Jan 25, 2015 - Senza categoria    Comments Off on LA VITA DI SAN BIAGIO E LA SUA CHIESA A MISTRETTA

LA VITA DI SAN BIAGIO E LA SUA CHIESA A MISTRETTA

 

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Il 3 febbraio è vicino. In questo giorno si festeggia la memoria liturgica di San Biagio, vescovo della chiesa di Sebaste e martire. Venerato in Occidente e in Oriente, il Suo culto è molto diffuso sia nella Chiesa Cattolica sia nella chiesa Ortodossa. E’ venerato in moltissime città e località italiane delle quali, in molti casi, è anche il Patrono. Etimologicamente il nome “Biagio” deriva dal latino e significa “bleso, balbuziente”.
Non si hanno molte conoscenze sulla vita di Biagio. Notizie biografiche si possono riscontrare nelle agiografie di Camillo Tutini dove sono state raccolte numerose testimonianze tramandate oralmente.
Nel sinassario armeno, al giorno 10 febbraio, si legge il compendio riguardante la vita del santo: « Nel tempo della persecuzione di Licinio, imperatore perfido, San Biagio fuggì, ed abitò nel monte Ardeni o Argias; e quando vi abitava il santo, tutte le bestie dei boschi venivano a lui ed erano mansuete con lui, egli le accarezzava; egli era di professione medico, ma con l’aiuto del Signore sanava tutte le infermità e degli uomini e delle bestie ma non con medicine, ma con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il santo con la preghiera l’estraeva, e sin da adesso ciò opera; se alcuno inghiotte un osso, o spina, col solo ricordare il nome di San Biagio subito guarisce dal dolore. Una povera donna aveva un porco il quale fu rapito da un lupo; venne la donna dal Vescovo e con pianto gli fece capire come il lupo aveva rapito il suo porco; allora il Santo minacciò il lupo e questo rilasciò il porco. Fu ad Agricolao accusato il Vescovo da Licinio il quale mandò soldati che lo condussero avanti ad esso; il giudice gli fece molte interrogazioni, ed egli in tutta libertà confessò che Cristo era Dio, maledisse gli idoli e i loro adoratori e però subito fu messo in prigione. Sentì la vedova che il Vescovo era stato messo in prigione, uccise il porco, cucinò la testa e i piedi d’esso, e gli portò al Vescovo con altri cibi e legumi: mangiò il Santo, e benedisse la donna, e l’ammonì, che dopo la sua morte ciò facesse ogni anno nel giorno della sua commemorazione, e chi ciò facesse in memoria di lui sarebbe la sua casa ricolma d’ogni bene. E dopo alcuni giorni levarono il santo dalla carcere, e lo portarono davanti al giudice, e confessò la sua prima confessione, e chiamò gli idoli demoni, e gli adoratori degli idoli chiamò adoratori del demonio. Si sdegnò il giudice: legarono il Santo ad un legno, e cominciarono coi pettini di ferro a stracciargli la carne, e appresso lo deposero e portarono in carcere. Sette donne lo seguirono, le quali col sangue del Santo ungevano il loro cuore e volto: i custodi delle carceri presero le donne, e le portarono al giudice, e le sante donne confessarono che Cristo era Dio; furono rilasciate; ma le donne non contente di ciò andarono dagli idoli, e sputarono esse in faccia, e racchiusi tutti in un sacco, e quello legato fu da esse gettato in un lago. Ciò fatto tornarono al giudice dicendogli: «Vedi la forza dei tuoi dei, se possono uscire dal profondo lago.» Comandò il giudice, che si preparasse il fuoco, e piombo liquefatto, spade, pettini di ferro, ed altri tormenti; dall’altra parte fece porre tele di seta, ed altri ornamenti donneschi d’oro, d’argento e disse alle donne: «Scegliete quel che volete.» Le donne pure gettarono le tele nel fuoco, e sputarono sopra gli ornamenti. Si sdegnò il giudice, e comandò che si appendessero, e con pettini di ferro fece dilacerare il corpo, e poi le gettarono nel fuoco, da cui uscirono illese, e dopo molti tormenti tagliarono ad esse la testa, e così consumarono il martirio. Ma il Santo Biagio lo gettarono nel fiume, ed il Santo si sedette sopra l’acqua quasi sopra un ponte. Entrarono nel fiume 79 soldati per estrarre il santo e tutti s’affogarono, ed il Santo uscì senza danno: lo presero per tagliargli la testa; e quando arrivarono a quel luogo, orò lunga orazione e domandò a Dio che se alcuno inghiotte osso, o spina, che gli si attraversi la gola, e senta dolore, e preghi Dio col nominar lui, subito sia libero dal pericolo. Allora calò sopra di lui una nuvola, e si sentì da quella una voce che diceva: «Saranno adempiute le tue domande, o carissimo Biagio: tu vieni, e riposa nella gloria incomprensibile che ti ho preparato per le tue fatiche.» Appresso tagliarono la testa al Vescovo Biagio nella città di Sebaste. Uno chiamato Alessio prese il corpo del Santo Biagio Vescovo e lo ravvolse in sindone monda e lo seppellì sotto il muro della città dove si fanno molti miracoli a gloria del nostro Dio Gesù».
Vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia, oggi Anatolia, Biagio era un medico nominato vescovo cattolico della comunità di Sebaste al tempo della “pax” costantiniana. Egli guidava la comunità di Sebaste d’Armenia quando nell’Impero romano fu concessa ai cristiani la libertà di culto. Erano “Augusti”, cioè imperatori, Costantino e Licinio.
Erano anche cognati perché Licinio aveva sposato la sorella di Costantino. Costantino governava l’occidente e Licinio l’Oriente. Un notevole conflitto era scoppiato tra i due imperatori-cognati nel 314 e proseguito, anche se con brevi tregue e nuove lotte, fino al 325 quando Costantino ordinò di strangolare Licinio a Salonicco. Il conflitto provocò in Oriente qualche persecuzione locale, forse a causa di governatori troppo zelanti, come scrisse lo storico Eusebio di Cesarea.
Avvennero distruzioni di chiese, persecuzioni locali, condanne dei cristiani ai lavori forzati, condanne a morte dei vescovi. Quando l’imperatore romano scatenò la persecuzione dei cristiani nell’Armenia, molti fedeli consigliarono al vescovo Biagio di fuggire e di nascondersi in qualche luogo. Egli si ritirò sulle pendici selvagge di un alto monte rifugiandosi dentro una grotta vivendo da eremita, cibandosi del poco che riusciva a trovare e dormendo in un giaciglio fatto di erbe e di foglie secche. Gli animali selvatici cominciarono a recarsi in quella grotta e a fermarsi intorno a Biagio: cervi, caprioli, asini selvatici, serpenti rimanevano tranquilli e non si allontanavano finché il Santo non aveva impartito loro la benedizione.
I cacciatori sempre più spesso tornavano dalla caccia a mani vuote non avendo incontrato nessun animale, perché tutte le bestie erano radunate alla grotta di Biagio. Gli uccelli gli portavano di che mangiare e lui, che era medico, curava le bestie ferite e malate. Qualcuno alla fine scoprì l’affollamento degli animali intorno alla grotta di Biagio e andò a riferirlo all’imperatore. Furioso, mandò una delle sue legioni a prendere il vescovo. Allontanati e dispersi gli animali, entrati nella caverna, i soldati romani catturarono Biagio e lo condussero davanti all’imperatore. Arrestato, fu messo in prigione. Durante il processo si rifiutò di rinnegare la fede in Cristo e di onorare, al contrario, le divinità pagane. Per punizione, fu picchiato, scorticato vivo con i pettini di ferro e, infine, decapitato.
La Passio racconta che il Santo fu torturato con pettini di ferro; in realtà non si sa cosa fossero questi strumenti, ma, nella tradizione, sono i pettini usati dai cardatori di lana. Nell’iconografia San Biagio è raffigurato vestito con i paramenti da vescovo, che regge il pettine per cardare la lana, oppure con le due candele incrociate. È anche raffigurato sotto la tortura mentre, legato ad una colonna, gli vengono dilaniate le carni con i pettini.

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 I simboli iconografici sono: il bastone pastorale, la candela, la palma, il pettine per cardare la lana. Quindi, Biagio subì il martirio a Sivas, città dell’antica Armenia, probabilmente nel 316. Il corpo di Biagio fu sepolto nella cattedrale di Sebaste. Nel 732 alcuni armeni, custoditi i suoi resti mortali in un’urna di marmo, li imbarcarono per esser trasferiti a Roma.
Una furiosa tempesta fermò l’imbarcazione sulla costa di Maratea. I fedeli accolsero le reliquie in una chiesetta, l’attuale basilica, costruita sull’altura detta ora Monte San Biagio. La cappella con le reliquie del Santo fu posta poi sotto la tutela della Regia Curia dal re Filippo IV d’Asburgo con lettera reale datata 23 dicembre 1629. Da allora è nota popolarmente col nome di Regia Cappella. Biagio è stato una delle ultime vittime delle persecuzioni che l’orientale Licinio, nel tentativo di sopraffare l’occidentale Costantino, continuò in Oriente, anche dopo l’editto del 313, che vi aveva posto fine, per trascinare i pagani dalla propria parte. Pare che il culto a San Biagio si sia sviluppato solo cinque anni dopo la Sua morte.
San Biagio è uno dei santi più popolari al mondo ed è patrono di moltissime città. In Italia sono tante le località che hanno eletto San Biagio loro Patrono tra le quali: Maratea, Ostuni, Pietrasanta, San Biagio di Bagnolo San Vito, Spezzano della Sila, Fiuggi. In Sicilia San Biagio è patrono delle città di: Acate, Bronte, Camastra, Caronia, San Piero Patti, Comiso, Maniace, Militello Rosmarino, San Biagio Platani. E’ anche patrono di moltissime località estere quali Dignano d’Istria e Ragusa della Croazia.
San Biagio è il protettore dei malati di gola in ricordo del miracolo del bambino liberato dalla lisca di pesce. E’ protettore egli animali per la sua vita eremitica insieme ad essi. E’ protettore dei pastori, dei guardiani di greggi e delle greggi per proteggerli dalle insidie dei lupi in ricordo del miracolo della vedova alla quale il lupo ha rapito il suo porco. E’ protettore dei pettinai, dei lanaioli, dei cardatori, dei materassai per il pettine per cardare la lana, lo strumento del Suo martirio. E’ protettore dei musicisti di strumenti a fiato per la protezione della gola e dei laringoiatri, i medici che curano l’apparato respiratorio. È invocato anche dalle ragazze per trovare marito.
Moltissime sono le chiese dedicate a San Biagio. A Roma ce ne sono diverse.
In Toscana era particolarmente onorato a Pistoia nella cui cattedrale si conservavano alcune reliquie.
A Montepulciano il magnifico tempio, opera del San Gallo, è dedicato a San Biagio. Costruito sui ruderi di un’antecedente chiesa, si pensa che questa, a sua volta, sia sorta sopra i resti di un tempio pagano. La ricostruzione di chiese dedicate a San Biagio sopra antichi luoghi di culto pagano è un fenomeno frequente. Probabilmente si pensa che San Biagio, per la sua popolarità, sia stato uno dei santi preferiti dalla Chiesa per sostituire culti pagani particolarmente persistenti.
In Italia, non solo le chiese portano il nome di San Biagio, ma anche molti comuni portano il Suo nome. L’elenco è veramente molto lungo. San Biagio della Cima è il comune in provincia di Imperia,  in Liguria, nei pressi di Ventimiglia. Monte San Biagio è il comune in provincia di Latina disposto sul versante sudovest del Monte Calvo e ai confini con la provincia di Frosinone. San Biagio Saracinisco è in provincia di Frosinone.
San Biagio di Callalta è il comune in provincia di Treviso.
San Biase è in provincia di Chieti. San Biagio Platani, in provincia di Agrigento, è la cittadina dove sono allestiti i caratteristici archi di pane nel periodo pasquale. Cittadine col nome di Biagio esistono anche in Francia, in Spagna, in Svizzera e nelle Americhe. In Messico c’è l’arcipelago San Bias.
Moltissime chiese custodiscono almeno un frammento del corpo di San Biagio. Oltre all’antica usanza di sezionare i corpi dei santi e di distribuirne le parti per soddisfare le richieste dei fedeli, esisteva anche la pratica della simonia, una delle cui forme consisteva nel vendere reliquie false o reliquie appartenenti a santi omonimi, ma meno conosciuti.
A Carosino, un paesino in provincia di Taranto, è custodita come reliquia un pezzettino di lingua conservato in un’ampolla incastonata in una croce d’oro massiccio. Ad Avetrana, in provincia di Taranto, in un ostensorio d’argento e d’oro è custodito un frammento della gola di San Biagio. E’ incisa l’epigrafe “gutturre Sancti Blasi” “la gola di San Biagio”. A Caramagna Piemonte, in provincia di Cuneo, è custodito un pezzo del cranio conservato in un busto argenteo.
Si ha notizia della sua presenza già dall’atto di fondazione dell’antica abbazia di Santa Maria di Caramagna datato 1028. Nella parrocchia di San Biagio di Montefiore, una frazione del comune di Recanati, è custodito un osso intero dell’avambraccio in un reliquiario a forma di braccio benedicente con palma del martirio. Un ossicino del braccio è conservato nel santuario di Cardito, in provincia di Napoli.
A Palomonte, in provincia di Salerno, nella chiesa Madre della Santa Croce è conservata un’altra reliquia del Santo. A Mugnano di Napoli una reliquia del santo è custodita nella chiesa dedicata a San Biagio. A Penne, in Abruzzo, è venerato il cranio del santo. Nel duomo di San Flaviano a Giulianova è conservato il braccio di San Biagio racchiuso in un raffinato reliquiario d’argento a forma di braccio con mano benedicente e recante una palma datato 1394 e firmato da Bartolomeo di ser Paolo da Teramo.
Nella parrocchia di Lanzara, una frazione del comune di Castel San Giorgio, in provincia di Salerno, sono conservati due piccole ossa di una mano. Nella cattedrale di Ruvo di Puglia nel giorno di San Biagio si venera un frammento del braccio racchiuso in un reliquiario a forma di braccio benedicente.
A Ostuni, nel santuario di San Biagio è conservato un frammento d’osso. Il sacerdote lo appoggia sulla gola di ogni fedele che il 3 di febbraio si reca in pellegrinaggio sui colli ostunesi dove sorge il santuario. A San Piero Patti, in provincia di Messina, nella chiesa di Santa Maria Assunta è custodito un molare di San Biagio in una teca d’argento. La teca è portata in processione in occasione delle due festività che si celebrano una il 3 febbraio e l’altra la prima domenica del mese di ottobre.
A Baronia, in provincia di Messina, in due preziosi reliquiari sono conservati una falange del dito mignolo e un frammento del braccio. Ad Acquaviva Collecroce, in provincia di Campobasso, nella parrocchia di Santa Maria Ester si conserva una reliquia del santo donata alla comunità intorno alla metà del Settecento. A Napoli, nella Sala del Tesoro della basilica di San Domenico Maggiore, in un reliquiario a forma di braccio si conserva un frammento di un dito di San Biagio.
A Maratea il culto di San Biagio è molto sentito. E’ festeggiato 2 volte l’anno: il 3 febbraio, suo giorno liturgico, e il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie. I festeggiamenti si protraggono per otto giorni. Iniziano il primo sabato del mese di maggio e si concludono la seconda domenica dello stesso mese. Ad Avellino, nella chiesina dell’Arciconfraternita dell’Immacolata, è conservato un frammento osseo della mano del santo. A Eboli, in provincia di Salerno, nella chiesa di San Nicola si conservano un dito e altre reliquie di San Biagio. Ad Asti, nell’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Nuova, si conservano un dente e alcuni altri resti del Santo. A Brescia, nel tesoro della chiesa di San Lorenzo, si conserva il reliquiario di San Biagio contenente alcuni denti e un osso del santo.
Ad Orbetello, in provincia di Grosseto, era conservato il teschio di San Biagio che, rubato alcuni anni fa, non è stato più ritrovato.
I festeggiamenti in onore del santo patrono San Biagio continuano con più devozione. A Casal di Principe, in provincia di Caserta, nella chiesetta dedicata a San Biagio è conservato un ossicino della sua mano. Nella chiesa a Lui dedicata, nella città croata di Ragusa, il cranio del santo patrono è custodito in un ricco reliquiario a forma di corona bizantina.
A San Biagio è stato attribuito il compimento di molteplici miracoli soprattutto durante il periodo della sua carcerazione. Venerato come uno dei quattordici Santi taumaturghi, cioè quei santi invocati per la guarigione di particolari mali, in Francia e soprattutto in Germania, San Biagio è famoso per l’ininterrotto ricorso al suo patrocinio da parte di chi soffre di patologie della gola e dell’apparato respiratorio.Disse allora Biagio che tutti quelli che l’avessero invocato nelle tribolazioni della malattia avrebbero avuto il suo aiuto. L’associazione del patrocinio di San Biagio alle malattie della gola deriva da una famosa leggenda.
Si narra che un giorno, nella sua città natale dove svolse il ministero vescovile, durante il periodo della sua prigionia si recò da lui una donna portando in braccio il figlio morente per avere ingoiato, mentre mangiava, una lisca di pesce che gli si era conficcata nella golae nulla era valso a toglierla. Il vescovo, ponendo le mani sopra il corpo del bambino privo di sensi,benedicendolo lo risanò.
Ancora oggi invochiamo San Biagio per curare i “mali alla gola”. Ancora oggi, nel giorno della sua festa, permane la funzione religiosa, inserita nel Rituale Romano, della benedizione della gola per preservarla dalle malattie. Durante la Santa Messa, il 3 febbraio il sacerdote benedice prima le candele aspergendole con l’acqua benedetta e recitando l’orazione: ”Chiediamo al Signore, Dio, Padre onnipotente, fonte di vita, la salute della gola e la grazia di usare il dono della nostra voce affinché Dio in tutto sia glorificato e il popolo sempre edificato. Dio onnipotente ed eterno, tu hai creato il mondo intero. Per tuo amore hai mandato a noi tuo Figlio Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, per sanare le nostre malattie, del corpo e dello spirito. San Biagio, glorioso vescovo, testimoniando la sua fede, ha conquistato la palma del martirio. Tu Signore, a Lui hai concesso la grazia di guarire le malattie della gola. Ti preghiamo, benedici queste candele, affinché i tuoi fedeli, per l’intercessione di San Biagio, siano liberati dalle malattie della gola e da ogni altro male e perché possano sempre ringraziarti. Per Cristo nostro Signore. Amen”. Poi, in piedi sul presbiterio, a ciascuno dei fedeli presenti con una mano pone due candele benedette incrociate sotto il mento a contatto della gola recitando le parole della benedizione: ”Per intercessionem Sacti BlasiiI, episcopi et martyris, liberet te Deus a malo gutturis et a quolibet alio malo. In nomine Patri set filii et spiritus sacti, amen”. «Per intercessione di San Biagio il Signore ti liberi dalle malattie della gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito Santo. Così sia” e con l’altra compie un segno di croce.
La più antica citazione scritta sul santo è contenuta nell’Opus medicum libris XVI di Ezio di Amida vissuto nel VI secolo. Riguardo ai mali di gola, nella traduzione latina dell’opera, di Giano Corsaro del 1567, si legge: « Ad eductionem eorum, quae in tonsillas devorata sunt. Statim te ad aegrum desidentem converte, ipsumque tibi attendere jube, ac dic: egredere os, si tamen os, aut festuca, aut quid tandem existit: quemadmodum Iesus Christus ex sepulchre Lazarum eduxit, o quemadmodum Jonam ex ceto. Atque adprehendo aegri gutture dic: Blasius martyr o servus Christi dicit, aut adscende, aut descende. » « Se la spina o l’osso non volesse uscire fuori, volgiti all’ammalato e digli «Esci fuori, osso, se pure sei osso, o checché sii: esci come Lazzaro alla voce di Cristo uscì dal sepolcro, e Giona dal ventre della balena.» Ovvero fatto sull’ammalato il segno della croce, puoi proferire le parole che Biagio martire e servo di Cristo usava dire in simili casi «O ascendi o discendi». Tale rito, sorto nel XVI secolo, attualmente è ancora esercitato. San Biagio è invocato anche per combattere il singhiozzo, la tosse, il torcicollo. Protegge dall’angina pectoris e, in Germania, è invocato per i mali della vescica.
Sulla figura di San Biagio esistono diverse leggende e tradizioni popolari che si sono tramandate nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo. Si preparano pani e dolci tipici dalle forme particolari che, benedetti dal sacerdote, sono distribuiti ai fedeli. A Mercato Vecchio di Montebelluna, in provincia di Treviso, nella chiesa di San Biagio è custodito un pezzettino di veste. Il 3 febbraio sono benedetti, in onore del santo, pagnotte di pane e arance.
A Bindo di Cortenova, in provincia di Lecco, ogni anno si celebra la grande festa di San Biagio mettendo in evidenza gli usi tradizionali quali: il bacio delle candele benedette, il falò e i tipici ravioli chiamati “scapinasc”. Nella Basilica di San Biagio a Maratea, alla destra della Regia Cappella dedicata al santo, vi è la palla di ferro sparata dai cannoni francesi durante l’assedio del dicembre 1806; su di essa, inesplosa, sono ben visibili le impronte che, secondo la tradizione, sarebbero le dita della mano destra di San Biagio.
Si narra che nella cittadina di Fiuggi nel 1298 San Biagio fece apparire delle finte fiamme sul paese proprio mentre stava per essere messo sotto assedio dalle truppe papali. La cittadina, che all’epoca si chiamava Anticoli di Campagna, era feudo dei Colonna che, a loro volta, erano in guerra con la nobile famiglia romana dei Cajetani. L’intenzione dei Cajetani era quella di attaccare il paese da due lati: dal basso, scendendo dal castello di Monte Porcino, e dall’alto, dalla parte di Torre Cajetani. San Biagio avrebbe fatto emergere finte fiamme che indussero le truppe nemiche, che attendevano fuori le mura pronte ad attaccare, a credere di essere state precedute dagli alleati. Di conseguenza ritornarono nei loro accampamenti. Il giorno successivo i fedeli elessero San Biagio patrono della città.
La sera del 2 febbraio di ogni anno nella piazza più alta del paese si ripete l’antica tradizione di bruciare cataste di legna di forma piramidale denominate “stuzze”, in memoria dell'”apparizione” delle fiamme. A Salemi in provincia di Trapani, San Biagio è compatrono della città dal 1542 assieme a San Nicola di Bari. Si narra che nel 1542 la città di Salemi e le campagne circostanti furono invase dalle cavallette che distrussero i raccolti causando fame e carestia.
I salemitani, fiduciosi, invocarono San Biagio, protettore delle messi e dei cereali, affinché liberasse la città e le campagne da questo terribile flagello. San Biagio esaudì le loro preghiere. Da allora i salemitani il 3 febbraio di ogni anno preparano dei pani in miniatura, i “cavadduzzi”, le “cavallette” e i “cuddureddi”, che rappresentano la gola di cui San Biagio è il protettore. I “cuddureddi” e i “cavadduzzi” sono benedetti durante il rito religioso e distribuiti ai fedeli che accorrono da ogni parte della città per pregare San Biagio e per farsi benedire la gola dal sacerdote con le candele accese ed incrociate.
A Milano, dove il culto di San Biagio è molto vivo, nelle famiglie continua la tradizione di mangiare il panettone raffermo, comprato di proposito durante il periodo natalizio, come gesto propiziatorio contro i mali della gola e del naso secondo il detto milanese “San Bias el benediss la gola e el nas“.
I negozianti vendono a poco prezzo i panettoni di san Biagio, gli ultimi rimasti. A Lanzara, in Campania, è consuetudine mangiare la famosa “Polpetta di San Biagio“, e, per tener viva la tradizione, nel periodo della festa viene realizzata la “Sagra della Polpetta“. A Cannara, in Umbria, il 3 febbraio si festeggia San Biagio attuando giochi di abilità. E’ consuetudine far rotolare forme di formaggio per le vie del centro storico secondo una tradizione già attestata nel XVI secolo col nome di “Ruzzolone”. Altri giochi consistono nella corsa con i sacchi o nel rompere, con gli occhi bendati e forniti di un bastone, recipienti di terracotta appesi fra le case che si affacciano in piazza Garibaldi. Molto seguito è anche il “gioco degli spaghetti” che premia colui il quale riesce ad ingoiare il piatto di pasta con le mani legate dietro la schiena e a svuotarlo per primo. Il 3 febbraio si celebra la festa di San Biagio anche a Taranta Peligna, in Abruzzo.
In onore del Santo protettore dei lanaioli sono preparate le “Panicelle“, pani a forma di mano che vengono distribuite alla popolazione.
Il legame tra Taranta Peligna e il culto di San Biagio è testimoniato anche dalla presenza dei lanifici che hanno dato notorietà al paese per la produzione delle “tarante“, le coperte abruzzesi. A Maratea San Biagio si festeggia due volte l’anno. Il 3 febbraio si benedice la gola dei fedeli.
Il primo sabato e fino alla seconda domenica di maggio si ripete “l’anniversario della traslazione delle reliquie”. In questi giorni il simulacro di San Biagio è condotto in processione per le vie della città per quattro volte. A Caronia, in provincia di Messina, si celebra con grande devozione la festa di San Biagio.
Il giorno della festa si benedicono i “cudduri di San Brasi“, pani e dolci di nocciole e mandorle fuse con il miele e aventi la forma di ciambella. Questi amuleti di devozione, benedetti dal sacerdote durante la Santa Messa solenne, sono donati ai malati e alle persone che ne fanno espressa richiesta in Parrocchia. Nella parrocchia di Montefiore di Recanati il patrono San Biagio si festeggia la prima domenica di febbraio.
Durante la celebrazione liturgica sono benedetti le gole dei fedeli e il pane. A Plaesano, in provincia di Reggio Calabria, prima di rientrare in chiesa alla fine della processione, i portanti il fercolo di San Biagio Lo fanno girare di corsa per tre volte intorno alla chiesa. AD Orbetello il 3 febbraio si celebra la festa liturgica di San Biagio.
I pescatori della laguna regalano il pesce pescato. Il 12 maggio avviene la Traslazione. I fedeli prelevano il teschio del Santo dalla Chiesa di Ansedonia e lo portano in processione lungo la laguna fino alla parrocchia di Orbetello. A San Biagio, frazione di Garlasco, in provincia di Pavia, nella chiesa parrocchiale a Lui dedicata, dopo l’invocazione “San Bias, la gula e al nas“, si procede alla benedizione della gola e del naso. Durante il pranzo di mezzogiorno si consumano i “ravioli di magro” riempiti di grana e il tradizionale “panettone di San Biagio”.
A Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, si benedicono i “friciduzze“, taralli realizzati a forma di mano, di bastone, di piede e di mitra di San Biagio e le “fettuccine di San Biagio” che sono nastrini di pasta colorati. Il culto di San Biagio non ha confini geografici e le leggende e le tradizioni non hanno messo limiti alla fantasia popolare.

   LA CHIESA DI SAN BIAGIO A MISTRETTA

 

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La chiesa di San Biagio, eretta a Mistretta nell’omonima piazzetta, è un piccolo edificio risalente al XVI secolo. Il prospetto, molto semplice, di pietra locale, è formato da un rettangolo sormontato da un triangolo isoscele il cui vertice è occupato dalla struttura in ferro, unico sostegno della piccola Croce e della campana. Tre gradini semicircolari pongono il visitatore davanti al portone sempre chiuso.
Quindi si accede alla chiesa superando i quattro gradini della scalinata risalente alla seconda metà del XVIII secolo.
Un altro piccolo ingresso esiste nella strada laterale.
Il portale, in arenaria locale, è opera di ignoto scalpellino siciliano della fine del XVI secolo.
Il portone, di legno massiccio, nell’anno 2017 è stato restaurato dal maestro Mario Lombardo grazie alla generosità di alcuni mistretesi.
Scolpito nel lato destro dell’architrave si scorge, a mala pena, la mitria, il simbolo vescovile.

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Padre Giovanni Lapin per il Corpus Domini

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La piccola nicchia, delimitata da mattoni in laterizio, posta nella facciata principale, originariamente accoglieva la campana.
All’interno la chiesa consta di una sola navata.
Al centro dell’altare maggiore, nel presbiterio,  sta comodamente seduto sul trono  San Biagio. La statua di San Biagio rappresenta il vescovo nell’atto di accogliere i fedeli e di benedirli.
E’ una statua lignea, dorata e policroma , del 1598, opera di ignoti intagliatori e pittori siciliani. Nelle formelle sottostanti, dipinte a motivi manieristi, sono scolpite alcune scene del martirio di San Biagio.
Alcuni anni fa la statua è stata restaurata grazie alla generosità di alcuni devoti,  ma ha bisogno di un nuovo restauro perché il legno  fragile facilmente si corrode.

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Sulla base che sorregge la statua ci sono dei dipinti che raffigurano la vita ed il martirio del Santo.

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foto di Nino Romano

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San Biagio festeggiato nella Sua chiesa a Mistretta il 3 febbraio 2019

 

https://www.youtube.com/watch?v=JJ8t54_uXkw&t=43s

 

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Poche statue e qualche quadro completano l’arredamento. Le statue rappresentano i santi: Santa Caterina d’Alessandria e San Rocco.
L’altare di Santa  Caterina d’Alessandria accoglie la statua lignea, dorata e policroma, attribuita a Scipione Li Volsi.
Alla base della statua di Santa Caterina d’Alessandria  c’è il suo martirio: la ruota.
Era posta nell’altare del Sacramento nella chiesa Madre e guardava con umiltà il Sacramento come per dire: “col mio martirio la gloria di Gesù domina nel mondo”.

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L’altare di San Rocco accoglie la statua lignea, dorata e policroma di San Rocco, opera di ignoto intagliatore siciliano, risalente alla seconda metà del XVI secolo e proveniente dal monastero delle benedettine. San Rocco è il santo protettore contro la peste.
San Rocco pone il dito sulla  sua gamba a dimostrazione di aver  vinto la malattia. Pertanto  aiuta il fedele, che a lui si rivolge, liberandolo da tutte le malattie corporali e spirituali.

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Le famiglie  Gallegra, Armao, Catania, Russo, il cui palazzo è sito vicino alla chiesa, erano famiglie molto possidenti e furono loro che finanziarono  la costruzione e il mantenimento della chiesetta.
Anche la signora Larcana di Capizzi, cognata di Russo,  nel suo testamento scrisse che lasciava parte dei suoi beni alla chiesetta di San Biagio affinchè i sacerdoti celebrassero la santa messa  in suffragio dei suoi antenati.
Quando, nella seconda metà dell’800, i figli di queste famiglie si trasferirono altrove, la chiesetta fu abbandonata.
Nel 1913  la chiesa fu parzialmente restaurata grazie al munifico lascito dell’arciprete  Sebastiano Cannata, a cura dei suoi eredi, come è riportato sulla lapide,

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affinchè questa chiesetta ritornasse all’antico splendore.
Tuttavia, di nuovo presenta diverse decorazioni in stucco lungo gli angoli delle pareti che necessitano di urgenti interventi.

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La chiesetta, oltre ad essere luogo di culto, era anche luogo di socializzazione per gli abitanti del piccolo quartiere che si riunivano nello spiazzo davanti alla chiesa.
Il giorno tre di febbraio di ogni anno è festa grande: si festeggia San Biagio. E’ spalancato il portone, è addobbata la chiesa con fiori e con ceri, è celebrata la Santa Messa.
Il celebrante, secondo la tradizione, benedice il pane che viene distribuito a parenti e ad amici anche lontani.
La pagnottella fino ad alcuni decenni fa era prodotta dalla massaia che faceva il pane in casa. Oggi si compra dal fornaio o è sostituita dalla brioche. Aveva la forma di un discetto schiacciato dal diametro di 4-5 cm. Probabilmente si pensa che sia stato San Biagio ad indicare un semplice rimedio per cacciare le spine di pesce che restano nella gola: inghiottire una mollica di pane.

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San Biagio è il protettore della gola.
Anche a Mistretta si ripete il rito della benedizione della gola dei fedeli.
Ciascuno, in fila, si pone davanti al sacerdote Giuseppe Capizzi che, ponendo sotto il mento due candele incrociate e accese, benedice la gola e le corde vocali.

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Foto di Mattia Lo Iacono

I ragazzini si avvicinavano al sacerdote per farsi benedire la gola anche 3, 4 volte!
Ricordo che mamme, nonne e zie accompagnavano nella chiesa di san Biagio i ragazzi, i renitenti a scapaccioni, a prendere la benedizione.
Con la neve e con il ghiaccio si doveva andare in chiesa perché tutti i bambini dovevano farsi benedire la gola da San Biagio.
Negli anni della mia fanciullezza durante l’inverno le affezioni morbose della gola erano molto frequenti e spesso portavano all’impossibilità di respirare. Si comprende bene come la disperazione dei genitori nei tempi lontani li spingesse a cercare protezione da una malattia inesorabile che colpiva soprattutto gli esseri più deboli e amati dalla famiglia.
I ricordi mi portano lontano, ai tempi della mia infanzia. Quando il temporale imperversava con lampi e tuoni, mia madre, affacciandosi alla finestra, esponeva un piccolo pane benedetto durante la celebrazione della Santa Messa in onore di San Biagio e gridava: “Di cchì veni a Scinsioni?”, “ Quando cade l’Ascensione? Io, da un’altra finestra della mia abitazione, e qualche vicina di casa che percepiva il richiamo, rispondevamo:” Di iuovi”, “Di giovedì”. Questo richiamo si ripeteva per tre volte. Era una sorta di esorcismo che, per intercessione di San Biagio, faceva allontanare il temporale. Provavo una grandissima emozione! Ricordo anche che i proprietari dei muli e dei cavalli facevano girare per tre volte intorno alla chiesa di San Biagio l’animale che accusava mal di pancia recitando una particolare orazione. Il mal di pancia andava via come per miracolo. Questo perché San Biagio è anche il protettore degli animali.

 Il 24 giugno del 2017 il Corpus Domini giunge alla chiesa di San Biagio.

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