Jan 13, 2015 - Senza categoria    Comments Off on LA VITA DI SAN SEBASTIANO – LE FESTE – LA SUA CHIESA A MISTRETTA

LA VITA DI SAN SEBASTIANO – LE FESTE – LA SUA CHIESA A MISTRETTA

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Su Sebastiano sono state riportate molte notizie, ma le fonti storiche certe dalle quali si possono ricavare i pochi elementi sulla vita, sul luogo del martirio e della sepoltura e sulla festività liturgica sono: la “Depositio Martyrum”, il più antico calendario della Chiesa di Roma risalente al 354, che lo ricorda il 20 gennaio, e un’annotazione del “Commento al salmo 118” di Sant’Ambrogio, (340-397), secondo il quale Sebastiano, di origine milanese, si era trasferito a Roma.
Altre notizie sulla vita di Sebastiano sono narrate nella Legenda Aurea
scritta da Jacopo da Varagine e, in particolare, nella Passio Sancti Sebastiani, opera curata da Arnobio il Giovane, monaco probabilmente del V secolo. La Passio Sancti Sebastiani è molto ricca di episodi e di particolari biografici, però è ritenuta poco attendibile nonostante la “storia” del Santo sia stata compilata intorno alla metà del sec. V, quando la memoria di Sebastiano poteva essere ancora viva, e l’autore mostri un’ottima conoscenza della pianta di Roma.
Sebastiano, secondo Sant’Ambrogio, è nato a Milano nel 256, dove è cresciuto e educato alla fede cristiana, da madre milanese e da padre di Narbona, alto funzionario della Francia meridionale. Fu il Santo italiano di origine francese e venerato come martire dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa Cristiana Ortodossa.
Il nome Sebastiano deriva dal greco “σεβαστός” col significato di “degno d’onore, augusto, imperiale”.  Prima di raccontare la vita di Sebastiano è giusto dare una piccola introduzione storica.
Nel 260, poiché l’imperatore Galliano aveva abrogato gli editti persecutori contro i cristiani, seguì un lungo periodo di pace durante il quale i cristiani, pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano stimati occupando, alcuni di loro, importanti posizioni nell’amministrazione dell’Impero. Diocleziano, imperatore dal 284 al 305, desiderava portare avanti questa condizione pacifica.
Dopo 18 anni, su istigazione di Galerio, scatenò una delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero. Intanto Sebastiano si era trasferito a Roma nel 270 intraprendendo, intorno al 283, la carriera militare. Diventò un alto ufficiale dell’esercito imperiale.
Fu il comandante della prestigiosa prima coorte della guardia imperiale di Diocleziano stabile a Roma per la difesa dell’Imperatore. Per le sue doti di fedeltà e di lealtà e per la sua intelligenza, fu molto stimato dagli imperatori Massimiano e Diocleziano che non sospettavano della sua fede cristiana. Grazie al suo incarico, godendo dell’amicizia dell’imperatore Diocleziano, ha potuto mettere in pratica azioni a favore dei cristiani, prestando aiuto a quelli segregati in carcere e condotti al supplizio, e ha potuto curare la sepoltura dei martiri.
Ha fatto anche opera missionaria diffondendo la religione e convertendo al cristianesimo soldati, militari, magistrati, nobili della corte. Lo stesso governatore di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio, da lui convertiti, avrebbero affrontato il martirio. Sebastiano, per la sua opera di assistenza ai cristiani, da papa San Caio fu proclamato “difensore della Chiesa”.
Proprio quando, secondo la tradizione, aveva seppellito sulla Via Labicana i Santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, detti i Quattro Coronati, fu arrestato e portato davanti a Massimiano e a Diocleziano. Diocleziano, già irritato perché in giro si era diffusa la voce che nel palazzo imperiale si annidavano i cristiani persino tra i pretoriani, interrogò il tribuno.
Tutto ciò non poteva passare inosservato a corte. Diocleziano, che odiava profondamente i fedeli a Cristo, avendo scoperto che anche Sebastiano era cristiano, così lo affrontò: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me ingiuriando gli dei”.
Questo aspetto della vita del Santo, diviso tra il giuramento militare e la sollecitudine verso i sofferenti, fu motivo della sua condanna. Sebastiano, per ordine di Diocleziano, fu, quindi, per la prima volta arrestato, portato fuori città, denudato, legato al tronco di un albero in una zona del colle Palatino chiamato “campus”. Essendo un soldato, gli fu concesso il supplizio “onorevole”, quello, cioè, di morire trafitto dalle frecce lanciate da alcuni commilitoni tanto da sembrare un riccio con gli aculei eretti, “ut quasi ericius esset hirsutus ictibus sagittarum“.

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Abbandonato dai suoi carnefici, fu creduto morto. Sebastiano non morì! La nobildonna Irene, vedova di Castulo, pietosamente, andò a recuperare il corpo per dargli la giusta sepoltura secondo l’usanza dei cristiani. Rendendosi conto che non era morto, lo condusse nella sua casa sul Palatino, gli medicò premurosamente le numerose ferite. Miracolosamente, Sebastiano guarì.
Egli, che cercava il martirio, recuperate le forze, volle proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e a Massimiano mentre gli altri imperatori, per assistere alle funzioni, si recavano al tempio eretto da Elagabolo in onore del Sole Invitto.
Diocleziano, superato lo stupore per la vista di Sebastiano, che sapeva di essere stato ucciso perchè lo accusava di perseguitare i cristiani, ordinò che fosse flagellato a morte per la seconda volta. Il martirio di Sebastiano avvenne il 20 gennaio del 304 a Roma, sui gradus helagabali, cioè sui gradini di Elagabalo, sul versante orientale del Palatino, e il suo corpo fu gettato nella Cloaca Massima affinché i cristiani non potessero recuperarlo. La tradizione racconta che il martire Sebastiano, apparso in sogno alla matrona Lucina, le indicò il luogo dove giaceva il suo cadavere e le ordinò di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” sulla Via Appia.
Mani pietose recuperarono la salma e la seppellirono nelle catacombe. Le catacombe, oggi conosciute come le catacombe di San Sebastiano, erano chiamate allora “Memoria Apostolorum” perché, dopo la proibizione dell’imperatore Valeriano, nel 207, di radunarsi e di celebrare nei “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense e le trasferirono sulla Via Appia in un cimitero considerato pagano. In quello stesso luogo fu eretta una chiesa in onore di Sebastiano. Costantino, nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i loro corpi e là furono costruite le celebri basiliche. Sulla Via Appia fu costruita la “Basilica Apostolorum” in memoria dei due apostoli.
A questo luogo, famosa meta di pellegrini, si deve la diffusione del culto di Sebastiano nell’Europa cristiana, culto che aumentò sempre di più per i numerosi prodigi attribuitigli e soprattutto per l’invocata protezione contro la peste. Fino a tutto il VI secolo i pellegrini che si recavano al cimitero per visitare la tomba dei Santi Pietro e Paolo, visitavano anche la tomba del martire Sebastiano la cui figura era diventata molto popolare.
Nel 680, allorché si attribuì la fine di una grave pestilenza a Roma per Sua intercessione, il martire Sebastiano fu eletto taumaturgo contro le epidemie e la sua chiesa cominciò ad essere chiamata “Basilica Sancti Sebastiani”.
Il Santo, venerato il 20 gennaio, è considerato il terzo patrono di Roma dopo gli apostoli Pietro e Paolo. Le sue reliquie, sistemate in una cripta sotto la basilica, furono divise durante il pontificato di papa Eugenio II (824-827) che ne mandò una parte alla chiesa di San Medardo di Soissons il 13 ottobre dell’ 826. Gregorio IV (827-844), suo successore, fece trasferire il resto del corpo nell’oratorio di San Gregorio sul colle Vaticano e fece inserire il capo in un prezioso reliquiario che papa Leone IV (847-855) trasferì poi nella Basilica dei Santi Quattro Coronati dove tuttora è venerato.
Gli altri resti di San Sebastiano rimasero nella Basilica Vaticana fino al 1218 quando papa Onorio III concesse ai monaci cistercensi, custodi della Basilica di San Sebastiano, il ritorno delle reliquie risistemate nell’antica cripta.
Gli altri resti di San Sebastiano rimasero nella Basilica Vaticana fino al 1218 quando papa Onorio III concesse ai monaci cistercensi, custodi della Basilica di San Sebastiano, il ritorno delle reliquie risistemate nell’antica cripta.
Nel XVII secolo l’urna fu posta in una cappella della Basilica di San Sebastiano fuori le Mura, che si trova lungo la Via Appia Antica, tra il Parco della Caffarella e le Catacombe di San Sebastiano, sotto  la mensa dell’altare marmoreo dove si trovano tuttora e dove è scritto il suo nome.

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Statua marmorea di Antonio Giorgetti

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Altare di San Sebastiano

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Sebastiano Zampino visita la tomba di San Sebastiano

4  soffitto ligneo intagliato dal Vasanzio dove al centro c’è l’immagine di San Sebastiano

soffitto intagliato dal Vasanzio dove al centro c’è l’immagine di San Sebastiano

 La comunità amastratina ha ottenuto dal Vaticano un’importantissima sacra reliquia del martire San Sebastiano.

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Ad una prima richiesta, con esito negativo, ha rimediato la Provvidenza. Infatti, nel riordino del tesoro della basilica costantiniana di San Pietro, è stato trovato un altro frammento osseo appartenente al cranio di San Sebastiano che ha consentito alle Autorità vaticane di concedere il prezioso reperto e la sua autentica datata 22 luglio 2009 ai mistrettesi.
San Sebastiano è il patrono di numerosi comuni italiani e stranieri.
È particolarmente venerato in Sicilia fin dal 1575, anno in cui infuriò la peste e in molte città era invocato contro la terribile epidemia. Ma il culto si diffonde sin dal 1414 anno in cui, secondo un antichissimo documento custodito negli archivi della Basilica in Melilli, una statua del Santo martire sarebbe stata ritrovata presso l’isola Magnisi, in provincia di Siracusa. Sempre secondo quanto riportò questo documento, alcuni marinai sostennero di essere stati salvati da un naufragio grazie alla protezione di quella statua.
Subito accorsero in quel luogo centinaia di persone incuriosite provenienti da tutta la provincia. Nessuno dei presenti riuscì a sollevare la cassa contenente il simulacro del Santo, nemmeno il vescovo di Siracusa accompagnato dal clero e dai fedeli della città. Ma i cittadini di Melilli l’1 maggio del 1414, giunti sul posto, riuscirono a sollevare la cassa che, entrata in paese tra invocazioni e preghiere, divenne di nuovo pesante, chiaro segnale che San Sebastiano voleva fermarsi proprio lì.
All’ingresso del paese un uomo fu guarito dalla lebbra, fenomeno attribuito al primo miracolo del Santo. San Sebastiano è il santo invocato contro le epidemie in generale insieme a San Rocco, a Sant’Antonio Abate e a San Cristoforo. San Sebastiano è venerato nella cittadina di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina.
Nella basilica minore di San Sebastiano, sita in Piazza Duomo, è custodito un resto sacro che contiene l’osso dell’avambraccio del Santo martire detto “u virazzu di Sammastianu“.
San Sebastiano è il Santo patrono di Mistretta dove riscuote tanta venerazione. San Sebastiano è il Santo Patrono della Polizia Municipale,dei Militari in genere,deifabbricanti di aghi, degli arcieri, di quanti hanno avuto a che fare con oggetti a punta simili alle frecce. La spiegazione di proclamare San Sebastiano patrono dei Vigili Urbani d’Italia da parte di Pio XII si trova nel Breve Pontificio del 3 maggio del 1957.
Il breve pontificio così recita: ” Tra gli illustri martiri di Cristo i militari occupano un posto di primissimo piano presso i fedeli per la loro peculiare religiosità e per l’ardente impegno a compimento del dovere. Tra questi brilla San Sebastiano che, come riferito dalla tradizione, durante l’impero di Diocleziano fu comandante della coorte pretoriana e fu onorato con grandissima devozione … e a lui si consacrano molte associazioni sia militari sia civili attratte dal suo esempio e dalle virtù cristiane…. per cui, dopo aver consultato la Sacra Congregazione dei Riti, soppesata accuratamente ogni cosa, con consapevolezza e matura deliberazione, nella pienezza della nostra potestà apostolica, in forza di questa lettera costituiamo e dichiariamo per sempre San Sebastiano Martire custode di tutti i preposti all’ordine pubblico che in Italia sono chiamati Vigili Urbani e celeste patrono di tutti i privilegi liturgici, specialmente di quelli che competono, secondo rito, ai Patroni…dato a Roma presso San Pietro sigillato col timbro dell’anello del Pescatore il 3 maggio 1957, undicesimo del nostro pontificato”.

PREGHIERA

Signore Iddio,
Tu che vigili il corso degli astri ed ogni cosa disponi con soavità e con fermezza, nell’ordine della Tua Provvidenza, veglia su di noi, votati al servizio dei nostri fratelli.
Tu ci donasti, nella vita terrena, l’esempio luminoso di fedele obbedienza alle leggi di Cesare, di amorosa sollecitudine verso chi è debole, di infinito amore verso chi erra, di umile e faticosa operosità nel quotidiano lavoro.
Dio umanato, rendici degni di te affinché la nostra giornata terrena sia degna anch’essa della missione a noi confidata.
Concedici, per intercessione di Maria, Madre Immacolata, di essere pronti a soccorrere chi ha bisogno di noi, esatti nel dovere, amanti della legge, fraterni con chi sbaglia, forti nell’intemperie, decisi contro chi offende la morale, la religione, la legge.
Così aiutando gli uomini nella loro dura quotidiana fatica, saremo suscitatori di concordia e di pace nella turbinosa vita che corre nel mondo.
E porteremo in esso l’eco gioiosa dell’armonia dei cieli.

Moltissime sono le iconografie riproducenti San Sebastiano nella storia. Nell’arte medioevale fu raffigurato come un uomo anziano, con e senza la barba, vestito da soldato romano o con addosso lunghe vesti proprie dell’abbigliamento di un uomo del Medioevo e senza frecce in corpo. Nel Rinascimento è stato rappresentato legato ad una colonna, nudo e trafitto da frecce.  Dal Rinascimento in poi diventò l’equivalente degli dei e degli eroi greci decantati per la loro bellezza come Adone o Apollo. Successivamente, ispirandosi ad una leggenda del VIII secolo secondo la quale il martire sarebbe apparso in sogno al vescovo di Laon nelle sembianze di un efebo, pittori e scultori lo raffigurarono come un bellissimo giovane nudo, legato ad un albero o ad una colonna e trafitto dalle frecce. Anche Michelangelo, nel “Giudizio Universale”, lo immaginò nudo e possente come un Ercole mentre stringe in pugno un fascio di frecce.

LE FESTE DI SAN SEBASTIANO PATRONO DELLA CITTA’ DI MISTRETTA

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La festività religiosa di San Sebastiano, patrono della città di Mistretta, è celebrata dal mondo occidentale il 20 gennaio e dal mondo orientale il 18 dicembre.
A Mistretta San Sebastiano si festeggia in due periodi dell’anno: il 20 gennaio, giorno in cui la Chiesa ricorda il Suo martirio, e il 18 agosto per consentire agli emigrati presenti a Mistretta per le ferie estive e ai turisti di venerare il Santo.

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Il 20 gennaio, poiché le condizioni climatiche non sono favorevoli, l’inverno mistrettese è molto freddo, la giornata è corta e spesso la neve fa la sua apparizione, la festa di San Sebastiano è celebrata solo dai paesani in tono minore rispetto alla festa del mese di agosto, limitatamente alla funzione religiosa in chiesa, con la celebrazione della Santa Messa alla quale partecipano le autorità civili, militari e le associazioni, in particolare la Società del Militari in Congedo, per ricordare che anche San Sebastiano era un militare, e con il cammino processionale che inizia nelle prime ore del pomeriggio.

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Io vengo di proposito da Licata a Mistretta per partecipare devotamente alla festa di San Sebastiano.

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 Prima dell’uscita di San Sebastiano dalla Sua chiesa Mons. Michele Giordano e padre Giuseppe Capizzi recitano la preghiera a San Sebastiano assieme ai portanti.

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 Quindi, uno per uno, i portanti baciano l’urna di San Sebastiano.

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I portanti si preparano ad uscire dalla chiesa

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Molta gente, con grande devozione e spiritualità, attende l’uscita della Varetta e del fercolo di San Sebastiano nel piazzale davanti alla sua chiesa e nell’ex piazza Guglielmo Marconi intitolata a San Sebastiano.

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La banda musicale suona armoniosa.

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La festa consiste nel cammino breve della processione, senza gli addobbi luminosi, senza i giochi pirotecnici e senza la raccolta dei “miracoli“.
E’ ugualmente un giorno festoso!
L’uscita della Varetta degli Angeli dalla chiesa di San Sebastiano dà inizio al cammino processionale.

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 La pesante vara di San Sebastiano, addobbata con i fiori, con gli ex voto d’argento, con le offerte in denaro.

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è portata a spalla da circa 60 portanti che indossano un tradizionale costume del Seicento con camicia e calze bianche, con pantaloni di velluto nero e con un fazzoletto di color carminio al collo.

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Svolgono questo piacevole compito con fede ed entusiasmo tramandando il posto sotto la vara, secondo la tradizione, da padre in figlio.
La Varetta è trasportata a spalla dai giovani del paese in numero molto minore rispetto ai portanti poiché è più leggera.

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 San Sebastiano, percorrendo le vie di Mistretta, compie un percorso più corto rispetto alla festa d’estate.
Imbocca la via Anna Salmone, passa davanti alla chiesa del Rosario e alla chiesa di Santa Maria di Gesù. Giunge alla fontana Pia.

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 In alcuni punti particolari della città San Sebastiano si ferma, in altri punti corre.

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Il cammino prosegue per tutta la via Libertà fino al rientro nella sua chiesa.
La Varetta degli Angeli, recante la reliquia di San Sebastiano e i ceri votivi, simbolo delle grazie ricevute, precede sempre il fercolo di
San Sebastiano.

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Prima di ritornare nella sua chiesa, davanti al Circolo Unione avviene “a girata” del fercolo di San Sebastiano. I portanti cambiano la spalla.

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  Infine, quasi di corsa, riportano i simulacri nella loro chiesa.

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La festa del 18 agosto, “a festa ranni“, “a festa ru vutu“, a Mistretta presenta non soltanto le caratteristiche di religiosità, ma soprattutto di folklore.
Fu istituita per la prima volta il 17 agosto del 1723.
Su un brigantino, attraccato nel porto di Palermo, viaggiò anche la peste, un morbo che si diffuse in Sicilia. Era l’anno 1575.
I palermitani invocarono San Sebastiano, Santa Barnaba e San Rocco affinché li proteggessero dalla malattia che aveva già causato diversi morti.
Esaurita la prima fase, la peste ricomparve nel 1624. E’ noto che nel corso degli anni 1628- 1629, ancora una volta la peste colpì gran parte dell’Europa. L’intercessione di San Sebastiano e la fervente preghiera del popolo fedele fermarono il contagio anche a Mistretta. L’epidemia scomparve.
Il culto del Santo sembra sia stato introdotto nel 1063, ma la devozione a San Sebastiano si estese in tutto il mondo tra 1625 e il 1630.
Nel 1569 a Mistretta, posta vicino al convento delle Suore Benedettine, era iniziata la costruzione della chiesa intitolata a San Sebastiano.
Quindi la prima festa in onore di San Sebastiano a Mistretta fu istituita nel 1582.
La peste ritornò ancora una volta nel 1723, ma fu di breve durata. Scomparve grazie all’intercessione di San Sebastiano.
Furono allestiti i lazzaretti per curare e isolare gli ammalati di peste. “ Durante il contagio, e anche dopo per quarantena, si allestirono dei lazzaretti dove medici e confraternite ebbero cura dei malati di peste “. Un documento, redatto dall’autorità spagnola che nel 1600 governava buona parte dell’Italia, decretava che le processioni religiose in onore di San Sebastiano dovevano svolgersi nel più breve tempo possibile e le soste davanti ai lazzaretti dovevano essere di brevissima durata per paura del contagio.
Quindi, durante la festa “ru votu” San Sebastiano, depulsor pestis, passa di corsa vicino ai lazzaretti presumibilmente per scongiurare il contagio della malattia ai portanti e ai fedeli. Anche se la peste è scomparsa, sia il particolare percorso processionale, sia la corsa sono rimasti come consuetudine e continuano ad effettuarsi.
Per la festa di agosto i mistrettesi, residenti altrove, ritornano al paese natio facendo coincidere la loro permanenza a Mistretta con la festa del Santo Patrono. Già il 19 agosto, giorno successivo alla festa, il paese si spopola riprendendo l’aspetto invernale quando non s’incontra quasi nessuno nella piazza e nelle strade.
Il poeta Filippo Giordano, nella sua poesia “A festa ru santu patruni” esprime l’intenso sentimento religioso e devozionale dei mistrettesi verso il Patrono San Sebastiano.
La poesia è tratta dal suo libro “Scorcia ri limuni scamusciata

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Attualmente la festa di San Sebastiano è gestita dal Comitato “Amastra Fidelis”, formato da alcune persone che assumono l’impegno di una buona organizzazione.
Caratteristica è “la raccolta dei miracoli”.
Il gonfalone di San Sebastiano, trattenuto dalle mani dei giovani che stringono i nastri laterali, accompagnato in processione da un componente del Comitato, dalla banda musicale e da alcuni ragazzi, la mattina del 18 agosto si recano nelle abitazioni di quelle persone che, per avere ricevuto il dono della grazia richiesta, offrono gli ex-voto.

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La funzione definita “ritiro dei miracoli” è, appunto, il ritiro delle grandi candele di cera adornate con l’immagine di San Sebastiano, abbelliti con disegni di fiori e di una testina d’angelo offerte dalle persone che hanno ricevuto grazie.
Se a ricevere la grazia è un bambino, il cero è più piccolo di lunghezza. Su una targhetta è apposto anche il nome del beneficiato.
Queste candele sono la testimonianza dei miracoli che i fedeli dichiarano di aver ricevuto dal Santo patrono.
Una volta il compenso al voto consisteva nell’elargizione dei prodotti della natura,  del frumento dopo la sua raccolta e, soprattutto, dei grossi ceri prodotti a Mistretta.
Oggi i prodotti in natura sono stati sostituiti dall’offerta in denaro e in oggetti d’oro e d’argento.
Le offerte ricevute dal Santo sono esposte nella vara e i ceri nella Varetta.
Dal suono della banda sono accompagnati le autorità civili e militari e le associazioni.
Qualche anno fa, un giorno prima della festa, il gruppo dei bersaglieri, provenienti da altre città, è sfilato di corsa per la via Libertà suonando la marcia flick flock e suscitando grande allegria fra la gente.

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 Nel programma della festività sono  inseriti i giochi con i ragazzi delle scuole e la sfilata dei cavalli.

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La processione inizia dopo la celebrazione della Santa Messa “a missa ranni”.
I portanti sono chiamati da Mons.Michele Giordano per recitare insieme la preghiera del portante a San Sebastiano e per baciare il reliquario che contiene un osso del cranio di San Sebastiano.

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Una pioggia di bigliettini colorati, con la scritta “Viva San Sebastiano”, piovono dal campanile della chiesa e annunciano che l’uscita del Santo patrono è imminente. Le luci illuminano la facciata della chiesa.

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Dalla chiesa esce prima la Varetta, poi la vara di San Sebastiano entrambe addobbate con i garofani rossi.

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Il fercolo di San Sebastiano mostra gli ex voto.

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La processione si snoda per le vie del paese dove ripide discese e brusche salite mettono a dura prova la forza e la resistenza dei portanti che si muovono con un movimento ritmico a passo di marcia, la cosiddetta “annacata”.
Il percorso è più lungo rispetto alla festa del 20 gennaio.
La varetta e il fercolo di San Sebastiano, usciti dalla loro chiesa, imboccano il Corso Umberto I, percorrono la via San Giuseppe, giungono e si fermano nel quartiere Annunziata, dove c’era il forno civico che il Comune utilizzava per la pubblica panificazione durante le carestie, percorrono la via Gisuè Carducci e la via Numea, salgono per Porta Palermo, detta “l’acchianata ri San Vicienzu”, e giungono nella Piazza del Progresso, meglio conosciuta come la piazza di San Vincenzo dove sostano, nello stesso “chianu ri San Vicienzu” avviene “a Vutata”, uno dei momenti più emozionati della  processione.  Quindi imboccano la via Libertà. Girano intorno alla Piazza Vittorio Veneto per procedere nella Via Anna Salamone.
Da questo momento la processione continua seguendo lo stesso percorso della processione invernale, sostando davanti alla Chiesa del Rosario, alla Fontana Pia, alla chiesa di San Francesco, al  palazzo Vincenzo Salmone  e ritornando nella Sua chiesa correndo.
Durante il percorso spesso si sentono voci di sottofondo che ripetono questa antica  orazione:

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San Sebastiano, depulsor pestis, sosta nei posti dove, in passato, erano ubicati i lazzaretti, gli ospedali e nei luoghi di assistenza agli ammalati colpiti dalle epidemie.
Uscito dalla Sua chiesa, San Sebastiano sosta davanti al convento delle Benedettine dove sorgeva la chiesa di San Rocco demolita nel 1877.
In via Bellini, ex via Ospedale Vecchio,  una traversa di via Anna Salamone, c’è la porta d’ingresso alla cappella della Domus Hospitalis che si affaccia in via San Giuseppe.
Ecco perchè San Sebastiano la attraversa!

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Nell’architrave della porta  è ancora leggibile l’iscrizione in latino che riporta anche la data della ristrutturazione del 1779.

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La Domus Hospitalis, fondata  da don Filippo Pizzuto nel 1584, era un  centro di ospitalità che accoglieva i poveri e ristorava i pellegrini venuti da lontano.
Le donazioni dei nobili, dei piccoli borghesi, e l’aiuto delle confraternite contribuirono ad ampliare questa istituzione caritatevole che diventò un piccolo ospedale.

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La Domus Hospitalis,  conosciuta come l’ospedale vecchio del SS.mo Salvatore,  chiamata da don Filippo  Pizzuto “Hospitale infirmorum et peregrinorum tantum“, era il lazzaretto più attrezzato. Fu costruita  dall’arciprete don Filippo Pizzuto aiutato da Padre Serafino da Mistretta.
Nel 1584 don Filippo Pizzuto fondò l’ospedale del SS.mo Salvatore.
Il lazzaretto fu chiuso quando l’ospedale fu trasferito nell’ex convento dei Frati Minori Riformati, oggi sempre col nome di ospedale SS.mo Salvatore.
La casa di don Filippo Pizzuto, posta fra le antiche mura urbane, tra la Via Numea e la Chiesa Madre, accoglieva nei locali a pianterreno  i pellegrini. Nei locali al piano superiore c’erano gli alloggi per le donne madri sole, indifese e indigenti.

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L’architrave reca l’epigrafe “Don Philippo Pizzuto fecit pro pauperæ 1590” a perenne memoria del benefattore e della destinazione della casa.

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Al largo San Vincenzo c’era il lazzaretto della SS.ma Trinità, già utilizzato come ospedale dei Trinitari nel Medioevo e poi sede dell’Arciconfraternita per la redenzione dei captivi istituita per la liberazione degli schiavi in Barberia.
Il Museo della Tradizioni Silvo-pastorali  “G. Cocchiara” un tempo era la Casa Santa o Casa degli Esercizi Spirituali usata come lazzaretto.
Era anche un Collegio adibito a istituzione scolastica gestita dai Padri Gesuiti.
Di fronte alla chiesa delle Anime Purganti c’era la chiesa di Sant’Antonio Abbate “in cui era alloggiata la ronda per il rispetto del cordone sanitario e dove si tenevano le riunioni dei giurati”.
Della chiesa, demolita, rimangono  la monofora tardo gotica della facciata, del 1593, riutilizzata come fontanella,  e un larga superficie.

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L’ultimo lazzaretto fu la Rabbica araba sita in via Canova.
Era una costruzione con due ampi balconi a semicerchio e che era divenuta la sede del Peculio Frumentario, cioè il granaio pubblico degli arabi.

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La corsa della vara e della varetta è un momento molto atteso dalla gente che grida ”Sammastianuzzu senza dannu”.
Corrono tutti: i sacerdoti, le autorità civili e militari, le due bande, la folla dei mistrettesi, la gente dei paesi vicini richiamata dallo sfarzo e dalla grandiosità della festa.
Nel tratto terminale, che va dal palazzo Vincenzo Salamone alla chiesa di San Sebastiano, la marcia “della bersagliera“, suonata dalla banda, accompagna l’ultima corsa.
E’ una grande emozione!
I portanti si lanciano a velocità sostenuta quindi girano seguendo la curva a gomito davanti alla chiesa di San Sebastiano. Sempre correndo, fanno il cambio di spalla.
Rimanendo sotto la vara, si girano per tornare indietro.
Per un attimo la vara resta sospesa in aria.

 

 

 

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Numerosi sono i fedeli che aspettano il passaggio delle vare fermi ai bordi delle strade, oppure affacciati ai balconi o stipati nei ballatoi.
Con l’omelia, con la benedizione eucaristica, con la musica della banda musicale si chiude la festa religiosa.
San Sebastiano e la Varetta degli angeli ritornano nella loro chiesa.
La festa folkloristica continua con gli spari dei giochi pirotecnici, con il sorteggio dei premi messi in palio, con l’esibizione degli artisti negli spettacoli di vario genere nella piazza Vittorio Veneto, con la passeggiata lungo la Via Libertà.

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 Il  giorno dopo è la giornata del Ringraziamento.
Hanno celebrato la Santa messa Mons. Michele Giordano e padre Giuseppe Capizzi.
Ha letto le le letture il giovane Mattia Lo Iacono.

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Mattia Lo Iacono

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Il signor Franco Prestigiovanni, il sagrista

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Da sx: Padre Giuseppe Capizzi e Mons. Michele Giordano

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La benedizione con la reliquia di San Sebastiano

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LA CHIESA DI SAN SEBASTIANO A MISTRETTA

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 La chiesa di San Sebastiano, situata nel cuore della città, è stata costruita nel XVI secolo. Nel 1603 fu realizzato il portale dell’ingresso principale in arenaria riccamente scolpito lateralmente. La trabeazione è sormontata da una lunetta ogivale all’interno della quale è rappresentata in altorilievo la figura si San Sebastiano legato ad un albero nel momento del suo martirio. Ai suoi piedi sono scolpiti lo scudo e l’armatura.
In bassorilievo, sullo sfondo, s’intravede una vallata, che separa due luoghi: a sinistra c’è una città arroccata sul fianco della montagna e fortificata da alte mura di cinta, a destra un tempio greco è posto sullo sperone di roccia della montagna di fronte. Probabilmente l’artista ha collocato il martirio non a Roma, ma sullo sfondo di un paesaggio locale.
La vallata di sinistra sembra quella di Santa Domenica, la città fortificata è Amestratus, il tempio di destra è collocato sul Pizzo di Sant’Arianna.

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 A sua volta la lunetta è sormontata da una costruzione poligonale nel cui interno c’è una finestra rotonda.

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Altri due portali minori, posti lateralmente, sono sormontati da lunette riempite da figure di angeli in atteggiamenti oranti, opere attribuite allo scultore Noè Marullo.

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 Dai tre portali si entra all’interno della chiesa mediante ampie scale separate, a tre blocchi indipendenti, e contenente, ciascuna scala, da cinque a sette gradini.

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 Una porticina di servizio, per accedere direttamente alla sagrestia, si apre in Via Cairoli.
Sul lato destro della chiesa si innalza il campanile edificato nel 1676 da maestranze locali su commissione di Michele Rescifina. Presenta quattro ordini in cui si aprono semplici finestre.

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Nel tempo la chiesa ha subito alcune modifiche: alla fine dell’Ottocento la facciata principale è stata ricoperta da intonaco e sulla lunetta del portale principale e sui portali laterali sono stati inseriti dei bassorilievi in stucco raffiguranti scene del martirio del Santo e alcuni angeli con le ali e con le mani sul petto. Il terremoto del 31 ottobre del 1967 provocò al campanile e all’interno della chiesa danni notevoli per cui fu necessario intervenire con una considerevole ricostruzione di buona parte di essi. I lavori sono proseguiti per diversi anni. La chiesa è stata riaperta al culto solo da alcuni anni.
La Vara di San Sebastiano e la Varetta degli Angeli, a causa del terrmoto,  furono traslocati nella Chiesa Madre assieme ad altre opere.
La Varetta di San Sebastiano e la Varetta degli Angeli fecero ritorno nella propria chiesa precisamente il 15 agosto del 1993.
Il 18 agosto dello stesso anno si svolse la festa facendo uscire San Sebastiano e la varetta dalla loro chiesa.
La chiesa presenta la pianta basilicale a tre navate separate da alte colonne monolitiche in pietra.

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All’interno della chiesa di grande effetto scenico è la maestosa croce di luce che abbraccia l’altare maggiore realizzata nel 2004. E’ stata ideata dall’arch. Angelo Pettineo e da Ivana Elmo su commissione del comitato pro-tempore di allora.

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Il tempio ospita nel presbiterio il fercolo e la statua lignea di San Sebastiano, il patrono della città di Mistretta.
Il fercolo è una vera e propria macchina trionfale che manifesta la fede dei mistrettesi devoti al Santo che li protegge dalle epidemie e dalle pestilenze. La confraternita di San Sebastiano nel 1610 aveva commissionato ai fratelli Li Volsi di Nicosia una monumentale “Vara immaginis sacti Bastiani di legnami di chiappo” intagliata e rivestita di oro zecchino. Il maestro scultore amastratino Noè Marullo ha realizzato la statua del Santo Patrono di Mistretta completando la sua opera tra il 1886 ed il 1904.

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Noè Marullo ha scolpito San Sebastiano calmo nella accettazione del martirio e contorto negli spasimi della morte.
L’artista effigia San Sebastiano come uomo maturo che soffre per questa umanità attaccata ai valori terreni . Riproduce San Sebastiano quando riceve l’ultima freccia e quindi si accascia con un movimento verso sinistra.
Però, mentre il corpo soffre,  il volto rimane sereno perché San Sebastiano imita la sofferenza di Cristo, anzi  ne è felice perché subisce lo stesso dramma che ha sofferto Gesù.
E’ la celebrazione della bellezza del corpo umano che gli artisti esaltano proprio a partire dall’epoca rinascimentale.
Il fercolo è comunemente chiamato “a Vara ri Samastianu” ed è adibito al trasporto processionale del simulacro del Santo martire.
Le quattro formelle rettangolari, poste alla base, raccontano episodi tratti dalla Passio Sancti Sebastiani: il primo martirio del Santo trafitto dalle frecce, il giudizio e la condanna dinanzi all’imperatore Diocleziano,  le cure mediche di Irene, il martirio di San Sebastiano dinanzi all’imperatore.
Questa formella rappresenta il martirio delle frecce.
San Sebastiano è legato ad un albero, i pretoriani  lo colpiscono, osserva questo dramma un personaggio che non è romano, ma è il simbolo di colui che persegue fini non umani, in alto  l’angelo mostra nelle mani il segno della vittoria.

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Andando in senso orario nell’altra formella è raffigurato San Sebastiano arrestato che viene presentato di fronte a Diocleziano seduto in trono.

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Questa formella racconta San Sebastiano viene curato da Irene. L’ambiente è il palazzo imperiale, ciò vuol dire che San Sebastiano è curato dalla nobil donna dentro il palazzo. Diocleziano si rivolge al popolo  come se fosse stato costretto a emanare questa sentenza.
Ai tempi di San Sebastiano c’era il ritorno della religione  di stato. Diocleziano lo condanna perché Sebastiano, l’ufficiale della cavalleria romana, si era messo contro le leggi dello stato. Il paggio prepara le medicine. Il pane, il vino sono i simboli dell’ultima cena o dell’Eucaristia. Un altro paggio sposta la tenda come per dire: venite a guardare il martire che, per amore di Cristo, ha subito questo martirio.

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In questa formella Diocleziano non guarda mai San Sebastiano, ma guarda l’osservatore e l’altro imperatore Massimiliano che mostra San Sebastiano.  Come se dicesse: “Guarda, Diocleziano, è il nostro ufficiale”!  Erano amici tutti e tre. Lo presenta come colui il quale ha negato la religione di stato. Ci sono i pretoriani e il pretoriano che cerca di decapitarlo con la spada.
San Sebastiano non è stato decapitato,ma ammazzato a bastonate e poi gettato nella cloaca massima. Ai lati si vede il cavallo e ciò dimostra che San Sebastiano era un ufficiale di cavalleria. Diocleziano aveva riformato l’esercito e San Sebastiano era stato incaricato di comandare un reparto di cavalleria a protezione dell’imperatore, ma soprattutto della città di Roma.

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Gli artisti ripropongono il primo martirio di Sebastiano che viene colpito dai pretoriani. Riesce a sopravvivere perchè i pretoriani lo risparmiano. Nasce la tradizione che Sebastiano, avendo superato il dolore delle frecce, diventa un santo taumaturgo.
Fra le colonne del fercolo si trovano i quattro Santi dottori della chiesa: Sant’Ambrogio con le Sacre Scritture, San Gregorio Magno, che segna la consacrazione del Santo a Roma eletto terzo difensore della chiesa, San Tommaso d’Aquino, proclamato doctor angelicus nel 1568, San Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale dei Francescani e riformatore dell’Ordine.

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Le altre quattro figure sono i primi difensori della chiesa: San Pietro, San Paolo, Santo Stefano, San Vincenzo di Saragozza.

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Poste in alto, all’interno del fercolo, ci sono le quattro vergini: Santa Lucia, Sant’Agata, Santa Caterina d’Alessandria, Santa Oliva.

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Le altre quattro figure rappresentano: gli Arcangeli Michael, Gabriel, Raphael, Uriel.

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Ancora più in alto si trovano i quattro Santi evangelisti: San Giovanni con l’aquila, San Marco con il leone, San Luca con il bue, San Matteo con il volume aperto.

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Infine l’aurea calotta potrebbe significare l’ultimo stadio del processo escatologico a cui tende l’Umanità, la Gerusalemme celeste presidiata da 12 angeli a guardia delle rispettive porte per le altrettante tribù d’Israele e dove si staglia nel cielo la Vergine, “una Donna vestita di sole, con la testa coronata da 12 stelle e la luna sotto i piedi”.

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La statua lignea di San Sebastiano, della fine della seconda metà del ’500 e chiamata “viecchiu”, è tornata a occupare il Suo fercolo, anche se per un breve periodo di tempo. Infatti è stata sostituita con la nuova statua di San Sebastiano realizzata da Noè Marullo nei primi anni del 1900. Poiché la statua di San Sebastiano del Noè Marullo nel mese di giugno del 2018 è stata sottoposta a un delicato restauro eseguito dalla dott.ssa Sebastiana Manitta la vecchia statua di San Sebastiano, collocata nella magnificenza della Sua vera, dalla chiesa Madre è stata trasportata ed esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa di San Sebastiano.

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La Vara, realizzata nel 1611 dai fratelli Li Volsi, fu adattata alle dimensioni della statua di San Sebastiano del ‘500 che vi rimase fino al 1908. La vecchia statua di San Sebastiano è stata collocata sui fori di fissaggio alla base della vara corrispondenti esattamente a quelli predisposti dai fratelli Li Volsi. Il corpo del Santo patrono di Mistretta è perfettamente in asse con la cupola.

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La Chiesa custodisce la sacra reliquia che contiene un osso del cranio di San Sebastiano.

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Altro capolavoro d’arte è la Varetta che corre davanti a San Sebastiano durante la processione. E’ custodita a sinistra del presbiterio.
Il fercolo processionale è formato dagli angeli circondati da grossi ceri che rappresentano i miracoli offerti dai devoti che hanno ricevuto grazie per intercessione di San Sebastiano. In alto ci sono le reliquie del santo sorrette da putti, del XVII secolo.

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 La statua del Santo che corre e la Varetta sono portate in processione per le vie del paese due volte l’anno: il 20 gennaio, perché è il Suo giorno scritto nel calendario, e il 18 Agosto, la festa dell’estate, per tutti i mistrettesi emigrati in altri Paesi.

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Il tempio custodisce l’apprezzabile statua lignea della Madonna della Cintura, o Madonna della Consolazione,  rivestita d’oro zecchino.
La statua della Madonna della cintura risale alla fine del ‘500. E’ l’espressione della vergine che protegge l’ordine agostiniano.
Poiché Mistretta apparteneva alla dicesi di Cefalù,  il vescovo mandò un sacerdote agostiniano che diffuse il culto di San Sebastiano.
La Madonna mostra al popolo  la cintura rifacendosi  a Sant’Agostino, uno dei padri della chiesa.

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La statua dell’Angelo Custode, o Raffaele e Tobia, opera lignea scolpita dal cappuccino frà Macario da Nicosia e risalente al 1653, è molto simbolica.
Il bambino, che si affaccia alla vita, è preoccupato pensando al suo futuro e non si accorge che è protetto dall’angelo custode che gli appoggia la mano  sulle spalle. L’angelo, rispetto al bambino, è alto e il bambino non lo vede.
I piedi dell’angelo sono più  avanti rispetto a quelli del bambino e sono vestiti dai sandali, simbolo che la statua è stata realizzata da un francescano.  L’angelo, con l’espressione serena del volto, col braccio alzato e col dito verso l’alto, indica Colui che sta sopra tutta  l’umanità.

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Gesù nell’orto di Getsemani, di fattura ignota, del XX secolo.

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San Filippo Apostolo, scultura lignea di Noè Marullo, della fine del XIX e inizi del XX secolo.

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La statua di Sant’ Antonio Abate è una scultura lignea di Giuseppe e Giovan Battista Li Volsi  risalente al 1606 che raffigura  il vescovo della chiesa rappresentante l’autorità vigilante nei confronti del popolo cristiano.  Proveniente dalla chiesa eponima distrutta negli anni ’30 del secolo scorso.

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Le tele raffigurano: il martirio di San Giacomo, la Madonna col Bambino e i Santi, il Battesimo del Re Costantino, la Madonna col Bambino, queste due ultime tele sono opera di ignoti e risalenti al XVIII secolo.
Primo tra gli apostoli, Giacomo fu martirizzato in Gerusalemme, verso l’anno 43/44, per ordine di Erode Agrippa subendo la decapitazione.
La spada che tiene in mano è il simbolo del suo martirio. Il culto di San Giacomo è stato introdotto dai normanni,  quindi si è diffuso anche a Mistretta.
Molti dei cavalieri erano devoti a San Giacomo, altri a San Sebastiano e altri ai santi venerati nella Sicilia orientale.
Il cappello, posto in basso, è simbolo del pellegrino e del pellegrinaggio perché San Giacomo era vescovo, pellegrino, evangelizzatore della fede di Cristo. La tela è opera di ignoto pittore siciliano realizzata nel periodo ante 1750.

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La tela della Madonna della Grazia, la Madonna col Bambino e i santi,  di ignoto pittore siciliano è stato dipinto nel periodo ante 1750 .

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San Silvestro o Battesimo del Re Costantino. E’ un olio su tela opera di ignoto pittore siciliano dipinto nel periodo ante 1750.

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La tela della Madonna della Mercé, la Madonna col Bambino, è opera di Antonino Manno, del 1771, proveniente dalla Chiesa Madre.

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Una amastratina in preghiera!

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Da visitare è la cappella del SS.mo Sacramento. Il piccolo tabernacolo ligneo,  del periodo neoclassico, proviene dalla stessa chiesa distrutta durante il terremoto del 1967.

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L’organo verde, presente nella navata laterale destra, opera di ignoto organaro siciliano o napoletano della seconda metà del XVIII secolo,non appartiene alla chiesa di San Sebastiano, che lo custodisce gelosamente, ma al Santuario della Madonna della Luce poiché la chiesa è insicura.

 

LA CONFRATERNITA DI SAN SEBASTIANO

 La Confraternita di S. Sebastiano, dapprima intitolata a Sant’Agostino, perché la cappella era limitrofa al convento delle suore agostiniane e con lo statuto ispirato alla regola agostiniana, nacque probabilmente nel sec. XVII.
Tra il 1400 e il 1600 a Mistretta la devozione a San Sebastiano aveva assunto proporzioni così popolari tanto da proclamarLo patrono della città, grazie all’insistente sollecitudine della confraternita, il 2 giugno 1775 quando la Chiesa Madre fu dedicata al Santo martire unitamente a Santa Lucia e a San Maurizio. Allora  c’era l’usanza di dedicare le grandi basiliche a tre diversi santi.

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Il sec. XIX fu il periodo d’oro della confraternita notevolmente impegnata nel culto di San Sebastiano, nell’attenzione per la Sua chiesa, nell’amministrazione di beni, nel mutuo sostegno ai confrati. Nel 1890 la confraternita incaricò lo scultore amastratino Noè Marullo di realizzare la statua del Patrono, magnificamente integrata nel pregevole fercolo dei fratelli Li Volsi e che ha già raggiunto i 402 anni d’età. La confraternita di San Sebastiano attualmente è formata da tanti giovani devoti che, con entusiasmo, coordinano il culto e la festa del Santo Patrono. Qualche anno fa il Comitato per i festeggiamenti di San Sebastiano e la Confraternita hanno sostenuto la pubblicazione del volumetto dell’arch. Angelo Pettineo “Un capolavoro del manierismo siciliano: la vara di San Sebastiano a Mistretta”.
La confraternita è sottoposta a “Regole, Costituzioni ed Osservanze”. Partecipa, inoltre, a tutte le processioni delle feste locali impegnandosi particolarmente al trasporto della statua di Gesù nel Getsemani durante la processione dei Misteri del Venerdì Santo. La statua raffigura Gesù nell’orto di Getsemani, il giardino situato ai piedi del monte degli Ulivi. La confraternita non ha mai posseduto grandi patrimoni, pertanto è priva della cappella funeraria al cimitero monumentale di Mistretta.
Lo stendardo della confraternita.

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