Mar 1, 2022 - Senza categoria    Comments Off on LA MONTAGNA E I RILIEVI CHE CIRCONDANO LA CITTA’ DI LICATA

LA MONTAGNA E I RILIEVI CHE CIRCONDANO LA CITTA’ DI LICATA

Durante le mie tante escursioni ho conosciuto la “Montagna” di Licata e per me è stato un piacevole fenomeno naturale.
Ho incontrato moltissimi esseri viventi appartenenti al regno animale e al regno vegetale che, in parte, ho descritto nel mio blog.

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 https://youtu.be/YSUmikUi-dQ

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 La “Montagna” di Licata, con i suoi terreni calcarei, con l’orientamento Est – Ovest dell’asse maggiore, con la vicinanza del mare, presenta numerosissime specie vegetali spontanee, quasi tutte termofile e adatte a vivere in ambiente a bassa piovosità.
La montagna è stata ricoperta in epoca preistorica dalla caratteristica macchia mediterranea, ma nel corso dei millenni è stata sistematicamente spogliata dei suoi elementi più vistosi.
Osservando più specificatamente le piante presenti nella Montagna di Licata, ho rilevato che oggi la vegetazione spontanea d’alto fusto, residua dell’originaria macchia, è limitata ai generi Sorbus e Crataegus, il Sorbo e l’Azzeruolo, spesso addomesticati per i frutti eduli e al Pinus halepensis,

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importato nell’antichità e naturalizzato che, con Mandorli e Ulivi, creano le uniche contrastanti tinte verdi nel periodo siccitoso estivo.

3 mandorlo

 Sul versante Nord prevalgono due specie del genere pistacea: Pistacia terebintus e Pistacia lentiscus, residue della primitiva macchia,

4 lentisco ok

 e a Sud -Ovest grandi cespugli di Rosmarinus officinalis.

5 Rosmarino 3 ok

 Sui terreni più poveri delle alture calcaree esposte a mezzogiorno, la gariga assume un aspetto steppico; qui non è raro riscontrare la Stipa o “Lino delle fate”, un’elegante graminacea tipica dei pre – deserti nordafricani.
Sui costoni calcarei predominano specie vegetali adatte a sopportare l’estrema secchezza e le elevate temperature estive come il Timo, la Bocca di leone, la Palma nana, il Cappero, il Semprevivo.I lunghi periodi di penuria d’acqua hanno condizionato l’evoluzione di queste piante orientandole verso una straordinaria resistenza alla siccità e all’alta temperatura.
Una fessura nel calcare e un pugno di terra sono più che sufficienti per farle vivere.Sempre tra le rocce, ma su sacche di terreno più estese e profonde, crescono: l’Erica, il Lentisco, l’Asfodelo

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 e diverse splendide orchidacee.
Sui pendii più assolati, uniche macchie verdi estive, si esibiscono gli eleganti cespi dell’Ampelodesmos mauritanicus, una graminacea dalle spighe alte e piumose e da un consistente insieme di foglie nastriformi dai margini taglienti come rasoi.
Questa specie è capace di vivere benissimo anche in terreni molto poveri e dilavati, dando cromatismo e movimento a superfici altrimenti brulle e immote.Su alcuni pendii erbosi e rocciosi le vere e proprie distese di Asfodelo, predominante nell’associazione con gli altri vegetali, indicano il grado di impoverimento di un pascolo eccessivamente sfruttato.
La numerosità delle piante d’Asfodelo è, infatti, direttamente proporzionale alla povertà del terreno.In associazione costante alle macchie arboree e cespugliose si accompagnano costantemente: l’ Asparago,

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il Caprifoglio e l’Acanto

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Molti vegetali a radici carnose riescono a sopravvivere alla lunga stagione asciutta perdendo completamente la parte aerea.
Essi sono: il Gladiolo, l’Anemone, il Croco, la Mandragora. 

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 Sempre nei luoghi rocciosi vivono molto ben distribuiti: il Capparo spinoso e il Thimo, già noto nell’antichità per il suo forte profumo.
Dei luoghi erbosi esposti a tramontana sono i generi: Iris, Croco, Colchico e Anemone

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 che, da febbraio a luglio, rallegrano di vivacissime macchie di colore pendii e terrazze.
Sempre dei luoghi erbosi e riparati, poco frequenti, sono due generi di orchidee mediterranee: Orchis e Ophrys dai coloratissimi, esotici fiori.
Particolare menzione merita la Palma nana spesso abituale nei luoghi rocciosi, ma non tanto da considerarsi comune perché di difficile adattamento a mutate condizioni ambientali.

11 palma nana

Sui terreni molto poveri e prossimi al mare vegetano: l’Ammofila arenaria (graminacea pioniera che sopporta temperature di 60°- 70°C) e il Mesembryanthemum,

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 che vincola dune e scarpate col fusto strisciante e con le foglie carnose fino a formare un fittissimo tappeto che in primavera si ricopre di fiori appariscenti vivacemente colorati.
Notevole è la pineta della mia campagna formata da 45 esemplari di pino domestico (Pinus pinea),

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 di pino d’Aleppo (Pinus halepensis), di pino marino, di alcune tuie, di pochi cipressi, tutte piante collocate e amorevolmente curate da me.
Per questo motivo la montagna, in contrada Montessole-Giannotta, è diventata un importante polmone verde per queste tantissime piante ad alto fusto piantate da qualche decennio e scampate agli incendi.
Spogliati della copertura arborea originaria, i terreni dei rilievi, dal profilo accidentato e dall’elevata aridità, scoraggiano qualsiasi forma di agricoltura moderna e razionale e diventano pascoli incolti quando il frenetico sviluppo delle erbe annuali li trasforma in verdissimi tappeti di graminacee con isole gialle di Oxalis acetosella

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 o rosseggianti di Sulla o ancora con grandi macchie dorate di Crisantemo.
Colori primaverili dalla breve vita, poiché già in maggio mutano nel giallo-bruno dell’erba secca.
Tra le rupi e i costoni calcarei di Monte Petrulla vegeta una pianta della famiglia delle Crucifere presente in un areale molto limitato della Sicilia centro-meridionale: è la Brassica tinei, un cavolo selvatico a fusto semilegnoso con fiorellini gialli alto circa 1,5 metri considerato un esemplare raro.
La gariga è caratterizzata dall’estrema rarefazione di piante d’alto fusto che sono limitate alle specie rappresentative della fascia mediterraneo-arida: il carrubo, l’olivastro, la palma nana e il lentisco.
Il fuoco percorre spesso queste terre, appiccato volontariamente per eliminare o limitare lo sviluppo di piante legnose e arbustive a tutto vantaggio delle erbacee foraggiere.
Solo su piccole superfici accidentate esposte a settentrione, dove né il fuoco né l’aratro possono giungere e vi si conserva un certo grado d’umidità anche in piena estate, è possibile incontrare limitate estensioni di macchia bassa aperta, ricostituitasi dalla gariga dopo l’abbandono colturale e per questo più resistente all’aridità estiva.
Sui terreni più esposti fioriscono precocemente verso la fine dell’inverno: l’elegante Salsola oppositifolia,

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 l’Aglio selvatico, l’Anemone e, subito dopo, i graziosi cespugli di Calendula arvensis,

15 calendula arvensis ok

 di Convolvulus tricolor

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 di Ecballium elaterium

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e di Coronilla dai fiorellini giallo-dorati e leggermente profumati.
Tra i grandi cespi di Ampelodesma e di Timo, intercalati agli eleganti gruppi di Acanto, non è difficile incontrare alcune orchidee, come le rare Barlia robertiana e Orchis saccata, che prediligono terreni freschi, oltre alle più comuni Orchis italica e Anacamptis pyramidalis della gariga arida. Questa ultima è l’orchidea a più ampia diffusione nel territorio.
In queste oasi lo strato arboreo è costituito dal Carrubo,

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dal Terebinto, dal Sorbo, dall’Olivastro, dal Fico, dal Mandorlo con qualche raro esemplare di arbusto o albero poco comune come l’Anagyris foetida riscontrata sulle pendici di Monte Giannotta.
Inframmezzati vi crescono cespugli di Azzeruolo, di Lentisco e di Spino cervino cui si associano spesso l’Efedra e la Coronilla.
Qui la fioritura del mandorlo è molto precoce: in certi anni prende l’avvio già ai primi di gennaio.
Asparago, rosa, caprifoglio, rovo e salsapariglia (Smilax aspera, detto volgarmente“stracciabraghe” per le sue spine acuminate e ricurve su fusto e foglie),

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 creano un fitto intreccio impenetrabile di tralci, di spine, di foglie e di fiori che, in autunno, risplende di frutti policromi.
L’habitat è ideale per offrire rifugio a piccoli mammiferi: Coniglio, Volpe, Lepre, Donnola, Riccio, Mustiolo e alcune specie di topi granivori.
La presenza dell’Istrice, certa anche in contrada Montesole fino a qualche decennio fa, occupa un areale limitato alle colline interne meno frequentate dall’uomo e confinata nelle zone più impervie, considerata l’urbanizzazione delle colline costiere.
Il gatto selvatico non è presente, anche se molti gatti ferali (si chiamano così i gatti rinselvatichiti) sono simili al gatto selvatico che è un’altra specie.
Invece il gatto domestico ha popolato le nostre campagne per l’abitudine dei licatesi di passare la bella stagione in collina in sua compagnia e allevato per eliminare i topi campagnoli.
Questi gatti domestici sono regolarmente abbandonati dai loro padroni in autunno, alla fine della vacanza.
Si sono adattati all’ambiente, si sono riprodotti e si sono inselvatichiti.
Gli esemplari delle nuove generazioni presentano chiaramente le caratteristiche morfologiche e comportamentali del gatto selvatico facendo pensare ad incroci con questo ultimo che sarebbe perciò presente, ma di difficile avvistamento date le sue abitudini notturne e la sua fondata diffidenza per la specie umana.
É facile inoltre incontrare, dall’autunno alla primavera successiva, lungo le stradine della montagna, greggi di pecore portate al pascolo nei terreni incolti e pieni d’erba selvatica. Quando essa si popola di villeggianti residenti, allora le pecorelle vanno a brucare l’erba in altri luoghi più lontani.
Molti sono i cani randagi che vagano per la campagna.
Tra i Rettili si nota la presenza della Testuggine e  della Biscia.
La Vipera non è presente. Il rettile, che era chiamato Vipera, o in dialetto più precisamente Apita surdu o Spitu surdu (Aspide sordo), è il Boa delle sabbie (Eryx jaculus) scoperto dal Salvatore Russotto e da un’equipe di ricercatori coordinati da Gianni Insacco nel 2015.
Serpentello innocuo e molto schivo scambiato spesso per vipera ed ucciso inutilmente. E’ presente in Italia solo a Licata.
la Testuggine terrestre è ormai estinta. Gli ultimi esemplari risalgono alla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso.
Mentre è abbastanza comune la Testuggine palustre siciliana.
Per Biscia si intende la Natrice dal collare o Biscia d’acqua che è comune.
Il rettile nero, quello che si vede più spesso, è il Biacco (Hierophis viridiflavus carbonarius).
Degli insetti, dei ragni e degli scorpioni sono ben rappresentate quasi tutte le specie italiche e siciliane e alcune di provenienza nordafricana.
La Crocidura sicula, un piccolo mammifero di pochi centimetri simile al toporagno, vive bene sia sulle colline a colture estensive sia sulle garighe a pascolo. Si tratta di un endemismo tutto siciliano.
L’avifauna comprende numerose specie stanziali e alcune migratrici.
Trascurando quelli molto comuni, è di notevole interesse, tra gli uccelli stanziali, la presenza, pur fortemente ridotta nell’ultimo decennio, dello Sparviere, specie essenzialmente boschiva, mentre è molto comune il Gheppio (Falco tinnunculus).
La sua presenza si nota più facilmente durante il periodo di passaggio quando viaggia alla ricerca di un clima più favorevole.
Più frequente è la presenza del Cuculo nostrano, della Civetta, del Barbagianni, dell’Assiolo,  del Martin pescatore, del Merlo, del Pettirosso, della Gazza, della Cornacchia, della Taccola, del Piccione, il Rampichino non è affatto presente, mentre il Picchio muratore, una volta rarissimo, ora non vive più da noi.
Tra le specie stagionali s’incontrano: L’Upupa,

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e la Quaglia, ormai rare, e la Tortora.
La Tortora dal collare orientale,  essendo più resistente della Tortora nostrana, ha occupato la nicchia ecologia divenendo più comune di questa, specie sui rilievi della Montagna.
La Tortora dal collare orientale non è stata portata dall’uomo. Si è espansa attraverso i Balcani, ha attraversato l’Istria ed è scesa nella penisola italiana fino alla Sicilia e, di nuovo, su fino alla Liguria da dove si sta spostando anche nella Francia meridionale.
Nelle zone più impervie e nei pressi di falesie calcaree poco accessibili dell’altopiano interno è possibile osservare, ma sempre meno frequentemente, il caratteristico volo di un rapace insettivoro: il Falco grillaio.
Sulle pendici più assolate e aride delle colline interne e lungo la vallata del Salso si può ascoltare il caratteristico richiamo flautato del Passero solitario.
Grossi rapaci sono occasionalmente avvistati durante le stagioni di passa.
Tra i Rettili sono ben rappresentati: il Geco e la Tarentula che ha un areale puntiforme e pertanto è da considerarsi rara.
Geco e Tarentula sono la medesima cosa. Tarentola mauritanica è il nome scientifico del Geco comune.
E’ presente un altro Geco, il Geco verrucoso o emidattilo (Hemidactylus turcicus), un po più piccolo del primo ma, in ogni caso, non sono affatto rari e neanche in pericolo. Grazie al continuo alzarsi delle temperature si sta espandendo sempre più a nord.
Non mancano: la Testuggine terrestre, la Lucertola sicula dalla lunghissima coda e, dove la vegetazione s’infittisce, la Vipera aspide e il Colubro di Esculapio oltre alla comunissima Biscia.
Colubro di Esculapio viene comunemente chiamato il Saettone che, in Sicilia,non esiste, ma esiste una specie affine: il Saettone occhi rossi (Zamenis lineatus).
Nelle antiche pietraie della gariga arida e molto assolata vive il Calcide ocellato di non facile osservazione dal momento che è molto timido e rapidissimo nella fuga.
Il nome del Calcide ocellato è Gongilo (Chalcides ocellatus) che, tra l’altro, è in Italia endemico di Sicilia e di Sardegna.
Tra gli Insetti Lepidotteri c’è da ricordare: Lycaena, Papilio podalirius, Papilio machaon, Gonopteryx ramni, Colias croceus, Vanessa cardui, Issoria lathonia, Sphinx ligustri.
Tra i Coleotteri è poco comune lo scarabeo Copris lunali, “scarabeo” coprofago, i cui maschi portano un caratteristico “corno” sulla fronte.
I più comuni scarabei sono il Phyllognathus escavatus e il Pentodon bidens.
Alcuni Imenotteri presenti sono: la Megascolia maculata flavifrons che, sebbene grandissima e temuta, non è affatto aggressiva, l’Eumenes pomiformis, una vespa che costruisce un minuscolo, caratteristico nido di fango a forma di vaso, la Xilocopa violacea dal volo rumoroso che costruisce il nido all’interno di canne, ma anche di tubi abbandonati, diversi esemplari del genere Polistes e del genere Vespa e insetti pronubi del genere Bombus e Bombylius.
La nota forbicina vive nel terreno umido ricco di sostanze organiche in disfacimento. L’insetto-stecco si mimetizza perfettamente con gli steli delle piante rinsecchite e può raggiungere facilmente una lunghezza di 20 cm.
Un’altra curiosità è il “grillo”, un tettigonide verdissimo e attero che predilige piante fortemente xerofile.
Un altro endemismo siculo è La Polyphylla ragusae.
La fauna, ricchissima e varia in tempi remoti, ha subìto un progressivo depauperamento direttamente proporzionale agli insediamenti umani nel territorio.

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Ringrazio l’amico Salvatore Russotto per la sua disponibilità al dialogo e di cui ho apprezzato: la sua preparazione culturale, i suoi preziosi consigli e la sua abbondante galleria fotografica.

Boa delle sabbie

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Testuggine palustre siciliana

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Biacco carbone, quello che tu chiami biscia

Biacco carbone, quello che tu chiami biscia ok

Natrice dal collare o “biddrina”, questa è la vera biscia

Natrice  questa è la vera biscia ok

Saettone occhi rossi, il cugino più piccolo del colubro di Esculapio

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Gheppio

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Geco comune o Tarentula

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Emidattilo

Emidattilo okGongilo

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Phyllognathus escavatus

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Pentodon bidens

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Un gioiellino la Polyphylla ragusae

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Megascolia maculata flavifrons

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