Dec 11, 2018 - Senza categoria    Comments Off on VINCENZO CALAMITA, AGOSTINO PROFETA, GIUSEPPE LI PUMA, TRE LICATESI ELETTI TESORI UMANI VIVENTI

VINCENZO CALAMITA, AGOSTINO PROFETA, GIUSEPPE LI PUMA, TRE LICATESI ELETTI TESORI UMANI VIVENTI

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Dal soprastante documento, tratto dal sito ufficiale del REI, il registro delle Eredità Immateriali della Regione Sicilia, si evince che nel 2005 sono stati inserti nel registro tre tesori umani viventi, cittadini licatesi, i signori: Vincenzo Calamita, Agostino profeta, Giuseppe Li Puma, detentori di particolari abilità nel suono della ciaramedda il primo, maestro non solo a mettere in scena “L’Opera dei Pupi”, ma capace di costruire da solo i pupi siciliani il secondo, costruttore dei carretti siciliani in miniatura il terzo. Per queste notevoli doti, per il loro particolare interesse culturale, queste tre personalità sono state dichiarate Eredità Immateriali.
Inserita nello stesso registro è la notissima cantante folk Rosa Balistreri di Licata.
Il UREI è un grande catalogo composto da sei libri dedicati a mestieri, dialetti, repertori orali, spazi simbolici e, appunto, tesori viventi.

VINCENZO CALAMITA, u ciaramiddaru…mastru priziusu e raru, nasce a Licata il 01/08/1934. Fin dalla sua giovane età avverte l’amore per la zampogna e condivide con essa gran parte della sua vita. All’età di 6 anni ascolta per la prima volta il suono della zampogna e decide di dedicarsi alla rivalutazione e alla custodia del grandissimo patrimonio culturale della “Ciaramedda”.
All’età di 10 anni costruisce da solo la sua prima ciaramedda utilizzando canne e pelle di coniglio.
Da quel momento in poi si dedicherà alla costruzione delle zampogne specializzandosi soprattutto nella realizzazione della zampogna “a paro” per essere le due canne uguali e alla stessa altezza.

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Con il passar degli anni divenne uno dei più a bili costruttore di “Zampogna a paro” in Sicilia tanto da essere maestro di molti costruttori di zampogne che ne hanno acquisito le tecniche.
Le tecniche di costruzione della zampogna a paro del maestro Vincenzo Calamita sono state studiate, ricercate e pubblicate anche da docenti universitari non solo in Italia, ma in altri paesi del mondo quali la Francia e la Gran Bretagna.
Possiamo citare due importanti pubblicazioni di libri: “Le zampogne d’Italia” pubblicato da Febo Guizzi e Roberto Leydi nel 1985; ” Processus de relance d’un instrument de musique traditionnelle – le renouveau de la cornemuse en France” pubblicato da Benedicte Bonnemason nel 1998.
Negli anni’80 dello scorso secolo si trasferisce a Roma per alcuni anni con l’incarico di capocantiere.
Ritornato a Licata, continua a costruire zampogne fino all’età di 75 anni usando il pregiatissimo legno di ebano. Accompagnato dal suono della Zampogna a Paro, della quale ere un abile suonatore, ha partecipato a diversi raduni e manifestazioni in molti paesi dell’Italia e dell’Europa.
Ha partecipato a molte gare ottenendo meritate vittorie. Si è esibito presso la Cava dei Tirreni e a Cefalù. Nel 1988 ha gareggiato in Gran Bretagna per la conquista del titolo di “migliore zampognaro del mondo” conquistando il 2° posto e ottenendo in premio la “Zampogna d’argento”.

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Il maestro Vincenzo Calamita ha dichiarato al giornalista intervistatore che la sua passione per la zampogna è stata in continua crescita e suonarla è stato un piacevole divertimento. L’augurio è quello che la stessa sua passione possa coinvolgere tanti giovani licatesi a imparare a suonare la ciaramedda affinchè non si estingua la tradizione della zampogna.
Vincenzo Calamita si spegne il 10/06/2011 dopo avere combattuto contro una lunga malattia.
Fin dall’antichità a Licata si sono susseguiti gli Zampognari, i “Ciaramiddari”, che hanno lasciato un segno indelebile nel territorio.
Gli Zampognari erano dei semplici pastori che, a livello amatoriale, si dedicavano al suono della Zampogna mentre pascolavano il gregge.
Proprio per questo motivo non tutti i pastori riuscivano a suonare lo strumento con un ottimo livello musicale, ma vi si dedicavano, comunque, con passione.
Il periodo scelto dagli Zampognari era ed è ancora oggi quello Natalizio durante il quale a Licata si esibiscono suonando la “Ciaramedda” nelle piazze, nei quartieri e le antiche “viuzze”.

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Nel mese di Ottobre del 2010, grazie all’idea di Ivan Frisicaro e di Angelo Graffeo nasce a Licata il Gruppo degli zampognari licatesi con l’obiettivo di rivalutare e di custodire l’antichissima tradizione della “Ciaramedda”, una vera perla del patrimonio culturale siciliano.
Il 18 Giugno del 2015 il gruppo degli zampognari si costituisce ufficialmente con atto depositato presso l’Agenzia delle Entrate. Nasce l’Associazione Culturale Zampognari Licatesi “Vincenzo Calamita” che lo scopo di promuovere la diffusione della cultura e dell’arte della “zampogna a paro” in ogni sua forma attraverso la partecipazione attiva e collettiva a una serie di iniziative ed eventi.

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Il Presidente, il signor Ivan Frisicaro, e gli associati fondatori, amanti della cultura e della valorizzazione del passato, hanno l’obiettivo di costruire insieme una nuova realtà e di non dimenticare le proprie radici storiche, perle del patrimonio culturale licatese.

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Ivan Frisicaro

 L’’Associazione Culturale”V. Calamita” è impegnata nel tenere in vita le tradizioni di questo magnifico strumento allietando l’intero periodo natalizio e organizzando diversi tra cui: il 1° e 2° Memorial dedicato al maestro Vincenzo Calamita.

 

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Essa è stata inserita in un prestigioso progetto regionale finanziato dall’Assessorato Regionale alla cultura “Sulle Orme dei Suoni” esibendosi e spiegando in due clip scientifiche l’utilizzo e l’accordatura della “Zampogna a paro”.
L’Associazione si propone, inoltre, di creare una scuola artistico-musicale coinvolgendo i giovani allievi alla divulgazione, alla conoscenza della musica in genere e della musica tradizionale licatese in particolare e alla creazione di momenti di ritrovo e di aggregazione.
L’Associazione, inoltre, ha creato un’orchestrina Folk e un piccolo corpo di ballo con strumentistiche varie come la fisarmonica, i tamburelli, i fischietti, le chitarre e la zampogna a Paro. Ha ampliato nello stesso tempo il proprio repertorio musicale con nuove melodie e con canti tipici della tradizione Siciliana offrendo un ulteriore contributo culturale alla città di Licata.

Il raduno interregionale della “Genesi del suono della Zampogna a paro dei peloritani” è avvenuto nella città di Messina giorno 1 dicembre 2018  dove è stato premiato il licatese signor Vincenzo Calamita, costruttore e suonatore di zampogne a paro noto in tutto il mondo .
Hanno  ritirato il RICONOSCIMENTO ALLA MEMORIA i componenti dell’Associazione culturale licatese “V. Calamita”.
Il presidente dell’Associazione Ivan Frisicaro ha riferito che tutto il gruppo degli zampognari licatesi ha sfilato lungo le vie di Messina sostando anche all’interno del Duomo.
Successivamente ha ritirato il premio in memoria del maestro Vincenzo Calamita, conosciuto e apprezzato in diverse parti del mondo per la sua maestria nel costruire e suonare la zampogna a paro.

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L’Associazione “V.Calamita” ringrazia il signor Felice Curro e il prof. etnomusicologo Sergio Bonanzinga per l’accurata presentazione dell’Associazione.
La foto registra il momento della premiazione in ricordo del maestro Vincenzo Calamita.

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 AGOSTINO PROFETA nasce a Licata l’01/01/1931.
Ha amato sin da ragazzino l’arte del “puparo” apprendendola dal padre di Giovanni, puparo di professione, che gestiva il suo Teatrino del Pupi a Licata, in via Cannarozzo, nella sua bottega artistico-artigianale dove costruiva personalmente i personaggi collaborato da tutta la famiglia. C’era chi costruiva i pupi, chi le armature, chi l’abbigliamento, chi le scenografie.
Anche Agostino Profeta ha costruito in ogni parte i suoi pupi. Il termine “Pupo” deriva dal latino Pupus “bambinello”.

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Il Maestro Agostino Profeta col cuntastorie licatese Mel Vizzi

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Li ha costruiti secondo il modello palermitano rendendo smontabili le articolazioni dei suoi pupi. Nel modello catenese le articolazioni dei pupi sono rigide.
Il Teatrino dei Pupi era molto frequentato dai licatesi, giovani e adulti.  Molto spesso don Giovanni portava il suo teatrino con i pupi in giro per i paesi della Sicilia e Agostino accompagnava la carovana dei pupi siciliani durante lo spostamento da un paese all’altro. In Sicilia da sempre il Teatro dei Pupi costituiva un luogo frequentato dalla classe operaia che non poteva frequentare altri luoghi più importanti.
I Pupari, attraverso i pupi, raccontavano le gloriose gesta dei paladini di Francia che salvarono l’Europa dall’invasione dei Mori di Spagna. Le vicende, tratte dalla letteratura cavalleresca, in particolare dal ciclo carolingio, raccontavano le gesta di Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, di Rinaldo e il loro amore per Angelica e le gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini. Amore, incanto, guerra, tradimento, discordia e riconciliazione sono i temi principali raggruppati in diverse sfere: quella politica, familiare, amorosa, religiosa, sovrannaturale.

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Don Agostino vestito da paladino

 L’Opera  dei Pupi non aveva come unica finalità quella di divertire gli spettatori appassionati del teatrino dei pupi, ma soprattutto quella di istruirli alla storia dei paladini di Francia.
I Pupari educavano gli spettatori al senso dello Stato, alla lealtà, al dovere verso la Patria e, soprattutto, riuscivano a fare conoscere fatti storici e letterari a un’ampia fascia del popolo poco scolarizzato.
Purtroppo l’Opera dei Pupi a Licata andò avanti fino alla fine degli anni ‘50 del Novecento.   La crisi e il declino furono causati dell’avvento del cinema che, da Muto, diventò Parlato, e della televisione che offrivano programmi più graditi alla popolazione licatese rispetto al Teatrino dei Pupi. Il popolo dimostrò maggiore interesse per questi mezzi di comunicazione di massa e minore interesse per il teatro popolare e per il suo repertorio.
Agostino Profeta è il più anziano puparo vivente in Sicilia e l’ultimo puparo della sua famiglia.
Ha imparando l’arte di rendere umane ed eroiche le semplici marionette attraverso la modulazione della voce, la scelta delle parole, l’intuito nel recitare. Pertanto, ha intrecciato la sua vita alle vicende dei mori e dei saraceni.
Incontrando don Agostino nel suo negozio di rivendita di biciclette in via Palma, accolta da lui e dal figlio Maurilio che lo collabora, gli ho chiesto di recitare una piccola parte dell’Orlando Furioso.
Mi ha accontetata!
Ho ascoltato la voce squillante di don Agostino, ho visto luccicare i suoi brillanti occhi celesti, ho visto sprizzare un momento di gioia.

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Ho notato in lui una certa amarezza per l’ingiusto sipario che è calato sul teatro dei pupi siciliani.
L’ho abbracciato calorosamente.
Riporto integralmente il commento che don Agostino Profeta rilasciò a Meridio News in un’intervista: «Il puparo, fin dalle origini, è stato un punto di riferimento per la società, soprattutto per coloro che appartenevano ai ceti più bassi e che nella sua figura vedevano un educatore, un insegnante: per questo lo chiamavano “don”.
Ogni sera si rappresentava un’opera dei pupi. La gente seguiva ogni puntata, come si fa oggi con le fiction, con un trasporto fuori dal comune. Si conoscevano tutti i personaggi e vi si immedesimava completamente.
Succedeva che durante lo sbarco dei Mille i siciliani combattessero come i paladini, pur senza armi; che gli spettatori lanciassero scarpe addosso all’avversario del proprio beniamino o iniziassero a dare pugni sul palco, in preda alla disperazione, quando quest’ultimo veniva ucciso».
Poi si inventò l’opera con personaggi viventi.
«In quel periodo iniziava a diffondersi il cinema e, per contrastare il declino cui andava incontro il teatro dei pupi, portammo in scena l’opera recitata da attori in carne e ossa. Prima di noi lo fece soltanto Gaetano Crimi, promotore dell’opera a Catania e licatese di nascita».
Adesso quella stessa curiosità talentuosa ed energica spinge don Agostino a immaginare lo spettacolo dei pupi in chiave contemporanea per rilanciarlo e salvarlo dall’incuria dell’uomo e del tempo.
Continua il suo discorso: <<Oggi il pubblico non riconoscerebbe più i personaggi, sarebbe impensabile riproporre l’opera a puntate. Servono formule più accattivanti come la concentrazione di varie scene in un’unica rappresentazione e magari l’impiego dei pupi della farsa per stemperare certe atmosfere troppo solenni.
Rivisitare la figura dei mori e dei saraceni per affrontare il tema dell’immigrazione e dei profughi, rielaborare le scene dei combattimenti per contrastare il fenomeno del bullismo. Ecco cosa farei in una società dove istruzione è sinonimo di troppa scuola e di poca educazione.
La funzione pedagogica dell’arte, dunque, ma anche il recupero del lavoro manuale. Un nuovo indotto si può creare solo con un sistema di produzione retto da imprese delle quali gli artigiani non siano dipendenti, ma soci. Un ritorno alla bottega, luogo dove la passione si lega al sacrificio e l’apprendimento non è fine a se stesso; dove si impara a costruire i pupi, non a esserlo. Si potrebbe puntare anche su un turismo dei pupi con un circuito e una rete di servizi studiati su misura>>. Sono parole vere di un puparo, di don Agostino Profeta!

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All’interno del Foyer del teatro Re-Grillo di Licata, sito in corso Vittorio Emanuele, era stato allestito il museo dell’Opera dei Pupi sotto l’amministrazione comunale del sindaco di allora dott. Angelo Cambiano, in accordo con il maestro puparo Agostino Profeta, che ha esposto inizialmente 25 pupi, pezzi unici e meravigliosi che, da soli, parlano dell’amore e della dedizione che il maestro puparo ha saputo donare a questa nobile arte.
Aveva anche espresso la volontà di progettare la realizzazione di un teatro dell’Opera dei Pupi dove realizzare i suoi spettacoli.
Il teatro è stato creato ma, recentemente, il palco è stato smontato con grande delusione di don Agostino Profeta.
Tuttavia, in una bacheca, allestita sempre in una sala del Teatro Re-Grillo, sono esposti alcuni suoi personaggi ed esattamente Carlo Magno, l’imperatore romano, Rodomonte, il re algerino, e altri personaggi meno noti. Solo con l’impegno, la volontà dei licatesi e con l’aiuto delle Istituzioni, principalmente della nuova amministrazione, diretta dal sindaco Giuseppe Galanti, don Agostino Profeta spera di ripristinare il teatrino dell’Opera dei Pupi. I pupi di don Agostino Profeta potranno rivivere attraverso l’istituzione di un museo permanente. Il Teatrino dei Pupi è un museo alla memoria ma soprattutto alle tradizioni siciliane, un patrimonio da salvaguardare e che dovrebbe essere diffuso.
Don Agostino Profeta ha donato alla biblioteca “Luigi Vitali” di Licata il paladino Orlando, descritto da Ludovico Ariosto. E’ un’opera lignea artistico – culturale progettata e interamente realizzata a mano dal maestro Agostino Profeta.

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Agostino Profeta, ormai uno dei pochi “maestri pupari” siciliani, artista, carrozziere, ciclista è studioso e maestro di cultura popolare tanto da avere impartito alcune lezioni al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti). . L’insegnante Cettina Greco, durante i festeggiamenti per il VENTENNALE della sua nascita, gli ha consegnato l’attestato di benemerenza perchè ha piacevolmente intrattenuto gli associati con la sua conferenza culturale e didattica sull’Opera dei Pupi.

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Il teatro dei Pupi nel 2001 è stato inserito nell’elenco dei Beni Immateriali dell’Umanità.  Esso rispecchia l’identità di un paese e di un popolo.

GIUSEPPE LI PUMA

Giuseppe Li Puma è stato un valente artigiano la cui specializzazione è stata strettamente legata alla più tipica tradizione artistica e popolare siciliana: quella che trova nei pupi e nel carretto siciliano la manifestazione più spontanea e più ricca di una cultura antica di secoli.
Giuseppe Li Puma si è dedicato alla costruzione in miniatura del carretto siciliano, uno dei simboli della Sicilia popolare e contadina degli anni precedenti alla diffusione dei mezzi a motore per cui, sostituito dai furgoni e dagli autocarri, oggi ha perduto la sua funzione originaria rimanendo come attrazione in occasione di manifestazioni e di cortei con esemplari di grande pregio per le accurate rifiniture e per la ricchezza delle decorazioni.
Pertanto la motorizzazione ha fatto sparire dalle strade i carretti. A Licata, come in tutta la Sicilia, il carretto era il mezzo di locomozione il più diffuso. Quando sono arrivata a Licata negli anni ’70 del secolo scorso, nel Corso Umberto I la mattina presto si muoveva una lunga teoria di carretti che andavano in campagna.
Era uno spettacolo!
I carretti siciliani, nati come carri agricoli, oggi sono diventati un tipico esempio di artigianato e di cultura siciliana.
Sono vere e  proprie opere d’arte.
I primi carretti sono stati costruiti nel XVIII secolo poiché prima di allora le strade non permettevano l’uso dei carri, Infatti  ai trasporti provvedevano le bestie da soma.
Le decorazioni intorno al carretto erano commissionate ad esperti artigiani i quali intagliavano il legno e dipingevano la storia dei paladini di Carlo Magno, gli eventi miracolosi, i momenti di vita familiare, gli aspetti di attività lavorative, temi che avevano particolarmente colpito la fantasia popolare.
Le scene iconografiche e i cromatismi sono ormai consolidati nel tempo e oggi costituiscono una testimonianza importante per lo studio delle tradizioni popolari e della cultura siciliana.
Il carrettino siciliano è un elemento gradevole da ammirare e acquistato dai turisti come souvenir.

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Bellissima siciliana!

 

 

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Il commento di Ivan Frisicaro: ”Credo sia fondamentale apprezzare e valorizzare questi grandi artisti licatesi i quali si sono distinti grazie alla loro professionalità e maestria. Ciò significa onorare la nostra identità. Tesori Umani che potrebbero diventare fonte di risorse economiche nell’ambito del turismo culturale presente nella nostra città di Licata”.

Questo carrettino siciliano è un caro ricordo della mia infanzia.
Mi è stato regalato dal signor Doca (non ricordo il nome di battesimo ) per un mio compleanno.
Libero dal suo lavoro della polizia penitenziaria al carcere di Mistretta,  aveva l’hobby di costruire i carrettini siciliani che regalava a parenti e amici nelle varie occasioni.
Lo custodisco gelosamente!

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Ho ammirato queste bellissime immagini  dipinte sulla sponda del carretto siciliano esposta nella parete dello studio di dermatologia del mio amico, il dott. Francesco Cascio, a Palermo e che mi ha concesso la pubblicazione della foto.  Grazie Francesco!

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