Apr 8, 2015 - Senza categoria    Comments Off on CALENDULA ARVENSIS

CALENDULA ARVENSIS


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 La primavera è la stagione dei fiori, soprattutto di quelli spontanei che coprono i campi rivestendoli di una distesa copertura colorata principalmente di giallo in tutte le sue tonalità. Scrisse Chateaubriand che “ il fiore è il figlio del mattino, la delizia della primavera, la sorgente dei profumi, la grazia delle vergini, l’amore dei poeti”.

 Il fiore! Il dono che Gea, la madre Terra, ha fatto alla Natura e all’umanità. Una varietà di colori eterogenei, di profumi, di forme semplici e strane, regolari o irregolari, effimeri o durevoli i fiori sono naturalmente molti; in essi sussiste l’incanto della vita. La Sicilia, grazie al suo clima favorevole, ospita moltissime varietà di fiori spontanei. Dice Guy de Maupassant: “La Sicilia è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria, in primavera, è tutto un profumo”. Nelle loro corolle, pur minuscole, grandi o mancanti, è nascosta l’alcova dove si innalzano padiglioni per favorire i più puri fra gli amori nel mondo vivente. Un fiore superbo, un altro semplice, solitario o in infiorescenza, ciascuno ha la stessa funzione: quella di consentire alla specie vegetale di appartenenza di tramandarsi. Spetta ad ognuno dei microscopici granelli di polline, qualora si posino sullo stimma di un fiore della stessa specie, penetrarvi, percorrere lo stilo fino a raggiungere l’ovario e fecondare gli ovuli. Si scatena quella scintilla di vita nuova per cui l’ovario si trasforma in frutto e gli ovuli diventano semi fecondi. I fiori allietano qualsiasi prato, qualsiasi bosco, qualsiasi giardino, qualsiasi aiuola, qualsiasi vaso del balcone.

Di qualsiasi colore: bianco, rosso, azzurro, giallo, le corolle dei fiori, in un ciclo ininterrotto, fioriscono sempre.Tutti i fiori, a modo loro, dimostrano la gioia di salutare il sole.

Gioiamo di questo grande regalo che la Natura ci dà!

  La Calendula arvensis è la pianta che ho fotografato a Licata dove, in questo periodo, è molto presente nelle campagne incolte.

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La Calendula arvensis, appartenente alla famiglia delle Asteraceae, ha un areale molto vasto che abbraccia il Nord Africa,  il Medio Oriente, il Caucaso e l’Europa. In Italia  è presente in tutta la penisola. E’ molto comune nel Centro-Sud e nelle Isole, cresce spontanea dalla zona mediterranea fino alle zone submontane; al nord è presente nelle zone climatiche più favorevoli, quali i laghi, mentre è assente nella Pianura Padana.

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La Calendula arvensis è una deliziosa pianta conosciuta con i sinonimi: Fiorrancio selvatico, Calta selvatica e Cappucina dei campi. In Sardegna è chiamata: Erba pudia, Sittsìa messia.

 Il nome “Calendula” deriva dal latino “calendae” che, per i Romani, indicava il primo giorno di ogni mese. Probabilmente allude al fatto che questa pianta, assai rustica e resistente, inizia la sua fioritura il primo giorno di ogni mese in primavera continuando a fiorire per quasi tutto l’anno. In senso figurato vale a dire che fiorisce tutti i mesi dell’anno. Oppure il suo nome deriva da “calendario”  perchè la corolla del fiore, aprendosi al mattino e chiudendosi al calar del sole, segna il ritmo del giorno. Per questo motivo nei testi medievali si chiama “solis sponsa” “sposa del sole” per il fatto che l’apertura e la chiusura della corolla dei fiori seguono il ciclo del sole e si diceva “…se al mattino i suoi fiori restano chiusi significa che durante il giorno pioverà!…”.

Il nome “arvensis” della specie allude ai luoghi in cui vegeta che sono soprattutto i campi incolti.

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La Calendula arvensis è una pianta erbacea, annuale, intensamente odorosa, termofila, pubescente, terofita perché supera la stagione avversa sotto forma di seme. Possiede una radice fittonante che si interra fino ad una profondità di circa 30 cm. E’ scaposa perché possiede il fusto eretto, ascendente, angoloso, alto 50-70 cm, molto ramificato, vuoto internamente, ricoperto di peli e, il più delle volte, privo di foglie alla base.  Le foglie,senza picciolo, di un bel colore verde chiaro, sono alterne, lanceolate acute, le cauline cuoriformi, leggermente acuminate all’apice e con i margini interi o lievemente ondulati. Le foglie basali sono più piccole e disposte a rosetta rispetto alle foglie superiori amplessicauli che sono più grandi e più slanciate. Sono rivestite da una sottile peluria che conferisce loro un aspetto vellutato. Tutte le foglie emanano un odore alquanto sgradevole.

L’infiorescenza è costituita da capolini lungamente peduncolati. I fiori, numerosi, piccoli, di colore giallo-solfino, i periferici ligulati con ligula tridentata e femminili, si inclinano verso il basso dopo la fioritura. I fiori centrali sono tubulosi e maschili. Le brattee che circondano la corolla sono di colore verde chiaro, di forma ovale e leggermente appuntite. La fioritura inizia nel mese di marzo e si prolunga fino all’autunno inoltrato.

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 I frutti, caratteristici per il loro polimorfismo, sono degli acheni disposti a corona attorno al capolino. Sono di forme diverse: quelli esterni sono sottili, lineari, terminati in rostro, aculeati sul dorso, i mediani sono larghi e alati nei margini e forniti di tubercoli spinosi, quelli interni sono ricurvi quasi ad anello e con striature trasversali. I semi, lunghi 2–3 mm, sono falciformi, uncinati. La  moltiplicazione avviene per seme.

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La Calendula arvensis è una comune erba gregaria ed infestante che vegeta bene nei terreni incolti e soleggiati, nelle vigne, lungo i bordi delle strade e nei sentieri dal livello del mare sino a 600 metri di altitudine.  Predilige i terreni calcarei, una sufficiente quantità d’acqua e una buona esposizione al sole. Come tutte le altre specie vegetali, anche la Calendula arvensis può essere attaccata da diversi agenti patogeni, quali funghi, piccole formiche e afidi, soprattutto perché, essendo una pianta spontanea, non è sottoposta ad interventi protettivi o curativi da parte dell’uomo. La pianta è nutrice delle larve di diverse specie di Lepidotteri, tra cui la Cucullia calendulae.

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la Calendula è una delle piante più versatili e conosciute in Erboristeria.

 Hildegard von Bingen (1098-1179), suora benedettina più conosciuta come Santa Ildegarda, vissuta in Germania e studiosa di medicina, rese famosa questa pianta come rimedio di tante patologie. Gli elementi curativi della Calendula arvensis si trovano solitamente nei capolini quando iniziano la loro fioritura.Tali elementi sono: alcoli triterpenici, cumarine, flavonoidi, glicosidi triterpenici, calendulosidi, polisaccaridi, fenoli, saponine, beta carotene, resine, acidi clorogenici, tracce di acido salicilico, taraxasterolo, oli essenziali, mucillagini. Il pigmento giallo è ricco di licopene, carotene, luteina e xantine, queste ultime danno il caratteristico colore aranciato al fiore. Le foglie sono ricche di vitamine e minerali.

Fino al Medioevo la pianta fu utilizzata dalla medicina popolare  per i suoi benefici effetti, poi fu dimenticata per molto tempo. Riscoperta dalla medicina moderna, grazie ai suoi principi attivi, la pianta di Calendula ha proprietà antiflogistiche, antispasmodiche, diaforetiche, antisettiche, cicatrizzanti delle ferite, astringenti, omeopatiche, stimolanti, lassative, In molte zone è nota come “oro di Maria”  forse per la proprietà del suo infuso di alleviare i dolori mestruali e di regolarne il ciclo. Per uso esterno i principi attivi della Calendula sono utili per il trattamento della maggior parte dei problemi di pelle sensibile senza causare reazioni allergiche. Realizzati sotto forma di creme, di tinture, di  impacchi, di collirio, sono efficaci contro acne, foruncoli, scottature lievi, eczemi, ulcere, micosi cutanee come la Tinea corporis, pedis e la Candida albicans. Sviluppano un’eccellente azione anche in caso di geloni delle mani e dei piedi. Spesso il solo olio di Calendula è un valido presidio per prevenirli se utilizzato con continuità all’inizio della stagione fredda e per tutto l’inverno. Per godere delle proprietà naturali e dei benefici della Calendula  fiori e foglie devono essere raccolti al mattino, quando il sole non è ancora alto. Ad oggi non sono noti effetti collaterali o controindicazioni associate all’uso dei derivati della Calendula. Tuttavia le proprietà e le indicazioni erboristiche della pianta di Calendula sopra descritte sono riportate a solo titolo indicativo e non costituiscono nessun tipo di consultazione, di prescrizione o di ricetta medica. E’ indispensabile il consiglio del medico o dell’erborista.

La Calendula arvensis è utile anche in cucina. Il Fiorrancio selvatico può sostituire lo zafferano in quanto dà un colore giallastro ai piatti cotti al forno, al riso, alle salse. Anche i petali possono essere inseriti nelle insalate, nelle creme e per guarnire antipasti. Essiccati, servono per aromatizzare il vino che, dopo essere stato esposto al sole per 10 giorni, diventa un ottimo aceto aromatico. Possono essere trasformati in deliziosi canditi. I boccioli dei fiori possono essere usati come sottaceti e possono sostituire i capperi. Le foglie possono essere consumate in insalata in aggiunta ad altre erbe. Gli acheni sono ottimi come sottaceti. In tintoria i capolini sono utilizzati per tingere di giallo con sfumature verdi i tessuti prevalentemente di lana e di seta.

 Nel linguaggio dei fiori la Calendula simboleggia sofferenza e dolore. La mitologia greca racconta che Afrodide, addolorata per la morte del giovane amante Adone, pianse lacrime amare. Le sue lacrime, cadute a terra, si trasformarono in tanti fiori di Calendula. Per questo motivo, nell’Ottocentesco il fiore di Calendula era sempre associato a simbologie tristi causate da pene d’amore.

Anche William Shakespeare nel sonetto XXV decanta il fiore di Calendula:

“Coloro che hanno le stelle favorevoli

si vantino pure di pubblici onori e di magnifici titoli,

mentre io, cui la fortuna nega un simile trionfo,

gioisco, non visto, di ciò che più onoro.

I favoriti dei grandi principi schiudono i loro bei petali

come la calendula sotto l’occhio del sole,

e in loro stessi il loro orgoglio giace sepolto,

poiché, a un cipiglio, essi nella loro gloria muoiono.

Il provato guerriero, famoso per le sue gesta,

sconfitto che sia una volta pur dopo mille vittorie,

è radiato per sempre dal libro dell’onore,

e dimenticato è tutto ciò per cui si era impegnato.

Allora felice io, che amo e sono riamato

da chi non posso lasciare, né essere lasciato.”

In questo sonetto Shakespeare insegna che la vita vale solo se si pongono in essa i semi per far crescere l’amore. L’amore è più importante di qualsiasi altra cosa. Senza l’amore non c’è nulla per cui valga la pena di vivere e di lottare. I giorni sono stati trascorsi inutilmente senza amare ed essere amati!

E non c’è nulla di ciò che è terreno che può eguagliare il sentimento e la gioia dell’amore, vero alimento del fuoco della vita.

Si vantino, dunque, i principi e i signori delle loro glorie e delle loro ricchezze, mostrandole al mondo intero, ma nessuna gloria terrena sarà mai uguale alla forza che un sentimento d’amore può dare agli esseri umani.

Occhi di chi amiamo, specchio del puro sentimento, guardarli è già ricchezza che né oro né argento potranno eguagliare!

 

 

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