Apr 25, 2016 - Senza categoria    Comments Off on IL 25 APRILE E L’ARBUTUS UNEDO “L’ALBERO D’ITALIA” SIMBOLO DELL’UNITA’ NAZIONALE

IL 25 APRILE E L’ARBUTUS UNEDO “L’ALBERO D’ITALIA” SIMBOLO DELL’UNITA’ NAZIONALE

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Il 25 Aprile di questo anno 2016 ricorre il 71° anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. E’ la festa civile della Repubblica Italiana. Il 25 Aprile è chiamato anche Festa della Liberazione, anniversario della Resistenza o semplicemente il 25 Aprile. E’ un giorno importantissimo per la storia d’Italia. E’ la fine dell’occupazione nazista nel nostro paese avvenuta esattamente il 25 aprile del 1945. E’ giusto ricordare come l’Italia superò le barbarie della guerra e del nazifascismo grazie all’intervento di quanti, militari e civili, furono artefici di tale decisivo momento della storia italiana. Bisogna continuare a fare tesoro degli insegnamenti di chi, non volendo rinunciare alla libertà, diede il propri prezioso contributo alla nascita della democrazia  e delle Istituzioni repubblicane.

Un po’ di storia!

Durante la seconda guerra mondiale, l’Italia era divisa in due: al nord Benito Mussolini e i Fascisti avevano costituito la Repubblica Sociale Italiana vicina ai tedeschi e al Nazismo di Hitler. Al sud, in opposizione, si era formato il governo Badoglio in collaborazione con gli Alleati americani e inglesi. Per combattere il dominio nazifascista i Partigiani programmarono la Resistenza.
I partigiani erano uomini, donne, giovani, meno giovani, sacerdoti, militari, di diverse estrazioni sociali, di differenti ideologie politiche e religiose, ma tutte persone spinte dalla volontà di lottare con gli ideali di conquistare la democrazia, il rispetto della libertà individuale, l’unione e l’uguaglianza del popolo italiano.
Il 25 aprile del 1945 i Partigiani, supportati dagli Alleati, entrarono vittoriosi nelle principali città italiane. Esattamente il 25 aprile ricorda la liberazione di Torino e di Milano da parte dei partigiani al termine della seconda guerra mondiale. In seguito furono liberate altre città dell’Italia settentrionale: Bologna il 21 aprile, Genova il 26 aprile, Verona il 26 aprile, Venezia il 28 aprile.
La fine della guerra per l’Italia intera avvenne i primi giorni del mese di maggio.
Il 25 aprile del 1945, alle 8:00 del mattino, attraverso la radio, dall’esecutivo del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia, formato da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini, Leo Valiani, Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza fu proclamata ufficialmente l’insurrezione, la presa di tutti i poteri da parte del CLNAI e la condanna a morte di tutti i gerarchi fascisti.
Mussolini fu fucilato tre giorni dopo.
La Liberazione mise fine a venti anni di dittatura fascista ed a cinque anni di guerra. Rappresentò, pertanto, l’inizio di un percorso storico che porterà al referendum del 2 giugno del 1946 per la scelta fra la Monarchia e la Repubblica, quindi alla nascita della Repubblica Italiana fino alla stesura definitiva della Costituzione Italiana. Il primo governo provvisorio, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946 (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”), confermò la data del 25 Aprile dal 1946 giorno di festa nazionale.
L’articolo 1, infatti, così recita: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale“. La Legge n. 260 del 27 maggio 1949 (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”) rese definitiva la giornata festiva della Liberazione.
Il 25 Aprile è festa nazionale! Osservano il giorno festivo le scuole, gli uffici, le attività commerciali e artigianali con la sospensione delle attività lavorative su tutto il territorio nazionale. In molte città italiane ogni anno si organizzano manifestazioni, cortei e commemorazioni.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Roma, recatosi all’Altare della Patria, ha onorato il Milite ignoto deponendo una corona d’alloro. Durante la cerimonia di commemorazione ha espresso particolari apprezzamenti per gli uomini delle Forze Armate che assolvono i compiti loro assegnati dalla Carta Costituzionale con alto senso del dovere. Ha dettoanche che “la nostra Repubblica si fonda sul 25 Aprile”. “E’ sempre tempo di Resistenza contro guerre e violenze”.
A Licata il 25 Aprile ci sono stati tanti momenti celebrativi: la santa Messa, celebrata nel santuario di Sant’Angelo in ricordo dei Caduti di tutte le guerre e di quelli della Liberazione; il Corteo a cura  delle segreterie CGIL-CISL- UIL- A.N.P.I.
In Piazza Progresso il sindaco di Licata Angelo Cambiano

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ha accolto S.E il Prefetto S.E. Nicola Diomede, i Sindaci provenienti da altri paesi della provincia di Agrigento, le forze dell’Ordine e i civili presenti.

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In Piazza Progresso si è svolta la cerimonia ufficiale proposta dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo; la rassegna di picchetto interforze da parte del Prefetto di Agrigento;

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 l’alzabandiera e l’esecuzione del “l’Inno di Mameli” dagli alunni dell’Istituto Comprensivo “Francesco Giorgio” che hanno suonato anche “L’inno alla Gioia” di Ludwig Van Beethoven; è stato letto il messaggio del Ministro della Difesa;

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 Una corona d’alloro è stata deposta ai piedi del monumento ai Caduti della I° e della II° guerra mondiale;

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 è stato letto il messaggio del Ministro della Difesa; è intervenuta sull’argomento la Prof.ssa Carmela Zangara.
S.E il Prefetto di Agrigento ha consegnato alcuni testi sulla Costituzione ad una rappresentanza di giovani che oggi hanno compiuto diciotto anni d’età.

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Una corona d’alloro è stata anche deposta anche ai piedi del monumento sito dentro la villetta “G.Garibaldi” a Licata per ricordare il coraggioso soldato e partigiano Raimondo Severino, nato a Licata il 22/02/1923, torturato e trucidato pubblicamente dagli aguzzini repubblichini nella piazza di Borzonasca il 21/05/1944. Raimondo Saverino ha combattuto giovanissimo la Seconda Guerra Mondiale col 241° Reggimento Fanteria “Imperia”, fu colpito in Grecia e rimpatriato.
Appena guarito dalle ferite, riacquistata la sua agilità,fu riassegnato alla caserma “Piave” di Genova.
Quando seppe dell’armistizio, si rifugiò sui colli genovesi per unirsi ai partigiani della brigata “Cichero”.
Scelse come nome di battaglia “Severino” e si distinse  per il suo intrepido coraggio.
Catturato dai tedeschi durante un rastrellamento, riuscì a fuggire e a tornare dai suoi compagni. Appena sopra Chiavari, sui monti della Rondara, i nazisti lo catturarono di nuovo.
Volevano da lui  informazioni sulla resistenza ligure.
Lo legarono e continuarono a chiedergli: « Dov’è la tua banda? Dov’è il tuo Comandante? Ti libereremo se ci darai queste informazioni».
Continuò a ripetere in dialetto siciliano: « Nun u sacciu ».
Condotto sulla piazza principale di Borzonasca fu fucilato. Il corpo di Raimondo Severino rimase tre giorni nella piazza del paese a scopo intimidatorio. Fu il primo caduto della “Cichero”.

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Licata è stata la prima città ad essere liberata dal governo fascista e dall’occupazione nazista.
Nella mostra dello sbarco, allestita nel chiostro Sant’Angelo dalla Pro Loco di Licata,  sono esposti i cimeli, la   foto identificativa del primo soldato dell’esercito americano caduto sulla spiaggia di Mollarella, (foto pervenuta grazie al nipote del milite tramite il sig. F. Sciarrotta), le divise militari (donate dal sig. R. Bilotta), una bicicletta utilizzata dall’US ARMY e tanto altro ancora.

 

 

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A Torre di Gaffe è stata deposta una stele commemorativa dello sbarco degli alleati in Sicilia e l’inizio della liberazione, avvenuto il 10 luglio del 1943.

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In Via Guglielmo Marconi si possono visitare i rifugi anti-aerei che si snodano sottoterra del centro storico di Licata.
Anche la Natura omaggia l’Italia con la coltivazione della pianta di ARBUTUS  UNEDO

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 L’Arbutus unedo è una pianta della famiglia delle Ericaceae originaria dell’Irlanda e diffusa nei paesi del Mediterraneo. In Italia l’Arbutus unedo è l’unica specie del genere Arbutus diffuso in tutte le regioni centrali della penisola dove spesso forma piccoli boschetti; è assente in Val d’Aosta, in Piemonte, in Lombardia, nel Trentino Alto Adige e nel Friuli Venezia Giulia. Cresce dal livello del mare fino a 1000 metri di quota.
La leggenda vuole che fu proprio il Corbezzolo ad ispirare i colori della bandiera nazionale. E’ chiamato “l’albero d’Italia” poiché la presenza contemporanea del verde delle foglie, del bianco dei fiori e del rosso dei frutti  diede origine ai colori del tricolore italiano tanto da diventare, durante il Risorgimento, il simbolo dell’ Unità Nazionale.

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Virgilio, nelle “Georgiche”, indica questa pianta semplicemente col nome “Arbutus”, “Arbusto”, mentre Plinio il Vecchio la denomina “unedo”, da “unus”, “uno” ed “edo”, “mangio”, vale a dire ne “mangio uno solo” per indicare che il frutto, sebbene buono da mangiare, non è gradevolissimo e l’assunzione eccessiva, per la presenza di un alcaloide nella polpa, potrebbe causare probabili inconvenienti a persone ipersensibili, quindi è consigliabile “mangiarne uno solo”. Dall’unione di questi due antichi termini deriva il nome scientifico della specie Arbutus unedo attribuito dal naturalista Linneo nel 1753.
Volgarmente è chiamato “Corbezzolo”. Il Corbezzolo ha dato il nome al monte Conero, il promontorio più importante del medio Adriatico alto 573 metri a sud della città di Ancona. Il nome Conero deriva dal greco “Кόμαρος”, che vuol dire “Corbezzolo”.
Il Corbezzolo, chiamato anche “Ciliegio di mare”, è un arbusto molto diffuso nei boschi del Conero e che produce frutti molto apprezzati localmente. Il Corbezzolo nelle diverse regioni d’Italia ha tanti altri nomi. In Calabria si chiama “Cucummaràra, Mbriacunedi, Cacùmbaru, Chùmma”, in Campania “Accummaro, Soriva pelosa”, in Liguria “Armôn” è l’albero e il frutto, “murta” sono le foglie, in Umbria “cerasa marina, lallarone”, in Toscana “albatro”, in Sardegna “Alidone, Arbòsc, Cariasa, Ghilisoni, Lidone, Mela de Lidone, Olidone, Olidoni, Olioni, Orioni, Ulioni”, in Sicilia “Per’i ruggia,” e “ ‘Mbriacula” perché fa ubriacare. Altri nomi comuni sono:“Fragolon, Pomino rosso, Elioni, Urlo, Tirosetto, Cerosa marina, Musta”. In francese si chiama “Arbousier”, in  inglese ”Strawberry tree fruits”, in spagnolo “Madroño”, in tedesco “Westliche Erdbeerbaum ”.

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 L’Arbutus unedo è un arbusto compatto, elegante, molto ramificato, pollonifero, a crescita lenta. Presenta il fusto alto circa 2 metri, ma può raggiungere anche i 12 metri, dritto, tendente ad inclinarsi e a contorcersi, rivestito dalla scorza sottile, rossiccia, vellutata nei rami giovani, successivamente finemente e regolarmente desquamata in lunghe e strette placche verticali di colore bruno. Le foglie, molto decorative, addensate all’apice dei rami, semplici, alterne, di consistenza coriacea, glabre, brevemente picciolate, hanno la lamina lanceolata con apice acuto e con margine seghettato, la pagina superiore lucida e di colore verde scuro, la pagina inferiore opaca, di colore verde chiaro e presenta anche nervature prominenti rossastre nelle giovani foglie. La chioma è densa, tondeggiante e, a volte, un po’ disordinata.

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La bella peculiarità è la presenza dei fiori delicati ed ermafroditi. Piccoli racemi penduli portano da 15 a 35 fiori presenti da ottobre a marzo dell’anno successivo nella parte terminale dei rami dell’anno. Il fiore è formato da un piccolo calice e da una corolla di colore bianco-avorio, lucida, orciolata, ristretta all’orlo e rigonfia nel centro, appunto come un otre, che termina con cinque denti rivolti verso l’esterno. Fiorisce nei mesi di marzo-aprile.

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 Alla fioritura segue la maturazione dei frutti tra settembre e novembre dell’anno successivo contemporaneamente alla nuova fioritura di modo che la pianta ospita insieme fiori, frutti immaturi e frutti maturi, fenomeno che la rende particolarmente ornamentale. I frutti, chiamati “corbezzole”, commestibili, sono bacche carnose quasi rotondeggianti, con la superficie rugosa, irta di numerosi e piccoli tubercoli. La polpa, ambrata, succosa e di sapore dolciastro, è ricca di vitamina C.
Le bacche sono divise in loculi e ciascun loculo racchiude numerosi minuscoli semi ellittici di colore brunastro-chiaro lunghi 2-3 millimetri, spigolosi, caratterizzati da una scarsa germinabilità. In autunno si possono osservare il fiore bianco ed il frutto nelle varie fasi di maturazione: di colore verdastro quando è acerbo, di colore giallo in una fase intermedia e di colore rosso-arancio quando è completamente maturo.

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I corbezzoli possono essere consumati crudi, cosparsi di zucchero o con l’aggiunta di un vino liquoroso e in confettura. E’ importante mangiarli al giusto punto di maturazione, troppo immaturi o troppo maturi possono non essere gradevoli al sapore.
Nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta ci sono diverse piante di Arbutus unedo e i mistrettesi chiamano i suoi frutti “ ‘miriacoli” perchè dicono che, mangiandone molti, fanno ubriacare.
I Greci amavano molto consumare i frutti perché l’uso abbondante creava un piacevole stato di ebbrezza. Ogni anno organizzavano la festa del Corbezzolo durante la quale si ubriacavano e socializzavano più facilmente tra loro. La propagazione avviene per seme in primavera o per talea semilegnosa in inverno, ma anche per margotta, per propaggine o per divisione di polloni.
La potatura va eseguita con molta attenzione poiché, per tutto l’arco dell’anno, la pianta presenta fiori e frutti, pertanto si eliminano le parti secche o danneggiate e i rami disarmonici. La fronda recisa con i frutti immaturi è utilizzata per decorazioni floreali.
La pianta ha uno spiccato potere pollonifero dovuto ad un ingrossamento ipogeo del fusto che funge da riserva nutrizionale per cui, anche se soggetta a continui tagli o all’aggressione degli incendi, riesce sempre a sopravvivere riemettendo numerosissimi getti dopo il passaggio del fuoco e ricostituendo, in tempi relativamente brevi, la vegetazione delle aree colpite e imponendosi sulle altre specie.
L’Arbutus unedo possiede un legno rossastro particolarmente dolce che può essere utilizzato per realizzare arnesi per alimenti e per piccoli lavori artigianali. In Sardegna i pastori lo utilizzano per realizzare “su pilìsu“, il particolare strumento impiegato per rompere la cagliata; è anche un ottimo combustibile e, non emettendo odore durante la combustione, è molto apprezzato come legna da ardere.
Il Corbezzolo dà altre gradite sorprese: ospita molti uccelli, insetti e mammiferi, che si cibano in gran quantità delle sue bacche mature preparandosi ad affrontare il lungo e freddo inverno, e la Charaxes jasus, la bellissima farfalla dai colori meravigliosi, chiamata la “farfalla del Corbezzolo” perché vive esclusivamente sulle foglie di questa pianta.
Il Corbezzolo è una pianta facile da coltivare. Predilige le aree soleggiate, ma tollera molto bene anche una parziale ombra posto su terreni acidi, anche se si adatta su quelli argillosi, ricchi di materia organica e ben drenati. Può resistere a temperature minime molto basse, ma mal sopporta le gelate precoci o tardive e non gradisce i venti freddi e secchi. Non richiede grandi quantità d’acqua ed è opportuno interrare del buon concime organico ai piedi della pianta in primavera per favorire lo sviluppo ottimale. Teme anche alcuni parassiti.
Gli eccessi d’umidità possono provocare attacchi da parte di alcuni funghi: l’Alternaria causa sulle foglie delle aree necrotiche circolari con alone rossastro; il Septoria unedonis causa maculature tra le nervature e sui lembi fogliari. L’Elsinoe matthiolianum aggredisce solitamente le foglie più giovani formando dapprima piccole macchie traslucide e, in seguito, bollicine di colore bruno che, al loro disseccamento, bucano il lembo.
Tra gli insetti sono principalmente riscontrabili: l’Otiorrynchus sulcatus, la cui presenza si nota per le erosioni sulle foglie;l’Afide verde del Corbezzolo, il Wahlgreniella nervata arbuti, che vive sulla pagina inferiore delle foglie più giovani. Varie specie di tripidi causano malformazioni dei fiori e dei frutti.
La pianta, già conosciuta ed usata in tempi antichi, da Dioscoride e da Galeno era ritenuta nociva per la testa e per lo stomaco. In età medioevale la peste era combattuta mescolando la polvere di “osso di cuore” di cervo con l’acqua distillata dalle fronde di Corbezzolo. Era annoverata tra le cosiddette “Erbe di S. Giovanni“, ricorrenza che cade nel solstizio estivo.
A tale proposito, davanti alle chiese si allestivano mercati delle erbe dove anche il Corbezzolo faceva bella mostra di sè insieme con altre essenze: aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, lavanda, mentuccia, salvia, rosmarino, biancospino, artemisia, ruta. Era considerata anche “erba cacciadiavoli e cacciastreghe” perché si credeva che diavoli e streghe viaggiassero, per partecipare ai loro convegni, proprio nella notte di S. Giovanni.
In fitoterapia le parti usate sono: i fiori, i frutti, le foglie, la corteccia e le radici.
Con le foglie e i frutti si ricavano tisane, infusi ed estratti. I fiori hanno azione sudorifera e diaforetica. Le foglie contengono l’arbutoside, un principio attivo che conferisce loro proprietà diuretiche e antisettiche del tratto uro-genitale, dell’apparato gastrico ed epato-biliare. I frutti, consumati nella giusta quantità, hanno azione astringente e quindi possono essere utilizzati come antidiarroici. Il decotto della radice, della corteccia, delle foglie e del frutto è utilizzato come antinfiammatorio, antiarteriosclerotico, diuretico e nei disturbi renali in generale.
Nell’industria alimentare il Corbezzolo ha numerosi impieghi. Specie mellifera, molto visitata dalle api, offre il famoso miele amaro della Sardegna e della Corsica che ha notevoli proprietà curative nelle affezioni bronchiali di tipo asmatico. Dalla fermentazione dei frutti si ricava il “Vino di corbezzolo” consumato soprattutto in Sardegna, in Algeria e in Corsica. In alcune regioni italiane è consuetudine utilizzare i frutti del Corbezzolo per preparare sciroppi, gelatine, frutta candita, marmellate, il “vino albatrino”, bibite molto dissetanti, una buonissima acquavite, e perfino un tipo d’aceto.
Il frutto entra volentieri anche nei piatti di carne sotto forma di salse.
Nei tempi passati le foglie del Corbezzolo, essendo ricche di tannini, erano usate per la concia delle pelli.
I romani attribuivano al Corbezzolo poteri magici. Virgilio, nell’Eneide, racconta che i parenti del defunto depositavano sulla sua tomba rami di Corbezzolo. Un’orsa, appoggiata ad un albero di Corbezzolo, è il simbolo della città di Madrid. Nella tradizione ligure è usato, assieme all’Alloro, nel carro del “Confuoco“, il carro che portava al podestà doni per dare, con i suoi frutti maturi, una nota di colore. Sempre in Liguria si usava mettere sul portale della propria casa un ramo di Corbezzolo con tre frutti maturi come segno di benvenuto quando si dovevano ricevere ospiti importanti. I vecchi liguri trattavano il Corbezzolo con un certo riguardo tanto da attribuirgli un notevole valore affettivo, chiamandolo, secondo la zona, “armuinermuin”, e perfino “ermelin”, cioè “ermellino” per indicare la sua preziosità.
Nel linguaggio dei fiori la bianca campanula è sinonimo “di ospitalità e di stima”.
Nella tradizione popolare il frutto simboleggia “l’amore”, sempre raffigurato di colore rosso, non disgiunto dalla gelosia che ha il colore giallo: il frutto maturo ha, infatti, la peculiarità di essere rosso fuori e giallo dentro; per tale motivo agli innamorati gelosi era maliziosamente regalato dagli amici intimi un ramo di Corbezzoli.

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