Dec 13, 2019 - Senza categoria    Comments Off on LA PALMA NANA NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

LA PALMA NANA NELLA VILLA COMUNALE “GIUSEPPE GARIBALDI” DI MISTRETTA

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 Illustre esemplare della flora del giardino di Mistretta, in Toscana conosciuta come “Palma di San Pier” e in Sicilia “Giafagliuni“, è la Chamaerops humilis, la Palma Nana, detta anche “Palma a ventaglio”.

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Appartenente alla famiglia  delle Palmae o Arecaceae, e unica Palma spontanea d’Italia, è coltivata in quasi tutte le sue regioni, dalla Sardegna, alla Sicilia, alla Calabria, alla Toscana centro-meridionale comprese alcune isole del Mar Tirreno, territori nei quali si può allontanare dalle coste e risalire le pendici dei rilievi montuosi.
Al Nord è conosciuta solo per alcuni nuclei relitti nel territorio del Parco di Portofino, in Liguria. In Sardegna la specie si presenta in popolamenti, a volte fitti, di individui veramente nani.
La Chamaerops humilis è comparsa, infatti, proveniente dai paesi mediterranei occidentali, durante l’era terziaria quando il clima, tipicamente tropicale, ha favorito la sua diffusione nell’Italia mediterranea insieme con altri quindici generi di palme oggi estinti.

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Il nome Chamaerops deriva dal greco “χαμαί ”, ”sulla terra, nel suolo” e “ράβδος”, “verga, virgulto”, e allude al portamento grosso e corto della pianta.
I greci la chiamavano Phoenix chamaeriphes, che significa letteralmente “palma gettata per terra“.
Carlo Linneo la chiamò “Chamaerops humilis”, ma di umile ha solo la statura che, nelle nostre regioni, raramente supera il metro d’altezza e di diametro; per il resto non ha nulla da invidiare alle consorelle più sicuramente tropicali.
E’ una pianta di carattere, che vanta peculiarità degne di nota.
Si presenta in forma cespugliosa, con esemplari isolati sparsi qua e là nel folto della macchia mediterranea.
Spontanea, si può incontrarla soltanto lungo la fascia mediterranea della Penisola Iberica, in Africa, lungo le coste del Marocco, in Algeria, in Tunisia.
In Sicilia vegeta ovunque, dal livello del mare a oltre 1000 metri. A Monte Cofano e nella Riserva dello Zingaro di San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, assume caratteristiche forme ad albero. Non vi è altro posto al mondo ove non possa attecchire spontaneamente. A Licata, il mio paese adottivo, è presente sulla Montagna di Montesole, nei terreni non direttamente esposti all’azione dei venti marini e ovunque, sulle colline che chiudono la Piana. La sua presenza è, infatti, strettamente legata al clima di Licata, di tipo mediterraneo occidentale, con elevatissima siccità estiva e che la nostra Palma supera brillantemente affondando le radici nell’umidità della roccia. Sa resistere anche a temperature relativamente fredde, ma solo per periodi brevi, adattandosi a quelle invernali di Mistretta.
Il portamento della pianta è quello tipico delle palme.

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Presenta un aspetto cespitoso, con fusto eretto, basso, ma può raggiungere l’altezza di alcuni metri, a volte ramificato alla base dalla quale possono partire fusti multipli che portano, all’apice, una chioma arcuata di foglie riunite in un ciuffo alla sommità.
Il fusto è ricoperto da un tessuto fibroso di colore bruno e sono evidenti i resti squamosi delle guaine fogliari morte.
La corteccia è di colore marrone scuro o rossastra. Le foglie, di colore verde sulla pagina superiore e quasi bianco sulla pagina inferiore, sono sostenute da un picciolo allungato, legnoso, munito di spine laterali pungenti e fastidiose. Sono persistenti, rigide, dritte, con lamina palmata, larga fino a 45 centimetri, divisa in 16-20 segmenti appuntiti che le donano l’aspetto di un ventaglio. Esse conferiscono a tutta la pianta un alto valore decorativo e danno una buona e piacevole dose d’esotismo.

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Le foglie della Palma nana sono simbolo “di vittoria e di successo”. Il disegno delle foglie a ventaglio della Palma nana spesso era riprodotto nelle antiche monete e nelle medaglie siciliane di Segesta.
La Palma nana è una pianta dioica, quindi ha infiorescenze unisessuali che sono portate da piante distinte. I fiori, unisessuali, numerosi, molto piccoli, di colore giallo zolfo, riuniti in infiorescenze a forma di dense pannocchie che si originano alla base delle foglie, tra i piccioli, avvolte da una spata bivalve, compaiono in maggio.

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L’impollinazione avviene tramite il vento e gli insetti. I frutti, le drupe, maturano ad ottobre. Sono carnosi, ovoidali, a grappoli di colore giallo-rossastro nelle prime fasi, successivamente di colore marrone a maturità. Sono lunghi 2-3 centimetri ed hanno la polpa assai fibrosa e leggermente zuccherina, un odore sgradevole e non sono commestibili.

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Contengono un solo seme di consistenza legnosa e con embrione bianco.
La pianta si riproduce nei mesi di aprile-maggio per seme, ma i polloni, che si formano alla base del fusto  e che hanno almeno 2-3 foglie,  si possono mettere a radicare dentro vasi riempiti di terriccio, torba e sabbia per poi deporli definitivamente nel terreno ottenendo nuove piantine.
La Palma nana è un elemento ornamentale noto in tutto il mondo; s’incontra, infatti, nelle aiuole cittadine, nei parchi e nei giardini, normalmente coltivata in piena terra, ma spesso anche in vaso.
La pianta ama vivere in un ambiente dove la luce è molto intensa per diverse ore e, essendo xerofila, gradisce un substrato soffice e permeabile, molto ben drenato, a base di terra sabbiosa e pietrosa. Le annaffiature devono essere frequenti in estate, ridotte in inverno.
Il clima primaverile, con un elevato sbalzo termico tra le ore diurne e quelle notturne, le piogge abbastanza frequenti possono favorire lo sviluppo di malattie fungine che vanno trattate preventivamente con un fungicida adatto. Bisogna prevenire anche l’attacco degli Afidi e delle Cocciniglie.
La Palma nana è stata per secoli utilizzata dalle popolazioni locali come nutrimento di base, in tempi di carestia, in sostituzione della patata prima dell’introduzione dei cereali. Della Palma nana è apprezzato il germoglio apicale, biancastro e midolloso, edule, utilizzato nell’alimentazione come cavolo-palmizio soprattutto nei paesi del Nord Africa, ma anche in Sicilia dove è noto come “u giafagghiuni”.
Nell’antico dialetto licatese il nome “giafagliuni” è usato anche come un traslato col significato di “persona alta e magra”.
I berberi preparavano un tipo di farina con le parti sotterranee più molli della pianta. Nella zona del trapanese è chiamata “giummarra“, dall’arabo “giummar“, tradotto dagli studiosi come midolla di Palma. Un cibo misero, indubbiamente, ma fondamentale per la sopravvivenza.
Si mangiavano anche le drupe rotonde, in verità poco appetitose, ma leggermente zuccherine, quindi, meglio di niente.
Questo trattamento distruttivo ha certamente contribuito a ridurre pesantemente le popolazioni naturali della specie nel nostro territorio. Gli Indiani d’America utilizzavano le drupe di Palma nana come tonico energetico per sostenere l’organismo. In fitoterapia i derivati della Palma nana rinforzano i fisiologici meccanismi di controllo dell’irritazione delle mucose, in particolare di quelle del tratto genito-urinario.
Sono graditi agli uomini soprattutto quando notano difficoltà nella minzione e fastidi alla prostata. Sono utili anche nella calvizie maschile e femminile di natura ormonale.
Prima di essere soppiantata dai prodotti sintetici, in tutti i paesi del Mediterraneo occidentale, dove cresce spontanea, le foglie della parte apicale della Palma nana, la “curina“, erano molto usate per produrre stuoie, tappeti, cordami, coffe, ceste del fieno legate al collo degli asini, crine per imbottire i materassi e, soprattutto, scope.
Per realizzare questi lavori d’intreccio le popolazioni locali hanno attinto indiscriminatamente alle foglie necessarie riducendo la quantità numerica di queste colonie. Forse i miei coetanei ricordano il venditore di scope di Palma nana reclamizzare con voce stentorea, lungo le vie di Mistretta, la sua merce. Oggi, purtroppo, non è più possibile rintracciare qualche raro artigiano che potrebbe costruire, con scienza antica, le sue scope. Ecologicamente la Palma è molto utile contro l’erosione e la desertificazione del suolo, si rigenera, con successivi ricacci, dopo gli incendi poichè le fiamme non riescono a distruggere la sua parte interrata.
Negli ultimi anni, anche a  Licata, a causa dell’eccessivo frazionamento e dell’inurbamento della Montagna, gli individui di Palma nana sono diventati sempre più rari. Persistono là dove la ruspa non è ancora arrivata per “bonificare” il terreno e per consentire al proprietario di sostituire gli elementi mediterranei col Ciliegio giapponese, col Cipresso blu americano, col Bambù di Ceylon, con l’Erba delle pampas sudamericane in un’accozzaglia di specie dal dubbio valore decorativo e dal gusto molto discutibile. Gli appassionati di giardinaggio, nelle villette, dovrebbero riservare almeno un angolino alla Palma nana e alle specie mediterranee.
Nella mia campagna di Licata la palma nana è salvaguardata e protetta!

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Le Palme nane contribuirebbero a conservare gli elementi della flora mediterranea. Sono anche decorative e non richiedono cura alcuna poiché si sono specializzate per vivere nell’habitat licatese. Questa specializzazione, conseguenza della limitatissima area in cui vive, rende la Palma nana molto sensibile ad alterazioni, anche minime, dell’ambiente. Portare ad una variazione dei fattori ambientali e provocare l’estinzione del Chamaerops umilis non è difficile: bastano alcuni interventi sul territorio ispirati da censurabili necessità economiche che, come tutte le scelte scaturite da una certa “politica”, evitano artatamente di prendere in considerazione la necessità di uno studio serio e disinteressato sull’impatto ambientale.  Questa pianta, comune a tutti i paesi del Mediterraneo, un tempo era molto diffusa sulle coste sarde.
Divenuta sempre più rara, è oggi una specie protetta insieme a tutta la flora mediterranea. Se la Palma nana dovesse essere cancellata dal novero delle specie botaniche siciliane, forse il sapere che sui Monti dell’Uccellina, nella Maremma Toscana, esistono una trentina di esemplari di Chamaerops humilis potrà consolare il lettore attento e preoccupato.
Quelle Palme nane non spariranno mai perché “guardate a vista e amorevolmente custodite” da quei civilissimi abitanti ai quali evidentemente non sfugge il collegamento tra queste piante e il turismo.  Per curiosità, è bene sapere che la pianta più antica dell’Orto botanico di Padova è un esemplare di Chamaerops humilis piantato nel 1585.
La Palma nana è comunemente nota come “Palma di Goethe” in quanto Johann Wolfgang von Goethe, che la notò durante il suo viaggio in Italia nel 1786, le dedicò alcuni famosi scritti sulle sue teorie riguardanti la metamorfosi evolutiva delle piante e pubblicate nel 1790 in un saggio.

 

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