesa di Sant’Agostino a Santuario della “Vergine Santissima Addolorata” e del telegramma di auguri inviato dal cardinale Villot per conto del Papa Sua Santità Paolo VI. Numerosissimi sono stati gli applausi!

Quindi è il “Santuario dell’Addolorata di Santo Agostino”.

Sono stati i padri Agostiniani a modificare il vecchio impianto della chiesa. Ribaltarono completamente l’orientamento della chiesa e costruirono un edificio per ospitare la loro comunità, attiva fino al 1735, che è quello che esiste ancora oggi. Inizialmente l’ingresso della chiesa era a ovest, dove oggi è il presbiterio. Il convento che ospitava gli Agostiniani corrisponde dove oggi ci sono gli uffici parrocchiali e di cui rimangono alcune parti architettoniche. Aprirono un nuovo ingresso ad Est, di fronte alla porta urbica di Donna Agnese. Oggi l’ingresso principale è in via Cristoforo Colombo.

Il prospetto esterno della chiesa è molto semplice con impronte classicheggianti.

Il portale d’ingresso è limitato da due colonne che sostengono piccoli capitelli e termina con un arco semicircolare. Sopra di esso ci sono: la finestra a forma di quadrifoglio e lo stemma.

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La finestra quadrilobata, durante i recenti restauri, è stata riempita da una vetrata colorata di rosso dove è stato raffigurato il Pesce, simbolo della Marina, il quartiere dove sorge la chiesa vicino al mare.

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 Nello stemma si intrecciano: la M di Maria e la C della Croce, simboli che richiamano la Fede alla Madonna e al Cristo.
Il prospetto termina con un timpano semicircolare spezzato con tre forature allungate nella parte centrale dove sono alloggiate le tre campane e con due accenni di volute sormontate da due pigne di cemento di recente costruzione. La croce di metallo indica la presenza della chiesa.

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L’intonaco del prospetto è di colore rosso mattone, per distinguere la chiesa dai palazzi circostanti costruiti successivamente, lasciando a vista i conci delle paraste, della porta e delle ghiere delle finestre creando magnifici accostamenti bicromatici.
I recenti lavori di restauro, eseguiti nel primo decennio degli anni Ottanta del secolo scorso, sono stati progettati ed eseguiti dagli amici architetti Pietro Meli e Turi Scuto che, su incarico del rev. Michele Polizzi, allora parroco della chiesa, e con i contributi elargiti dai fedeli volontari, hanno restituito alla chiesa l’originario aspetto.
La chiesa di Sant’Agostino era stata già oggetto di restauro da parte dei fratelli Antonio e Salvatore De Caro.  Le decorazioni con gli stucchi furono realizzate dal pittore Salvatore De Caro.

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Totò De Caro al lavoro

Le applicazioni in oro zecchino furono realizzate dal pittore Antonio De Caro nel 1967.

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Nel restauro della chiesa i due artisti hanno dato la parte migliore della loro maturità artistica rendendo la chiesa armonica in tutte le sue strutture. I recenti stucchi, ricoperti di oro zecchino, sono stati applicati dalla ditta Sadi di Vicenza.
A indicare la chiesa, quasi a guardia del sagrato, è un monumento in pietra con una grande Croce la cui realizzazione risale al 1818.

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Si accede all’interno della chiesa dopo avere superato una piccola area protetta da una cancellata in ferro battuto. La chiesa è a navata unica. Nell’abside l’altare maggiore ospita la statua lignea dell’Addolorata, alta 163 cm, scolpita in legno dall’artista Giuseppe Picone nel 1732, probabilmente allievo della scuola del Serpotta.

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Per le sue precarie condizioni ha dovuto subire necessariamente un importante intervento di restauro. Il restauratore Salvatore (Totò) De Caro nel mese di marzo del 1963 aveva fatto già un bel lavoro restituendo alla statua dell’Addolorata il Suo antico splendore.

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Prima del restauro

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Dopo il restauro

 Il tempo, però, è stato nuovamente inclemente per cui a questo restauro ne è seguito un altro.
La Madonna è vestita con l’abito celeste scuro. Le spalle sono coperte da un mantello viola, segno della Passione di Cristo sul Calvario, con i bordi dorati che Le avvolge il corpo. La testa, coronata da uno stellario d’argento, inclinata a destra, mostra il volto afflitto dal dolore. Il pugnale d’argento trafigge il Suo cuore a dimostrazione del grande dolore per la morte del Suo diletto Figlio. Dal collo pende un medaglione d’argento con le reliquie della colonna della flagellazione, dono della famiglia Taschetta i cui antenati lo ricevettero da San Giuseppe Maria Tomasi e Caro, compatrono di Licata. Nella mano sinistra stringe il fazzoletto pronto per asciugare le lacrime del suo pianto.

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Attorno alla statua dell’Addolorata, nel sottarco dell’altare, ci sono sette dipinti circolari su tela, attribuiti al pittore licatese Giuseppe Spina, raffiguranti i sette dolori della Madonna. Procedendo in ordine da sinistra verso destra: “Maria presenta al sacerdote Simeone Gesù Bambino nel tempio”, “la fuga in Egitto”, “la perdita e il ritrovamento di Gesù nel tempio”, “la Madonna che incontra Gesù con la croce sulle spalle”, “Gesù in croce e la Madonna che piange ai suoi piedi”,”Gesù crocifisso trafitto dalla lancia di un centurione sotto gli occhi della Madre”, “la Madonna dinanzi al sepolcro di Cristo”.

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Altri due altari, uno per ogni lato, sono nelle pareti laterali. L’altare della parete destra della chiesa custodisce una tela, del XVII sec., raffigurante la Madonna della Cintura con il Bambino e Sant’Agostino a sinistra e Santa Monica a destra, tra una schiera di angeli. In basso è raffigurata una scena di anime purganti.

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 L’altare della parete sinistra custodisce il settecentesco Crocefisso ligneo, di ottima fattura.

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La tela di Sant’Agostino, vescovo e teologo berbero, e quella di San Gregorio Magno, papa e dottore della chiesa, provengono dalla Chiesa di San Girolamo.

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La statua di Sant’Agostino e i quadri arricchiscono la chiesa. La statua di Sant’Agostino è stata donata da Epifania, Salvatore, Rossella, Martina De Caro per ringraziamento per grazia ricevuta.

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Il dipinto moderno dell’Addolorata è stato realizzato dal signor Cammilleri Giuseppe nel 2008. Il dipinto del Cristo con le pie donne è stato realizzato dal signor Angelo Sorce nel 2011.

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quadro di Cammilleri Giuseppe

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Quadro di Angelo Sorce

La cantoria è abbellita dagli stucchi che riproducono i momenti dell’Eucaristia.

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Addossato alla parte laterale del santuario di Sant’Agostino è stato innalzato il monumento a memoria del naufragio della nave “Seagull”, “Gallinella di mare”.

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Il pittore licatese prof. Antonio Mazzerbo nel 1984 ha realizzato la scultura bonzea “Il volo del Gabbiano” proprio per ricordare i marinai della “Seagull” che attraversavano i mari volando come i gabbiani.

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Il naufragio della nave “Seagull”, di bandiera liberiana, è avvenuto davanti alle coste del mare di Licata il 17 febbraio del 1974 e morirono per annegamento le trenta personedell’equipaggio composto da: il comandante francese, 2 italiani, 2 spagnoli, un turco, 19 africani, giovani provenienti dalla Nigeria, dal Camerun, dal Ghana, dal Gambia.
Per otto giorni nessuno ha indagato sulla sorte della nave dalla quale non si avevano notizie. Solo lei, in assenza di notizie, si preoccupò di iniziare le ricerche della nave. Fu Raina Junakovic, la moglie di Frane Junakovic, di 62 anni, ufficiale marconista di bordo. E’ morto anche il radiotelegrafista Claudio Corrado, di 22 anni, di Ruda (UD). Questo giovane è ricordato da una targa posta nell’ex Istituto per Radiotelegrafisti di Grado (GO).
La nave mercantile, una vecchia “carretta del mare”, di 6507 tonnellate di stazza, costruita nel 1947 e allungata nel 1961, viaggiante sotto “bandiera ombra“, proveniente da Casablanca e diretta ad Augusta, in Sicilia, con un carico di circa 9.000 tonnellate di fosfati, trovandosi in difficoltà nel Canale di Sicilia, a causa del mare agitato, lanciò un SOS. Fu l’ultimo messaggio!
Alcuni giorni dopo il comandante della nave italiana VELA/ICMV, arrivato a Genova, avvisò la Capitaneria di porto che il 18 febbraio, intorno alle ore 1:45, aveva avvistato, tra i resti di un naufragio, una scialuppa di salvataggio abbandonata dove si leggeva una parte del nome “Seagull”. Iniziarono le ricerche. Fu rinvenuto il corpo di un marinaio.
Nel mese di dicembre del 1974, a seguito della segnalazione di un pescatore, il relitto della nave fu individuato a nove miglia da Licata alla profondità di 100 metri.

LA CONFRATERNITA DI MARIA SS.MA ADDOLORATA A LICATA

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La confraternita di Maria SS.ma Addolorata è una Associazione Ecclesiale di Laici costituita secondo le norme del Diritto Canonico, fondata con Decreto vescovile il 30 aprile del 2003. E’ regolata da 11 articoli che compongono lo statuto e da un regolamento interno.
E’ costituita dalla sezione Femminile, dalla sezione Maschile, dagli Aspiranti (10-15 anni), dai Novizi (16-17anni), dai Devoti, che sono quelli che indossano il saio soltanto durante la celebrazione dell’Addolorata, non hanno né diritti, né doveri, dall’Assemblea, dal Consiglio di Amministrazione, dal Consiglio dei Probiviri, dall’Assistente spirituale. Questi organi collegiali si rinnovano ogni 4 anni tramite elezioni a scrutinio segreto.
L’Assemblea è costituita non da tutti gli iscritti alla confraternita, ma soltanto dai Professi osservanti dei doveri imposti.
Il Consiglio di Amministrazione è composto dal Governatore che, rappresenta la Confraternita, che attualmente è il signor Fedele Amato, dal Vicegovernatore, il signor Maurizio Incorvaia, dai consiglieri: Giovanni Mantia, Vincenzo Iacona, Rocco Lauria, Maurizio Incorvaia, dal tesoriere e dal segretario, il signor Giovanni Mantia, dal Collegio dei Probiviri: Angelo Fricano, Calogero Incorvaia, Francesco Cosentino. I Probiviri sono i cosiddetti “uomini onesti“, persone che, per particolare autorità morale, sono investite di poteri giudicanti e arbitrali sull’andamento dell’associazione, sugli eventuali contrasti interni, sui rapporti con altri enti. L’ordine, la fratellanza, il rispetto reciproco sono valori che uniscono i confrati.

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L’Assistente spirituale, nominato dal Vescovo di Agrigento è padre Tobias Kuzeza.
Il fine generale della confraternita è proprio quello di formare i confrati a vivere, da laici, secondo gli insegnamenti scaturiti dal Battesimo che ciascuno ha ricevuto. Il carisma specifico è quello di promuovere il culto di Maria Ss.ma Addolorata testimoniando che la devozione mariana è la via più semplice per vivere la vita da veri cristiani attraverso l’ascolto della Parola, la partecipazione ai Sacramenti, il sentimento della carità. Infatti la confraternita  ha adottato a distanza alcuni bambini.

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I confrati vivono l’ecclesialità e la laicità seguendo l’esortazione apostolica “Christifideles laici” che papa Giovanni Paolo II, oggi  Santo, firmò a Roma il 30 dicembre del 1988 come sintesi e compendio della dottrina sorta dal Sinodo dei vescovi del 1987 sul tema “Vocazione e missione dei laici nella chiesa e nel mondo“.
La confraternita possiede lo stemma  dove è inciso il volto di Maria Addolorata. Lo stesso viso è impresso negli stendardi che i confrati espongono durante le processioni. Anche il vestiario dei confrati è stabilito dagli organi statutari.

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Annualmente la Confraternita Maria SS.ma Addolorata conta 123 confrati molto presenti e attivi in seno alla confraternita.

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Si riuniscono in assemblea l’ultimo venerdì di ogni mese nella sede presso l’oratorio del santuario di Sant’Agostino, nel quartiere “Marina”. Gli ambienti della sede sono puliti, ordinati, accoglienti e dignitosamente arredati.

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La Confraternita Maria SS.ma Addolorata, oltre ad organizzare la festa dell’Addolorata e a portare in processione il Suo fercolo,

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continua il lavoro iniziato dal “Comitato Seagull” per la difesa dei diritti dei marinai organizzando la cerimonia officiata nel Santuario di Sant’Agostino dove c’è il monumento che ricorda le vittime del naufragio. Quest’anno, il 16 febbraio 2016, la funzione religiosa è stata officiata dal parroco della chiesa padre Tobias Kuzeza come anche l’anno scorso.

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 Numerosa è sempre stata la partecipazione di associazioni e di confraternite alla funzione religiosa, al momento di preghiera davanti al monumento dei caduti in mare e alla deposizione della corona di fiori.
E’ stata ricordata la figura della signora Raina Junakovic, moglie di Frane Junakovic, il marconista deceduto che, per diversi anni, è venuta a Licata per commemorare la tragedia del naufragio della nave “Seagull”, per partecipare alla funzione religiosa e per dare il suo saluto agli uomini caduti in mare.
Quest’anno la signora Raina, che avrebbe superato il secolo d’età, era assente. Sue sono le parole: ”Io sono sempre stata presente, tranne quando ho avuto problemi gravi di salute”. La sua indomita vitalità l’ha spinta a intraprendere estenuanti ma vittoriose battaglie contro le oscure potenze degli “armatori ombra”, a recarsi in India, ove è già stata per collaborare a una comunità in difesa delle donne.

Fonti:

-Calogero Carità – Alicata Dilecta – La Vedetta 1988

-Calogero Carità – Il Santuario della Chiesa di Sant’Agostino di Licata, Licata 1989

-Calogero Carità – Immanis Gela Nunc Alicata urbis dilectissima AC…- La Vedetta  2007

-Calogero Carità – Francesco Pira – La Ven.le Confraternita di San Girolamo e il Venerdì Santo a Licata – La vedetta 2016

-Cesare Carbonelli – Breve profilo storico di Licata e delle sue chiese – Stab. Tipog. A.T.E.C.- Canicattì 1968

-Francesco La Perna – Calogero Lo Greco – Le Antiche Confraternite di Licata – Ed. C.S. – Licata 1998

-Angelo Schembri  – Guida Storico – Artistica di Licata – La terra del re sicano Cocalo – Cooperativa Turistica Sikania 2007

– Web – Confraternita San Girolamo della Misericordia- Licata

– Web – Confraternita SS.mo Salvatore- Licata

–  Francesco e Rosalba Nogara

 

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