Jul 20, 2018 - Senza categoria    Comments Off on LA PIANTA DI ALBIZIA JULIBRISSEN PRESENTE NEI VIALI DI LICATA

LA PIANTA DI ALBIZIA JULIBRISSEN PRESENTE NEI VIALI DI LICATA

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Gentile Chiara Porrazzo, a te, che sei attenta alle bellezze diverse della Natura, regalo questo articolo per farti conoscere questa meravigliosa pianta che hai ammirato nella città si Sambuca di Sicilia e di cui la città di Licata è ricca.
E’ la varietà “rosea” .
Moltissimi viali, infatti, brillano del colore rosato dei fiori di questa pianta che, proprio in questo periodo, è abbondantemente fiorita.
E’ l’Albizia julibrissen!

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Il nome del genere “Albizia” è un omaggio a Filippo degli Albizzi, botanico e nobiluomo appartenente alla famiglia fiorentina degli Albizzi che introdusse l’Albizia julibrissin in Europa.
Recatosi in Medio Oriente, nel 1770 portò i semi a Firenze da Costantinopoli, dove questa pianta era molto diffusa nei giardini.
E’ proprio  da lì che deriva il nome di “Acacia di Costantinopoli“.
Altri nomi sono: Albero della seta Albero del paradiso, Gaggia arborea, Albizzia con due zeta.
Il nome della specie “julibrissin” deriva dalla parola persiana “gul-i abrisham” e significa “fiore di seta“.

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L’Albizia julibrissen è una pianta appartenente alla famiglia delle Fabacee, originaria delle regioni dell’Asia orientale e sud-occidentale comprese tra l’Iran orientale, la Cina e la Corea.
In Italia è diffusa in tutte le regioni per il suo grande valore ornamentale ed estetico.

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L’Albizia julibrissen è un piccolo albero alto da 5 a 12 metri. E’ sostenuto da un fusto eretto dal quale partono numerosi rami molto ramificati.
Il tronco è rivestito dalla corteccia che è liscia e di colore grigio chiaro con sfumature verdastre negli alberi giovani, tende a imbrunirsi e a solcarsi negli esemplari più vecchi.

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All’apice del tronco le ramificazioni si divaricano creando una chioma a forma di ombrello che sovrasta tutto l’albero.

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Le foglie decidue, lunghe dai venti ai 45 cm e larghe dai dodici ai 25 cm, che cadono durante le stagioni meno favorevoli, sono di un bel colore verde intenso. Sono bipennate, disposte in maniera alternata e composte da numerose foglioline molto piccole, prive di picciolo.

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I segmenti fogliari opposti sono caratterizzati dalla capacità di chiudersi come le pagine di un libro durante la notte, oppure in caso di pioggia o, comunque, in assenza di luminosità. Le foglie hanno questa capacità di chiudersi per la presenza di particolari strutture presenti sia alla base del picciolo fogliare sia alla base dei piccioli più piccoli che sostengono le foglioline. Queste strutture, chiamate “pulvini”, fungono da vere e proprie articolazioni e permettono alle foglie di modificare la loro posizione in funzione del turgore delle cellule.

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I fiori, molto particolari, sono ermafroditi. Sono riuniti in inflorescenze globose in un corimbo terminale posto al termine del rametto. Possiedono una densa “peluria” costituita da lunghi e numerosi stami di un intenso colore bianco-rosato.  La fioritura inizia in primavera e continua fina all’inizio dell’estate.

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I fiori sono una buona fonte di nettare per api e farfalle. Il frutto, che matura in autunno quando cadono le foglie,  è un legume o baccello abbastanza grande, lungo circa 10–20 cm che, di colore verde intenso e, con la maturazione, assume una colorazione giallo-marrone.  I frutti rimangono a lungo attaccati alla pianta. La moltiplicazione avviene quasi esclusivamente per seme in primavera. I semi sono velenosi.

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L’Albiziajulibrissin è una pianta molto ornamentale. Arreda parchi, giardini e viali ed è nota per l’aspetto setoso dei suoi fiori, per l’ombrello delle foglie orizzontali, per la crescita veloce e per la scarsa richiesta d’acqua che consente di piantarla anche in luoghi dal clima contraddistinto da estati torride e poco piovose.

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Sebbene sappia sopravvivere in condizioni di quasi assenza d’acqua, come spesso avviene a Licata, la sua crescita è rallentata e l’aspetto appare malaticcio. Mal sopportate sono le gelate e le alternanze di clima mite e freddo. Buona la resistenza all’inquinamento atmosferico.

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Le Albizia sono piante che non necessitano di cure particolari.
Amano essere coltivate all’aperto, in luoghi riparati dal vento e con una buona esposizione al sole, poste su un terreno fresco, fertile, ricco di humus. Vanno messe a dimora tra l’autunno e la fine dell’inverno. Le annaffiature devono essere abbondanti, ma senza eccedere. Durante l’inverno, quando cadono le foglie, le annaffiature devono essere drasticamente ridotte.
Quando inizia la fioritura è necessaria anche l’aggiunta di un po’ di concime, ma non azotato.
Come tutte le Fabaceae, le Albizia sono piante fissatrici dell’azoto.
Particolari colonie di batteri, del genere Rhizobium, istituiscono con la pianta una specie di simbiosi.
Nelle radici formano dei veri e propri noduli che fissano l’azoto e lo cedono alla pianta e, contemporaneamente, ricevono da essa altri elementi nutritivi.
L’abizia julibrissin è un albero che sopporta bene le potature reagendo ai tagli violenti e sviluppando una nuova e vigorosa vegetazione che, però, non produrrà fiori fino al sopraggiungere dell’anno successivo. La potatura è necessaria perchè aiuta la pianta a ringiovanirsi e a godere di buona salute. Bisogna eseguire la potatura alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera sia per contenere la chioma, sia per eliminare eventuali rami danneggiati. Il legno dell’Albirizia, chiaro e tenero, non è particolarmente apprezzato.
Un tempo era utilizzato per costruire strumenti meccanici.
Nelle cucine dei paesi d’origine parti commestibili dell’Albizia sono i fiori e le foglie consumati come zuppa o come contorno di verdure.
Nella medicina farmacologica i fiori hanno proprietà digestive, toniche e sedative. Gli infusi sono usati per combattere l’insonnia e l’irritabilità e per ritrovare energie in caso di stress e stanchezza.
La corteccia essiccata può essere utilizzata per gli effetti analgesici, diuretici, carminativi, stimolanti, sedativi tonici.
Chiedere sempre consigli al medico e all’erborista.
Le Albizia non sono piante particolarmente soggette a malattie. Il rischio maggiore è rappresentato dall’aggressione da parte della Psilla, un insetto che sverna sulle sue foglie e si nutre succhiando la linfa. La pianta, indebolita, è soggetta  alla defogliazione. I sintomi sono simili a quelli causati dagli afidi con abbondante produzione di melata. E’ necessario intervenire subito con prodotti specifici.
La Psilla sverna sulla pianta di Albizia sia come adulto sia durante la fase vegetativa compiendo diverse generazioni tanto che sulla stessa pianta è possibile trovare tutti gli stadi: le uova, le larve, gli adulti.
Poichè la Psilla compie sulla pianta diverse generazioni ogni anno, occorre fare diversi trattamenti quando si nota la presenza delle larve. Le uova, di colore giallo aranciato, sono deposte sulle foglie nel mese di giugno. Nascono le larve che succhiano la linfa della pianta. Nelle fasi giovanili il parassita è di colore giallo o verde giallastro e raggiunge una lunghezza di circa 1,8 mm. L’adulto estivo è di colore verde- giallastro con occhi rossi mentre quello invernale è brunastro.
Lo svernamento avviene allo stadio di adulto, protetto dalla corteccia o dalla vegetazione persistente di piante sempreverdi.
La Psilla dell’Albirizia, nome scientificoAcizzia jamatonica, nel 2001 dall’Estremo Oriente è arrivata in Piemonte ed è oggi diffusa in tutta la Val Padana fino all’Emilia Romagna.

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