Aug 15, 2021 - Senza categoria    Comments Off on LA PIANTA DI HYOSCYAMUS ALBUS DAI FIORI DAL COLORE GIALLO CHIARO

LA PIANTA DI HYOSCYAMUS ALBUS DAI FIORI DAL COLORE GIALLO CHIARO

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L’Osservazione delle piante spontanee è un fenomeno che ha sempre attratto la mia attenzione e la mia curiosità di conoscerle meglio scientificamente.
Oggi, 16 aprile 2021, percorrendo a piedi la piccola strada in salita che porta al cimitero di Marianello, a Licata, nel ciglio laterale destro ho notato tante piante spontanee fiorite, molto belle.  Volendo conoscere meglio una di esse, la bellissima pianta, dai fiori dal calore bianco-giallastro, mi sono subito documentata.

E’ la HYOSCYAMUS ALBUS.

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https://youtu.be/R23Ww9g5jmU

 

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Hyoscyamus è uno dei generi più grandi della famiglia delle Solanaceae che comprende circa 84 generi e oltre 3000 specie.
Etimologicamente il nome del genereHyoscyamus”deriva dal gecokyoskyamos” composto di hyós” ” “porco, maiale” e da “κύαμος” “fava” col significato di “fava del porco” per la sua capsula fruttifera simile alla fava e perché i maiali sono gli unici animali che possono mangiare la pianta, non nociva per essi, ma tossica per l’uomo.
Il nome della specie deriva dal latino “albus” “chiaro” per il colore chiaro dei fiori.
Il suo nome italiano è “Giusquiamo bianco”.
Il genere Hyoscyamus comprende una dozzina di specie, tra cui: “Hyoscyamus aureus, Hyoscyamus muticus, Hyoscyamus niger, che differisce per le nervature reticolate di colore porpora sui petali bianco-giallastri, Hyoscyamus pusillus, Hyoscyamus reticulates”.
In Italia sono presenti: l’Hyoscyamus albus  e l’Hyoscyamus niger.
L’Hyoscyamus albus è una pianta erbacea annuale, talvolta biennale o perennante, appartenente alla famiglia delle Solanaceae.

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Possiede una larga radice ramificata da cui si solleva il fusto eretto, ramificato, di forma cilindrica, alto da 20 a 80 cm, assumendo spesso un aspetto cespuglioso, lanuginoso, appiccicoso, talvolta legnoso alla base.

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Le foglie sono alterne, picciolate, di consistenza piuttosto carnosa, lunghe fino a 10 cm, ovato-lanceolate, di colore verde scuro sulla pagina superiore, di colore verde glauco chiaro in quella inferiore, con nervature rilevate e a margine lobato, ottusamente dentato.
Le inferiori sono sorrette da un picciolo lungo. Le superiori sono attenuate in un picciolo corto e largo.
Diminuiscono la loro grandezza nella parte più alta della pianta.
Il fusto e le foglie sono ricoperti da una caratteristica peluria lanosa e l’intera pianta emana un forte odore fetido.

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Da maggio ad agosto nella parte superiore produce delle infiorescenze in spighe fogliose, quasi unilaterali; nella parte mediana emette fiori solitari all’ascella delle foglie.
I fiori sono costituiti: da una corolla zigomorfa tubuloso-campanulata con 5 lobi arrotondati di colore giallo chiaro, senza venature, e con la fauce verdastra o porpora o violetta, ricoperta esternamente da peluria, dal calice, gamosepalo, lungo poco più della metà della corolla, verde, esternamente villoso-glanduloso, campanulato, con 5 lobi ovato-lanceolati saldati alla base di cui i 3 superiori più grandi degli inferiori, dai 5 stami disuguali, leggermente più lunghi della corolla, con antere ovali di colore porpora, nere quando seccano, da uno stilo.
Fiorisce da aprile ad agosto. La fioritura inizia fin dal primo anno di vita.

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Il frutto è un pissidio arrotondato, una sorta di capsula a due sezioni, ovale, glabra, di colore verdastro, che rimane racchiusa nel caratteristico calice allungato. All’apertura del piccolo coperchio, racchiuso nel calice persistente, disperde i suoi numerosi semi di colore glauco, e poi giallastro e marrone Di forma ovata, simili alle fave, sono crestati e con un’appendice sferico-conica.

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Presente in quasi tutte le regioni italiane, la pianta è comune al Centro, al Sud dell’Italia e nelle isole, è assente nel Trentino Alto Adige e nella  Valle d’Aosta.

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 Cresce dal mare fino a 800-900 metri di altitudine nelle zone ruderali, negli incolti, negli anfratti delle rocce, sui muri a secco, nei bordi delle strade, nei luoghi pietrosi e sabbiosi.
La diffusione dell’Hyoscyamus albus si è propagata facilmente lungo le antiche vie della transumanza in quanto parte della pianta, grazie alla sua viscosità, rimaneva attaccata al vello degli ovini che, involontariamente, favorivano la diffusione dei semi nei sentieri che attraversavano. Oggi la pianta è ritenuta piuttosto rara per la difficoltà di conservazione del suo habitat naturale.
L’Hyoscyamus albus è una pianta officinale altamente tossica, molto pericolosa.  Era già conosciuta come pianta medicinale dai Babilonesi, dagli Egizi, dagli Arabi, dai Greci e dai Romani che la usavano come calmante e come veleno.
Plinio la descrive come pianta che altera la mente e disturba la testa, effetti da cui deriva, probabilmente, il nome volgare antico di “disturbio”, con cui l’Hyoscyamus è stato pure chiamato. L’assunzione di piccole quantità fa manifestare sintomi quali lo sdoppiamento della vista, accessi di follia e aggressività.
L’ingestione di 20-30 semi può causare la morte di un bambino, mentre una dose quintuplicata può causare la morte di un uomo adulto. Se si eccettuano i maiali, gli altri animali, al pari degli uomini, sono estremamente sensibili alla velenosità dell’ Hyoscyamus tanto che anche gli uccelli che si cibano dei semi di questa pianta muoiono in pochi minuti.
Per questo motivo dovrebbe essere usata con grande cautela. Nelle foglie, nei semi e nelle radici sono contenuti principalmente due alcaloidi: la josciamina e la scopolamina che, durante il riscaldamento o l’essiccamento delle parti, si trasformano in atropina. La loro assunzione causa assopimento, sonno profondo e può addirittura la morte.
Le foglie vanno raccolte quando la pianta è in fiore e possono essere essiccate per un uso successivo.
Molto conosciuta sin dai tempi più antichi come erba medicinale, la pianta era usata come potente sedativo e antidolorifico per sopportare il dolore durante le operazioni chirurgiche e, principalmente, per curare il mal di denti. Infatti, era conosciuta con il nome di “Dente cavallino”, o con quello di “Erba di Sant’Apollonia”, la Santa invocata per la protezione dei mali di denti.
La pianta è utilizzata internamente nel trattamento di asma, di pertosse, di cinetosi, di epilessia. Il suo effetto sedativo e antispasmodico è un valido trattamento per i sintomi del morbo di Parkinson alleviando tremore e rigidità durante le prime fasi della malattia. Sotto forma di olio è utile per alleviare nevralgie e dolori reumatici. Diffuso nel medioevo come narcotico, anestetico e sudorifero, l’assunzione di questa pianta è stata abbandonata per l’alto rischio di tossicità. L’Hyoscyamus albus ha fatto parte anche della tradizione magica certamente per il potente effetto allucinogeno.
In “Zadig” o “Il destino”, opera di Voltaire, si legge “… Intanto sul far del giorno, il farmacista di Sua Maestà entrò in camera mia con una pozione di giusquiamo, oppio, cicuta, elleboro nero e aconito …”. Una miscela mortale racchiudente alcuni degli ingredienti vegetali più venefici conosciuti sin dall’antichità e con i quali si usava porre fine a discordie più o meno regali.
L’Hyoscyamus albus è la pianta nominata da William Shakespeare nell’Amleto. “… il re, padre di Amleto, viene ucciso per avvelenamento da Giusquiamo versatogli nell’orecchio durante il sonno”.
Nel romanzo “Salammbô”, al cap. XIII, Gustave Flaubert si riferisce ai «bevitori di giusquiamo» come i più feroci difensori della città di Cartagine, assediata dai suoi ex-mercenari. Inaffidabili, però, perché, «quando erano assaliti da una crisi, si credevano bestie feroci e balzavano sui passanti, sbranandoli».
Nel linguaggio dei fiori l’Hyoscyamus albus è il simbolo del “difetto”.
L’intera pianta non ha alcun elemento apprezzabile essendo maleodorante e velenosa.

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