LA FASCIA COSTIERA ATTORNO AL MARE DI LICATA
Certamente un tempo queste zone costiere dovevano essere ricoperte da una vegetazione intricata e impenetrabile che offriva selvaggina e legna per l’uomo del neolitico.
I tagli intensi, gli incendi frequenti e l’allevamento continuo di bestiame, ne hanno favorito la degradazione.
La fascia costiera, estesa oltre 18 km, è caratterizzata dalla presenza di vegetali adattati alle difficili condizioni pedologiche e climatiche.
Ad ovest del centro abitato, dune, anche di notevole mole, prospicienti un lungo litorale sabbioso ininterrotto da Torre di Gaffe a San Nicola, ospitano specie vegetali alofile e fortemente xerofile come il Carpobrotus edulis, dai fiori dai colori smaglianti,
il Mesembryanthemum crystallinun luccicante di piccoli cristalli
e il Pancratium, dal delicato fiore bianco profumato.
Queste popolazioni si riducono gradualmente a pulvini di piante pioniere; quasi sempre l’Ammophila arenaria cresce nei pressi della battigia.
Anche ad est dell’abitato le spiagge si estendono dalla foce del Salso-Imera al castello di Falconara interrotte solo dagli scogli di Poggio della Guardia e delle Due Rocche dove sbocca il torrente Cantigaglione.
Tra le dune vive lo Scarabaeus semipunctatuts , un coleottero coprofago.
I paesaggi del piano sopra il litorale roccioso della Montagna e della collina Poliscìa sono punteggiati dagli appariscenti cespugli rotondeggianti di Euphorbia arborea.
Più in basso, tra le rocce calcaree sopra la linea della battigia, la vegetazione si riduce a piante isolate e distanziate di Salsola e di Salicornia.
Durante i mesi di giugno e di luglio alcune scarpate, nelle immediate vicinanze del mare, lungo la tormentata costa della Poliscìa, si coprono di una margheritina color giallo oro: è l’Inula crithmoides acutifolia perfettamente adattata alle severe condizioni ambientali.
Secondo E. Baroni ha un areale molto limitato.
Il Poliphylla fullo, un bel maggiolino dalle elitre elegantemente disegnate a marmoreggiature, abita le zone litoranee della Montagna, della Poliscìa e di Castellazzo.
Il suo ciclo biologico dura parecchi anni durante i quali gli stadi larvali rimangono sotto terra, mentre la vita da adulto è breve. Di tanto in tanto si assiste, tra aprile e maggio, ad una vera e propria invasione di questi coleotteri.
Circondato da alte dune sabbiose, un antico fondo palustre, “Il Lago”, residuo di una depressione retrodunale bonificata in parte, situato a nord nord-est della Rocca di San Nicola, è ricco di falde freatiche poco profonde.
La depressione, a causa della presenza d’acqua, favorisce una vegetazione ricca di piante idrofile, l’Arundo, associazione di piante della famiglia delle graminacee compresa la canna del canneto.
Nei canali di drenaggio che l’attraversano vive il Myriophyllium verticillatum, pianta d’acqua dolce,
e vi nuota il Lebistes reticulatus, un pesciolino che riesce a sopravvivere al disseccamento estivo rifugiandosi tra la fanghiglia del fondo e rallentando di molto il proprio metabolismo. Molto comune fino a qualche trentennio fa, oggi è raro a causa dell’uso spesso improprio dei
pesticidi in agricoltura.
Il Cormorano è abituato a frequentare queste coste, anche se, per logici motivi legati alle necessità nutrizionali, privilegia il porto peschereccio, dove non è difficile osservare, durante i mesi invernali, la sua inconfondibile sagoma. Comune e nidificante in Sicilia fino a meno di
un secolo fa, oggi questo uccello ha un areale di nidificazione italiano
molto limitato in Sardegna.
Tra le scogliere marine è presente il Marangone dal ciuffo, un uccello tuffatore che si è adattato a pescare anche all’interno delle darsene portuali.
Il Cormorano e il Marangone catturano le loro prede. I numerosi gabbiani,
sempre presenti nelle aree portuali, tranne che nei periodi di cova e di allevamento della prole, hanno imparato a “mendicare” con insistenza il cibo alle barche da pesca.