Mar 26, 2013 - Senza categoria    Comments Off on GLI ULIVI E LA RACCOLTA DELLE OLIVE

GLI ULIVI E LA RACCOLTA DELLE OLIVE

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24 marzo 2013: Domenica delle Palme!
Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento alla Sua passione, morte e resurrezione in un clima trionfale di vittoria. Cammina su una sorta di tappeto passando fra Palme e Ulivi.
Per ricordare questo evento il ramo d’olivo benedetto è distribuito ai fedeli durante la liturgia della Domenica delle Palme, la “Domenica degli ulivi”.
 L’ulivo, diffusissimo in Palestina, è una pianta assai caratteristica. Alcuni ulivi molto antichi si trovano nel giardino del Gethsemani, sulle pendici del Monte degli Ulivi, sopra Gerusalemme, così chiamato per i suoi oliveti in parte ancora esistenti. Il monte degli ulivi è spesso citato nell’Antico Testamento ed è un luogo particolarmente sacro nella storia evangelica. L’ulivo è stato fin dall’antichità simbolo di vittoria, di gloria, di pace.
L’ulivo, dal greco έλαία “ulivo”, appartenente alla famiglia delle Oleacee, è una presenza vegetale rilevante in Sicilia.
Quelli annosi, alti circa quattro metri, sono grandi, robusti, con radici più o meno oblique nel terreno e relativamente superficiali, con tronchi e rami intrecciati, avvinghiati, contorti e con una leggera chioma di foglie opposte, persistenti, intere, lanceolate, che rimangono sulla  pianta fino a due anni, di colore verde che, alla luce del sole, cambia in Argentato al più leggero soffio del vento.

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Carmelo De Caro descrive questa stessa immagine nei bellissimi versi

della sua poesia “Se”:

“Se tu sai il gioco del sole

sulle foglie dell’ulivo antico,

se t’incanti ancora a guardare

il volo giallo del bombo tra i petali,

se sai ascoltar con l’animo

il coro di trilli tra l’erba e il frullar

lieve e arruffato d’un passero

e di notte

il flauto del chiurlo tra le canne.

Se sai capir la creatura che fa

quel fruscio notturno e misterioso

e non t’inquieti.

Se ti colmi di gioia nel sentire

che il dolce fremito del tuo cuore

è il profondo cosmico respiro

della campagna estiva,

se un « Grazie » ti sorge spontaneo

sulle labbra, allora no

tu non stai vivendo invano.

La morfologia particolare delle foglie, spesse e coriacee nella parte superiore, ricoperte di lanugine nell’inferiore, impedisce l’eccessiva traspirazione dell’acqua, permettendo così alla pianta di sopravvivere nei climi aridi e poveri d’acqua.
I fiori, ermafroditi, sono molto piccoli, riuniti in grappoli, biancastri. Fiorisce da aprile a giugno. Nelle annate cattive può accadere, tuttavia, che i fiori cadano prima di fare i frutti.

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Il frutto è una drupa ovale ricchissima di olio commestibile, ricavato dalla spremitura, il cui colore varia dal verde giallastro al nerastro durante il corso della maturazione.

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Lucio Giunio Moderato Columella, scrittore latino di agricoltura (I sec d.C.), indica l’ulivo ”Olea prima omnium arborum” come il più importante degli alberi.
Nativo di Cadige, in Spagna, si dedicò alla cura dei suoi vasti possedimenti in Italia coltivati ad oliveti. L’ulivo, da millenni, accompagna la vita e la cultura  dell’uomo fornendo legno da opera e da bruciare, olive per alimento, olio fonte di luce e sostanza per curare e per preparare cosmetici. Deuteromnio (6,11), in amerai il Signore tuo Dio, scrive: “Quando ti avrà condotto alle case piene di ogni bene che tu non hai riempito, alle cisterne scavate ma non date, alle vigne e agli oliveti che tu non hai mai piantati, quando avrai mangiato e ti sarai saziato…”
Leggenda e mitologia, storia e religione vedono in questo albero l’espressione più eloquente della loro essenza. Nella Sacra Bibbia l’olio viene molto spesso menzionato perché simbolo di prosperità, di ricchezza, di calore, di luce. Lo cita Deuteronomio (32, 13) nel Cantico di Mosè: “Lo fece montare sulle alture della terra e lo nutrì con i prodotti della campagna; gli fece succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia”. Nelle prove del deserto, sempre Deuteronomio (8,8) descrive: “Paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi, e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele”. Le Cronache II (2,9-14), negli ultimi preparativi della costruzione del tempio, raccontano: “Ecco, a quanti abbatteranno e taglieranno gli alberi io darò grano per vettovagliamento, ai tuoi uomini io darò ventimila kor di grano, ventimila kor d’orzo, ventimila bat di vino e ventimila bat d’olio”. In Cooperazione di Chiram: “Ora il mio Signore mandi ai suoi uomini il grano, l’orzo, l’olio e il vino promessi”.
Nel libro di Giobbe (15, 32 – 34), nel secondo discorso di Elifaz, si legge: “ La sua fronda sarà tagliata prima del tempo e i suoi rami non rinverdiranno più. Sarà spogliato come vigna della sua uva ancor acerba e getterà via come ulivo i suoi fiori, poiché la stirpe dell’empio è sterile e il fuoco divora le tende dell’uomo venale”.
L’evangelista Matteo (25,2-5), nelle vergini savie e le stolte, scrive: ”Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono”.
Nel libro dell’Esodo (27,20), recinto per la Dimora, sta scritto: ” Tu ordinerai agli Israeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per il candelabro, per tenere sempre accesa una lampada”. Con l’olio si ungevano i re e i profeti; olio di consolazione e vino sono versati dal Samaritano quando incontra il malcapitato.
Nel Salmo (23,5), Dio mio pastore, si legge: “Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca”. L’olio è il debito da pagare al ricco padrone nella parabola: il fattore infedele (Luca 16, 1-8). Gesù raccontava di un uomo ricco che aveva al suo servizio un amministratore accusato di non agire con onestà e di sperperare i suoi beni. Per questo il padrone voleva il resoconto.
Il fattore, riconoscendo l’infedeltà della sua gestione, capendo che non poteva più fare l’amministratore, non sapendo operare in altro modo perché non aveva la forza di zappare la terra, né voleva chiedere l’elemosina perché si vergognava, cercò di accattivarsi l’amicizia dei debitori del suo padrone. Li chiamò uno per uno e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone? Cento barili d’olio. Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta”. Ha fatto lo sconto! Il padrone lodò l’amministratore disonesto perché aveva agito con scaltrezza.
Nella Genesi (cap. 8,11) la colomba porta a Noè un ramoscello d’olivo ad indicare la fine del diluvio universale e la scomparsa dell’acqua sulla terra: “E la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello d’ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra”. Una leggenda mitologica greca racconta di Atena che, grazie al dono dell’ulivo fatto agli uomini, ha vinto la sfida con Poseidone.
Nel corso delle feste Pianepsie ad Atene si portavano in processione rami e corone d’ulivo.
Le statue di Damia e di Auxesia, spiritelli legati alla fertilità della terra, erano di legno d’ulivo perché alla pianta erano attribuiti poteri fecondanti. Omero, nell’Odissea, racconta della base del letto matrimoniale che Ulisse ricavò dal tronco di un olivo millenario. A Roma, durante le cerimonie di purificazione, venivano distribuiti rami d’ulivo.
Un ramoscello d’ulivo, simbolo della misericordia, circondava la spada sguainata della giustizia nello stemma della Santa Inquisizione siciliana. La prima testimonianza fossile del rinvenimento dell’olivo selvatico in Italia risale a 12 milioni di anni fa in Toscana, nelle rocce marnose di Gabbro sui monti livornesi.
Originario dall’Asia Minore, l’olivo, già conosciuto dagli Etruschi, si è diffuso in Egitto, in Grecia e in tutto il bacino del Mediterraneo. Nella tomba di Leopardi a Tarquinia sono riprodotte in affresco varie piante di Olivo. In Italia la coltivazione dell’olivo sembra essere stata introdotta dai Fenici e dai Greci.

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Durante l’impero romano, gli oliveti hanno invaso regioni ancora più lontane dai luoghi d’origine dove il clima era favorevole alla loro coltura. Con le invasioni barbariche, e dopo la caduta dell’impero, l’olivo cominciò a perdere la sua importanza ed è stato coltivato esclusivamente dai frati nei monasteri per riempire le loro lucerne ad olio.
Rimase, in ogni modo, un anello importante nella macchia mediterranea anche se allo stato selvatico. La coltivazione dell’olivo riprese all’inizio del secondo millennio in Campania, in Calabria, in Sicilia, in Puglia, dove, proprio nei porti pugliesi, furono creati grandi magazzini per la raccolta delle olive che, spemute, davano l’olio da destinare ai mercanti genovesi, veneziani, toscani che inviavano l’olio nell’Italia Settentrionale e nel resto dell’Europa.
L’olio era considerato un bene prezioso e costoso: era usato, oltre che per l’illuminazione, per preparare saponi e, in guerra, bollente, per rovesciarlo sui nemici. Il commercio dell’olio era così fiorente che il viceré di Spagna nel XVI sec. ordinò l’apertura di una strada che collegasse la Puglia a Napoli per facilitare il trasporto dell’olio.
Per alterne vicende economiche, politiche e sociali, l’olivicoltura ha sopportato periodi di grande sviluppo alternati a momenti di depressione. Nel 1700 la coltivazione dell’albero d’olivo riprese abbondantemente tanto che Bitonto, uno dei maggiori centri di produzione e commercio dell’olio, fu considerata “la città dell’olivo.” Le piante all’inizio erano lasciate crescere liberamente.
La necessità della potatura dei rami, sia per dare forma alla pianta, sia per sfruttare il terreno sottostante con altre colture bisognose di luce per svolgere la fotosintesi clorofilliana, è sorta in seguito.
L’albero d’olivo, grazie alla sua rusticità, si adatta a condizioni ambientali molto varie, anche se preferisce il clima tipico del Bacino del Mediterraneo dove le temperature invernali sono relativamente miti e quelle estive non eccessivamente elevate. Non è una pianta esigente. Abbarbicandosi in terreni asciutti, pietrosi, poveri, non ha bisogno di cure particolari.
Deuteronomio (32, 13) lo definisce “L’olio dalla roccia silicea”. Non sopporta temperature che scendono di molto sotto lo zero e, se l’abbassamento è lento e graduale, la pianta si adatta, resiste e si difende andando in riposo vegetativo. Anche la fronda può essere danneggiata dalla bassa temperatura perché il freddo fa congelare l’umidità sulle foglie bruciandole, fenomeno, questo, che avviene a Mistretta.
La temperatura è, quindi, un fattore limitante della presenza dell’olivo in un determinato territorio. Dalle alte temperature la pianta si difende richiedendo una maggiore quantità d’acqua dal sottosuolo e limitando la traspirazione delle foglie che chiudono gli stomi. Si impedisce l’ingresso all’anidride carbonica e si rallenta il processo fotosintetico.
L’olivo, pur essendo una pianta resistente alla siccità, non disdegna una buona quantità d’acqua di cui Licata è, purtroppo, povera. Le piogge sono molto rare e i periodi d’attesa di qualche prodigiosa precipitazione sono lunghi.
Per questo motivo il frutto è piccolo, duro, con la polpa assottigliata. La produzione delle olive è alternata ad anni di carica e ad altri di assenza del prodotto. Nel Meridione e in Sicilia l’olivo trova condizioni favorevoli alla sua vita sia in pianura che in montagna e le olive nere secche, le olive verdi in salamoia o schiacciate e condite con aglio, con pezzetti di sedano, con semi di finocchietto selvatico e con l’aggiunta a piacere di peperoncino rosso piccante e soprattutto l’oliva “nocellara”, sono il companatico dei contadini. Nel territorio di Mistretta l’albero d’olivo si è ambientato bene fino ai 600 metri d’altezza dando un olio molto leggero, di colore giallo ambrato, mielato, usato soprattutto per essere consumato crudo nelle insalate.
Ricordo il modo di fare delle donne mistrettesi durante la raccolta delle olive, che, a Mistretta, avviene tra novembre e dicembre.
Piegate sulle ginocchia e con le mani leste, cercavano le brune olive mature cadute nel terreno occhieggianti tra le zolle, o coperte dalle erbe bagnate, o nascoste dai ciuffi di cespuglietti spinosi. Le raccoglievano ad una ad una e non ne dimenticavano nessuna, tutte erano pronte per la spremitura. Le dita delle mani erano gelate, anchilosate, untuose, sporche di terriccio, ma le donne cantavano allegramente per vincere la fatica e il freddo, contente della generosa quantità del raccolto che riempiva le ceste.
Gli uomini, in equilibrio sulle alte scale, sfilavano direttamente dai rami le olive verdi.
A Licata la raccolta avviene qualche mese prima perché la temperatura è più alta e la qualità delle olive è diversa.
L’olio è più denso, di colore verde – oliva, più pesante e spesso brucia la gola.
Oggi il sistema della raccolta delle olive è cambiato: ai piedi dell’albero si distende una fitta rete a maglie strette che accoglie le olive fatte cadere dall’albero mediante battitura dei rami con una lunga canna. Le olive raccolte si avviano al frantoio per essere spremute.

 

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Caratteristici sono i prodotti locali preparati con le olive.
Il pane farcito con le olive nere è molto gustoso, ma molto calorico, quindi sconsigliato nelle diete alimentari.
Il legno è durissimo e trova impiego in lavori di ebanisteria, di intarsio, e inoltre è assai pregiato come combustibile.
L’albero d’olivo è generoso con gli animali: vi si rifugiano insetti, uccelli, mammiferi che, approfittando della sua altezza e della sua dimensione, spesso sfuggono ai predatori di terra. Ho visto un gatto arrampicarsi velocemente sulla corteccia dell’albero d’olivo per sottrarsi alle grinfie di un cane affamato. Ho visto dormire a testa in giù dei pipistrelli al sicuro dentro il cavo vuoto dell’albero. Ho visto una famiglia di assioli abitare tranquillamente dentro il tronco dell’albero e sparire nelle sue caverne scavate dal tempo.
Al mio paese ho visto il tronco d’ulivo colorato di giallo per la presenza di licheni e i rami infestati dal vischio semi – parassita che, con le bacche perlacee, si regala a Natale per allontanare gli spiriti maligni e per augurare simbolicamente ricchezza e abbondanza.
Ai piedi della pianta ho ammirato tanti funghi macroscopici, coloratissimi e tantissimi turioni di asparagi turgidi e succulenti.
L’albero d’olivo è generoso anche con me! Purtroppo ha anch’esso i suoi nemici: la fumaggine causata da funghi e la mosca olearia, che, allo stadio larvale, attacca i frutti bucandoli.

Così il poeta Gabriele D’Annunzio ha cantato l’ulivo:

L’ULIVO

Laudato sia l’ulivo nel mattino!

Una ghirlanda semplice, una bianca

tunica, una preghiera armoniosa

a noi son festa.

Chiaro leggero è l’arbore nell’aria.

E perchè l’imo cor la sua bellezza

ci tocchi, tu non sai, noi non sappiamo,

non sa l’ulivo.

Esili foglie, magri rami, cavo

tronco, distorte barbe, piccol frutto,

ecco, e un nume ineffabile risplende

nel suo pallore!

O sorella, comandano gli Ellèni

quando piantar vuolsi l’ulivo, o còrre,

che ‘l facciano i fanciulli della terra

vergini e mondi,

imperocchè la castitate sia

prelata di quell’arbore palladio

e assai gli noccia mano impura e tristo

alito il perda.

Tu nel tuo sonno hai valicato l’acque

lustrali, inceduto hai su l’asfodelo

senza piegarlo; e degna al casto ulivo

ora t’apressi.

Biancovestita come la Vittoria,

alto raccolta intorno al capo il crine,

premendo con piede alacre la gleba,

a lui t’appressi.

L’aura move la tunica fluente

che numerosa ferve, come schiume

su la marina cui l’ulivo arride

senza vederla.

Nuda le braccia come la Vittoria,

sul flessibile sandalo ti levi

a giugnere il men folto ramoscello

per la ghirlanda.

Tenue serto a noi, di poca fronda,

è bastevole: tal che d’alcun peso

non gravi i bei pensieri mattutini

e d’alcuna ombra.

O dolce Luce, gioventù dell’aria,

giustizia incorruttibile, divina

nudità delle cose, o Animatrice,

in noi discendi!

Tocca l’anima nostra come tocchi

il casto ulivo in tutte le sue foglie;

e non sia parte in lei che tu non veda,

Onniveggente!

Purtroppo l’albero di ulivo, per avere un buon legno combustibile, tantissime volte è stato abbracciato dal fuoco. Geremia (11,16), in osservanza del patto, così lo descrive: “Ulivo verde, maestoso, era il nome che il Signore ti aveva imposto. Con grande strepito ha dato fuoco alle sue foglie; i suoi rami si sono bruciati”.

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