Sep 15, 2020 - Senza categoria    Comments Off on IL LIBOCEDRUS DECURRENS GLOBOSO E IL LIBOCEDRUS AUREOMARGINATO NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

IL LIBOCEDRUS DECURRENS GLOBOSO E IL LIBOCEDRUS AUREOMARGINATO NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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Il “Libocedrus decurrens” e il “Calocedrus decurrens globoso” sono sinonimi della stessa pianta.
Il nome scientifico “Libocedrus” deriva dalle parole latine “libanus”, “incenso” e “cedrus”, “cedro” e le motivazioni di questo termine vanno ricercate nel buon profumo che sprigiona la resina quando viene bruciata e nell’aroma di Cedro che il legno della pianta emana.
Il nome “Calocedro”deriva dal greco “καλός”, “bello”, vale a dire “Cedro bello”.

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 Il Libocedro non è un Cedro, ma appartiene alla famiglia delleCupressaceae.
Originario della California e dell’Oregon, dove è chiamato “incense cedar“, “albero dell’incenso” proprio per il caratteristico profumo sprigionato, l’albero è stato introdotto in Europa dopo il 1850 e diffuso in Italia soprattutto nelle regioni dei laghi.
E’ coltivato, a scopo ornamentale e decorativo nei parchi e nei giardini, per il suo effetto estetico, per la sua notevole rusticità e per la sua longevità. Può vivere anche 500 anni e, infatti, resti fossili sono stati ritrovati in Europa continentale e in Groenlandia, ma è lento nella crescita.
La storia di un giardino, essendo formato da organismi viventi, molto spesso va oltre la fantasia degli ideatori e dei realizzatori.
Gli alberi longevi sopravvivranno per moltissimi anni.
Sono i nostri avi!

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 Il Libocedrus decurrens globoso è una grande conifera d’eccezionale bellezza e, per il suo portamento ascendente, a forma globosa ed elegante, è un elemento ornamentale della villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta dove vive associato a varie specie di Pini, di Abeti di Cedri in un’armoniosa rappresentazione d’equilibrio fra arte e natura, ma sta bene anche come singolo esemplare.

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E’ un albero di prima grandezza, maestoso, imponente e, nel suo areale d’origine, può raggiungere i 50 metri d’altezza e i 3 metri di diametro.

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Possiede un fusto assai rastremato e rivestito dalla corteccia fibrosa bruno-cannella, profumata, screpolata in strisce.
I ramoscelli fronzuti, piatti, di colore verde chiaro su ambedue le facce, sono disposti verticalmente.
Il fogliame, sempreverde, lucido copre quasi completamente il tronco.
E’ costituito da foglie squamiformi disposte in quattro file, strette e allungate, molto inserite al rametto, persistenti. Le foglie, larghe, di colore verde opaco scuro sulla faccia esterna, giallognole verso l’interno, fragranti che, nei giorni caldi, profumano d’incenso, formano la chioma che nelle vecchie piante è più conica.

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I fiori, unisessuali, maschili e femminili sono portati dallo stesso individuo.
I fiori maschili sono costituiti da moltissimi coni ovoidali, terminali ai ramuli e di colore giallo-dorato le cui squame si aprono per diffondere il polline.
Le strutture riproduttive femminili sono generalmente singole e raggruppate su ramuli vicini. Sono inizialmente di colore verde, di forma ovale, lunghe alcuni centimetri, e si sviluppano in coni di colore marrone intenso.
La fioritura avviene tra gennaio e aprile.
Gli strobili, solitari, penduli, lunghi da 2 a 5 centimetri e moderatamente larghi, di colore rosso bruno, formati da 6 scaglie, a due a due uguali, sono ovali, con gli apici delle squame piegati all’infuori.
I semi, dotati di grosse ali, sono trasportati dal vento anche lontano dalla pianta madre.
Il Libocedro preferisce vegetare su terreni freschi e solo mediocremente secchi, con un’esposizione all’ombra, almeno all’inizio del periodo vegetativo, anche se il bisogno di luce aumenta con l’invecchiamento della pianta.
Si adatta bene a qualunque clima, ma è specifico dei paesi con clima secco e siccitoso vegetando bene fino a 2000 metri d’altitudine.
E’ resistente alle basse temperature, alle gelate invernali e all’aria inquinata.
Non necessita di annaffiature, si accontenta delle acque della pioggia.
Resistente alle malattie, talvolta è attaccato dall’Afide della Thuja, ma il Libocedro non ne risente particolarmente nonostante questo parassita cresca tra i suoi germogli per quasi tutto l’anno per poi rallentare la sua attività nel periodo autunnale e invernale.
Il legno, leggero, resistente e durevole, è utilizzato per la costruzione di staccionate e di traversine ferroviarie, per preparare listelli per gli infissi e per la fabbricazione di matite.
In California le piante vengono abbattute per produrre l’incenso.

Nella villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta vegeta bene anche il LIBOCEDRO DECURRENS AUREOMARGINATO le cui foglie hanno assunto una bellissima colorazione dorata.
Nella stessa aiuola, alle spalle dell’artista amastratino Noè Marullo, il Libocedro è circondato da tante piante di Hydrangea macrofilla fiorite, dalla profumata Lippia citriadora e da alcuni Buxus sempervirens modellati secondo l’ars topiaria.

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Il Libocedro è responsabile di molte antipatiche allergie a causa dell’abbondanza di polline immesso nell’aria.
I pollini sono innumerevoli, microscopici, quasi eterni.
Questo significa che, dopo essere stati prodotti in quantità enormi, milioni in una sola infiorescenza, miliardi in una pianta, si diffondono nell’ambiente grazie al fatto di essere piccolissimi e di essere rivestiti da una sostanza molto resistente.
Il termine “polline”, dal latino “pollen”, “fine farina”, fu usato per la prima volta dal medico tedesco Valerius Corduus (1515-1544) per indicare il ”rubiginosus pulvisculus” osservato nei fiori di Lilium.
Il polline ha il compito di trasportare il gamete maschile su di un pistillo di un fiore della sua stessa specie, in genere volando dalla pianta madre ad un’altra pianta.
Il polline, dunque, non è né un seme né un gamete, ma un vettore del gamete maschile.
Possiede pochissime cellule che gli permettono di sopravvivere in maniera autonoma fino al raggiungimento del pistillo del fiore da fecondare.
Durante il passaggio dall’antera al fiore, il polline ha la probabilità di essere inalato.
Se termina la sua vita in un naso umano, ha fallito il suo scopo.
Quando approda su un ambiente umido, come sulla mucosa dell’apparato respiratorio, il polline si idrata rilasciando le proteine di riconoscimento, come se si trovasse su di un pistillo.
Le proteine possono provocare la reazione allergica, detta “pollinosi”, che scatena starnuti, prurito al naso, lacrimazione e difficoltà respiratorie nei soggetti sensibili.
In realtà, il polline è prodotto da molte piante di specie assai diverse tra loro, ciascuna pianta con un proprio periodo di fioritura in parte legato a fattori genetici e, in parte, alle condizioni climatiche dell’ambiente in cui essa vive.
Le fioriture scandiscono le stagioni come un calendario naturale molto più vecchio delle invenzioni dell’uomo.
Libocedri, Ginepri, Cipressi, Cedri, Thuje, durante la loro fioritura, lasciano cadere larghi tappeti di polline giallo.
Si raggiungono valori di concentrazione annuale di pollini numericamente compresi tra 1000 e 5000 per metro cubo d’aria. Sono sempre più numerosi i casi segnalati di allergie ai pollini nei mesi invernali, da gennaio a maggio.

 

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