Jun 10, 2020 - Senza categoria    Comments Off on LE PIANTE DI NERIUM OLEANDER CHE ABBELLISCONO IL TERRITORIO DI LICATA

LE PIANTE DI NERIUM OLEANDER CHE ABBELLISCONO IL TERRITORIO DI LICATA

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E’ sufficiente attraversare la città di Licata e le campagne circostanti per osservare le numerose piante di Nerium oleander che abbelliscono il territorio.

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Si ammirano nei viali della città, nelle strade, nella villa “Regina Elena”, nei giardini privati e anche nei balconi, davanti alla chiesetta della Beata Vergine  Maria  delle  Sette Spade.

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Soprattutto in questo mese di maggio 2020 l’abbondante fioritura dell’Oleandro, dai fiori di diverso colore,  rende il paesaggio molto piacevole.

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L’Oleandro, nome scientifico “Nerium Oleander”, alludendo alla somiglianza delle sue foglie con quelle dell’olivo, appartenente alla famiglia delle Aponynacee, è una pianta originaria dell’area mediterranea, in particolare dell’Europa e dell’Asia dove cresce allo stato spontaneo come arbusto o come albero sempreverde. E’ diffusamente coltivato a scopo ornamentale per la bellezza della sua fioritura, che è continua dall’inizio della primavera fino alla fine dell’autunno, e per l’aspetto decorativo del fogliame sempreverde.
Il termine  Oleandro deriva dal latino “Arodandrum”, originato, a sua volta, dal vocabolo greco “ροδοδένδρον“, “pianta rosea”  in riferimento alla somiglianza dei suoi fiori, nel colore e nella morfologia, a quelli delle specie del genere Rhododendron.
Il nome popolare di “Mazza di San Giuseppe” prende origine dal racconto dei libri Apocrifi secondo i quali gli aspiranti alla mano della Vergine Maria dovettero depositare una verga sull’altare. Il bastone di Oleandro, portato da San Giuseppe e deposto sull’altare, germogliò facendolo scegliere come padre putativo di Gesù Bambino.
Noto ai greci e ai romani per la sua velenosità, Ovidio ne “Le Metamorfosi” racconta che Lucio Apuleio, protagonista e narratore, trovandosi in Tessaglia per affari, è stato ospitato da Milone e da sua moglie, la maga Panfile.
Procuratosi un unguento magico, che sapeva di aver trasformato Panfile in uccello, Lucio, però, si trasformò in asino.
Dei ladri, che saccheggiarono la casa di Milone, caricarono anche l’asino Lucio, frutto del loro consistente bottino. Giunto alla caverna dei briganti, Lucio ascoltò la favola di Amore e Psiche narrata da una vecchia ad una fanciulla rapita. Sconfitti i briganti dal fidanzato della ragazza, Lucio cambiò molti padroni subendo ogni tipo di tormento.
Un giorno, addormentatosi sulla spiaggia di Cencree, sognò la dea Iside che gli indicò il rimedio per riprendere le sembianze umane: quello di cercare affannosamente dei fiori di  Rosa.
Ingannato dalla somiglianza dei fiori, stava per mordere una pianta, ma, da esperto botanico, egli riconobbe l’Oleandro i cui fiori erano velenosi per gli asini. Velocemente si allontanò.
L’Oleandro è un vegetale comune e inconfondibile della flora della macchia mediterranea dove, stagionalmente, trova l’umidità necessaria. Prospera particolarmente lungo i corsi d’acqua, negli alvei dei torrenti, nei laghi, s’insedia sui suoli sabbiosi alla foce dei fiumi e lungo le loro rive, sui greti sassosi formando spesso una fitta vegetazione.
S’inoltra all’interno montuoso fino a 1000 metri d’altitudine. Nel giardino di Mistretta un piccolo e giovane albero sta cercando di adattarsi ad un ambiente non proprio favorevole vicino alla nuova sorgente d’acqua.

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L’Oleandro è una specie termofila ed eliofila abbastanza rustica. E’ coltivato in tutta Italia a scopo ornamentale per abbellire i giardini, le strade e le autostrade.
L’Oleandro ha un portamento arbustivo o ad alberello raggiungendo l’altezza di qualche metro. Presenta fusti generalmente poco ramificati che partono dalla base, dapprima eretti, poi arcuati verso l’esterno.

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I rami giovani sono verdi e glabri. I fusti e i rami vecchi sono ricoperti da una corteccia di colore grigiastro. Le foglie, modificate per ridurre la traspirazione, con stomi affondati e ricoperti di peli, di colore grigio verde, lisce, coriacee, disposte a verticilli di due o di tre, brevemente picciolate, hanno la lamina lunga, lanceolata, acuta all’apice, il margine intero e la nervatura centrale robusta e prominente.

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I fiori, ermafroditi, sono grandi, vistosi, a simmetria raggiata, disposti in cime terminali all’apice dei rami. Il calice è diviso in cinque lobi lanceolati. La corolla, gamopetala, tubulosa, suddivisa pure in cinque lobi, è di colore roseo più o meno carico, o rosso carminio, o bianco nelle forme spontanee, dal delicato profumo amaro.

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L’androceo è formato da cinque stami, le antere portano una piccola coda lunga, barbata e contorta a spirale. L’ovario, supero, è formato da due carpelli pluriovulari.
La fioritura è abbondante e avviene da aprile a maggio. Si devono rispettare i polloni giovani, che crescono ogni anno al piede della pianta, perché da essi avranno origine i fiori dell’anno successivo. Il frutto, vistoso, di colore bruno-rossastro, è un follicolo fusiforme, stretto, allungato fino a 15 centimetri. A maturità, si apre longitudinalmente lasciando fuoriuscire i semi. Il seme è munito di un pennello di peli sericei disposti ad ombrello per favorire la disseminazione anemocora così da farsi trasportare dal vento anche per lunghe distanze.

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 La moltiplicazione avviene anche per talea. Un metodo molto semplice di moltiplicazione è quello di mettere un giovane ramo in una bottiglia piena d’acqua e di esporla al sole finché non spuntano le radici. Quindi, il ramo radicato s’interra in un vaso contenente del terriccio fertile.            L’Oleandro si adatta bene a un tipo di suolo generoso e ben drenato. Trae vantaggio dall’umidità del terreno rispondendo con uno spiccato rigoglio vegetativo, tuttavia possiede caratteri xerofitici che gli permettono di resistere anche a lunghi periodi di siccità.
Per assicurare copiose fioriture, è importante provvedere ad irrigazioni frequenti durante il periodo estivo. Inoltre, bisogna potare le piante giovani per ottenere l’infoltimento della chioma. Predilige luoghi caldi ed esposti al sole perchè è sensibile al freddo e, se coltivato in zone ove si prevedono gelate, va posto al riparo di muri e di altre piante. Resiste bene al vento. La pianta di Oleandro si può ammalare, deperire e anche morire se viene attaccata da parassiti di cui il più temibile è la Cocciniglia che attacca prevalentemente la pagina inferiore della foglia e che si riproduce durante tutto l’arco dell’anno.
L’Oleandro è una pianta conosciuta per la sua notevole tossicità. Tutte le parti sono tossiche per l’Uomo e per qualsiasi altro animale, compresi il fumo ottenuto dalla combustione e l’acqua in cui sono state immerse. Se ingerite, causano tachicardia con aumento della frequenza respiratoria, disturbi gastrici, disturbi nel sistema nervoso centrale, sonnolenza, allucinazioni.
Responsabile della tossicità è l’oleandrina, ma l’Oleandro contiene una serie di altri principi tossici che si conservano anche dopo l’essiccamento. Le specie animali più colpite sono gli equini, i bovini e i piccoli carnivori. La morte sopraggiunge per collasso cardio-respiratorio solo quando se ne ingeriscono abbondanti quantità. In persone sensibili il contatto con foglie e con fiori può determinare fenomeni di dermatite, pertanto, in via precauzionale, è bene detergere subito le mani. La storia racconta che diversi soldati delle truppe di Napoleone, durante le campagne militari in Italia, morirono per essere stati avvelenati dalle carni cotte alla brace su spiedi ottenuti dal legno dei rami dell’Oleandro.
Per una nota di buon umore è bene sapere che un fascio di Oleandri in fiore regala una notevole scorta di “ottimismo e di allegria” e predispone al desiderio di “essere in compagnia”.

 

 

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