Dec 25, 2014 - Senza categoria    Comments Off on IL VISCUM ALBUM LA PIANTA AUGURALE DI UN SERENO NATALE E DI UN FELICE ANNO NUOVO

IL VISCUM ALBUM LA PIANTA AUGURALE DI UN SERENO NATALE E DI UN FELICE ANNO NUOVO

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Il Visco è una pianta simbolo del periodo natalizio assieme all’Agrifoglio, al Pungitopo, all’Euphorbia pulcherrima, alla Picea excelsa.
Ho fotografato il Visco abbracciato agli alberi di Ulivo sui monti Nebrodi, in contrada Romei, a Mistretta.
Il suo nome scientifico è “Viscum album”, ma è conosciuto con i sinonimi: “Vischio o Pania“.
Il genere Viscum (Linneo, 1735) conta circa 30 specie. Appartenente alla famiglia delle Lorantaceae, il Visco, originario dell’Europa centrale, ampiamente distribuito nelle regioni temperate, si è diffuso in Asia e in Africa boreale. In Italia è comune nelle regioni montane e sub montane.
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Il Viscum album è un arbusto emiparassita, perenne, sempreverde, che riesce a mantenere il colore verde anche quando le ramificazioni degli altri alberi sono spogli.
Infatti, la sua presenza si nota facilmente inautunno- inverno quando i suoi cespugli sono avvinghiati ai tronchi degli alberi ospiti che hanno perso le foglie.
In natura cresce spontaneo sui rami e sui tronchi di varie specie di alti vegetali quali conifere e latifoglie assumendo un portamento tondeggiante. A seconda delle piante ospiti il Viscum album è distinto in sottospecie: Viscum laxum dell’Abete rosso, del Ginepro, del Pino silvestre. Viscum abietis dell’Abete bianco, ed altre semiparassite dei meli, di pioppi, della robinia etc.
Essendo sprovvisto di un apparato radicale inserito nel terreno, si attacca alla pianta ospite mediante robuste ventose dette “austori” che, penetrando nell’albero ospite, succhiano l’acqua e i sali minerali. Ha fusto corto e molto ramificato, di 20 – 50 cm, di colore verde intenso, rami verdi, cilindrici, opposti, articolati, sui quali si attaccano le foglie poste a due a due lungo il ramo, coriacee, oblungo-lanceolate, di un bel colore verde per la presenza della clorofilla che permette alla pianta di compiere il processo chimico della fotosintesi clorofilliana.

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In primavera compaiono i piccoli fiori bianco-giallastri, sessili, riuniti in capolini ascellari o terminali a gruppi di 3-5. Sono dioici, maschili e femminili, separati e portati da piante diverse. Sono poco appariscenti, gradevolmente profumati, forniti di nettare per cui sono visitati da molti insetti.
Le piante femminili alla fine dell’autunno producono piccoli frutti. Sono le bacche sferiche, simili alle perle, traslucide, appiccicose, contenenti un solo seme piatto con mesocarpo gelatinoso.

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Esse sono un appetibile alimento per molti uccelli, specie per i Tordi, per i Merli, per i Pettirossi, per le Capinere, per lo Storno che ne favoriscono la disseminazione. Sono velenose per l’uomo. 10 bacche potrebbero ucciderlo!
Il seme, espulso dal becco degli uccelli, che lo introducono dentro le fessure della corteccia degli alberi, o con la evacuazione dei loro escrementi, dal momento che è resistente ai succhi gastrici, trasportato nelle intercapedini di un ramo della pianta ospite, comincia a germinare spingendo la radichetta dell’embrione all’interno della corteccia del ramo perforandola fino a raggiungere i vasi legnosi per assorbire la linfa grezza.
Si sviluppano gli austori secondari che si diramano in ogni direzione. Altre diramazioni cuneiformi si spingono sempre più profondamente nel legno del ramo dove la piantina svilupperà un fusticino con rami e foglie. Le bacche che cadono al suolo non germogliano.
In genere il Vischio si sviluppa senza arrecare notevoli danni sulla pianta ospite. Non è, però, facile liberare la pianta ospite dalla presenza del Vischio. Non è sufficiente asportarlo esternamente perchè il Vischio rigermoglia. Occorrerebbe compiere necessarie operazioni di dendrochirurgia incidendo i tessuti parassitati dei rami e del tronco e togliendo le ramificazioni del Vischio.
Altrimenti bisognerebbe tagliare tutta la parte aggredita.
Il Vischio è una specie protetta e in forte diminuzione a causa della sua sensibilità all’inquinamento atmosferico.
In Toscana una specifica legge vieta categoricamente la raccolta dei suoi rametti. La stessa legge dovrebbe essere regolamentata ed estesa in tutta l’Italia dove la raccolta del Vischio è consentita, ma con moderazione.
Il Vischio, pur essendo presente allo stato naturale, è coltivato nei giardini privati perché molto richiesto dai fiorai che ne fanno mazzi ornamentali.

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Secondo l’usanza nordica, ormai diffusa ovunque, mazzetti di Vischio sono offerti all’inizio dell’anno a parenti e ad amici come simbolo augurale di fortuna e di benessere.
Questa leggenda sul Vischio è legata forse all’uso che l’erboristeria fa delle foglie e dei rami per le benefiche proprietà vasodilatatrici e cardiotoniche in virtù del contenuto in viscotossina, viscobina e viscoflavina.
La coltivazione artificiale del Vischio, per scopi ornamentali ed erboristici, richiede cure particolari. Il terreno è il tronco dell’albero ospitante dal quale trae tutto il nutrimento di cui ha bisogno.
In inverno, periodo nel quale la bacca è matura, si effettuano alcune lesioni nella corteccia introducendo qualche bacca matura. Sicuramente qualche seme germinerà. Dopo un lento sviluppo, che può durare anche un paio d’anni, inizierà la crescita spontanea della nuova piantina. Bisognerà attendere ancora circa quattro anni per osservare la pianta pienamente fiorita.
Molto importante, per una crescita sana del Vischio, è il sole. Mal sopporta il freddo e preferisce decisamente il caldo.
La potatura del Vischio non è necessaria. E’ sufficiente eliminare le foglie e i rami danneggiati. Il Vischio non è soggetto a particolari malattie.
Il Vischio è apprezzato come pianta ornamentale, poiché, essendo molto tossico, è sconsigliato in campo erboristico/fitoterapico.
Tuttavia, considerando molto attentamente la sua tossicità, possiede numerose virtù fitoterapiche.

Giova principalmente negli stati ipertensivi di varia origine.
L’uso del Vischio come farmaco fu accolto dalla cultura romana e rimase in auge per tutto il Medio Evo e il Rinascimento.
Nel 1600 fu presente nella medicina popolare, specie tra gli erboristi francesi che lo utilizzavano per curare l’epilessia ed alcuni disturbi nervosi. A partire dalla seconda metà dell’800 e fino ai primi decenni del 1900 fu di nuovo utilizzato dalla medicina ufficiale come ottimo regolatore della pressione arteriosa. Associato ad altre piante, oggi si trova in alcune preparazioni omeopatiche. In fitoterapia si usano le foglie e i ramoscelli verdi raccolti alla fine dell’autunno, prima dell’apparizione delle bacche, che servono per preparare tisane ed estratti liquidi con azioni ipotensive, diuretiche e antispasmodiche. Le bacche, tossiche, non sono utilizzate. Se ingerite, provocano vomito, diarrea fino allo shock cardiovascolare.
Altre proprietà terapeutiche da non trascurare sono quelle antitumorali.
L’introduzione del Vischio come terapia antineoplastica si deve a Rudolf Steiner, che per primo ne consigliò l’uso, e risale agli anni 1920-24. Molti benefici per la salute sono stati riconosciuti al Vischio fin dall’antichità: per regolare il sistema circolatorio, per contrastare l’arteriosclerosi, per rendere meno complessi i problemi gastrointestinali, per agire contro la diarrea, per ridurre lo stress, per alleviare le affezioni respiratorie.
Il Vischio ha anche un potere emostatico.
Il suo utilizzo è raccomandato in caso di irregolarità del ciclo o mestruale o di emorragie uterine. Combatte la sterilità. Applicato localmente, ha anche azione antinfiammatoria rendendo meno acuti i dolori reumatici e gli attacchi di sciatica. Tutte le parti del Vischio possono risultare tossiche; le bacche, soprattutto, sono pericolose per i bambini che potrebbero essere tentati di ingoiarle. L’azione tossica del Vischio dipende dalla presenza di viscumina, sostanza capace di provocare agglutinazione dei globuli rossi, e di alcuni peptidi.
Le controindicazioni sull’uso dei rimedi ottenuti dal Vischio si fondano sulla presenza di un’eventuale ipersensibilità verso alcuni componenti della pianta.
E’ consigliabile di non assumere Vischio in maniera autonoma, ma di rivolgersi sempre a personale specializzato in quanto la pianta è segnalata dai centri antiveleni. I sintomi di avvelenamento da Vischio comprendono manifestazioni di: gastroenterite, sete elevata, diplopia, dilatazione pupillare, allucinazioni, disturbi mentali, convulsioni, diminuzione dei battiti cardiaci fino al collasso.
Il Vischio, oltre ad essere una pianta utile nella medicina, è gremito di significati mitici e rituali.
Anche oggi la fama della sua sacralità fa rinnovare, tra Natale e Capodanno, l’augurio di un prospero e felice anno nuovo.
Per questo motivo rametti di Vischio infiocchettati sono scambiati fra parenti ed amici.
Questo valore sacro della pianta è rimasto nel folklore delle popolazioni nordiche d’Europa, particolarmente della Scandinavia e dell’Inghilterra, soprattutto in occasione dei due solstizi, nel solstizio d’estate, per San Giovanni, e specialmente nel solstizio d’inverno, per il Natale.
Nella ricorrenza del Santo Natale e, soprattutto, nell’attesa del Nuovo Anno, la tradizione di appendere sull’uscio di casa un ramo di Vischio o di regalarlo, simbolo di buon augurio, di prosperità, di fortuna, di gioia, è stata introdotta anche in Italia.

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Andando a raccogliere un solo rametto di Vischio in campagna, per augurio, così come ho fatto io, è sconsigliabile staccarlo dall’albero con le mani e soprattutto con quella sinistra: con la mano destra si attrarrebbe la sfortuna. Per fortuna sono mancina!
Al Vischio sono riconducibili leggende e tradizioni molto antiche.
Il Vischio nei popoli Celti ricoprì un ruolo di primaria importanza in molti riti della loro religione. Lo chiamavano oloaiacet ed era considerato, assieme alla quercia, pianta sacra donata dagli dei poiché non aveva radici e cresceva come emiparassita sul ramo di un’altra pianta.
Ritenevano che il Vischio era generato dai fulmini quando colpivano gli alberi, in particolare le querce ricoperte dal Vischio. Per questo lo consideravano una manifestazione del divino sulla terra e quindi lo utilizzavano come toccasana per tutti i mali. Secondo altre credenze celtiche il Vischio allontanava sventure e malattie, portando invece fortuna e benessere.
Un’altra diffusa usanza celtica impone ad una coppia di giovani innamorati di baciarsi sotto un rametto di Vischio. La giovane donna, che non riceverà il bacio rituale sotto il Vischio, non si sposerà entro il prossimo nuovo anno.
Il potere fortunato del bacio arriva dai Druidi del nord Europa: quando due nemici si incontravano sotto una pianta di Vischio erano soliti abbandonare le armi e concedersi una tregua sancendo il patto con un bacio.
In Inghilterra, nella notte del 6 gennaio, per scongiurare il pericolo di rimanere nubili, le ragazze dovevano bruciare il mazzetto di Vischio che aveva addobbato la loro casa durante le feste invernali.In Gallia, i druidi, che costituivano il sacerdozio e l’aristocrazia intellettuale celtica, e che hanno tramandato le usanze riguardanti il Vischio, ritenevano che la nascita di questa pianta parassita su di una quercia ne attestasse la santità. Lo raccoglievano con solenne cerimonia al sesto giorno della luna.
Davanti al popolo radunato, un druida, vestito di bianco, saliva sull’albero e tagliava con un falcetto d’oro il Vischio che cadeva sopra un drappo bianco disteso a terra. Seguiva il sacrificio di due tori bianchi mai aggiogati e ai quali per la prima volta venivano legate le corna.
Già Plinio il Vecchio ( Nat. Hist., XVI, 249.51) descrisse i rituali delle popolazioni galliche che accompagnavano la raccolta del Vischio: “Nel sesto giorno dopo il solstizio d’inverno i druidi si avvicinavano alla quercia indossando vesti candide e conducendo alla cavezza due tori bianchi. Il capo dei sacerdoti saliva sull’albero e usando un falcetto d’oro tagliava i rami del Vischio che venivano raccolti in una pezza di lino immacolata, prima che cadessero a terra. Poi, immolati i due animali, pregavano per la prosperità di quanti avrebbero ricevuto il dono”.
Secondo Plinio i Druidi raccoglievano il Vischio quercino, quello che cresce sulle querce, nel solstizio d’estate. Celebravano i loro riti sacri all’aperto, in radure dei boschi e presso le fonti, e consideravano sacri quei luoghi, gli alberi, la quercia, il faggio e, soprattutto, il Vischio.
In effetti, se usato bene, il Vischio aveva effetti curativi e miracolosi, se usato male poteva essere velenoso.
Virgilio, nel VI libro dell’Eneide, racconta la discesa di Enea nell’oltretomba. La Sibilla cumana spiega ad Enea che non potrà mai scendere nel Tartaro per rivedere il padre Anchise se non avrà staccato da un albero il virgulto dalle foglie d’oro:

Se tanto ami e vuoi due volte navigare

sulla stigia palude, due volte il nero Tartaro vedere,

se ami inoltrarti nell’immane fatica,

ascolta che cosa devi compiere prima.

Si cela in un albero ombroso

un ramo d’oro nel fogliame, e nei rami flessibile,

a Giunone infera consacrato; tutto il bosco

lo copre, e ombre lo racchiudono in oscure convalli.

Ma non puoi scendere nei segreti della terra se prima

dall’albero non ha staccato il virgulto dalle fronde d’oro

Grazie a una coppia di colombe, messaggere della madre Venere, Enea riesce a scoprire il ramo d’oro:

Quale suole nelle selve col freddo invernale il vischio

verdeggiare di fronda nuova, poiché la sua pianta

non germina, e con frutti giallastri avvolge i tondi tronchi,

tale era l’aspetto dell’oro frondeggiante sull’ombroso

elce, così crepitava la lamina al vento lieve

Sarà quel ramo d’oro a placare l’ira del barcaiolo infernale convincendolo a traghettare Enea sull’altra riva dello Stige.

Secondo il parere dell’antropologo britannico James Frazer il ramo d’oro era un ramoscello di Vischio.

Nel Medioevo il Vischio per i cristiani era simbolo di maledizione. Una leggenda racconta che quando Cristo fu messo in croce tutte le piante si spezzarono ad eccezione del Vischio.

Un’altra leggenda racconta come è nato il Vischio. C’era una volta, in un paese nascosto tra i monti, un vecchio mercante. L’uomo viveva da solo. Non aveva figli e neppure un amico. Il vecchio mercante si girava e rigirava senza poter prendere sonno. Uscito dalla sua casa, vide molta gente, proveniente da tutte le parti del paese, che si dirigeva nello stesso luogo. Una voce lo chiamò: “Fratello, vieni anche tu”!
Fratello? Lui non aveva fratelli! Era un mercante e per lui c’erano solo i clienti: chi comprava e chi vendeva. Per tutta la vita era stato avido e avaro. Non gli importava chi erano i suoi clienti e che cosa facessero.
Dove andavano tutti insieme?  Si unì ad un gruppo di anziani e di ragazzi. Fratello! Sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Il suo cuore gli sussurrava che non poteva essere un loro fratello. Tante volte li aveva ingannati! Mai la sua mano si era aperta per donare ai poveri. No, non poteva essere fratello di quella povera gente che aveva sempre sfruttato e ingannato. Eppure tutti gli camminavano a fianco.
Assieme a loro era giunto davanti alla Grotta di Betlemme. Nessuno era venuto a mani vuote.
Anche il più povero portava il suo modesto dono. Lui, che era ricco, non aveva nulla nelle mani da regalare. Arrivò davanti alla grotta con gli altri e, come tutti, s’inginocchiò. “Signore” esclamò “ho trattato male i miei fratelli. Perdonami”. Appoggiato ad un albero, il mercante cominciò a piangere. Il suo pianto fu spontaneo e sincero. Il suo cuore si aprì.
Alle prime luci dell’alba le sue lacrime splendettero come perle in mezzo a due foglioline. Era nato il Vischio.

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