Nov 1, 2021 - Senza categoria    Comments Off on GLI ALBERI DEI PINI NELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

GLI ALBERI DEI PINI NELLA MIA CAMPAGNA IN CONTRADA MONTESOLE A LICATA

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 I Pini sono alberi molto belli!
Il colore sempre verde e le audaci forme delle chiome conducono la fantasia ad immaginare luoghi montagnosi e tempi invernali quando la neve li ricopre e li rende affascinanti.
Sono gli alberi preferiti dagli uccelli e, insieme, ravvivano l’ambiente dove vivono.
Alcune specie di Pino, da tempo antichissimo, vegetano sui monti e sulle valli del nostro Bel Paese e, più in generale, di tutta l’Europa.
Sono circa una settantina le specie facenti parte del genere Pinus.
Si tratta della famiglia di conifere più estesa e di maggior importanza economica e forestale.
Sono piante arboree sempreverdi che, nella prima fase del loro sviluppo mostrano una bella forma piramidale differenziando poi, gradualmente, le impalcature.
Invecchiando, mutano la propria sagoma da piramidale in altra con figure più aperte e globose.
Col tempo la corteccia della maggior parte delle specie si ispessisce e si fessura più o meno profondamente.
Le foglie sono aciculari e perenni.
I fiori femminili e maschili sono presenti sulla stessa pianta.
Il frutto, lo strobilo, maturando, si schiude lasciando fuoriuscire i semi.
Tra l’impollinazione e la fecondazione può passare anche un anno di tempo, mentre la maturazione dei semi richiede circa due anni.
Il termine Pinus, d’origine controversa, forse deriva dal latino ”pix, picis”, “pece, resina”, un prodotto della pianta; potrebbe anche derivare dalle radici indoeuropee “pic”, “pungere”, in riferimento agli aghi, oppure “pi”, “stillare”, emanare la preziosa resina, oppure ancora dal celtico “pen”, “testa” alludendo alla forma della chioma, oppure dal celtico “pin”, “montagna, roccia” per la capacità della pianta di vivere in terreni pietrosi. Secondo la mitologia latina, fu la ninfa Pitis ad attribuire il nome alla pianta. La ninfa Pitis chiese agli dei di essere trasformata in un albero di Pino per sfuggire alla violenza del dio Pan.
Secondo un’altra versione, Pitis era contesa tra il dio Pan e Borea, il vento del nord. Quando Pitis scelse Pan, il vento Borea, per vendicarsi, la gettò giù da una rupe con un impetuoso soffio. La Terra, impietosita, la trasformò in un albero di Pino.
Quando, in autunno, il vento soffia forte tra i boschi allora è Pitis che stilla le sue lacrime.
Sia nella mitologia latina sia in quella greca il Pino ha avuto un valore ambientale e storico davvero importante sfruttando ampiamente il simbolismo ed il suo nome.
Molti sono i miti legati a queste piante maestose, ma tutti collegati a grandi eventi luttuosi del mondo maschile.
Ovidio, nel libro X de “Le Metamorfosi”, così racconta il mito di Attis, il giovane mutato in un Pino: “E voi pure veniste, edere dalle radici aggrovigliate, e le viti piene di pampini, gli olmi avviluppati di viti, e ornielli, pìcee, corbezzoli carichi di frutti rosseggianti, tranquille palme che si danno in premio ai vincitori, e il pino che si erge con la sua chioma arruffata raccolta in cima, il pino, caro a Cibele, la madre degli dei, se è vero che per lei Attis si spogliò del suo corpo per fissarsi in quel tronco”.
Carissimi amici, desidero raccontarvi la storia della realizzazione della mia pineta che ho creato nella mia campagna.
Io, amante delle Piante, quando, nel lontano 1979, ho acquistato il pezzettino di terreno in contrada Montesole, a Licata, certamente non mi sono scoraggiata dinanzi alla macchia mediterranea incolta, affollata, ingarbugliata, intricata, pungente. Così si presentava il mio terreno! Servivano gli attrezzi da lavoro per i primi rapidi interventi.
Ho subito preparato: le forbici, il taglia erba, le zappe, la sega, il rastrello e tutto l’occorrente per creare un primitivo passaggio nella selva.
Bisognava urgentemente togliere tutte le erbe infestanti, bonificare il terreno e creare un ambiente giovane e nuovo.
Grazie anche alla disponibilità degli agenti del Corpo Forestale, che mi hanno fornito le piantine, ho messo a dimora circa 45 alberi di diverse specie: il Pinus pinea, il Pinus halepensis, il Pinus pinaster, qualche Cipresso, alcune Tuie e Yucche, un’Araucaria che, purtroppo, è morta perché le pecore hanno mangiato la sua parte apicale.
Ho sistemato le piante nel bel mezzo del terreno e lungo tutto il perimetro.
É nata la mia pineta, un giardino boscoso, un polmone verde naturale nel cuore della montagna Montesole che ha modificato sensibilmente il vecchio paesaggio. Ricordo ancora che nel periodo estivo annaffiavo le giovani piantine trasportando con i bidoni l’acqua prelevata alla fontanella di Via Palma.
Aiutavo nella crescita le mie piantine molto piccole!

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In questa fatica mi sostenevano gli uccelli che, saltellando, non avevano paura della mia presenza, mi facevano compagnia con i loro cinguettii e ripetevano l’eco del mio fischiettio. Anche i conigli si avvicinavano per curiosare.
Così sono cresciuti gli alberelli! Con amore!
Adesso tutti gli alberi sono diventati grandi e hanno raggiunto una notevole altezza.
Certo non è la pineta di Ravenna, o di San Rossore, o di Viareggio,  o di Castel Fusano, dove folte pinete sono state impiantate dagli etruschi e dai romani; ma la mia è importante perché mi ha fatto faticare molto, perché ha cambiato il paesaggio arricchendolo di un’estesa macchia di colore verde visibile da chi, attraversando la strada di San Michele, alza lo sguardo verso la montagna, perché le fronde mi riparano dai caldi raggi solari durante l’estate.
Fragrante è il profumo della pineta, apprezzato è il senso di sollievo e di liberazione che provo inspirando l’aria balsamica! Sono le resine che, sotto forma di minutissime goccioline invisibili sparse tutto intorno dalle piante maestose, raggiungono le narici.
I miei Pini, anche se si sono ambientati a Licata, un ambiente marino, probabilmente non sono specie indigene, ma sono presenti in Italia da lungo tempo dove si sono adattati.
Infatti, in diverse parti del mio terreno, anche dalle fessure rocciose contenenti una piccola quantità di terra, spuntano minuscole piantine di Pino che io cerco di fare crescere.

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Qualche piantina non sopravvive o perché nata su un suolo povero di nutrimento o perché rosicchiata dal morso delle pecore e delle capre che pascolano sfacciatamente nei terreni altrui.
Qualcun’altra, più fortunata, si è già sollevata da terra per una trentina di centimetri.
Ha il fusticino ancora erbaceo, i rami laterali sottili, ma spero che possa attecchire e diventare, col tempo, grande quanto i suoi genitori.

 

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