Jun 21, 2019 - Senza categoria    Comments Off on LA CHIESA DELLA BEATA MARIA VERGINE DEL CARMELO DI LICATA RIAPRE AL CULTO DOPO ANNI DI CHIUSURA

LA CHIESA DELLA BEATA MARIA VERGINE DEL CARMELO DI LICATA RIAPRE AL CULTO DOPO ANNI DI CHIUSURA

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Oggi, giovedì 20 giugno 2019, è stata riaperta al culto dei fedeli la chiesa del Carmine a Licata chiusa da tre anni per consentire di eseguire i necessari e urgenti lavori di restauro e di rifacimento del tetto danneggiato dalle infiltrazioni d’acqua piovana.
Superata la lentezza burocratica, i lavori iniziati sono stati terminati nell’arco di pochi mesi di tempo.
A sollecitare l’intervento di restauro del tetto è stato il sindaco di allora, il prof. Angelo Cambiano, che ha ricevuto la soprintendente ai beni culturali di Agrigento, la dott.ssa Gabriella Costantino, e l’arch.Bernardo Agrò, anch’egli della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Agrigento, che ha illustrato il piano di intervento da effettuare per il recupero del tetto, della volta e del campanile della Chiesa.
La richiesta era stata già ufficialmente indirizzata alla Direzione Centrale per l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto, alla Prefettura e all’Ufficio beni Culturali ed Ecclesiastici della Curia Vescovile di Agrigento.
Il commento del sindaco: “La celerità con la quale la Sovrintendenza di Agrigento sta intervenendo per il recupero della Chiesa del Carmine non fa che confermare l’attenzione posta nei confronti della nostra città per il recupero del suddetto luogo di culto”.
Anche l’attuale sindaco, il dott. Giuseppe Galanti, ha sollecitato l’intervento della Soprintendenza ai beni culturali ed archeologici per dare avvio alla celere esecuzione dei lavori.
Le sue parole: ” Io e alcuni tecnici del Comune di Licata abbiamo fatto un sopralluogo all’interno della chiesa.
Effettivamente il rischio di crollo di una parte del soffitto è molto probabile.
Del resto, il tempio è chiuso da circa due anni proprio per i problemi rilevati nella volta.
Ho segnalato, con urgenza, la situazione alla Soprintendenza ai beni culturali ed archeologici di Agrigento.
Domani alcuni architetti dell’ente e la soprintendente, dott.ssa Gabriella Costantino giungeranno nuovamente a Licata per effettuare un nuovo sopralluogo e decidere il da farsi
”.
I festeggiamenti sono iniziati lunedì 17 giugno, con le riflessioni sul santuario di Dio, a seguire l’Adorazione Eucaristica, i vespri e la benedizione elargita in uno spazio di via Sole.
Martedì, 18 giugno,  le stesse celebrazioni si sono ripetute nel cortile Galvani, nei pressi di corso Italia.
Mercoledì, 19 giugno, le stesse celebrazioni si sono ripetute in piazza Stazione.
Giovedì, 20 giugno,  il giorno in cui è stata riaperta al culto la chiesa del Carmine,  la folla dei fedeli si è riuntita  nello spazio presso le Suore del Canonico Morinello in via Palma e, in processione, giunse alla chiesa del Carmine.
Alla cerimonia di riapertura della chiesa erano presenti: don Tonino Cilia, parroco della Chiesa del Carmine, della chiesa di Sette Spade e della chiesa di San Domenico, e il cardinale Mons. Francesco Montenegro, arcivescovo metropolita di Agrigento, le autorità cittadine e numerosi fedeli.

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E’ stato il cardinale Francesco Montenegro ad aprire la porta d’ingresso della chiesa e a consegnare le chiavi  al parroco, don Tonino Cilia.
Quindi è stata celebrata la Santa Messa.

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La chiesa era strapiena di gente che, da tanto tempo, chiedeva la riapertura della chiesa  al culto.

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Le parole del Cardinale Montenegro: ” Credo che la riapertura di una chiesa sia un momento importante di storia. E’ vero che si riapre la chiesa, ma credo che ogni chiesa ha un pezzo di storia che coinvolge la gente che ha tante speranze, tante paure e credo che noi abbiamo bisogno di guardare al passato per sapere da che parte dirigerci, per guardare  e affrontare il futuro.
E’ questo è un momento importante perché una chiesa che si apre è sempre una speranza che viene regalata.
Con la celebrazione religiosa è stato restituito alla città un importantissimo tempio, da sempre punto di riferimento per tutti i fedeli, ed un monumento barocco che dà lustro al centro storico di Licata.
Sono stato felice di presenziare, insieme al sindaco di Licata, all’onorevole Carmelo Pullara, ai componenti della giunta comunale, al presidente del consiglio comunale Giuseppe Russotto, ai consiglieri comunali ed alle autorità cittadine, alla restituzione della chiesa del Carmine alla comunità licatese”.
Le parole del sindaco della città, il dott. Giuseppe Galanti: ”Ringrazio monsignor Francesco Montenegro, il soprintendente per i beni culturali e ambientali Michele Benfari, il dirigente della sezione per i beni architettonici e storico – artistici, il dott. Bernardo Agrò, il direttore dell’ufficio beni culturali ecclesiastici Giuseppe Pontillo, il parroco don Tonino Cilia per quanto in questi anni hanno fatto per far tornare a splendere uno dei simboli della città di Licata”.

LA CHIESA DEL CARMINE A LICATA

La chiesa di Santa Maria dell’Annunziata, meglio conosciuta come “Chiesa del Carmine”, confinante con la via G. Amendola, è sita in Corso Roma, a Licata, allontanata da esso da un ampio sagrato.

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La chiesa nacque come chiesa ospitante nel convento l’ordine dei PP. Carmelitani.
Quello dei carmelitani è forse il più antico convento di Licata e, secondo la tradizione di quest’Ordine, sarebbe stato fondato dallo stesso Sant’Angelo nel 1200 e che vi avrebbe dimorato per un certo tempo prima di abitare nella casa di proprietà dell’arcivescovo di Palermo nella odierna via Sant’Andrea.
Che la chiesa sorgesse “extra moenia” si apprese da una petizione di P. Giovanni Soreth, Generale dell’ordine dei Carmelitani, rivolta al papa Callisto III nel corso del Capitolo Provinciale si Sicilia celebrato a Licata l’8 maggio 1457 con la quale riferiva al Pontefice che la Casa del Carmelo di questa città, trovandosi in aperta campagna e lontana persino dai borghi, era esposta al pericolo di incursioni barbaresche e per questo chiedeva che le venisse annessa la “ecclesia sine cura, sive cappella beati Angeli martyris sita intra muros dictae terrae”, di patronato dell’Università di Licata per rifugiarvisi in caso di pericolo e per custodirvi le cose di valore della chiesa e del convento.(Rif. Calogero Carità Immanis Gela Nunc Alicata Urbis Dilectissima AC…Storia generale della città di Licata pagg. 328 – 334).
Tutti i conventi dei religiosi (agostiniani, cappuccini, carmelitani, domenicani, cistercensi, e francescani dell’osservanza), fatta eccezione dei minori conventuali di San Francesco, erano fuori dalle mura della città per espressa decisione dei francescani e della famiglia Serrovira.
La costruzione della chiesa risale al sec. XIII, però ha subito diversi rifacimenti nei periodi successivi. Negli anni 1746- 1748 è stata definitivamente ristrutturata su progetto dell’architetto trapanese Giovanni Biagio Amico, già presente a Licata nel 1730-1731 come soprintendente alle fortificazioni. Ha ridisegnato la facciata barocca della chiesa, collaborato dai maestri scalpellini e marmorari trapanesi.
Ha dotato la chiesa di un sontuoso prospetto marmoreo grazie anche al concorso di facoltosi cittadini e di emeriti religiosi del convento.
Nel 1984 il prospetto marmoreo  della chiesa fu restaurato  dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici della Sicilia occidentale.
Sopra il portale della facciata e è inciso il tondo scultoreo rappresentante la Madonna e gli Angeli.

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 La facciata è sopraelevata a tre livelli e termina il campanile a tre logge che accolgono le campane.

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All’interno la struttura della chiesa è a navata unica.

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La prima attenzione è per l’abside della chiesa dove l’altare accoglie la statua della Madonna del Carmine o del Carmelo, del sec. XVIII, che apparve a San Simon Stock e a cui consegnò lo “Scapolare”.
Col braccio sinistro sorregge il Bambino e con la mano destra lo scapolare.

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 Ai  piedi della statua è poggiata la statuina di San Simon Stock.

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Lo Scapolare o abitino

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Un po’ di storia: Il monte Carmelo, in aramaico “Karmel” “giardino, paradiso di Dio”, è un rilievo montuoso calcareo alto 528 metri che si trova nella sezione nord-occidentale di Israele, nell’Alta Galilea. Si estende da SE a NW tra la piana di Esdraelon e quella di Sharon giungendo fino al mar Mediterraneo e articolando la costa nell’omonimo capo ai piedi del quale sorge la città di Haifa. Possiede una vegetazione bella e rigogliosa. E’ ricoperto di boschi, uliveti, vigneti. E’ citato più volte nell’Antico Testamento, in connessione con la vita del profeta Isaia (III Re 18,19 ss) e di Eliseo (IV Re 2,25), rispettato, per questo motivo, dagli israeliti, dai cristiani, e da musulmani.
Al monte Carmelo è legato l’Ordine dei carmelitani.
Fin dal tempo dei Filistei il monte Carmelo fu luogo di sosta di asceti. Dopo la morte di Gesù, su questo monte si ritirarono alcuni cristiani per attuare i suggerimenti evangelici.
Nel Primo Libro dei Re dell’Antico Testamento si legge che Elia, il primo profeta d’Israele, raccogliendo proprio sul monte Carmelo un insieme di seguaci, operò in difesa della purezza della fede in Dio vincendo il confronto contro i sacerdoti del dio Baal. Elia, dimorando sul monte Carmelo, ebbe la visione della Vergine che, come una piccola nube, si alzava dalla terra verso il monte portando la pioggia e salvando Israele dalla siccità. In seguito, sul monte Carmelo si stabilirono alcune comunità monastiche cristiane.
La Tradizione racconta che già prima del Cristianesimo sul monte Carmelo si ritirarono gli eremiti vicino alla fontana del profeta Elia.
I crociati, nell’XI secolo, incontrarono in questo luogo dei religiosi, probabilmente di rito maronita, che si definivano eredi dei discepoli del profeta Elia e seguivano la regola di San Basilio. Il monte Carmelo, data l’affluenza di quanti si raccoglievano intorno ai primi Carmelitani, divenne incapace di ospitarli tutti.
Così molti eremiti, devoti alla Vergine, si diffusero prima in Palestina e, successivamente, in Egitto ed in tutto l’Oriente.
Verso il 1150 finalmente gli eremiti si organizzarono a condurre una vita comune e realizzarono dei monasteri carmelitani che si diffusero anche in occidente, in Sicilia e in Inghilterra. Attorno al 1154 sul monte Carmelo si ritirò anche il nobile francese Bertoldo, giunto in Palestina assieme al cugino Aimerio di Limoges, patriarc
a di Antiochia. Insieme decisero di riunire sul monte Carmelo alcuni eremiti invitandoli a trascorrere una vita monastica.
Gli eremiti continuarono ad abitare sul monte Carmelo anche dopo l’avvento del cristianesimo. Alcuni eremiti sul monte Carmelo, vicino alla fontana di Elia, edificarono il primo Tempio dedicato alla Vergine che, per questo motivo, si chiamò “Madonna del Carmelo o del Carmine”. Questo gruppo di eremiti prese il nome di “Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”. Il monte Carmelo acquisì, in tal modo, i suoi due elementi caratterizzanti: il riferimento ad Elia ed il legame alla Vergine Maria. Iniziò così il culto a Maria, “amata da Dio”, il più bel fiore del giardino di Dio, laStella Polare”, la “Stella Maris” del popolo cristiano.
Nella seconda metà del sec. XII giunsero alcuni pellegrini occidentali, probabilmente al seguito delle ultime crociate del secolo che, continuando il culto mariano, si riunirono in un Ordine religioso, l’ordine carmelitano, fondato in onore della Vergine alla quale si professavano particolarmente legati.
L’Ordine non ebbe, quindi, un vero e proprio fondatore, anche se considera il profeta Elia il suo patriarca.
Il patriarca di Gerusalemme, Sant’Alberto Avogadro (1206-1214), originario dell’Italia, dettò la “Regola di vita” dell’Ordine Carmelitano.
Veglie, digiuni, astinenze, pratica della povertà e del silenzio furono i principi dominanti della “Regola di vita”.
Essa fu approvata da papa Onorio III con la bolla “Ut vivendi normam” il 30 gennaio del 1226.
Nel 1251 papa Innocenzo IV approvò la nuova Regola e garantì all’Ordine anche la particolare protezione da parte della Santa Sede.
Una conferma più solenne dell’Ordine Carmelitano fu data nel 1273 con il Concilio di Lione che aboliva tutte le nuove Congregazioni facendo rimanere in vita solo i Domenicani, i Francescani, i Carmelitani e gli Agostiniani.
Intorno al 1235, a causa delle incursioni dei saraceni, i frati dovettero abbandonare la Palestina per stabilirsi in Occidente.
Il loro primo monastero trovò dimora a Messina, in località Ritiro. Altri monasteri sono stati edificati a Marsiglia nel 1238, a Kent nel 1242, a Pisa nel 1249, a Parigi nel 1254 diffondendo il culto di Colei a cui “è stata data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron” (Is 35,2).
Il 16 luglio del 1251 la Vergine Maria, circondata dagli angeli e con il Bambino in braccio, apparve a San Simon Stock, il primo Padre Generale dell’Ordine inglese, al quale consegnò lo “Scapolare” dicendogli: “Prendi, o figlio dilettissimo, questo Scapolare del tuo Ordine, segno distintivo della mia Confraternita. Ecco un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza e di pace con voi in sempiterno. Chi morrà vestito di questo abito, non soffrirà il fuoco eterno”.
Detto questo, la Vergine Maria scomparve in un profumo di Cielo lasciando nelle mani di Simon Stock il pegno della Sua Prima “Grande Promessa”.
La Madonna, dunque, con la Sua rivelazione, ha voluto dire che chiunque indosserà e porterà questo Scapolare, la divisa carme­litana, non solo sarà salvato eternamente, ma sarà anche difeso in vita dai pericoli.
Non bisogna credere, però, che la Madonna, con la sua Grande Promessa, voglia ingenerare nell’uomo l’intenzione di assicurarsi il Paradiso conti­nuando a peccare, oppure generare la speranza di salvarsi, anche senza meriti, piuttosto Lei si adopera per la conversione del peccatore che indossa con fede e devozione l’Abitino fino al giorno della sua morte.
Lo scapolare consiste nella promessa della salvezza dall’inferno per coloro che lo indossano e la sollecita liberazione dalle pene del Purgatorio il sabato seguente alla loro morte.
Queste parole pronunciate dalla Vergine Maria, quindi, non ci dispensano dal vivere secondo la legge di Dio; ci promettono soltanto l’intercessione della Beata Vergine Maria per una santa morte.
Lo “Scapolare” detto anche “Abitino”, non rappresenta una semplice devozione, ma una forma simbolica di “rivestimento” che richiama la veste dei carmelitani, l’affidamento alla Vergine per vivere sotto la sua protezione e in comunione con Maria e con i Suoi fedeli.
Fu San Simon Stock, dunque, a diffondere il culto per la Madonna del Carmelo.
Compose per Lei il “Flos Carmeli” il “Fiore del Carmelo”, una delle preghiere più importanti e famose dedicate alla Madonna del Monte del Carmelo:
Flos Carmeli, vitis florigera, splendor coeli, Virgo puerpera, singularis.
Mater mitis, sed viri nescia, carmelitis esto propitia, stella maris.
Radix Iesse, germinans flosculum, hic adesse me tibi servulum patiaris.
Inter spinas quae crescis lilium, serva puras mentes fragilium, tutelaris!
Armatura fortis pugnantium, furunt bella tende praesidium scapularislo
Per incerta prudens consilium, per adversa iuge solatium largiaris.
Mater dulcis, Carmeli domina, plebem tuam reple laetitia qua bearis.
Paradisi clavis et ianua, fac nos duci quo, Mater, coron
Fior del Carmelo, vite fiorita, splendore del cielo, tu solamente sei vergine e madre.
Madre mite, pura nel cuore, ai figli tuoi sii propizia, stella del mare.
Ceppo di Jesse, che produce il fiore, a noi concedi di rimanere con te per sempre.
Giglio cresciuto tra alte spine, conserva pure le menti fragili e dona aiuto.
Forte armatura dei combattenti, la guerra infuria, poni a difesa lo scapolare.
Nell’incertezza dacci consiglio, nella sventura, dal cielo impetra consolazione.
Madre e Signora del tuo Carmelo, di quella gioia che ti rapisce sazia i cuori.
O chiave e porta del Paradiso, fa’ che giungiamo dove di gloria sei coronata. Amen”.

Ad animare le funzioni religiose che si susseguono nella chiesa del Carmine è il coro “Fiore del Carmelo”.

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Scarse sono le conoscenze sulla vita di San Simon Stock (Aylesford, 1165 circa – Bordeaux, 16 maggio 1265). Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, egli maturò la decisione di entrare a far parte dei Carmelitani e, completati gli studi a Roma, fu ordinato sacerdote. Intorno al 1247, quando aveva 82 anni, fu scelto come sesto priore generale dell’Ordine. Si adoperò per riformare la regola dei Carmelitani facendone un ordine mendicante.
Un secolo dopo l’apparizione a San Simon Stock, la Beata Vergine del Carmelo apparve al Pontefice Giovanni XXII e, dopo avergli raccomandato l’Ordine del Carmelo, gli promise di liberare i suoi confratelli dalle fiamme del Purgatorio il sabato successivo alla loro morte.
Questa seconda promessa della Vergine porta il nome di “Privilegio Sabatino” che ha origine dalla Bolla Sabatina dello stesso Pontefice Giovanni XXII e datata il 3 marzo del 1322 ad Avignone.
Per usufruire della Grande Promessa fatta a San Simon Stock, bisogna ricevere lo Scapolare da un sacerdote, portarlo sempre addosso devotamente e iscriversi alla Confraternita.
Per usufruire del Privilegio Sabatino bisogna osservare la castità del proprio stato e recitare alcune preghiere assieme al sacerdote nell’atto di consegnare e di ricevere lo Scapolare.
La statua lignea della Madonna del Carmelo è stata restaurata dall’artista Salvatore (Totò) De Caro nel mese di giugno del 1967.

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Anche L’altare, gli affreschi e il coro di angeli, posti dietro all’altare maggiore, sono stati restaurati dal pittore Salvatore De Caro. Il restauro è iniziato il 16 novembre del 1966 ed è stato ultimato il 25 febbraio del 1967.

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Foto d all’album di famiglia

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I lavori sono stati commissionati dal parroco, il Prevosto parroco padre Gaetano Antona.
La cappella è stata inaugurata e benedetta dal vescovo di Agrigento Mons. G. Petralia il 15 luglio 1967.
L’affresco della volta, che raffigura la Madonna che porta in cielo le anime del Purgatorio, è stato restaurato dal pittore Antonio De Caro, fratello di Salvatore, e dal figlio Paolo come anche parte della chiesa dal 1962 al 1977.

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Le pareti laterali della chiesa sono arredate dagli altari.
Nella parete destra si ammirano: l’altare della tela che rappresenta l’estasi di Santa Maria Maddalena dei Pazzi (cm. 305x 205), del  1732,  opera del trapanese Giuseppe Felici  (1656-1734),  commissionata dal P.M. Carlo Filiberto Lo Monaco.
La tela è stata restaurata dalla Banca Popolare Sant’Angelo a gennaio del 1995 in occasione del suo 75° anniversario della fondazione.

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L’altare che accoglie la statua di Santa Lucia.

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Il 13 dicembre di ogni anno nella chiesa del Carmine si festeggia solennemente Santa Lucia il cui fercolo era portato a spalla dalle donne.

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L’altare del Cristo accoglie il Cristo in croce e, ai suoi piedi, Maria Maddalena.

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Nella parete sinistra si ammirano: l’altare della tela che raffigura la morte di San Giuseppe (cm. 305 x 205), di Giuseppe Felici, eseguita nel 1732 e commissionata da P. Angelo Pellegrino.

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La tela è stata restaurata dalla Banca Popolare Sant’Angelo a gennaio del 1995 in occasione del suo 75° anniversario della fondazione.
L’altare di Santa Teresina del Bambin Gesù dal volto santo.

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L’altare che accoglie la statua di San Giuseppe che tiene il brancio il Bambinello.

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Della scuola del Gagini è l’arco di marmo bianco del secondo altare del lato sinistro della navata dove sono effigiati i fondatori di Gela e le armi araldiche del committente.
Inoltre le pareti sono impreziosite da dieci medaglioni, opera di Domenico Provenzani di Palma di Montechiaro, posti tra gli altari e l’abside, con i Santi carmelitani, tra cui Sant’Angelo e Sant’Alberto. 

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Gli altri medaglioni (190 x 115cm)  appartengono ai carmelitani: S.Andrea Corsini, S. Sinecletica, S. Dionisio papa, S. Simone, S. Teresa d’Avila, S. Telesforo papa.
Alcuni monumenti funebri, posti in entrambi i lati del portone, risalenti al 1500 – 1600, ricordano personaggi importanti della società licatese di cui, purtroppo, non si leggono i nomi perché scoloriti dal tempo.
Alcune figure sono distese sul tetto del sarcofago, altre sono rappresentate con il busto a tutto tondo.  Sono: di Andrea Minafria (1576), di Palma Minafria (1579), di Antonia Belvisa Plancto (1607), di Giovambattista Formica (1626), di Antonio Serrovira Anelli (1637) e di Tomma di Impellizzeri. E’ stata distrutta la cappella gentilizia che ospitava le tombe della potente famiglia baronale dei Caro.

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 Le lapidi ricordano i cari estinti.

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Importanti sono la cantoria e l’organo.

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Alle spalle  dell’altare maggiore ci sono i locali della sagrestia, numerosi, ampi, intercomunicanti, che conservano ancora l’originaria volta a crociera ascrivibile al XIII-XIV sec. partita da robuste nervature che poggiano sui piedritti angolari.
L’arredo ligneo è andato distrutto a causa di un incendio, verificatosi nel 1995, unitamente ad alcune opere d’arte di buon livello artistico.
Io ricordo che i parrocchiani hanno comprato i paramenti sacri che padre Gaetano Antona ha mostrato durante una funzione reliosa.
Particolarmente interessante è il chiostro del convento, del sec. XVI.
Si accede all’interno del chiostro superando il portale,  della seconda metà del settecento, opera di Giovan Biagio Amico.

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 Superato l’ingresso del chiostro, nella parete sinistra, lunedì 22 agosto 2022 è stata scoperta la lapide in memoria del Premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo.

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Ha presenziato il signor Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel che ha recitato una poesia scritta da suo padre Salvatore suscitando una grande emozione e riscuotendo numerosi applausi.

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L’evento è stato organizzato grazie all’interessamento e al coordinamento dei Lions Club Roccalumera Quasimodo e Licata, rappresentati all’evento rispettivamente dal Past Presidente Avv. Carlo Mastroeni e dalla Presidente Avv. Gloria Incorvaia in sinergia con l’Amministrazione Comunale di Licata, rappresentata dal Sindaco, Dott. Pino Galanti e dagli Assessori al Turismo, Avv. Tony Cosentino e alla Cultura, Dott.ssa Violetta Callea.
Erano presenti inoltre: la Cerimoniera Distrettuale del Distretto 108 Yb Sicilia, Avv. Daniela Cannarozzo, la Presidente della Zona 27 del medesimo Distretto, Dott.ssa Angela Licitra, il Presidente del Lions Club Agrigento Valle dei Templi, Prof. Francesco Pira, il Past Presidente del Lions Club Ravanusa Campobello, Dott. Giuseppe Caci, vari Officer distrettuali e soci Lions.

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Da ammirare sono: lo stemma carmelitano, gli archi e le colonne che circoscrivono il perimetro e le due bifore.

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I molti locali sono adibiti a uffici del Comune di Licata.
Un’elegante scala laterale conduce al piano superiore del convento la cui edificazione risale al 1200.

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Il convento, posto lateralmente al chiostro e che si estende per una cinquantina di metri lungo il Corso Roma, è annoverato tra i più importanti conventi carmelitani in Sicilia.

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L’edificio ebbe  un importante posto nella storia secolare dell’ordine carmelitano ospitando per ben due volte il suo capitolo generale riservato a tutti i monasteri del mondo.
Ospitava quaranta religiosi e numerosi conversi.
Fu scelto dall’ordine Carmelitano come casa e collegio che accoglieva studiosi di tutta la Sicilia e, principalmente,  i religiosi carmelitani e anche i religiosi secolari.
Vi studiò  il licatese P. Leonardo Bonasisia che, nel 1442, raggiunse Padova per conseguire la laurea in teologia.
Negli atti del capitolo provinciale, celebrato a Modica nel 1452, si legge che alle cariche di Reggente e di Rettore del Collegio di Studi licatese venivano preposti il P. Giovanni  De Anselmo, priore del comune di Licata, e P. Giovanni de Miglano, entrambi licatesi.
Più volte ampliato nei secoli, la forma attuale si deve alla ristrutturazione dell’arch. Giovanni Biagio Amico.
Nel semplice prospetto  finestre e balconi si affacciano sul Corso Roma.
Recentemente il convento è stato restaurato dall’arch. Antonino Cellura, di Licata, e restituito alla città nel suo aspetto originario nel 2007.
L’aula capitolare, con porte e finestre di inconfondibile stile chiaramontano, e due busti laterali con relative iscrizioni lapidarie, favorisce la presentazione di eventi culturali di grande rilevanza.
Il  busto è quello del  il carmelitano Tommaso Sanchez, priore generale.

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Il busto è quello del carmelitano Gapsare Pizzolanti, vescovo di Cervia. Entrambi licatesi e della medesima epoca.

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I locali, posti al piano terra, sono adibiti a uffici comunali, ad attività commerciali, a sodalizi.
Una bella statua con una corona di marmo in mano accoglie il visitatore.
E’ il modello della statua della Vittoria del monumento dei Caduti, opera di Antonio  De Caro

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Le volte dei soffitti a cassettoni lignei dei saloni del piano superiore, comunicanti tra dl loro, sono abbellite da intagli policromi con ritratti di santi.

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Con la soppressione degli Ordini Religiosi la chiesa e il convento passarono al Demanio che, nel 1869,  affidava la chiesa all’ex carmelitano  P. Bruno da Licata.
Nel 1878 gli succedette P. Angelo Cipriano.
Nel 1888  il  P. Sebastiano da Licata informava il P. Generale che la Rettoria del Carmine era passata sotto la giurisdizione del clero secolare, mentre l’ufficiatura veniva mantenuta ancora dai PP. Carmelitani.
Data la povertà in cui era caduta la chiesa, nel maggio del 1895 il P. Generale Luigi Gallì ( 1889-1900) inviò al provinciale di Sant’Angelo, cui competeva la casa, 301£  “per la chiesa di  Licata”, somma impiegata per l’acquisto degli arredi sacri.
Nel 1896 una parte degli archi del chiostro vennero tamponati dal priore P. Carmelo Pomilia per i continui furti,  mentre i rimanenti furono rinforzati con catene  “per lasciare la luce ai poveri che venivano a rifocillarsi”.
La chiesa dell’Annunziata, che il comune di Licata aveva ricevuto, ai sensi della legge del 7 luglio 1866 e dell’atto del 15 maggio 1867, dal Fondo per il Culto, venne retrocessa alla chiesa agrigentina con atto notarile del 12 marzo 1936 redatto dal notaio Gaetano Giganti Gallo di Palma di Montechiaro. Assieme alla chiesa e ai beni mobili e agli arredi sacri l’allora Podestà di Licata, prof. Domenico Liotta, concesse alla Curia Vescovile, rappresentata dal Prevosto Parroco Mons. Angelo Curella, i locali del primo piano dell’ex convento, per il rettore e per l’amministrazione della rettoria.
I restanti locali, allora adibiti a orfanotrofio, restarono di proprietà del Comune.

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