Nov 18, 2013 - Senza categoria    Comments Off on L’ILEX AQUIFOLIUM L’AGRIFOGLIO VICINO AL LAGHETTO “URIO QUATTROCCHI” A MISTRETTA

L’ILEX AQUIFOLIUM L’AGRIFOGLIO VICINO AL LAGHETTO “URIO QUATTROCCHI” A MISTRETTA

 

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Fra pochi giorni sarà Natale! Che gioia! Che letizia per tutta l’umanità per la buona novella, quella della nascita del Bambin Gesù di Betlemme”!
I magi Gli portarono in dono l’oro, l’incenso e la mirra. Noi umani usiamo regalare piante di Stelle di Natale, rametti di Vischio, di Agrifoglio che sistemiamo attorno al presepe e con i quali addobbiamo le nostre case.
Fra tutte queste piante l’Agrifoglio ricopre un ruolo sicuramente tradizionale per lo scambio di auguri natalizi. Ciò è merito delle sue drupe rosse, delle sue foglie e della sua storia.
All’Agrifoglio, fin dall’antichità, furono attribuiti poteri magici. La credenza popolare affidava a questa pianta non solo la capacità di proteggere dai folletti quelle famiglie che ospitavano nel loro giardino almeno una pianta di agrifoglio, ma dava loro anche la possibilità di avere molta fortuna. Proprio per questi motivi, storicamente, l’agrifoglio è la più amata e decorativa pianta di Natale prima dell’avvento del Natale cristiano. Secondo la tradizione cristiana i frutti rossi dell’agrifoglio rappresentano il sangue di Gesù Cristo, la foglia pungente la Sua corona di spine e i petali bianchi la purezza della Madonna.
Il primo Paese ad avere l’abitudine di decorare le civili abitazioni durante le festività natalizie con rametti di agrifoglio è stato L’Irlanda dove anche le famiglie più povere potevano utilizzarlo essendo facilmente acquistabile perché poco costoso. Sono molte le feste e le leggende legate alla pianta di agrifoglio.
Nel paganesimo e nel neopaganesimo nelle tradizioni germanica e celtica precristiana Yule era una delle feste minori degli otto Sabbat, gli otto giorni solari. Era la festa del solstizio d’inverno celebrata il 21 dicembre.
La rinnovata ascesa in cielo del sole, che iniziava subito dopo solstizio d’inverno, era simbolicamente rappresentata dalla sconfitta dell’invernale Holly King, il Dio Agrifoglio, Re dell’Anno Calante, ad opera di Oak King, il Dio Quercia estiva, Re dell’Anno Crescente.
Il Re Agrifoglio simboleggiava l’anno vecchio ed il sole al declino in quanto le ore di luce diminuivano numericamente rispetto a quelle di buio. Il Re Quercia simboleggiava l’anno nuovo ed il sole che iniziava la sua ascesa in cielo. Dopo l’equinozio d’autunno, mentre l’anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce si accorciano sempre di più fino al giorno del solstizio d’inverno, cioè il 21 di dicembre. Il 21 di dicembre, quindi, è la notte più lunga e il giorno più corto di tutto l’anno solare.
Trovandosi nel punto più basso dell’ellisse compiuta dalla terra nel suo movimento di rivoluzione, il sole dà l’impressione di sprofondare e di non ricomparire più. Ma poi, miracolosamente, il sole risale nella volta celeste tornando vittorioso e spendente.
Dal solstizio d’inverno in poi le ore di luce man mano aumentano, le giornate si allungano fino ad eguagliare le ore di buio nell’ equinozio di primavera che cade il 21 marzo. Il sole emana maggior calore, la Natura ritorna a respirare, la vita, lentamente, riprende vigore.
Quando i missionari iniziarono a convertire al cristianesimo i popoli germanici, adattarono alla tradizione cristiana molti simboli e feste locali. La festa di Yule fu trasformata nella festa del Natale mantenendo, però, alcune delle sue originarie tradizioni. Sembra che i simboli moderni per festeggiare il Santo Natale derivino proprio da Yule.
Si manifesta l’usanza di addobbare le abitazioni con composizioni di vischio e di agrifoglio e con l’allestimento dell’albero di Natale. Anche le piante sempreverdi sono un elemento fondamentale delle celebrazioni del solstizio invernale. L’albero sempreverde, che mantiene le sue foglie tutto l’anno, è un chiaro simbolo della persistenza della vita anche attraverso il freddo e l’oscurità dell’inverno. Il Natale e’ la versione cristiana della rinascita del sole, fissato dal papa Giulio I° (337 -352), secondo la tradizione, il 25 dicembre per il duplice scopo di celebrare Gesù Cristo come “Sole di giustizia” e per creare una festa alternativa alla più popolare festa pagana.
Precedenti al cristianesimo sono i Saturnalia, festività religiose che si celebravano durante l’Impero Romano ededicate all’insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell’oro; si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, periodo stabilito da Domiziano in epoca imperiale. Durante questi festeggiamenti era sovvertito l’ordine sociale: gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi.
Era eletto un “princeps”, uno schiavo che imitava la classe nobile e a cui veniva assegnato ogni potere.
Successivamente veniva sacrificato. Il “princeps” indossava una curiosa maschera, si vestiva con abiti dai colori sgargianti, in particolare di colore rosso, il colore degli dèi.
Era la personificazione di una divinità degli inferi, da identificare con Saturno o con Plutone, preposta alla custodia delle anime dei defunti, ma anche protettrice delle campagne e dei raccolti. Si credeva che tali divinità, uscite dalle profondità del suolo, vagassero durante l’inverno, cioè quando la terra riposava e non poteva essere coltivata a causa delle avverse condizioni atmosferiche.
Queste divinità dovevano, quindi, essere placate offrendo loro doni e celebrando feste per indurle a ritornare negli inferi e a favorire abbondanti raccolti nella stagione estiva. A Saturno si dedicavano all’inizio sacrifici umani, fino a quando Eracle convinse gli abitanti a non sacrificare vite umane, ma ad offrire piuttosto statue d’argilla e ceri accesi. Da qui l’usanza di scambiare doni nei giorni saturnali.
Molte delle usanze dei Saturnali sono state tramandate fino ai giorni nostri caratterizzando il nostro modo di festeggiare il Natale che consiste nel celebrare la funzione religiosa, nell’accendere le luci, nel pranzare assieme a parenti e ad amici, nello scambiarsi i regali, nel regalare candeline, rametti di vischio e di agrifoglio, nel fare auguri.
Ancora durante l’impero romano, per il popolo la festività del “Dies Natalis Solis Invicti”, “Giorno di Nascita del Sole Invitto”, celebrata il 25 dicembre come giorno del Sole non vinto che trionfa sulle tenebre, era una festa religiosa istituita dall’Imperatore Aureliano nel 274 d.C.
Questa festività era, pertanto, celebrata nel momento dell’anno in cui la durata del giorno iniziava ad aumentare dopo il solstizio d’inverno; era la “rinascita” del sole. Il sole quindi, arrivava nella fase più debole, sia per la luce sia per il calore, per poi ritornare vitale e invincibile, proprio nella data del 25 dicembre. In questa data era onorata la nascita del dio Mitra, figlio del Sole ed egli stesso Sole. Mitra era un dio romano di origine persiana.
Era adorato nelle religioni misteriche dal I° secolo a.C. al V° secolo d.C. Il culto misterico di Mitra si stava diffondendo nell’Impero romano nello stesso periodo della diffusione del Cristianesimo. Infatti, l’istituzione del Sol Invictus è posteriore all’istituzione del Natale cristiano.
Il rito tradizionale consisteva in una veglia iniziata dal popolo al tramonto e si protraeva fino all’alba del giorno dopo (la notte più lunga dell’anno) con l’accensione di fuochi e con danze e balli rituali per aiutare il sole a salire alto in cielo. La festività si arricchiva di numerosi simboli attinenti soprattutto al mondo vegetale. Il ceppo, che serviva per accendere il fuoco, era scelto fra i migliori legni di quercia, i doni scambiati tra la popolazione consistevano nell’offerta di rami di vischio, di pungitopo, di agrifoglio per rappresentare, con le drupe rosse, il sole. La gente doveva essere sicura che il sole sorgeva nuovamente!
La chiesa di Roma decise di celebrare la festa del Natale di Gesù Bambino, vera luce del mondo, proprio nel giorno in cui l’uomo pagano si rivolgeva al Solis invicti chiedendogli benedizione e salvezza.La prima testimonianza della celebrazione del giorno del Natale di Gesù al 25 dicembre risale all’anno 336 in coincidenza con il giorno festivo del calendario romano dedicato al dies natalis del Sol invictus. Per conservare la tradizione simbolica degli auguri, unitamente ai rametti di vischio e di agrifoglio anche la pianta di Elleboro, comunemente chiamata Rosa di Natale, si regala per augurare il Buon Natale.
L’Elleboro è una pianta erbacea che fiorisce in inverno. I fiori sono formati da cinque sepali petaloidei dal colore bianco candido che ricorda l’alba del solstizio d’inverno. L’interno dorato rappresentava l’oro del sole nascente. Secondo un’antica leggenda il fiore dell’elleboro fu offerto in omaggio a Gesù Bambino da una pastorella povera che non aveva doni più preziosi da potere regalare.
Dopo questo lungo discorso sulle festività è bene conoscere la pianta di agrifoglio da un punto di vista prettamente scientifico.

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L’Ilex aquifolium, comunemente chiamato Agrifoglio, è un arbusto o un piccolo albero sempreverde, molto resistente, appartenente alla famiglia delle Aquifoliacee.
E’ conosciuto con altri sinonimi: Alloro spinoso, Aquifoglio, Pungitopo maggiore. Coltivato praticamente in quasi tutto il mondo, l’esemplare adulto può raggiungere l’altezza di 10 metri crescendo lentamente. Essendo longevo, può vivere fino a 300 anni. L’Ilex aquifolium è originario dell’America meridionale e di altre zone a clima temperato. E’ diffuso largamente in Europa, dove cresce spontaneamente, nell’Africa settentrionale, in Asia e in Cina.
In Australia raramente si trovano esemplari di questa specie.
A Mistretta, attorno al laghetto Urio Quattrocchi, nel Parco dei Nebrodi, e dove ho scattato le relative fotografie, l’agrifoglio cresce spontaneo e il suo portamento è cespuglioso e selvatico. E’ ben inserito nel bosco di Faggi, di Cerri, di Querce.

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A Piano Pomo, sulle montagne delle Madonie, in Sicilia, sul versante nord orientale del Massiccio del Carbonara, numerose piante di Agrifoglio formano un boschetto puro. Secondo gli studiosi questo bosco di agrifogli si estese nel Terziario prima ancora delle glaciazioni pleistoceniche.
A 1400 metri di altitudine, in una valle dal terreno siliceo e profondo, le piante di agrifoglio hanno trovato l’habitat favorevole alla loro crescita raggiungendo la notevole altezza di 20 metri e una longevità di 900 anni per l’esemplare più anziano.
L’Agrifoglio ha il fusto rivestito dalla corteccia liscia e di colore grigio e i rami dal colore verdastro.
Le foglie, persistenti, particolarmente lucide nella pagina superiore, coriacee, dal colore verde-scuro e dal margine ondulato, intero nelle piante adulte, pungenti e spinose nei rami più bassi delle piante giovani, formano una elegante chioma piramidale. Verso la parte alta della pianta le spine delle foglie si diradano fino a scomparire. Con la presenza delle spine sui rami inferiori la pianta si difende naturalmente dagli animali che, arrampicandosi lungo il fusto, si nutrono delle bacche mature.

L’agrifoglio è una pianta dioica, vuol dire che gli organi riproduttivi maschili, gli stami, e quelli femminili, i pistilli, sono portati da fiori che fioriscono su due piante distinte.
I fiori femminili, piccoli, insignificanti, bianchi, riuniti a mazzetti all’ascella delle foglie, sono formati da 4 petali di colore bianco o rosato. Possiedono il pistillo con l’ovario supero sormontato da 4 stimmi quasi sessili. I fiori maschili hanno 4 stami con le antere contenti il polline.
Il periodo della fioritura inizia alla fine dell’estate e si prolunga fino all’autunno.
Durante il periodo autunnale la pianta femminile produce un abbondante numero di frutti. Sono le drupe rotonde, dal colore rosso vivo e dalle dimensioni di un cece, contenenti da 2 a 4 semi.
La moltiplicazione avviene in primavera con la semina dei semi freschi, ma anche per talea semilegnosa, per margotta o per innesto. La semina si effettua in autunno oppure all’inizio della stagione primaverile usando i semi della recente raccolta. La propagazione per talea è, comunque, la tecnica più utilizzata e deve essere effettuata in primavera. Le talee sono prelevate nel periodo estivo e si depongono in un substrato formato per il 50% di sabbia e per il 50% di torba.
Nella primavera successiva, a radicazione avvenuta, le piantine sono pronte per essere messe a dimora.
L’agrifoglio è una pianta quasi rustica e non esige particolari cure. Cresce bene sia esposto in pieno sole, in un luogo dove la temperatura non raggiunge valori molto alti, sia all’ombra; in questo caso il suo sviluppo è meno rapido e il suo aspetto meno folto e compatto. Sopporta anche le basse temperature, quelle che scendono al di sotto dello zero, solo per brevi periodi, così come avviene a Mistretta.

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L’agrifoglio si adatta a tutti i terreni fertili e ricchi di humus. Predilige quelli lievemente acidi o semi-acidi; non ama, pur tollerandoli, i terreni basici e argillosi. La concimazione varia in base al periodo dell’anno.
In primavera il concime deve contenere potassio e azoto per aiutare lo sviluppo della nuova vegetazione e dei fiori. Per la concimazione invernale è preferibile usare il concime organico.
L’agrifoglio non ha grande necessità di annaffiature essendo in grado di sopportare abbastanza bene brevi periodi di siccità. Esse devono essere effettuate sporadicamente bagnando il terreno in profondità, ma evitando i dannosi ristagni idrici. L’agrifoglio, crescendo molto lentamente e in forma di cespuglio, non ha bisogno di essere potato.
Per mantenere la simmetria della pianta, che abbellisce qualche giardino, e per darle un aspetto elegante, allora bisogna effettuare soltanto piccoli interventi mirati. La potatura dove essere effettuata in primavera eliminando le parti secche e danneggiate; solo se necessario, si potrà ripeterla quasi alla fine dell’estate.
Essendo robusto, l’agrifoglio non è particolarmente soggetto ad avversità. Il nemico più temibile è la Cocciniglia un parassita che si nutre della linfa della pianta attaccando rami e foglie. Un ottimo prodotto per estirpare la cocciniglia è l’olio bianco, una miscela costituita da vari oli minerali utilizzata nei frutteti, sugli arbusti sempreverdi e sulle siepi. Si vaporizza sulle foglie e sui rami nel periodo invernale. Altro temibile nemico dell’agrifoglio è la Ruggine, un fungo che causa macchie giallastre o scure sulla pagina superiore della foglia provocando una precoce ed inesorabile caduta di tutte le foglie.
La pianta avvizzisce e muore; utile, per combattere questa calamità, è un fungicida appropriato da somministrare con la massima celerità. Tutte le parti dell’agrifoglio sono tossiche se ingerite dall’uomo e dagli animali. I principi attivi sono: saponine, xantina, teobromina, ilexantina e ilicina. La presenza di ilicina rende l’agrifoglio tossico per l’uomo perché irrita le pareti dello stomaco e dell’intestino. Il consumo di una ventina di drupe può avere esito mortale anche per una persona adulta. I sintomi dell’intossicazione sono: vomito, diarrea intensa, torpore, perdita della coscienza e morte. Gli altri componenti colpiscono dannosamente il sistema nervoso e il cuore.
I frutti, velenosi per l’uomo, sono particolarmente graditi dagli uccelli. L’ingestione delle drupe e delle foglie causa tossicità anche ad alcuni animali quali cani e cavalli.
Tuttavia, alcune parti dell’agrifoglio sono utilizzate in fitoterapia.
Il decotto delle giovani radici raccolte in autunno è diuretico. Il decotto e il vino medicato, ottenuti dalla corteccia raccolta in qualunque periodo dell’anno, vantano proprietà febbrifughe.
L’infuso delle foglie, raccolte prima della fioritura e fatte essiccare all’ombra, ha proprietà calmanti, febbrifughe e curative dell’itterizia. I frutti maturi, raccolti da ottobre a dicembre e fatti essiccare al sole, hanno azione purgativa.
La parte interna della corteccia, pestata e macerata in acqua mista ad olio di noce, produce una sostanza vischiosa usata dai cacciatori di frodo per catturare gli uccelli. Il legno dell’agrifoglio, duro e compatto si presta per piccoli lavori di tornio.

 

 

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