Dec 1, 2016 - Senza categoria    Comments Off on IL PISTACEA LENTISCUS, IL SIGNORE DELLA MACCHIA MEDITERRANEA A LICATA

IL PISTACEA LENTISCUS, IL SIGNORE DELLA MACCHIA MEDITERRANEA A LICATA

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Che piacevole sorpresa! Dopo aver trascorso l’estate a Mistretta, ritornata a Licata, davanti al cancello della mia campagna, in contrada Montesole, ho trovato tante bellissime macchie di Lentisco cariche di tantissimi grappoli di piccoli frutti rossi. Una meraviglia!

https://youtu.be/op41W1DB0dA

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Il Lentisco, nome scientifico Pistacea lentiscus, può chiamarsi il “Signore della macchia”: “Della macchia mediterranea”.
Signore, veramente, perché domina su tutte le altre specie presenti in un ambiente poco ospitale.
Il Lentisco, dal greco Σχίηος, è distribuito in tutto il Bacino del Mediterraneo spingendosi fino alle Canarie.
Vegeta bene prevalentemente nelle regioni costiere, in pianura e in bassa collina, fra i 400 e i 600 metri di altitudine. Cresce allo stato spontaneo nell’Asia meridionale, nelle regioni del continente americano a clima temperato – caldo e tropicale.
E’ particolarmente utile dal punto di vista ecologico per il recupero delle aree degradate e la riqualificazione ambientale di superfici marginali.

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Appartenente alla famiglia delle Anacardiacee, il Lentisco è un piccolo albero cespuglioso a portamento rigido, raccolto e arbustivo alto meno di tre metri. Possiede un sistema radicale formato da masse enormi più grandi della porzione fuori terra che lo legano saldamente al terreno.
Il basso fusticino è rivestito da una corteccia di colore grigio cinerino. Il legno è di colore roseo.
La sua chioma è globosa, irregolare e generalmente densa per la fitta ramificazione dove si attacca il fogliame costituito da un insieme di foglie verdi, coriacee, paripennate, composte da 6-12 foglioline ovato-ellittiche a margine intero e apice ottuso. La pagina superiore è levigata e lucida,  l’inferiore è opaca. Il picciolo è appiattito e alato in alto. L’intera foglia è glabra.
Le foglie resistono anche durante la stagione invernale.
Le foglie contrastano piacevolmente con i fiori rossi, densi, piccoli, disposti in racemi e che sbocciano in primavera da marzo a giugno.

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Il Lentisco è una specie dioica. I fiori femminili e i fiori maschili sono separati e portati da due piante differenti.
In entrambi i sessi i fiori sono piccoli, rossastri, raccolti in infiorescenze a pannocchia di forma cilindrica, portati all’ascella delle foglie dei rametti dell’anno precedente.

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I frutti sono delle piccole drupe lucide e globose, dalla grandezza di un pisello, che cambiano di colore in base alla maturazione passando dal verde, al rosso chiaro, al rosso granato brillante, fino al rosso scuro, quasi nero, quando sono perfettamente maturi.
I frutti rossi sono ben visibili in piena estate e in autunno, maturano in inverno e sono ricchissimi di olio.

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La moltiplicazione può avvenire per semina o talea semilegnosa. Quest’ultima pratica si compie nella stagione primaverile, anche se non è molto utilizzata perché la talea ha maggiore difficoltà a radicare.
Il Lentisco, anche se privato di tutta la parte aerea, getta virgulti, emette teneri polloni, rinasce a nuova vita. I germogli, appena spuntati dal terreno, freschi, sottili, rassomigliano all’erbetta di prato.
Un campo di Lentisco, tagliato raso terra, appare come un agro spontaneo di foraggio gradito ai ruminanti.
Il Lentisco è una pianta eliofila, termofila e xerofila, rustica e selvaggia. Non ha particolari esigenze pedologiche.
Resiste bene a condizioni prolungate di aridità, ma teme le gelate. Sopporta bene il clima arido, il caldo stagionale, la pioggia eccessiva, la luminosità del cielo, l’impeto dei venti. Non ha mai chiesto all’uomo un’attenzione particolare, non chiede l’acqua al cielo perchè nelle sue radici ha quella quantità che gli consente di vivere.
Solitamente predilige terreni sciolti, ricchi di sostanze nutritive e ben drenati. Tuttavia, spontaneo, può vegetare in terre povere e rocciose.
E’ comunissimo sulle coste italiane. Le annaffiature devono avvenire ogni 15 – 20 giorni durante la stagione estiva, in inverno è conveniente ridurle.
In primavera e in autunno è conveniente porre alla base della pianta di Lentisco del concime organico in modo da conferirle il giusto apporto di sostanze nutritive indispensabili alla sua crescita.

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Il Lentisco si presta per essere impiegato come componente di giardini mediterranei e giardini rocciosi. Poiché resiste bene alle potature, è adatto anche per la costituzione di siepi geometriche dal momento che la ramificazione fitta, la vegetazione densa e le ridotte dimensioni delle foglioline si prestano bene a questo scopo.
Al Lentisco sono riconosciute proprietà pedogenetiche ed è considerata una specie miglioratrice nel terreno. Il terriccio presente sotto i cespugli di questa pianta è considerato un buon substrato per il giardinaggio.
Per questi motivi la specie è importante, dal punto ecologico, per il recupero delle aree degradate.

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Il Lentisco non conosce malattie! Non teme la puntura degli insetti o l’attacco degli animali, dei funghi e dei batteri. É rispettato anche dai denti delle pecore e delle capre, molto gradito è, invece, il suo frutto.
La Natura il Lentisco dà un grandissimo aiuto al corpo umano nel curare piccoli suoi malanni. Per questo motivo è una pianta che raccoglie grandi consensi perché possiede notevoli proprietà balsamiche e curative.
Tutte le parti del Lentisco sono utilizzabili.
Pare che gli uomini antichi conoscessero perfettamente le sue proprietà curative! Gli studi farmaceutici dei diversi Paesi, infatti, apprezzano le straordinarie proprietà emostatiche e cicatrizzanti della resina ottenuta dalla pianta del Lentisco.
Un’importante raccomandazione è quella di raccogliere solo le quantità che servono all’uso personale.
Dioscoride Pedanio, grande medico del I secolo d.C, botanico e farmacista greco, è considerato il padre fondatore della farmacologia avendo posto le basi logico-scientifiche della terapia “farmacologica”.
Esercitò a Roma ai tempi dell’imperatore Nerone come medico personale da Marco Aurelio a Settimio Severo. E’ famoso per la sua opera “De Materia Medica”, in cinque libri, un erbario scritto in lingua greca che ebbe una profonda influenza nella storia della medicina per la chiara e dettagliata descrizione dei medicamenti basata sul metodo razionale valido ancora oggi.
Nel libro I°, Cap. 72° di “De Materia Medica” così descrive le proprietà del Lentisco: “… Ogni parte della pianta ha virtù astringente, ovvero i frutti, le foglie, i rametti, la corteccia e le radici.Con la corteccia, le foglie e le radici se ne fa un liquido in questo modo: si cuociono lungamente nell’acqua; poi si toglie dal fuoco, si raffredda, si filtra e si torna a far bollire finché non assume la consistenza del Miele.
Si beve il Lentisco, con successo, per curare il vomito di sangue, i flussi del corpo e la diarrea; è utile anche nelle emorragie mestruali ed al prolasso uterino e anale.Serve a sostituire l’Acacia e l’Ipocistide, piante fortissimamente astringenti.Lo stesso effetto lo fa il succo spremuto dalle foglie triturate.
La sua decozione applicata esternamente, cura le ulcerazioni e le ferite; consolida le rotture delle ossa, ristagna i flussi mestruali e ferma le ulcere “serpeggianti”. Bevuto è anche diuretico.Lavandosene la bocca, ferma i denti smossi.Si usano i suoi rametti per pulirsi i denti, al posto delle Canne.
Dal frutto si estrae un olio, conveniente quando ci sia da astringere.
Produce il Lentisco una resina chiamata da alcuni “Lentiscina” e da altri “Mastice”.
Questa, bevuta, giova al vomito di sangue ed alla tosse cronica; fa bene allo stomaco, ma fa fare rutti. Si mette nelle polveri che si preparano per i denti e nei cosmetici che si usavano per schiarire la pelle del viso.
Fa rinascere i peli delle palpebre e masticandola fa buono l’alito e rassoda le gengive. Nasce copiosa ed ottima nell’isola di Chio. Lodasi quella che risplende come una lucciola e quella che rassomiglia, nel suo candore alla Cera di Toscana, piena, secca, fragile, profumata , e stridente. Se è verde è meno attiva.Si sofistica con l’Incenso e con resine dei gusci delle pigne”.

Anche Galenodi Pergamo, medico di corte dell’imperatore Marco Aurelio, vissuto quasi cento anni dopo Dioscoride, nell’ VIII Libro “Le Virtù dei semplici medicamenti” descrive:
Il Lentisco è un arbusto che contiene una essenza Acquea leggermente Calda e di una minore parte Terrestre e Fredda, grazie alla quale è moderatamente astringente.
Dissecca tra la fine del II grado e l’inizio del III, ma è quasi equilibrato tra Calore e Freddezza.
E’ astringente in tutte le sue parti, nelle radici, nei rami, nei germogli, nelle foglie, nei frutti e nella corteccia del fusto e dei rami.
Il succo estratto dalle foglie è anche esso simile e moderatamente astringente.
Lo si assume per via interna da solo o mescolato ad altri ingredienti nella diarrea ed in altre affezioni intestinali; giova nell’emottisi, nelle metrorragie e nel prolasso anale o dell’utero; questa ultima attività lo rende simile, affine e mescolabile conl’ Ipocistide Mastice. Quando è candido, è consuetudine chiamarlo “Chio”.
E’ costituito da virtù contrarie, astringente ma anche emolliente; per questo motivo cura le infiammazioni dello stomaco, dell’intestino e del fegato.
Considerato il bilancio finale delle sue qualità, risulta Caldo e Secco nel II grado.
Quello nero è detto “Egizio” ed è più disseccante e meno astringente e quindi più adatto a disperdere i flussi umorali per traspirazione; sempre per questo motivo è un eccellente rimedio per i foruncoli.
Macerandolo con Olio si ottiene l’ Unguento Masticino, ma lo si prepara solo con il “Chio” e non con l’ “Egizio”.
I derivati ottenuti dal Lentisco sono molti.
Nella stagione calda, l’incisione della corteccia del fusto o di un ramo fa “piangere” al Lentisco lacrime di succo che, alla luce, si rapprendono in gocce ambrate chiare e odoranti. Piange per rimarginare le ferite, per difendersi dai parassiti, dall’umidità dell’aria. Sono lacrime pregiate!
Ogni goccia è una perla di resina tenera e colorata, molto preziosa.
La resina fluida, che si raccoglie dopo che è solidificata all’aria, è nota come “Mastice di Chio”. Prende questo nome dall’isola greca di Chio dove, nell’antichità, si produceva il mastice più puro.
Attualmente, la produzione del mastice di Chio è rivolta a ottenere piccole sfere facili da masticare lentamente che, grazie alla loro azione antisettica, rendono l’alito fresco e profumato.
Nella tradizione popolare il mastice di Chio, masticato energicamente, serviva per rafforzare le gengive e per alleviare i disturbi di stomaco. Tant’è vero che una parte dell’olio essenziale, che si trova nella gommo-resina, molto gradevolmente aromatica, è attiva sull’Helycobacter pylori, il batterio responsabile di molti fastidi della mucosa gastrica.
Nella tradizione popolare i contadini usavano le foglie e i giovani rametti di Lentisco per curare le gengive infiammate, i denti smossi, la piorrea, il mal di gola, il mal di stomaco e la diarrea.
Oggi l’uso del Lentischio a scopo medicinale è sconsigliato per la sua potenziale tossicità. Però, per la grande varietà dei principi attivi che contiene, possiede molte altre virtù sfruttate nell’industria dei profumi, in erboristeria e nell’industria dei colori.
Si producono: bagnoschiuma, oli da bagno e da massaggio, creme nutrienti per il viso e per il corpo, che rendono la pelle più sana, giovane e bella, e aiutano a prevenire l’invecchiamento.
Dai frutti, con la bollitura e con la successiva spremitura, si estrae un gradevole olio aromatico che un tempo era utilizzato come olio alimentare al posto dell’olio di Oliva, più costoso e difficile da trovare, specie nel periodo della guerra e nel dopoguerra.
Quest’olio è balsamico, tonificante, rinfrescante e può essere aggiunto all’acqua del bagno o utilizzato nelle vaschette di acqua dei termosifoni per profumare l’aria delle abitazioni. Confezionato in creme, rende la pelle giovane, fresca e morbida.
I greci lo usavano per ungersi la pelle negli stadi.
Per i numerosi principi essenziali che contiene l’olio, esso svolge anche una funzione terapeutica sul cuoio capelluto che, massaggiato con l’olio rende i capelli luminosi, morbidi al tatto e facili da pettinare.
Nel residuo della spremitura, il frutto offre un verde panello per mangime gradito agli animali di allevamento, soprattutto ai suini.
Sono stimolati a produrre più carne e più latte poiché le proteine possedute dal frutto di Lentisco sono complete, genuine.
Ogni goccia di resina, una perla tenera, colorata, molto pregiata e costosa, è impiegata dalle industrie per dorare il legno, per formare colla adatta al vetro. É usata in fotografia e nella lavorazione della ceramica e della porcellana.
Dalle foglie di Lentisco, sempre verdi, si estraggono il tannino e la potassa usata industrialmente per ottenere un sapone nero, liquido in uso da molto tempo in Algeria per il lavaggio delle lane degli ovini.
Le foglie si raccolgono facilmente poiché un ramo verde reciso, dopo qualche giorno d’esposizione al sole, appena agitato con la mano, si spoglia. Le foglie essiccate conservano i loro poteri.
Poichè la pianta è sempre ben carica di foglie, perché non raccoglierle quando ce n’è veramente bisogno?
I rametti di Lentisco sono usati anche come verde ornamentale.
L’uso copioso, attraverso tagli indiscriminati, sta causando seri danni ai boschi dell’Albania, della Tunisia e dell’Italia meridionale.
Il legno del Lentisco, duro, compatto, è impiegato nell’artigianato per piccoli lavori al tornio e d’intarsio grazie al colore rosso venato.
Come legna da ardere è apprezzato per alimentare i forni a legna dei panifici e delle pizzerie poiché l’alto potere termico permette di raggiungere alte temperature in breve tempo.
E’ impiegato per la produzione di carbone vegetale. Anche il sistema radicale è ottimo come legna da ardere. Il modo di bruciare era osservato dagli antichi come presagio: se sfrigolava velocemente era segno di buon augurio, se lentamente non bisognava aspettarsi grandi prospettive.

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Il Lentisco è citato anche nella Bibbia, per la morale che se ne ricava dalla lettura nel libro di Daniele dell’episodio “Susanna e i perfidi anziani” (Cap. 13, 1-62).
Susanna, donna di rara bellezza e timorata da Dio, era la sposa di Ioakim in Babilonia, uomo molto ricco che possedeva un giardino vicino alla sua casa.
Giudici e guida del popolo erano stati eletti due anziani che frequentavano la casa di Ioakim e accoglievano lì tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere. Vedendola spesso passeggiare nel giardino, dopo che il popolo si allontanava dalla sua casa, attratti dal suo splendore, i due anziani, presi da un ardente tormento per lei tanto da perdere il lume della ragione, si nascondevano dietro una grande aiuola; l’uno celava all’altro la propria pena vergognandosi di rivelare il desiderio della passione.
Un giorno, dopo essersi separati per andare a pranzare ciascuno a casa propria, tornati indietro, si ritrovarono insieme.
Decisero, allora, di nascondersi nel giardino per spiare Susanna mentre faceva il bagno. Le ancelle, allontanate per andarle a prendere l’unguento e i profumi, avevano chiuso la porta.
I due anziani, usciti dal nascondiglio, dissero a Susanna: “ Ecco le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi in caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle”.
Susanna esclamò: “ Sono alle strette da ogni parte. Se cedo è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore”. Allora i due anziani giudici, gridando contro di lei, dichiararono falsamente al popolo che si era unita a un giovane nascosto nel giardino: “Di questo noi siamo testimoni”.
La moltitudine prestò loro fede, poiché erano anziani e giudici del popolo, e la condannò a morte.
Allora Susanna ad alta voce esclamò: ”Io muoio innocente di quanto loro iniquamente hanno tramato contro di me”.
Intanto che Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanotto chiamato Daniele il quale si mise a gridare: “Io sono innocente del suo sangue”! Egli, restando immobile in mezzo al popolo, disse: “Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei”. Il corteo, alle grida di Daniele, tornò subito indietro.
Gli anziani dissero a Daniele: ”Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell’anzianità”.
Allora Daniele esclamò: “Separateli bene l’uno dall’altro ed io li giudicherò”.
Al primo disse: “O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato nascono, quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: «Non ucciderai il giusto e l’innocente». Ora dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?”.
L’anziano rispose: “Sotto un lentisco.” Daniele disse: “In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa”.
Chiese all’altro: “ Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme”? Rispose: “Sotto un leccio”.
In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa”.
Allora tutta l’assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in Lui. Poi, insorgendo contro gli anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo e, applicando la legge di Mosè, lapidò entrambi. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.
La verità è sempre premiata, la falsità punita!
Nell’antica Grecia la pianta di Lentisco era consacrata a Dictymna, una ninfa di Artemide, che amava adornarsene.
Se ne adornavano  anche le vergini elleniche, che la imitavano.
Per tale motivo il Lentisco, nel tempo, è rimasto legato ai simboli di purezza e di verginità.

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