Sep 16, 2022 - Senza categoria    Comments Off on LE PIANTE DI ARCTIUM MINUS PRESENTI NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

LE PIANTE DI ARCTIUM MINUS PRESENTI NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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Per la grandezza deLle sue foglie, per la particolarità dei suoi fiori questa pianta, che vegeta in molte aiuole all’interno della villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta, ha attratto la mia attenzione ed ha stimolato la mia curiosità di conoscerla.
Il suo nome scientifico è “ARCTIUM MINUS”.

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Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature.
Sinonimi sono: Arctium pubens, Arctium minus, Arctium chabertii.
Altri nomi italiani sono: “Lappola minore, Lappa minor, Bardana minore”.
Il nome inglese è: “Lesser burdock”.
Questo vegetale è stato citato già da Dioscuride di Anazarbo, medico greco, vissuto nel I secolo d.C.
Etimologicamente il termine del genere “Arctium” fu introdotto nella sistematica da Carl Von Linné (1707 – 1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione “Species Plantarum” del 1753.
Il binomio scientifico attualmente accettato è stato proposto inizialmente dal botanico inglese John Hill (c. 1716 – 1775) e perfezionato successivamente dal botanico germanico Johann Jakob Bernhardi (1774-1850) nella pubblicazione “Systematisches Verzeichnis”.
Il termine “Arctium”, proviene dal greco “ἄρκτιον” “orso” in riferimento ai capolini irsuto-spinosi della pianta.
Il termine della specie ” minus”, dal latino “minusculus”, “minore”, fa riferimento alle dimensioni dei capolini più piccole di quelli di altre specie dello stesso genere.
Il termine “Lappa” o “Lappola” , utilizzato anche da Plinio il Vecchio, deriva, probabilmente, dal latino “labein”, “attaccarsi”, in riferimento all’attitudine che hanno le sue infiorescenze di attaccarsi al mantello delle pecore, al pelo degli altri animali e ai vestiti di lana.
Il nome “lappa“ potrebbe derivare dal termine celtico “llap” “mano”, in riferimento ai fiori che si attaccano a qualunque cosa li sfiori, come una mano che si aggrappa a tutto ciò che ad essa si avvicina.
Resta incerta l’etimologia della parola “bardana”.
Per alcuni autori tale termine risale al Medioevo, probabilmente riferito al francese “barde” e al portoghese “barda”, col significato rispettivamente di “fetta di lardo” e di “sella” in relazione alla particolare consistenza e forma delle foglie.
L’Arctium minus è una specie complessa con molte varianti, soprattutto nelle dimensioni delle varie parti del capolino come il diametro dell’involucro o lunghezza delle squame.
L’Arctium minus è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Asteraceae originaria dell’ Europa.
È presente, in Africa mediterranea occidentale, in Asia minore, in Asia settentrionale e nelle Americhe. In tutte le regioni d’Italia è molto comune. Infatti, nelle aiuole della villa comunale “Giuseppe Garibaldi” di Mistretta ci sono piante a diversi stadi di sviluppo.
La più bella, perchè è grande e perchè è in fiore, vegeta bene in un’aiuola vicino a una pianta di Taxus baccata nella parte inferiore del laghetto.

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L’Arctium minus svolge un ciclo di sviluppo biennale. Nel primo anno di vita compaiono solamente le foglie; nel secondo anno sbocciano i fiori formati da capolini.

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La parte ipogea è formata dalla radice a fittone, spugnosa, crassa, esternamente di colore grigio bruno, internamente biancastra, capace di penetrare in profondità nel terreno fino a 30 cm. La parte epigea è formata dai fusti eretti, alti da 50 a 150 cm, più o meno arrossati, striati e ramificati. I rami sono eretto-patenti alla base, penduli all’apice.
Le foglie sono di due tipi. Quelle basali sono grandi, ovali-cuoriformi, lunghe fino 30-40 cm, a margine generalmente ondulato, con la lamina intera, allargata, ruvida, di colore verde scuro e provviste di picciolo cavo.
Quelle cauline sono alterne, sessili, lanceolate, progressivamente di dimensioni minori, di colore verde più chiaro.
Quelle sul fusto sono più piccole e ovali.
Tutta la pianta è densamente pelosa.

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L’infiorescenza è costituita da diversi capolini sferici riuniti in corimbi. I fiori sono tubolosi ed ermafroditi, attinoformi, pentameri, ossia sia il calice sia la corolla sono composti da cinque elementi.
Sono tetra-ciclici, con quattro verticilli: il calice, la corolla, l’androceo, il gineceo.
Nel calice i sepali sono ridotti ad una coroncina di squame.
La corolla, di colore rosso-violaceo, di forma cilindrica, termina con 5 denti.
L’ androceo è formato da 5 stami con filamenti liberi, distinti e glabri. Le antere sono saldate fra di loro e formano un manicotto circondante lo stilo.
Nel gineceo l’ovario è infero e uniloculare formato da 2 carpelli. Lo stilo è unico con uno stimma terminale bifido e glabro.
All’apice dello stilo è presente solamente un ciuffo di peli.
Fiorisce da luglio a settembre.

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La riproduzione avviene mediante l’impollinazione entomogama dei fiori per mezzo delle farfalle diurne e notturne.
Il frutto è un piccolo achenio bruno-nerastro, obovoide, leggermente schiacciato, oblungo di 5 – 7 mm, coperto da un piccolo ciuffo di peli, il cosiddetto pappo di setole bianco-giallastre, rigide, scabre, brevi, disposte in varie file.
Contiene numerosi semi. Mille semi pesano circa 15 gr.

ARCTIS

I semi, cadendo a terra, sono dispersi soprattutto dalle formiche mediante la disseminazione mirmecoria.
Avviene anche la dispersione zoocoria.
Infatti gli uncini delle brattee, che avvolgono i filamenti degli stami, si agganciano al pelo degli animali disperdendo i semi anche a una certa distanza dalla pianta madre.
L’Arctium minus è una pianta spontanea molto diffusa nel nostro territorio.
Vegeta bene a livello del mare, nelle zone collinari e montane fino a quota 1500 metri di altitudine.
Predilige i luoghi incolti e abbandonati, le siepi, i bordi delle strade,le sponde dei ruscelli e i dirupi.
Per questa sua grande rusticità è nota in tutte le regioni assumendo diverse nomi locali: “Lappola, Cappellacci, Laccio, Attacca lana, Stalass, Nappo, Lavaste, Spalpanazz e molti alti nomi ancora”.
Il substrato preferito è sia calcareo sia siliceo, con pH neutro, umido e ben drenato.
Vi sono numerosi documenti storici che attestano le proprietà terapeutiche dell’Arctium minus sin dai tempi antichi.
Secondo alcuni dati storici il medico italiano Pena riuscì a guarire Enrico III di Castiglia (1379-1406) da una malattia infettiva della pelle utilizzando gli estratti di questa pianta.
Nel Medioevo era considerata l’unico rimedio efficace contro la sifilide. La pianta possiede veramente molte proprietà medicinali.
Può essere utilizzata come antibatterica, carminativa, colagoga, diaforetica, diuretica, sudorifera, fungicida, ipoglicemica, lassativa, antinfiammatoria e depurativa del sangue. In passato era consigliata anche contro artriti, ulcere, problemi allo stomaco, alopecia, psoriasi, impurità della pelle, prolasso uterino e per la cura delle ferite.
Effettivamente, fu una pianta coltivata per moltissimi secoli perchè era utilizzata sia come ortaggio a scolpo alimentare, sia come pianta medicinale utilizzata come rimedio contro le infezioni gravi della pelle o come integratore alimentare in compresse o in ottime creme per l’applicazione diretta sulla pelle.
La sua “generosità” si manifesta sia a livello vegetativo, per lo sviluppo esuberante delle foglie, sia per i suoi preziosi principi attivi concentrati soprattutto nella radice, la quale può essere considerata una piccola “farmacia sotterranea”.
Per sfruttare a pieno le sue virtù è necessario utilizzarla fresca perchè, con l’essicazione, si disattivano numerosi principi attivi.
Un antico proverbio di epoca medievale, che testimonia l’efficacia terapeutica dell’Arctium minus, recita: “Se la vecchiaia vuoi tener lontana, fatti amiche cicoria e bardana” .
In cucina, per scopi alimentari, sono usati i semi, le radici, che sono la parte più pregiata della pianta, utilizzate sia fresche sia secche, e raccolte in primavera o nell’autunno del primo anno di vita.
Le radici migliori si ottengono da piante giovani e normalmente vengono sbucciate. Se arrostite, possono essere un buon surrogato del caffè. Le foglie, sempre giovanili, sono usate sia cotte che crude. I fusti, usati dopo aver tolto la scorza esterna, puliti dalla terra e affettati, si mangiano fritti in olio d’oliva.
Anche le foglie sono commestibili e impiegate in piatti della cucina regionale. I componenti principali della pianta sono: l’inulina, la fitosterina, l’alto contenuto in zuccheri e mucillagini.
Dalla corteccia interna del fusto si ottiene una fibra usata per produrre della carta artigianale di colore marrone chiaro.
Nel linguaggio dei fiori l’Arctium minus simboleggia la “riservatezza e la ritrosia“.

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