Oct 25, 2017 - Senza categoria    Comments Off on IL PALAZZO VINCENZO SALAMONE A MISTRETTA

IL PALAZZO VINCENZO SALAMONE A MISTRETTA

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Carissimo Stefano,
attraverso queste mie poche righe vorrei soddisfare la tua curiosità di conoscere la parte architettonica della mia città perché vorrei accontentarti nel tuo desiderio di arricchire ancor di più il tuo patrimonio culturale sui tesori che la Sicilia possiede.
E Mistretta, di questi tesori, ne ha tanti.
Di fronte al palazzo Armao-Russo a Mistretta sorge un altro importante edificio, direi monumentale per la sua imponenza e bellezza.
E’ il palazzo Vincenzo Salamone!
Il Palazzo Vincenzo Salamone è ubicato al centro della città racchiuso tra la centralissima Via Libertà, al N° 148, la via Vincenzo Salamone, la via Aurea e la strada  D’Amico.
E’ un palazzo rilevante, come anche il palazzo Armao-Russo che si trova di fronte.
Il palazzo è stato edificato alla fine del 1800, secondo la data del 1885 incisa sulla chiave di volta dell’ingresso posteriore di via Aurea con il monogramma VS, per iniziativa di Vincenzo Salamone, allora figura di notevole rilievo nella vita politica e sociale di Mistretta al tempo della belle époque.

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Probabilmente il palazzo fu costruito inglobando alcuni preesistenti fabbricati ubicati in quel luogo in maniera disordinata e anche la chiesa della Madonna Addolorata, di cui rimane l’edicola votiva con l’immagine dell’Immacolata sita sulla parte laterale della facciata del palazzo all’inizio dell’omonima Via Vincenzo Salamone.
Il fronte principale del palazzo mostra un bugnato liscio che, nel primo ordine, è formato di blocchi di pietra squadrati a rettangoli, di due diverse misure, incastrati tra loro.

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Al centro del prospetto, al piano terra la bellissima chiave di volta scolpita in pietra raffigura il volto allegorico della “Grande Madre Mediterranea”, l’antica divinità prosperatrice e protettrice della terra, dell’abbondanza dei frutti e produttrice di ogni umana agiatezza.
Mitologicamente, essa interpreta la vocazione agricola dei mistrettesi.

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Caratteristico è il grande portone di legno abbellito nella parte superiore da incastri floreali in ferro battuto e da due battenti che raffigurano grossi cani da guardia. Ogni cane stringe fra i denti un anello.

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Gli occhi sono sbarrati, le orecchie tese, l’aspetto combattivo per dire agli estranei: “attenti siamo a guardia dei nostri padroni e stiamo salvaguardo la loro incolumità”.

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Le stesse figure  allegorie della Grande Madre e dei cani sono riportate nei ringhiere dei balconi soprastanti.

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Lateralmente al portone d’ingresso due finestre rettangolari, strette alla base e allungate in altezza, chiuse da grate di ferro ricamato, portano la luce all’interno di alcuni ambienti al piano terrano.

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Il primo piano è pure di bugnato, con 8 file di rettangoli lunghi, stretti e della stessa misura. Vi si affacciano cinque balconi-finestre chiusi dalle porte-persiane che si aprono a metà.

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Il secondo piano, il piano nobile, realizzato con lo stesso bugnato, a strisce parallele meno marcate rispetto al piano terra, per rendere più leggera la struttura, è caratterizzato da tre maestosi balconi, prima erano cinque, circondati da ringhiere miste di cemento e di ferro battuto finemente ricamato con il volto della Grande Madre e dei cani.

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Ogni balcone è sormontato da una lunetta semicircolare che ospita il busto di un personaggio dell’età greco-romana, probabilmente, un filosofo greco. Questi busti sono collocati nelle loro lunette proprio di fronte a quelli del palazzo Russo, che raffigurano imperatori romani.
Tutte le sculture sono attribuite all’artista amastratino Noè Marullo.

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L’interno del palazzo possiede un ampio vestibolo, che accoglieva le carrozze, mentre i cavalli erano custoditi nelle stalle di via Aurea.
Due coppie di colonne tuscaniche introducono alle ali del palazzo. Incorniciano una grande finestra dalla quale la luce si riflette sui bugnati lisci delle pareti.

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Mediante due scale, dalla bellissima ringhiera ricamata, dal vestibolo si accede ai piani superiori.

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Arredano il vestibolo: il mobile del portierato circondato da un parapetto con il nome “SALMONE”,

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    il busto di marmo che raffigura Vincenzo Salamone,

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il busto di Anna, sorella di Vincenzo, che fu, assieme a Ignazio Florio, la fondatrice dell’istituto per Ciechi di Palermo e che ancora oggi porta i loro nomi,

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la statua di bronzo con la fiaccola della luce.
Sembra che rappresenti la dea dell’abbondanza in quanto con la mano sinistra sorregge dei grappoli d’uva. Trovarsi all’ingresso del vestibolo, proprio prima dello scalone principale, può essere di buon auspicio per  una casa feconda e opulenta,

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  la specchiera, che in realtà è una porta di uscita secondaria,

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gli stucchi sul tetto,

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  il lampadario.

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Nello stemma araldico della famiglia sono rappresentati tanti emblemi: la corona, simbolo di regalità, di potere e garanzia di protezione del casato, la stella di Davide, che denota le origini ebraiche della famiglia, il braccio teso che stringe con la mano sinistra una piccola spada o un pugnale, simbolo di lotta, di resistenza, di vittoria, la mezza ala di uccello, simbolo di  raggiungimenti di lontani obiettivi, ma che non sempre è possibile conseguirli, i due muri sovrapposti sappresentanti il lavoro in continuo avanzamento.

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Caratteristica è questa importante grande finestra che domina la  via Aurea.

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Mentre il balcone con  l’oblo ellittico si affaccia all’inizio della via Vincenzo Salamone.

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Questi affreschi si trovano nel piano basso della Strada D’Amico.

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Il palazzo, al tempo della sua costruzione era luogo di potere, di fastosità, di cultura dove si incontravano ragguardevoli personalità del luogo.
Recentemente il primo piano del palazzo è divenuto proprietà dell’avv. Vincenzo Oieni che lo abita con la sua famiglia.

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Vincenzo Oieni, la moglie Francesca Tamburello, l’amore di papà

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Annarita l’amore di papà!

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I nonni i signori: Bettino Oieni e Anna Biondi

Vedere i balconi fioriti e le finestre aperte, segno che nelle stanze del palazzo c’è vita armoniosa, è ridare animosità e splendore alla via Libertà.

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Vincenzo Salamone (Mistretta, 1851-1925), apparteneva ad una famiglia benestante per cui, sensibile ai problemi sociali, è stato un gran benefattore per i mistrettesi ai quali ha cercato di fare migliorare le loro condizioni di vita.
Ricco proprietario terriero, durante i freddi inverni offriva il calore del fuoco del suo cuore e l’ospitalità del suo palazzo ai compaesani bisognosi.
Poichè la fame e la miseria in paese erano allora molto diffuse, metteva a disposizione dei poveri una cucina economica che, giornalmente, in capienti pentoloni, preparava numerosi pasti caldi.
Aiutava anche economicamente le classi sociali meno abbienti per affrontare le loro primarie necessità.
Ha fatto realizzare l’acquedotto urbano, ha istituito il servizio automobilistico Mistretta – Santo Stefano di Camastra, ha creato la centrale elettrica a carbone che forniva energia elettrica continua.
Nella lapide marmorea, collocata nel prospetto principale dell’ex centrale elettrica, si legge:

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Cercò di sistemare il verde pubblico e fece piantare diversi alberi.
Ha ricoperto più volte la carica di Sindaco della città di Mistretta. Fu eletto  Senatore del Regno (1909-13).
I mistrettesi, riconoscenti, gli donarono una medaglia d’oro di benemerenza il giorno 08/12/1907.
Alla sua morte fu proclamato un giorno di lutto cittadino.
Il  25 novembre del 1956 all’interno della villa comunale “Giuseppe Garibaldi” è stato innalzato il busto bronzeo di Vincenzo Salamone realizzato dallo scultore Balistreri.

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Promotrice di questa iniziativa è stata la Società Operaia di M.S. di Mistretta, con il contributo del Banco di Sicilia e collaborata da altri sodalizi presenti a Mistretta e da alcuni cittadini che hanno risposto con sollecitudine alla sottoscrizione per la raccolta dei fondi destinati alla realizzazione del busto.
Anche una via cittadina è stata intitolata al suo nome.
Un’altra via di Mistretta è intitolata alla sorella Anna Salamone.
Alla fine dell’ 800, i primi del ‘900 i Salamone presenti a Mistretta erano 4 fratelli: Don Pasqualino , Don Vincenzino , Don Bettino, Don Luigino e uno stuolo di sorelle che si accasarono presso le famiglie Tita, Lipari, Giaconia ed altre rimasero nubili.
Don Pasquale Salamone era un ricco e benestante personaggio mistrettese.
Possidente di fondi terrieri nel territorio di Mistretta, aveva al suo servizio tanta gente del luogo che retribuiva soprattutto con i prodotti della terra.
Era un uomo piccolo fisicamente. Sposò Donna Gaetana Tasca dei Conti Tasca d’Almerita, chiamata affettuosamente dai nipoti Giuseppe e Paolo Giaconia “la zia Tanina”, una donnina molto perbene e riservata. Nacquero tre figli: Teresa, Nicola e Lucio. Teresa sposò Ottavio Nicolaci, il principe di Villadotata, e si trasferì a Noto. Nicola, chiamato Cocò, sposò la signora Anna Cumbo, baronessa di San Giorgio, e non sono nati pargoli. Lucio sposò la Signora Marietele di Palermo, una donna bellissima ed elegantissima. Fu tra le prime donne a dettare la moda nel capoluogo.  Lo zio Lucio e Marietele ebbero tre figli: Ottavio, Pasqualino e Carlo.
Ottavio e Pasqualino furono direttori generali del Banco di Sicilia e della Cassa di Risparmio V.E. negli anni ruggenti. Carlo divenne un noto avvocato.
Don Bettino abitava nel palazzo quasi adiacente a quello del fratello Pasquale. Aveva sposato  la signora Liboria Lipari. Nacquero 3 o forse 4 figli: Placido, Peppuzzo e Mario che furono mariti rispettivamente di Maria Perna (di Napoli), di Angelica Filangeri e di Teresa Sergio. Da loro discendono rispettivamente: Benedetto, il marito di Anna Andreanò, che fu anni fa direttore dell’ufficio di registro di Mistretta, Liboria (chiamata Orietta) che fu direttrice dell’archivio storico e del centro di studi medievali di Palermo. Poi, da Mario e Teresa Sergio discendono: Sergio, avvocato a Palermo, e Massimo venuto a mancare qualche anno fa.
Don Luigino, che si può collegare al prestigioso palazzo del Palo, quasi una corte chiusa nel cuore di Mistretta, sposò la signora Irene di Palermo e trascorreva con il marito i mesi estivi a Mistretta dettando alle signore del posto stili di modernità e gioia di vivere.  Morì a Palermo, alla veneranda di  106 anni, conservando una buona lucidità mentale. Nacquero tre figli: Liboria, detta Liria, che sposò il Conte Tagliavia, Luisella, moglie  del noto architetto palermitano Pippo Contino. Placido, chiamato Placidino, che sposò la signora Mery di Palermo. Nacquero tre figli: Luigi, Francesco ed una femmina ed ogni anno si riuniscono nella loro villa di Castel di Tusa.

Ringrazio l’amico Poalo Giaconia per avermi fornito queste interessanti notizie sui “Salamone”.

Mi piace riportare integralmente questo documento  che ho scoperto nell’archivio storico nel palazzo Mastrogiovanni-Tasca, a Mistretta, sul cav. Vincenzo Salmone, figlio di Gioacchino e di Angela Cannata, nato a Mistretta il 13 aprile del 1851 e che porto a conoscenza di chi legge.

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