Aug 23, 2016 - Senza categoria    Comments Off on CYPERUS PAPYRUS I PAPIRI NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

CYPERUS PAPYRUS I PAPIRI NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

1 ok

Il Cyperus papyrus, la straordinaria pianta dall’aspetto molto caratteristico, comunemente chiamata “Papiro, Giunco del Nilo”,appartenente alla famiglia delle Cyperaceae, è originario delle zone umide ed acquitrinose di diversi paesi: dell’America meridionale, dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa. Sulla presenza della pianta in Sicilia i botanici hanno molto discusso se è una pianta autoctona o se è stata importata dall’Egitto. Una delle ipotesi più accreditate ha sostenuto che la pianta sia stata importata dall’Egitto già verso il 250 a.C. Altre ipotesi hanno sostenuto che sono stati gli Arabi ad introdurre la pianta in Sicilia, altre ancora che il Papiro sia stata una pianta autoctona.

Il nome “Papiro”, molto probabilmente, è stato usato per primo da Teofrasto. Al genere Papiro appartengono circa 600 specie.
Diverse piante di Papiro, posizionate nell’aiuola vicinissima al laghetto nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta, di fronte all’Arundinaria e fra le due
Buddleia colvilei, necessitando di ambienti acquitrinosi, lì vivevano molto bene, amorevolmente curate dal signor Vito Purpari, come documentano le mie foto scattate qualche anno fa. Oggi in quell’aiuola i papiri non ci sono più.

 2 ok

3 ok

4 ok

Tre vasi di papiri erano stati collocati dentro l’acqua del laghetto. Stavano bene, erano rigogliosi e vivaci. Rendevano il panorama del laghetto molto armonioso e gradevole. E dove vorrei che fossero di nuovo ricollocati!

7 ok

8 ok

9 ok

10 ok

 

CLICCA QUI

 

I tre vasi di papiri non stanno più là, sono stati spostati in un’altra aiuola attorno al laghetto, sotto le Cordyline australis. Soffrono la sete. Sono dei condannati a morte! La loro unica speranza è la generosità dell‘acqua del cielo!

11 ok

12 ok

13 ok

Molto raramente l’apparato radicale, formato dal rizoma che fissa la pianta al terreno tramite piccole radici di colore bianco, riceve una goccia d’acqua.

14 ok

Normalmente dalle radici si innalza il caule, o canna. I cauli, lisci, di colore verde scuro, alti circa 60 centimetri in una pianta ancora giovane, ma nella pianta adulta possono raggiungere anche 4 metri d’altezza, sono diritti, senza nodi, a sezione triangolare e con abbondante midollo. Di solito il Papiro non si pota, man mano che la pianta cresce e i cauli diventano gialli vanno rimossi tagliandoli alla base. Sui cauli, spogli nella parte inferiore, alla loro estremità si inseriscono le foglie, strette, lineari, sottili, arcuate e disposte ad ombrella che, nella parte centrale, portano i fiori piccoli e senza petali riuniti in infiorescenze, simili a dei ventagli, formate da spighette piumose. Fioriscono da luglio a settembre.

15 ok

16 ok

 Le foglie sono impregnante di silice che le rende solide e con il margine spesso tagliente. Il frutto è un achenio allungato. Il Papiro si può riprodurre per semina in primavera, o per suddivisione dei rizomi della pianta, o per talea fogliare. Si taglia il caule con un’infiorescenza e si accorciano le foglie per circa la metà della loro lunghezza. Questa parte della pianta si pone, capovolta, in un recipiente pieno d’acqua. Quando si formeranno le radici e i nuovi germogli, allora la talea di Papiro si trapianterà in un vaso con del terriccio buono. Non è difficile coltivare il Papiro perché, essendo una specie rustica perenne, cresce normalmente all’aperto, negli ambienti umidi e con abbondante luminosità, ma non sotto i raggi diretti del sole. Il Papiro è una pianta che ha bisogno di tanta acqua, pertanto è bene porla in un luogo dove può assorbire liberamente la quantità d’acqua necessaria sia d’estate sia d’inverno. Non bisogna lasciare mai il terreno molto bagnato poiché l’acqua potrebbe provocare marciumi delle radici. E’ importante usare un terriccio molto poroso per non far ristagnare l’acqua. Durante il periodo primaverile ha bisogno di un poco di fertilizzante liquido, diluito con l’acqua d’irrigazione, che contiene azoto che favorisce lo sviluppo delle parti verdi. Non devono mancare: il fosforo, il potassio, il ferro, il manganese, il rame, lo zinco, il boro, il molibdeno, il magnesio, tutti elementi chimici importanti per una corretta ed equilibrata crescita della pianta. L’esposizione alla luce diretta del sole per lungo tempo, oppure la modesta quantità di luce, l’eccessiva o l’insufficiente provvista d’’acqua, la presenza della Cocciniglia farinosa e del Ragnetto rosso sono le cause principali del danneggiamento delle foglie che iniziano a marcire fin dalla base e mostrano le macchie brune sulla lamina e la punta necrotica.

Il Papiro è una pianta famosa sin dall’antichità perchè impiegata dal popolo Egizio fin dal XIV secolo e, successivamente, anche da tutte le popolazioni dell’area Mediterranea per la fabbricazione di materiale scrittorio. La pianta di Cyperus papyrus è molto abbondante e ancora presente lungo le sponde del fiume Nilo, in Egitto, e del Ciane, il fiume della Sicilia orientale che nasce dalle sorgenti Pisma e Pismotta e che sfocia nel porto grande di Siracusa. Sembra che la presenza del Papiro nell’acqua del Ciane risalga al III secolo a.C. quando arrivarono dall’Egitto alcune piante inviate da Tolomeo II Filadelfo all’amico Gerone II.

Attraverso le escursioni in barca lungo il corso del fiume si può ammirare la più grande estensione europea di Cyperus papyrus che cresce spontaneo lungo le sue rive. Il Consiglio d’Europa ha incluso il Papiro del Ciane nell’elenco dei biotopi di grande interesse naturalistico e, quindi, meritevole di MASSIMA TUTELA.

Questa estensione siciliana di Papiro è di grande interesse naturalistico e storico perché conserva l’antica tradizione della produzione della carta di Papiro. Per valorizzare e diffondere la cultura del Papiro, nel 1989, a Siracusa, è sorto il Museo del Papiro, un’istituzione intellettuale che raccoglie un’importantissima documentazione storico-scientifica. Oggi, considerato il vasto panorama che offre sulla storia del Papiro, l’ambiente siracusano è stato proclamato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. La prima testimonianza certa sulla presenza della pianta di Papiro nel territorio di Siracusa risale al 1674 fornita dal botanico palermitano Paolo Silvio Boccone che la segnalò nelle vicinanze di Augusta. Il merito di aver identificato il Cyperus papyrus fu attribuito al conte siracusano Cesare Gaetani, mentre Saverio Landolina fu riconosciuto il promotore della fabbricazione della carta a Siracusa nel XVIII secolo, merito che gli diede notorietà nel mondo scientifico e letterario. Egli non riuscì a rifare la carta con la stessa tecnica usata dagli egizi e non fu il primo a fabbricare la carta papiracea a Siracusa, ma diede un valido contributo alla storia del Papiro in Sicilia e alla produzione di carta di Papiro a Siracusa.

La pianta, già nota ai siracusani prima del 1674, era chiamata “Pappera, Pampera o Parrucca”. Era utilizzata dai pescatori siracusani per intrecciare corde e dai contadini per legare i covoni. Le ampie chiome verdi erano utilizzate come ornamenti e, durante le festività, erano usate per ricoprire i pavimenti delle strade e delle chiese. Era utilizzato anche per comporre splendidi mazzi offerti agli dei e ai morti.

Il Papiro era comune anche tra i greci intorno al IV sec. a.C. La principale fonte d’esportazione era la città fenicia di Gubal il cui nome greco “βίβλος” significa appunto “Papiro“. Questa pianta era usata per svariati usi: per l’edilizia, per l’abbigliamento, ma soprattutto per ricavarne materiale utilizzato per scrivere che, in seguito, è stato sostituito dalla carta. La sua fabbricazione risale ai tempi molto antichi tanto da ritrovare un rotolo di Papiro nella tomba di qualche faraone della prima dinastia. La migliore “carta papiro” risale all’epoca faraonica,tra il 3100 e il 332 a.C. Quella riservata ai testi sacri era chiamata “hieratica”. Intorno al 3000-3500 a.C., i sacerdoti e i contabili dei faraoni egizi scrivevano su un supporto leggero e duraturo: sui rotoli di Papiro fabbricati utilizzando gli steli di questa pianta acquatica. Sullo stesso materiale sono stati redatti i manoscritti rinvenuti nella grotta 7Q (Qumran) del famoso complesso di Qumran, nei pressi del Mar Morto, che alcuni considerano i più antichi testi evangelici redatti prima della conquista romana di quei territori avvenuta nel 70 d.C.

Per produrre i fogli di Papiro si procedeva così: si tagliava la parte superiore del lungo stelo delle piante in sottili strisce longitudinali larghe pochi centimetri e lunghe oltre un metro. Tali strisce erano poi disposte, l’una accanto all’altra, sopra un piano orizzontale, in modo da formare uno strato continuo e il più possibile omogeneo.

Su questo primo strato se ne collocava un altro, con l’accortezza di disporre le strisce incrociate parallelamente e perpendicolarmente in modo da ottenere una trama molto resistente. Il reticolo così formato era poi bagnato con acqua e pressato affinché le sostanze collanti contenute nelle fibre della pianta facessero aderire i due strati sovrapposti; successivamente veniva fatto asciugare all’aria. Incollando i margini di più fogli di Papiro si otteneva una striscia continua che si arrotolava per costituire il “volumen o rotolo”: in pratica era l’antenato del nostro libro. Il rotolo di papiro inviava distinti messaggi: arrotolarlo significava il “segreto, il portatore di notizia”, svolgerlo significava “la conoscenza, la rivelazione”.

La carta prodotta in epoca romana, fino al III sec. d.C., è ancora buona, mentre è scadente quella del periodo bizantino e arabo fabbricata in Egitto, in Sicilia, in Siria, in Mesopotamia. In Egitto la produzione è cessata nel XI-XII secolo d.C. e i metodi di fabbricazione della carta ad uso scrittorio non furono più tramandati. Soltanto nel 1962 riprese una produzione simile a quella che gli antichi egizi definivano “emporetica”, cioè commerciale. A Siracusa, dove la carta di Papiro si produceva sin dal 1781, nei laboratori dell’Istituto del Papiro oggi si rivive ancora questo prodigio di tecnica e di arte?

Il leggerissimo legno del Papiro era sfruttato in Egitto anche per la costruzione di imbarcazioni. Nel linguaggio floristico il Papiro è la pianta del “mondo in gestazione, segno di gioia e di fanciullezza”. Nella Bibbia, nella Nascita di Mosè Esodo (2, 5-6) è scritto:Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi( i papiri) e mandò la sua schiava a prenderlo. L’aprì e vide un bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: <E’ un bambino degli ebrei>”.

 

 

      

   

  

Comments are closed.