Jul 1, 2023 - Senza categoria    Comments Off on LA CHIESETTA DI MARIA SS.MA DI POMPEI E LA CHIESETTA RUPESTRE SAN CALOGERO A LICATA

LA CHIESETTA DI MARIA SS.MA DI POMPEI E LA CHIESETTA RUPESTRE SAN CALOGERO A LICATA


La Chiesa della Madonna di Pompei fu edificata nel XV secolo alle pendici orientali del monte sant’Angelo, a Licata, dove sono sorti i primi insediamenti abitativi della città e dove sono stati trovati notevoli reperti archeologici.


Per la sua posizione elevata è visibile da diversi punti della città.
Basta alzare lo sguardo dal Corso Umberto I, sopra il palazzo di città, o guardare dal porto dei pescherecci, o dalla baia Marina di Cala del Sole, per vedere da lontano la chiesetta.

Ammiro la chiesetta osservandola da lontano, soprattutto la sera quando è illuminata dalle luci accese al suo interno.

Si chiamava prima chiesa di “Santa Maria del Soccorso”, successivamente fu conosciuta con il nome di “Chiesa della Collura”.
Nel 1557 fu ceduta ai padri Domenicani e,nel 1566, ai padri Agostiniani che dovevano costruire il convento.
La chiesetta fu restaurata nel 1897 grazie alla generosità di alcuni benefattori e all’interessamento di don Raimondo Incorvaia, parroco della Chiesa Madre.
La consacrazione della chiesetta a “Maria SS.ma di Pompei” avvenne nel 1897.
Lo stesso giorno fu scoperta la lapide per ricordare don Raimondo Incorvaia e dove è scritto: ” D.O.M. Raymundus M.Dr. Incorvaia Praep. P.D.O.M. suiset fidelium largitionibus nectam munificentiam Joanne Verderame Sapio, Josephi Sapio et Marianna Damanti hoc templum Deiparae SS. Rosari Pompei aedificavit. A.D. 1897“.


Nuovi interventi di restauro sono avvenuti nel 2000, dopo lunghi anni di abbandono e di degrado.
La chiesetta, di piccole dimensioni, costruita in muratura con cocci di calcarenite in una delle più ricche zone archeologiche di Licata, ha il prospetto planimetrico rettangolare e dalle linee semplici.



Il prospetto della facciata, ristrutturato nel 1897, fu abbellito da un portale bugnato discretamente elaborato con archi e con paraste in ottima pietra di taglio.


Il prospetto è sormontato da un timpano semicircolare spezzato con tre forature allungate nella parte centrale. Funge da campanile dove sono alloggiate le tre campane.

Una finestra, posta sopra la porta d’ingresso, dona luce all’ambiente interno.


All’interno della chiesa, a una sola navata, non vi sono particolari elementi decorativi, solo piccoli ma pregevoli affreschi.

La volta è interamente affrescata, ma avrebbe bisogno di nuovi interventi di restauro.

L’altare del presbiterio accoglie la Madonna del Rosario col Bambino e, lateralmente, i Santi Domenico e Caterina, un quadro dipinto da Giovanni Cammarata nel 1987.

L’altare è realizzato interamente in marmo con decori sui quattro lati e colonne laterali.
Arredano la chiesetta il quadro dell’Annunciazione e le statue di due Cristi crocifissi.

Il quadro di Gesù crocifisso con gli angeli è posto alla base dell’altare. Ad uno di Essi appartiene la lapide.


La strada, per raggiungere la chiesetta, è in un pendio ripido e, purtroppo, poco agevole e non facile da raggiungere. Tuttavia, nonostante la strada per accedere alla chiesa sia particolarmente accidentata, le funzioni religiose sono celebrate regolarmente perchè la chiesa appartiene alla rettoria della Parrocchia di Santa Maria la Vetere e alla diocesi di Agrigento.
Le persone che raggiungono la chiesetta, non solo partecipano alle funzioni religiose, ma dal piazzale davanti alla chiesetta osservano e apprezzano il suggestivo panorama che mostra gran parte di Licata, il mare e il porto.

Ai piedi della chiesa della Madonna di Pompei, scavati nella roccia, resistono i resti del santuario rupestre di San Calogero, di età Bizantina.

Alla base della chiesetta di Maria SS.ma di Pompei ci sono delle grotte.
Nell’antica città di Licata una buona parte dei suoi abitanti, in genere contadini e allevatori, abitava all’interno di grotte e spelonche naturali nella zona alta del Cotturo, di Piano Madre e di San Calogero.
Probabilmente erano preesistenze di età preistoriche.
Queste grotte esistono ancora, ma sono state incluse nelle successive abitazioni che furono edificate in quella zona a partire dal 1600. A Licata, in località “Collura”, oggi “Pompei”, si possono visitare ancora i resti della chiesetta rupestre di “San Calogero”, dedicata alla “Santa Croce”, un ipogeo scavato nella roccia dai monaci calogerini.




I monaci calogerini, oltre che a Licata, si erano stanziati a Naro, ad Agrigento, a Sciacca.
“Calogerini” era l’appellativo che indicava gli anacoreti che vivevano in luoghi solitari e dentro le grotte.
Nel 1700 il santuario rupestre fu incluso in una chiesetta oggi non più esistente.
San Calogero (Calcedonia, 466 – Monte Kronio – Sciacca, 18 giugno 561) è stato un monaco eremita, seguace di San Basilio, venerato come santo taumaturgo dalla Chiesa cattolica, dalla chiesa ortodossa e patrono di moltissimi paesi della Sicilia.
Il nome “Calogero” deriva dal greco “καλόγηρος”, termine composto da “καλός” “bello” e da “γῆρας” “vecchiaia”col significato di uomo “bel vecchio”.
Calogero, nato da genitori cristiani, colloca la sua esistenza tra il V e il VI secolo d. C.
Sin da bambino abbracciò gli insegnamenti del Cristianesimo. A vent’anni, secondo l’innografia composta dal monaco Sergio, fuggì dalla Tracia a causa delle persecuzioni scatenate dai monofisiti contro i fedeli al dogma proclamato nel 451 nel concilio di Calcedonia. Si recò in Sicilia, dove abitò per qualche tempo predicando e curando gli ammalati con le acque sulfuree dell’isola, convertendo molti abitanti alla religione cristiana e vivendo la sua vita di eremita e di taumaturgo.
San Calogero, in dialetto siciliano chiamato San Calòjiru o San Caloriu, è il patrono di Naro e compatrono di Agrigento. E’ particolarmente venerato a Caltavuturo, a Favara, a Sciacca, a Frazzanò, a San Salvatore di Fitalia, a Santo Stefano di Quisquina, a Cesarò, a Petralia Sottana, a Casteltermini, a Campofranco, a Canicattì, a Torretta, a Porto Empedocle, a Mussomeli, a Villalba e a Vallelunga Pratameno.
Si festeggia il 18 Giugno di ogni anno.
Auguri di buon onomastico a tutti coloro che si chiamano Calogero, Calogera, Caloriu, Caloria, Caluzzu, Caluzza, Caliddu, Calidda, Lillo, Lilla, Rino, Rina, Gero, Gera.
Si venerava anche a Licata nella chiesa rupestre, detta della “Santa Croce”, in località “Collura”, oggi Pompei. L’immagine del Santo nero fu trasferita nella chiesa di Santa Maria La Vetere.

La filastrocca a San Calogero
SAN CALORIU OGNI PAISI
San Caloriu da marina
Fa i grazii sira e matina
San Caloriu d’ Agrigentu
Fa i grazii a centu a centu
San Caloriu di Naru
Fa i grazii a migliaru
San Caloriu di Caniattì
Ni fici una e sinni pintì
San Caloriu da Licata
fà i grazii a na vùlata.

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Una leggenda devozionale racconta che durante la sua vecchiaia, non potendo più raccogliere le erbe di cui nutrirsi, Calogero si cibava del latte di una cerva che gli sarebbe stata mandata da Dio.
Un giorno il cacciatore Siero, detto Arcario, perché cacciava con l’arco e le con frecce, involontariamente uccise la cerva.
Addolorato per la cattiva azione, divenne discepolo del santo.
Alla morte di Calogero, avvenuta dopo quaranta giorni, Arcario lo seppellì in una caverna sul monte solo da lui conosciuta. Egli stesso trasformò la grotta in cui era vissuto il Calogero in una piccola chiesa dove alloggiò insieme ad altri discepoli. In seguito furono scavate nella roccia le cellette che costituirono i dormitori. Furono chiamate “Eremo” o “Quarto degli Eremi”.
A causa delle invasioni Saracene in Sicilia, il vescovo agrigentino del tempo, per non far disperdere le reliquie, le fece trasportare nel monastero basiliano di San Filippo di Fragalà, nei pressi di Frazzanò, nel messinese. Ai giorni nostri le sacre spoglie di San Calogero riposano nella chiesa Madre di Frazzanò, Diocesi di Patti, custodite in una cassa lignea.

 

 

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