Nov 14, 2021 - Senza categoria    Comments Off on IL PINUS PINEA NELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

IL PINUS PINEA NELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

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Il Pinus pinea è posto proprio di fronte all’ingresso principale della mia casetta in campagna. E’ alto circa 12 metri.
Di rilevante bellezza, maestoso, è uno degli elementi più rappresentativi della mia pineta imponendosi, con le sue dimensioni, per  il suo effetto estetico.

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Appartenente alla Famiglia delle Pinaceae, il Pinus pinea è il Pino conosciuto con moltissimi altri sinonimi: “Pino domestico, Pino italico, Pino mediterraneo, Pino parasole, Pino da pinocchi, Pino da pinoli”.
E’ l’albero più caratteristico delle zone circostanti il mar Mediterraneo perchè è la specie originaria dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, in particolare sulle coste settentrionali dove forma vasti boschi.
Sa regalare un’ombra molto gradita nel clima caldo dell’estate mediterranea.
Vive bene tra i 500 e i 1000 metri d’altezza.
Il Pino domestico si trova distribuito in quasi tutta l’Europa.
E’ stato coltivato da oltre 6000 anni per i suoi pinoli che sono diventati merce di scambio.
Si è naturalizzato in Africa meridionale, dove è considerata una pianta invasiva. E’ piantato comunemente anche in California e in Australia.
In Italia è coltivato praticamente ovunque, ad eccezione delle zone molto montuose.
É stato accertato che il Pino domestico vive spontaneo in Sicilia sui monti Peloritani.
É autoctono in Sardegna dove forma boschi affollati.
Dà origine ad estese pinete associandosi ad altre piante della macchia mediterranea.
Per l’alto numero di esemplari presenti in Italia, da molti è considerato l’albero simbolo del nostro paese tanto che dagli anglosassoni il Pino domestico è denominato “Italian stone Pine” e dai francesi “Pin d’Italie“.
Nel 1966 il Pino domestico fu designato la “pianta emblematica italiana” dal Ministero del Turismo.
Arrigoni afferma che “il Pino domestico era certamente presente in passato sui litorali italiani dove tende a rinnovarsi spontaneamente”.
Il Pinus pinea è facilmente riconoscibile per il suo portamento elegante.
Possiede l’apparato radicale robusto, all’inizio lungamente fittonante, il tronco eretto, alto da 20 a 25 metri, spesso biforcato e spoglio nella parte inferiore, mentre è ramificato in alto con rami verticillati ed espansi, disposti a raggiera come le aste di un ombrello tanto da fargli attribuire il nome di “Pino ad ombrella“.

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La corteccia, spessa, di colore rosso bruno, è divisa da larghe placche verticali di forma romboidale.
Le foglie, aghiformi, sempreverdi, morbide, flessibili, molto appuntite, riunite in coppie di due, decidue, lunghe 12-15 centimetri, avvolte alla base da una guaina trasparente e persistente, formano la chioma.

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E’ una pianta monoica dicline. I fiori, meglio indicati come sporofilli, sono riuniti in infiorescenze.
I macrosporofilli femminili, in strobili ovoidali, di color rosa-viola, crescono all’estremità dei nuovi germogli e, a maturazione, diventano legnosi e liberano i semi.
I microsporofilli maschili, in piccoli strobili giallo – dorati, più evidenti di quelli femminili, sono posti alla base del germoglio.

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La fioritura avviene da aprile a giugno. L’impollinazione è anemofila. Nell’autunno dello stesso anno o di quello successivo, nascono le pigne.

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Il frutto, lo strobilo, lungo fino a 15 centimetri, solitario, grande, pesante, di forma conica, formato da tante squame romboidali, matura ogni tre anni.

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Ogni squama, schiudendosi, libera due semi.
I semi sono protetti da un guscio osseo di colore rosso scuro ornato da un’ala brevissima che si stacca facilmente. Sono i pinoli, lunghi 2 centimetri,  oleosi, commestibili, molto gradevoli e gustosi.
In varie zone d’Italia sono chiamati con altri nomi come “pinoccoli” o “pinocchi“.
I semi sono dispersi dagli animali, dagli uccelli e anche dall’uomo.

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Sono  venduti per alimentare gli uccelli in gabbia perché si presume che favoriscano il “bel canto”.
La raccolta degli strobili si compie da ottobre fino alla fine dell’inverno lasciandoli esposti al sole per favorire l’apertura delle squame.
La moltiplicazione avviene, quindi, per seme da praticare in qualsiasi periodo dell’anno, preferibilmente in primavera.
La fragilità dei giovani esemplari, che sono attaccati facilmente da parassiti e da malattie, rende poco probabile la possibilità di ottenere dal seme nuove piantine.
Più facile è la propagazione per talea in primavera o in estate inoltrata.
Il Pino domestico è una conifera molto utilizzata nei viali e nei giardini pubblici come pianta ornamentale.
E’ una pianta rustica, a crescita abbastanza rapida, xerofila.
Poco esigente nei riguardi del suolo gradisce, però, quelli sabbiosi, sciolti, non aridi ed evita quelli argillosi o troppo calcarei. Pianta eliofila, predilige un’esposizione sufficientemente soleggiata, un clima di tipo costiero, non troppo esposto ai venti, e resiste ai freddi invernali.
Richiede annaffiature solo se il clima è particolarmente siccitoso e, raramente, ha bisogno di qualche concimazione.
Teme l’attacco di Afidi e di Acari.
Pericolosissimo è il  Thaumetopoea pityocampa, un dannoso lepidottero endemico parassita con ciclo biologico annuale.
Esso svolge la sua azione tra la pianta e il terreno.
Le larve, nutrendosi voracemente degli aghi e degli apici vegetativi di diverse specie di Pino, causano la defogliazione della chioma dell’albero indebolendolo anche pesantemente.
Di solito le larve sono attive solo la notte, mentre di giorno si trattengono al riparo nel nido.
In primavera le larve sono molto voraci cibandosi degli aghi di Pino. Nelle stagioni più calde, quando la temperatura del nido supera i 9 °C, le larve escono a cibarsi anche in inverno.
Anche se la pianta reagisce, tuttavia riceve gravi danni alle foglie e ai germogli.
Durante la loro vita larvale le larve si rifugiano dentro bianchi nidi sericei che costruiscono sulle chiome dei Pini.
Se la presenza dei loro nidi non è massiccia, la pianta si difende dal debole attacco con l’emissione di nuove foglie.
Giunte a maturità le larve abbandonano definitivamente il nido e, scendendo lungo il tronco, giungono al suolo.
I gruppi di larve di processionaria si spostano in fila indiana, lunga anche diversi metri, formando una sorta di “processione“, da cui il nome “Processionaria”, fino a che non trovano un luogo ideale dove interrarsi fino a una profondità di 10–15 cm.
Le larve, provenienti dallo stesso nido, formano delle crisalidi tutte insieme nel terreno racchiuse in bozzoli singoli fittamente vicini l’uno accanto all’altro. Una parte delle crisalidi può rimanere in pausa anche fino a 7 anni. Nei mesi di luglio-agosto compaiono gli adulti. Le femmine depongono sugli aghi dalle 100 alle 280 uova, in un’unica ovatura a forma di manicotto.
Le larvette nascono alla fine dei mesi di agosto-settembre e iniziano ad alimentarsi subito sugli aghi causando solo danni modesti.
La Processionaria causa danni anche all’uomo e agli animali domestici per l’effetto urticante delle larve primaverili.
Esse sono provviste di peli urticanti il cui prodotto, se inavvertitamente viene a contatto con la pelle, può provocare forti irritazioni alla cute, agli occhi e alle mucose delle vie respiratorie.

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Come quasi tutte le pinaceae, il Pinus pinea produce una resina che allontana la maggior parte dei parassiti.
Essendo piante resinose, tutti i Pini si lasciano attraversare dal fuoco con molta facilità.
Il fuoco, molto spesso provocato dalla disattenzione dell’Uomo, è uno dei maggiori pericoli per le pinete che vengono enormemente danneggiate o distrutte.
Il legno non è un ottimo combustibile poichè produce una fiamma viva e dal colore intenso, ma poca carbonella.
Il Pino domestico produce un legno rossiccio e venato di scuro, leggero, tenero, poco resistente, resinoso, non di gran pregio, pertanto non molto ricercato. E’ adatto per lavori di falegnameria comune, per travature, per traverse, per paleria, nell’industria cartaria e per costruzioni navali.
Ugo Foscolo, ne ”I Sepolcri”, ha inserito l’episodio di Nelson, l’inglese che avrebbe tagliato l’albero maestro di una nave francese nemica, costruito con il tronco di Pino, e si sarebbe fabbricato la propria bara.

[…] Pietosa insania che fa cari gli orti

De’ suburbani avelli alle britanne

Vergini dove le conduce amore

Della perduta madre, ove clementi

Pregaro i Genj del ritorno al prode

Che tronca fe’ la trionfata nave

Del maggior pino, e si scavò la bara.[…]

Sacro a Bacco, a Cibele, a Diana e a Nettuno, nella tradizione greca il Pino simboleggiava la “resurrezione”.

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