Apr 17, 2016 - Senza categoria    Comments Off on LA DRACUNCULUS VULGARIS NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

LA DRACUNCULUS VULGARIS NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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Finalmente nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta sicuramente è fiorita la Dracunculus vulgaris. Un po’ in ritardo perché la vera primavera è stata molto lenta a presentarsi.
Per poter fotografare il suo fiore l’anno scorso sono venuta da Licata a Mistretta ben quattro volte, ma finalmente  ci sono riuscita!
Il nome della pianta di Dracunculus vulgaris ha conservato la sua origine latina “Dracunculus”, “piccolo drago”, nome botanico attributo a questa specie da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, anche se l’aveva usato per descrivere almeno altre due specie vegetali. Questo termine si riferiva al fusto punteggiato, simile alla pelle di serpente e, nel caso di altre piante, alla forma delle radici. Un altro nome della specie è Arum dracunculus.
Carl von Linné riprese il nome e lo usò come attributo nel binomio Arum dracunculus.
I greci antichi usavano il nome “δρακόντος”, “drago, grosso serpente” ma applicavano il nome “άρος”, “sciagura” comprendendo specie oggi classificate come Arum.
Già nel XVII secolo Philip Miller suggerì il nome Dracunculus per un genere a parte.
Nel 1832 Heinrich Wilhelm Schott (1794-1865), direttore dei Giardini Imperiali di Vienna, propose il nome Dracunculus vulgaris.
La specie è conosciuta con tanti altri nomi. In Italia sono relativamente comuni i nomi: “Dragontea”, “Dragonea”, “Dragonzio”, “Erba serpentona”, “Erba serpona”, “Serpentaria”. Altri sinonimi sono: “Arum dracunculus, Aron dracunculus, Dracunculus dracunculus, Dracunculus major, Arum guttatum, Dracunculus polyphyllus, Dracunculus creticus, Dracunculus vulgaris”.
Il nome Serpentaria è stato creato dalla credenza popolare perché si pensava che i serpenti trovassero riparo sotto le sue fronde o perché le macchie di colore rosso-bruno del fusto ricordano la pelle di un serpente. Il nome specifico “vulgaris” deriva dal latinocomune”, quindi “piccolo drago comune”.

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Appartenente alla famiglia delle Araceae, la specie è originaria della regione mediterranea centro-orientale: Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Corsica, Creta, Croazia, Isole dell’Egeo, Macedonia, Montenegro, Slovenia e Turchia dove cresce sia nel sottobosco sia in radure e in terreni rocciosi. In Italia è distribuita in Sicilia, in Sardegna e in poche altre regioni. Mentre in passato in Italia era diffusa dal Nord fino all’estremo sud della penisola, come riferisce Filippo Parlatore nella sua Flora Italiana del 1853, incerta è oggi la sua presenza in Piemonte ed Umbria e non si incontra in Abruzzo e in Puglia.
La Dracunculus vulgaris è una pianta erbacea perenne tuberosa che vegeta bene fino a 1000 metri di quota. E’ provvista di una particolare radice sotterranea detta tubero. Il fusto, eretto, alto fino ad un metro, glabro, grosso, è di colore verde scuro chiazzato di bianco. Inizialmente la pianta presenta un gruppo di foglie che si ergono dal centro del tubero sotterraneo e che poi avvolgono lo stelo del fiore.
Le grandi foglie, lunghe 30-40 centimetri, molto decorative, sono sorrette da un lungo picciolo da cui parte  perpendicolarmente la lamina fogliare. Essa, di colore cangiante tra il verde chiaro e il verde scuro, lucida con rade macchie lineari bianche, presenta due nervature principali che la incidono profondamente in 5 – 7 lacinie lanceolate, quasi a simulare una foglia palmato-composta, con margini ondulati e appuntiti all’apice. In estate assume una colorazione rossa e non rimane in inverno.

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  La chioma tende a crescere sia in altezza, sia in larghezza facendo assumere alla pianta la forma di un arbusto arrotondato. L’antesi avviene tra aprile e maggio. Lo stelo fiorale, di colore giallo-verde, emerge dalle foglie dando origine ad una delle più spettacolari infiorescenze della flora Italiana.
L’infiorescenza a spiga, nominata spadice, lunga fino a 60 centimetri, è avvolta da un’ampia brattea dai bordi ondulati, detta spata, che ha la pagina superiore prevalentemente di colore rosso-violaceo molto scuro e vellutata e la pagina inferiore di colore verde chiaro. Essa è chiusa alla base a formare la camera floreale cilindrica che agisce da trappola per gli insetti. La spata e lo spadice sono glabri. Lo spadice, che nella porzione racchiusa dalla camera floreale porta numerosi piccoli fiori unisessuali separati da alcuni fiori sterili, si prolunga all’esterno con una lunga appendice violacea a forma di clava.
Contemporaneamente all’apertura dei fiori femminili, l’appendice dello spadice emana un fortissimo odore nauseabondo di carne in putrefazione, odore che permane per un intero giorno associato ad un innalzamento della temperatura ben più alta di quella dell’ambiente.
Gli insetti impollinatori sono attirati nella camera florale dall’intensa secrezione zuccherina di cui sono avidi e dal calore dell’ambiente prodotto dell’attività termogenerativa dei fiori maschili che producono il polline. Il calore permette la vaporizzazione di queste sostanze e gli insetti attirati rimangono imprigionati da due corone di peli rivolti verso il basso. I fiori femminili occupano la parte inferiore della camera floreale, quelli maschili la parte superiore. I fiori femminili sono ricettivi prima dei fiori maschili. Questo fenomeno impedisce l’autofecondazione.
Nel tentativo di uscire, gli insetti si caricano le zampette di polline. Avvenuta la prima impollinazione, l’infiorescenza perde il suo turgore, i peli interni appassiscono, gli insetti, liberati, fuoriescono e vanno ad impollinare altri fiori continuando l’importante compito che la Natura ha loro affidato.
L’attività dell’infiorescenza si può protrarre per 3 – 4 giorni mantenendo quasi invariata la bellezza della spata e dello spadice, soprattutto se la pianta viene annaffiata abbondantemente. La fioritura di piante di grandi dimensioni può durare anche 20 giorni poiché si aprono progressivamente infiorescenze secondarie. Dopo l’impollinazione, le foglie cominciano ad appassire. Lo stelo, da solo, sorregge l’infruttescenza composta da numerosi frutti molto decorativi.
Sono le bacche piriformi lunghe qualche centimetro che, inizialmente, sono di colore verde,  poi, maturando a fine estate o all’inizio dell’autunno, assumono un colore rosso-arancio. Le bacche contengono pochi semi compressi e lunghi 4 – 5 millimetri e di colore bruno. La riproduzione avviene per seme.
Occorrono da tre a cinque anni prima che la pianta fiorisca per la prima volta. Si può praticare anche la divisione dei tuberi durante il riposo vegetativo. Raccolti e conservati in un ambiente asciutto, si ripianteranno in primavera o in autunno. Ogni sezione da ripiantare deve contenere almeno una gemma. I tuberi vanno collocati alla profondità pari almeno al triplo della loro altezza e distanziati l’uno dall’altro di circa 30 centimetri poiché la pianta si espande notevolmente, soprattutto al momento della fioritura.
I tuberi possono essere lasciati indisturbati nel terreno anche per diversi anni. Non richiede potatura se non per eliminare le parti danneggiate.
La Dracunculus vulgaris è coltivata per la bellezza delle foglie e dell’infiorescenza ma, per l’odore nauseante, è consigliabile sistemarla lontano dai luoghi d’incontro dei frequentatori del giardino.
Nella villa comunale di Mistretta la pianta delle fotografie presenti in questo articolo era collocata vicino alla casa degli attrezzi e faceva compagnia alla Digitalis purpurea. Durante la mia scorsa permanenza a Mistretta, nella prima decade del mese di Aprile, sono andata a visitarla, ma non c’era più..Nello giardino, però, sono presenti altre piante. Il signor Orazio Scilimpa, il giardiniere della villa, è una buona guida alla scoperta di qualche altra pianta di Dracunculus vulgaris.
Il fiore della Dracunculus vulgaris dura schiuso solo pochi giorni e, per gli entusiasti delle Araceae, il suo repellente odore è solo un fattore secondario rispetto al suo fascino da molti considerato come il più spettacolare delle Araceae europee.

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La Dracunculus vulgaris è una pianta semirustica, adatta ad essere coltivata nel giardino, ma anche nei vasi di terracotta in terrazza. Preferisce essere esposta in un luogo luminoso affinché il sole possa colorare bene la spata, ma accetta anche zone semi-ombrose. Si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno preferendo un suolo ricco di materia organica, sufficientemente umido e ben drenato poiché i ristagni d’acqua favoriscono l’attacco dei funghi.
La fertilizzazione deve essere eseguita con concimi organici una volta all’anno all’inizio del periodo vegetativo. Sa resistere alle alte e alle basse temperature, ma la pianta  va comunque protetta dalle gelate tardive durante la ripresa vegetativa in primavera. Teme il vento, la causa di un’eccessiva traspirazione. La Dracunculus vulgaris è una pianta velenosa e, come tutte le piante appartenenti alla famiglia delle Araceae, contiene una quantità elevata di principi tossici molto fastidiosi per la salute. Tutte le parti della pianta contengono sostanze potenzialmente irritanti.
L’insieme di queste sostanze può provocare dermatiti e irritazioni al contatto diretto.
L’ingestione, specie dei frutti, può provocare nausea, vomito, diarrea, crampi muscolari. I Tulipani, le Fritillaria, i Narcisi, gli Iris, gli Hemerocallis e il Dracunculus sono piante Monocotiledoni che regalano fiori molto appariscenti.

 

 

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