Apr 14, 2017 - Senza categoria    Comments Off on LA FESTA DEL CRISTO REDENTORE – LA CHIESA DEL SS.MO SALVATORE- LA CONFRATERNTA DEL SS.MO SALVATORE A LICATA

LA FESTA DEL CRISTO REDENTORE – LA CHIESA DEL SS.MO SALVATORE- LA CONFRATERNTA DEL SS.MO SALVATORE A LICATA

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La Santa Pasqua cristiana, che è celebrata la domenica seguente il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, segna i suoi momenti liturgici nei quaranta giorni della Quaresima e, in modo particolare, in quelli della settimana santa che inizia la domenica delle Palme, quando sono benedetti i ramoscelli d’ulivo, e si conclude il giorno di Pasqua.
Per la Santa Pasqua s’intende un insieme di ricorrenze religiose dell’anno liturgico che, in Sicilia, ha dato origine a molte feste che uniscono momenti salienti della Passione, della Morte e della Resurrezione di Gesù Cristo. Durante queste manifestazioni religiose rilevante è la partecipazione del popolo siciliano che si manifesta non solo nei classici cortei processionali, ma anche nell’alternanza di sentimenti tristi e luttuosi per la morte di Gesù Cristo e di sentimenti allegri e festosi per la Sua Resurrezione.
A Licata la settimana santa inizia con la festa dell’Addolorata alla quale seguono: la processione del Cristo alla Colonna, la visita ai Santi Sepolcri, le varie funzioni religiose in chiesa, es. la Via Crucis e la Lavanda dei piedi, la rappresentazione del Venerdì Santo, la festa del Cristo Risorto.
Il giorno di Pasqua a Licata è festa grande. E’ la festa del Cristo Risorto. Fervono i preparativi fra i confrati della Confraternita del SS.mo Salvatore. Già la mattina della domenica di Pasqua la piazzetta davanti alla chiesa del SS.mo Salvatore è animata dai gruppi folkloristici e dal suono della banda musicale.

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Alla funzione eucaristica, officiata dall’assistente spirituale rev. Giuseppe Sciandrone, partecipano tutte le Autorità civili e militari e moltissimi fedeli.

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foto di Giulia Cascina

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Durante la funzione religiosa sono accolti nel sodalizio, benedetti del sacerdote, tanti altri giovani adepti che hanno espresso il desiderio di unirsi alla Confraternita del SS.mo  Salvatore per condividere con i vecchi confrati gli stessi propositi.

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Il simulacro del Cristo Risorto, “u Signori cu munnu nmanu”, nelle prime ore pomeridiane esce dalla chiesa del SS.mo Salvatore ed è trasportato in processione lungo le vie della città.

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Durante il cammino processionale entra in alcune chiese di Licata. Il santuario di Sant’Angelo Martire Carmelitano, molto vicino alla chiesa del SS.mo Salvatore, è il primo luogo che accoglie il Cristo Risorto che si avvicina all’urna di Sant’Angelo.

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Il cammino processionale prosegue per la Via Rizzo, per il Corso Umberto, per il Corso Serrovira, per il Corso Roma. Attraversa il Corso Vittorio Emanuele I per giungere alla Chiesa Madre. Infine, percorrendo la Via Dante Alighieri, arriva nella Piazzetta Confraternita SS.mo Salvatore dove è ubicata la chiesa del SS.mo Salvatore.
A tarda sera il Cristo Risorto ritorna nella Sua chiesa sempre accompagnato dai confrati, da una grande folla di fedeli, dalla banda musicale.
I fuochi d’artificio concludono la festa.

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La domenica successiva alla festività della Santa Pasqua di Resurrezione la comunità della chiesa del  SS.mo Salvatore  per la pima volta ha assistito all’ascesa del Cristo Redentore. Alcuni  confrati della confraternita, guidati dal governatore, l’avv. Vincenzo Graci, con grande  entusiasmo  si impegnarono ad allestire la nicchia dell’altare maggiore che custodisce la statua.

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Altri trascinarono il fercolo  fino ai piedi dell’altare.

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Foto di Angelo Curella

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 Quindi  sollevarono  il Cristo Risorto.

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U Signori cu munnu nmanu è ora al suo posto.

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Il coro “Fiore del Carmelo” ha  intonato canti di lode.

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Alla fine della mansione i devoti hanno salutato il Cristo con un lungo e devotissimo applauso.

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LA CHIESA DEL SS.MO SALVATORE A LICATA

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La chiesa del SS.mo Salvatore si trova nella Piazzetta “Confraternita SS.mo Salvatore” tra l’ala meridionale del convento del santuario di Sant’Angelo Martire Carmelitano e l’ala settentrionale della Badia delle Benedettine, oggi, in parte, sede del Museo archeologico e, in parte, sede di una scuola elementare. La chiesa è corredata da un piccolo giardino sul lato sinistro dove si staglia l’alta statua della Madonna, di marmo bianco, e separata dalle mura urbiche da uno stretto vicolo.

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La chiesa è molto antica, doveva esistere sicuramente prima del 1242. Nel 1986 e per due lunghi anni è stata sottoposta a urgenti lavori di restauro disposti dalla Soprintendenza ai BB.CC di Agrigento e seguiti dall’architetto Turi Scuto. Durante questi lavori sono stati rinvenuti alcuni elementi architettonici riconducibili al quel periodo.
Le sue origini appartengono alla Confraternita del SS.mo Salvatore che l’ha costruita come oratorio. Un documento, sfuggito all’invasione dei turchi nel1553, perché non era conservato nella chiesa, porta la data del 14 febbraio del 1551, periodo in cui era vescovo di Agrigento Mons.Antonio Lanza. La confraternita del SS.mo Salvatore già nel 1547 si era trasferita nella chiesa di nuova costruzione e aveva ottenuto da Mons. Rodolfo Pio del Carpo, vescovo di Agrigento, la bolla di fondazione della confraternita con le relative regole.
La chiesa è in stile barocco.
Il prospetto, realizzato in marmo di Trapani nel 1697, è abbellito dal portone di legno intagliato realizzato sotto l’impulso del cappellano Melchirre Mantia e con il contributo di alcuni devoti. Qualche modificazione è stata eseguita intorno al 1733, come si nota nella scritta sotto la finestrella centrale del campanile.

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La torre campanaria, alta 24 metri, pregiata opera di architettura, posta su un alto basamento a due piani di elevazione,  presenta strutture gotiche e ampie finestre e fu completata nel 1773.

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Al  centro della facciata, sopra il portone d’ingresso, l’ampio rosone, di circa due metri quadrati, permette alla luce del giorno di illuminare l’interno della chiesa.

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La chiesa, a navata unica, è impreziosita da stucchi bianchi su fondo celeste.
All’interno la chiesa custodisce numerose opere d’arte: statue, tele, affreschi, stucchi.

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L’altare centrale, nell’abside, di marmo bianco, ospita nella nicchia la statua lignea di Cristo Redentore realizzata nei primi anni del novecento ad opera di autore ignoto. E’ in atteggiamento benedicente. Ha il braccio destro alzato e la mano aperta. Il braccio sinistro è piegato e la mano sinistra regge una sfera di colore verde che rappresenta il mondo. La sfera è sormontata da una croce dorata. E’ chiamato “u Signuri cu munnu in manu” ed è la statua che è portata in processione la domenica di Pasqua. La statua, dalle dimensioni di 180×80 cm, raffgura Cristo che indossa una tunica bianca a fiori coperta dal mantello dorato all’interno e rosso porpora all’esterno.

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La porta del taberancolo, in legno, è impreziosita dall’ immagine sacra del Buon Pastore. Cantano la ninna nanna al Bambinello i pastori  dellAss. zampognari “Andrea Mulè”.

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Sopra il presbiterio l’agnello, seduto sulla nuvola, circondato dai raggi del sole, con la croce sul dorso, rappresenta la Santa Pasqua.

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Altare addobbao durante la Quaresima

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All’ingresso della chiesa, nella nicchia di destra alloggia la statua in cartapesta di Santa Barbara, di ignoto artista siciliano, del XVIII sec., invocata come protettrice contro lampi e tuoni, elementi di rischio per chi lavora nei campi. Santa Barbara ha il volto celestiale, dai lineamenti sottili.
La corona cinge la testa coperta dai lunghi capelli castani. Nella mano destra, col braccio alzato per sostenere il mantello verde-bianco, stringe la palma del martirio. Con la mano sinistra sostiene il libro della sapienza appoggiato all’osso dell’anca. E’ vestita da una tunica rossa fiorata e da una sopraveste trasparente.

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Nella nicchia di sinistra alloggia il simulacro ligneo di San Gaetano da Thiene, del XVIII secolo, coperto dall’ampio e morbido panneggio delle vesti. Tiene  in mano il Bambin Gesù e una spiga di grano, simbolo di abbondanza dei raccolti. E’chiamato “Padre della Provvidenza” ed è stato eletto protettore degli agricoltori e dei pastori, categorie presenti tra i confratelli della confraternita.

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Il Crocifisso, scultura lignea policroma, dell’800, posto sull’altare della navata destra, caratterizzato da un forte patetismo accentuato dalla posizione contorta del corpo, dalla rilevanza della massa muscolare e dal volto scarno e sofferente, rappresenta il Cristo nel momento che precede la morte. Alcuni attribuiscono l’opera a Ignazio Spina, altri al canicattinese Antonio Lo Verde. L’artista ha voluto dare una visione perfetta dell’estrema trasfigurazione di Gesù morto in croce rappresentandoLo in un atteggiamento spasmodico.

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La nicchia, sempre nella parete di destra, accoglie l’immagine di cartapesta dell’Ecce Homo, alto cm. 160, attribuibile ad un artista locale del 700, forse allo scultore Giovanni Spina, che ha trattato con molto realismo il volto di Gesù dolorante. Il Cristo è in piedi, col volto piegato sul lato destro della sua persona, il braccio sinistro disteso e il destro piegato. I colori, molto accesi, evidenziano il sangue, le ferite  e la sofferenza.

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La vicina piccola nicchia accoglie il busto della Madonna addolorata, di autore ignoto dell’800.
La drammatica espressività dei gesti e delle masse plastiche del viso comunica il senso del dolore di una madre per la morte del proprio diletto figlio. La testa è cinta da una corona dorata e molto decorata. Un’aureola dorata, formata da tante piccole stelle, circonda il Suo volto. Il fazzoletto, di colore azzurro, copre la testa e il busto fino all’altezza delle spalle. Il collo è cinto da una sciarpa di colore verde. Il corpo di Maria è coperto da una tunica nera. Il grande pugnale Le trafigge il cuore. Le braccia aperte denotano accolgienza e amore materno.

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 Nella parete di sinistra pregiata è la tela della Madonna con Santa Barbara e San Gaetano da Thiene, di autore ignoto dell’800. Al centro domina la figura di Maria che tiene in braccio il Bambino Gesù. Indossa la tunica di colore arancio e il mantello di colore blu. Ai suoi piedi stanno quattro angeli, San Gaeteno e Santa Barbara, che tiene una palma nella sua mano destra.

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Nelle tele,  circondate da cornici di gesso, sono rappresentati alcuni episodi del Nuovo Testamento. Nella parete laterale sinistra sono rappresentati: la resurrezione di Lazzaro,

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 il miracolo del centurione guarito.

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Nella parete laterale di destra sono rappresentati: la guarigione degli storpi,

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 la guarigione del cieco nato.

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Di dimensioni di cm.139x 190 sono attribuiti a Giuseppe Spina nel XVIII sec. Lateralmente all’altare centrale: a sinistra è rappresentata la guarigione dei lebbrosi

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 e a destra la guarigione dell’idropico.

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Sono in ottimo stato conservazione dopo il restauro eseguito nel 2007 dalla ditta Geraci di Messina.
Otto sono le tele dei santi Apostoli dipinti su fondo scuro con la scrittura il latino. Sono opere attribuite a Giuseppe Spina (1790-1861).
Nella parete laterale destra ci sono: S. Andreae,

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S. Simonis,

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 S. Bartholomaei,

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 S. Taddaei.

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 Nella parete laterale sinistra ci sono: S. Thomae,

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 S. Matthaei,

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S. Philippi.

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La tela, di fattura moderna, raffigura la Madonna del Lume.

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  Una piccola nicchia accoglie il presepe.

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Gli affreschi della volta della chiesa, che raffigurano i miracoli eucaristici, fanno di questo luogo un importante scrigno d’arte. Lodevole è l’impegno della confraternita per la loro buona conservazione.
Raffigurano: le nozze di Cana,

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 La cena a casa di Simone il Fariseo,

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 la moltiplicazione dei pani e dei pesci.

 

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Il dipinto sopra la porta raffigura il Cristo benedicente

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E’ IL Cristo Maestro di Vita donato dal f confratello Angelo Lumia.  E’ una copia del mosaico situato sul Colle Portuense a Roma. L’opera è attribuita all’artista  suor M. Agar Loche per la chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo Divino Maestro.
Questa lapide ricorda Don Carmelo Di Bartolo, fondatore dello Scoutismo, per aver creato il primo gruppo Scout a Licata alla fine del 1940 quando era parroco della chiesa del SS.mo Salvatore.

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Gli arredi sacri della chiesa sono stati arricchiti dalla preziosa pisside donata dai coniugi Salvatore (Totò) Gambino – Ivana De Caro devotissimi a San Pio da Pietralcina.

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La statua di San Pio è stata donata alla Chiesa del SS.mo Salvatore dal confrate signor Carmelo La China, devotissimo di San Pio, tornato alla Casa del Padre.

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La signora Ivana De Caro racconta: ”Ho un ricordo nella mia mente: ” Un giorno, credo un paio di anni fa, lo vidi entrare nella chiesa del SS.mo Salvatore e, dopo aver fatto il segno della Croce e l’inchino al Santissimo Sacramento, si avvicinò a Padre Pio, lo guardò e gli occhi gli diventarono lucidissimi…quell’immagine mi è rimasta impressa e, anche a distanza di anni, ricordo questa scena come se fosse ieri. Educato, rispettoso, non rinunciava mai al saluto”!
Il calice è stato donato alla chiesa del SS.mo Salvatore da una signora che preferisce mantenere l’anonimato. Dal lato sinistro della chiesa si accede alla sagrestia, che consente l’accesso alla sala di riunione dei confrati, al campanile e alla cripta sotterranea. Gli armadi della sagrestia custodiscono gli arredi sacri della chiesa e della confraternita.
Il sagrato della chiesa comprendeva un piccolo cimitero riservato alla sepoltura dei confrati deceduti   si estendeva dal marciapiede fino all’ingresso della chiesa. Nel corso di recenti restauri è stata anche portata alla luce e ripristinata l’antica cripta sotterranea per tutta la lunghezza della chiesa, con scolatoi E ossari. Nel suo interno sono visibili i resti di un altare,datato 1744.
Agli inizi degli 1980 la cripta fu restaurata dalla Soprintendenza ai BB.CC di Agrigento su progetto dell’architetto Salvatore Scuto che la rese fruibile.

Anima le funzioni religiose la signora Ivana De Caro Gambino pregando, cantando, suonando

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LA CONFRATERNITA DEL SS.MO SALVATORE

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La confraternita del SS.mo Salvatore può essere considerata il più antico sodalizio ecclesiastico-laicale sorto nella città di Licata e, anche se non si conosce esattamente la data della sua fondazione, essa risale a prima del 1242, secondo quanto è scritto in un documento del Consiglio Generale degli Ospizi della ex provincia di Agrigento del 16 ottobre del 1850. “I primi chiamati a riconoscere il Salvatore nato nel mondo furono uomini di campagna, pastori di regge nella foresta di Betlemme, cui l’Angelo del Signore diede tale felice annunzio, quia natus est vobis hodie Salvator. Eglino i primi ad essere illuminati, claritas Dei circumfulsit illos. Eglino i primi intesero intimare dal coro di què Spiriti celesti la gloria dovuta a Dio in cielo; la pace che vuolea in terra conservarsi fra gl’uomini; or sendo stati  le primizie del suo amore, li primi ammessi alla sua adorazione, e i primi illuminati; a corrispondere adunque alle prime premure del Salvatore verso di essi è stata coltivata da gran tempo già trascorso, e devesi coltivare la nostra Congregazione, quale costa di tal genere, e sorta di persone; e questi pertanto son chiamati tra tanti ad un particolare istituto di vita, e costumi, per cui restasse glorificato il Salvatore in Cielo”.

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Le Costituzioni e le Regole della Confraternita del SS.mo Salvatore iniziano con queste parole integralmente sopra riportate. Secondo Francesco Giorgio, uno statuto è stato redatto il 18 maggio del 1543, anche se l’atto giuridico più antico, conservato presso la Curia Vescovile di Agrigento, risale al 26 aprile del  1547 e si riferisce all’intervento di don Pietro Valentino, vicario generale del vescovo di Agrigento Mons. Rodolfo Pio del Carpo che, essendosi reso vacante il beneficio del SS. Salvatore, di Jus Patronatus della confraternita, per la morte del sac. Don Antonio Galluzzo, conferma come beneficiale il sac. Antonino de Scotia, presentato, secondo i canoni della confraternita, da don Michele lo Brunetto, Nicola Galluzzo, Andrea Palumbo.
La confraternita del SS.mo Salvatore era costituita da massari e da contadini che avevano scelto come loro sede la chiesa intitolata anche allora al SS.mo Salvatore. Questa sede, anteriormente al 1547, fu distrutta e abbandonata dai confrati che si trasferirono nella sede attuale sita nella “Piazzetta Confraternita  SS.mo Salvatore”.
Quando, nel mese di luglio del 1553, la città di Licata fu devastata da una flotta Turco-Francese, anche la confraternita del SS.Salvatore fu privata delle sue antiche scritture relative alla fondazione e alle regole della confraternita. Il giorno undici maggio del 1563 don Geronimo Bazzio, vicario generale di Mons. Cardinale Rodolfo Pio del Carpo, trovandosi a Licata un decennio più tardi, rinnovò ai confrati sia le Bolle di fondazione sia lo statuto. Confermò al sodalizio la gestione dell’attuale chiesa e la sepoltura ecclesiastica nel cimitero della confraternita annesso alla chiesa e diede la facoltà di eleggere il cappellano Beneficiale. Il 18 maggio del  1543 Mons.Cardinale Rodolfo Pio del Carpo, durante una sacra visita, confermò quanto aveva disposto don Geronimo Bazzio. Il primo gennaio del 1575 Mons Cesare Marullo, il nuovo vescovo di Agrigento, confermò tutte le concessioni precedentemente ottenute.
La Confraternita ebbe il suo massimo splendore nella seconda metà del ‘500. Era costituita da 400 confratelli quando giunse a Licata, durante una sacra visita, Mons Diego de Haedo, vescovo di Agrigento, che stabilì che l’abito uniforme doveva consistere in un sacco di tela bianca con cappelli e mantelli rosati.
Nel secolo XVII la confraternita s’impegnò nella costruzione dell’oratorio detto anche chiesa del “SS. Salvatore”.
Il sagrato della chiesa comprendeva il cimitero e una cripta era riservata alla sepoltura dei confrati.

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Le Costituzioni e le Regole della confraternita furono confermate il 14 febbraio del 1771 da mons. Antonino Cavaleri, vicario generale di mons. Antonino Lanza, vescovo di Agrigento. Il 19 luglio del 1784 le Costituzioni e le Regole furono approvate dalla giunta dei presidenti e dei consultori e riconosciute con dispaccio del viceregio il 21 luglio del 1784.
I pontefici che si succedettero negli anni concessero alla confraternita numerose indulgenze. Con bolla del 24 aprile del 1770 da Clemente XIV fu concessa l’indulgenza plenaria ai confrati nel primo giorno del loro ingresso nel sodalizio. Con bolla del 29 novembre dello stesso anno concesse l’indulgenza plenaria ai confrati defunti che avevano osservato le regole dello statuto. Il rapporto tra il sodalizio e il confrate defunto non si interrompeva con la sua morte, ma continuava con l’attenzione dei confrati per la salvezza dell’anima per mezzo di speciali pratiche spirituali e con la celebrazione delle Sante Messe di suffragio celebrate nell’altare principale.
La confraternita, come avviene ancora oggi, si impegnava a festeggiare la solennità della Santa Pasqua di Resurrezione.
In occasione del triduo pasquale aveva il privilegio di esporre il Ss.mo Sacramento durante le sante Quarantore.
I confrati, obbligatoriamente, dovevano sostare per almeno un’ora di tempo vicino all’altare con la corona di spine sulla testa e con la corda al collo. Nel tardo ‘800, essendosi estinta la confraternita di San Giacomo, che nel giorno di Pasqua portava in processione il simulacro del Cristo Risorto, la confraternita del SS.mo Salvatore assunse l’incarico di condurre per le vie di Licata il simulacro del Cristo Risorto, la statua che presiede la nicchia situata sull’altare centrale. Durante la Via Crucis del Venerdì Santo la confraternita occupava il secondo posto mentre, durante le altre processioni, occupava l’undicesimo posto seguendo il cerimoniale prestabilito che stabiliva l’ordine di ciascuna confraternita nel corteo delle processioni. Infatti, spesso, motivo di scontro tra i vari sodalizi, anche con violente risse, era il posto tenuto da ciascuna confraternita durante le processioni. Per questo motivo l’autorità ecclesiastica di Agrigento assegnò un posto fisso a ciascun sodalizio.
La confraternita, durante la sua istituzione, ha avuto qualche periodo di stasi. Secondo lo statuto, i confrati si dovevano dedicare anche all’esercizio di pie attività verso i poveri e gli ammalati. Durante la festività di Pasqua ogni confrate doveva portare il pane o altri generi alimentari, in processione, nel cimitero della confraternita dove, dopo la benedizione del cappellano, una parte era destinata ad opere di elemosina ai carcerati e agli ammalati ricoverati nell’Ospedaletto degli Incurabili della venerabile Compagnia di Maria SS.ma della Carità, in suffragio dell’anima dei confrati defunti, un’altra parte era distribuita ai poveri che si recavano nel loro cimitero. Nel periodo della raccolta del grano nei campi si faceva la questua il cui ricavato serviva, in parte, per le quotidiane necessità della chiesa e, in parte, per sopperire alle necessità dei poveri e dei bisognosi. Però, l’istituzione della processione del simulacro di Cristo Risorto, molto partecipata dai confrati e dai fedeli, distrasse i confrati dalla frequenza giornaliera dell’oratorio, da cui derivava il loro arricchimento spirituale che avrebbe consentito di “trovare il Salvatore nella gloria per goderlo alla svelata al pari di quelli fortunati Pastori nella grotta di Bettelemme”.
Nel 1968 la soppressione da parte di Mons.Giuseppe Petralia, vescovo di Agrigento, di molte feste religiose, anche di quella a cui si era dedicata la confraternita del SS.mo Salvatore, indusse la stessa alla quasi inattività, durata quasi sino ai giorni nostri, limitandosi alla sola gestione amministrativa del suo patrimonio.
La Confraternita del SS.mo Salvatore attualmente concentra la sua attenzione sull’organizzazione della processione del Cristo Redentore detto “u Signori cu munnu nmanu“. E’ una festa molto partecipata dai confrati e dai fedeli

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Al fine di adeguare l’istituzione ai tempi, l’assemblea dei confrati, governata dal signor Salvatore Montana, nel 1966 approvò lo statuto corrente. Attualmente la confraternita è composta di 79 confratelli ed è diretta dal Governatore che, al momento, è il dott. Vincenzo Graci,

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 e da cinque Consiglieri. Il governatore più anziano degli ultimi 50 anni è il signor Cavaleri Vincenzo, oggi novantenne,

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Carmelo La China, Vincenzo Cavaleri, Vincenzo Bonfiglio, Vincenzo Graci

 Il rettore e padre spirituale è il rev. Padre Giuseppe Sciandrone.

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La confraternita nell’icona, un piccolo vessillo a fondo scuro, ha inserito l’azzurro globo terrestre, stretto tra tre braccia, e sormontato da una croce, simbolo di Gesù Cristo Salvatore del mondo.

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Inoltre portano al collo una collana di cordoncino rosso e nel cerchio del medaglione, bordato di rosso,  è raffigurato il Cristo Redentore

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 e lo stendardo, un drappo rosso damascato di forma triangolare diviso a coda di rondine e sorretto da un’asta con globo terrestre finale sormontato da una croce, simbolo del sodalizio.

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L’altro stendardo è di forma rettangolare, di raso bianco, con contorni arabescati e smerli dorati. La parte centrale è occupata dalla figura del Cristo Risorto.

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Poichè a Licata sono presenti diverse confraternite, ciò ha spinto l’Autorità ecclesiastica a istituire un Centro Diocesano delle confraternite al fine di promuovere la crescita alla luce del Concilio Ecumenico Vaticano II e di proiettarle a pieno titolo nella chiesa del terzo millennio con l’augurio che, sotto la guida spirituale della chiesa, possano mantenere, vivo il legame tra fede religiosa ed impegno civile.

Oggi, 27 dicembre 2017, il Duomo di Santa Maria La Nova, la Chiesa Madre di Licata, ha accolto le spoglie mortali del signor Vincenzo Cavaleri.
Uomo buono, dotato di una grande nobiltà d’animo, è stato onorato dalla Confraternita del SS.mo Salvatore  di cui è stato governatore per un periodo di tempo lungo 14 anni, come ha riferito l’avv . Vincenzo Graci, attuale governatore della stessa Confraternita.
Ha officiato don Tonino Cilia, parroco della chiesa delle Sette Spade di Licata.

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 Gli angeli e i santi del Paradiso ti accolgano in gloria, fratello Vincenzo!

 

 

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