Sep 22, 2018 - Senza categoria    Comments Off on IL PALAZZO ALFONSO LO IACONO – GIOVANNI SANTANGELO

IL PALAZZO ALFONSO LO IACONO – GIOVANNI SANTANGELO

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Nella parte bassa della via Santa Caterina sorgono due palazzi signorili, uno accanto all’altro, separati da uno stretto vicolo.
Sono: il Palazzo Lo Iacono – Santangelo al numero civico 38 e il palazzo Lo Iacono-Tusa al numero civico 44.

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Di rimpetto a questi due palazzi c’è anche il palazzo di Francesco Lo Iacono che si affaccia oltre che in via Santa Caterina, in via Libertà e nelle strade laterali.  I membri delle famiglie Lo Iacono, benestanti, possessori di terre e di allevamenti di bestiame, costruirono i loro palazzi nei quartieri alti di Mistretta, ciò a dimostrare che il ceto borghese della popolazione amastratina si spostava verso il quartiere di Santa Caterina.
La via Santa Caterina è stata sempre una via di collegamento tra il centro storico di Mistretta e la zona nuova verso la Neviera.

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Il palazzo LoIacono-Santangelo è stato costruito nel 1777 dal cav. Alfonso Lo Iacono, sposo di donna Maria Vita Giaconia e padre di Francesco, di Salvatore e di Liboria che sposò il vicino di casa, l’avv. Giuseppe Di Salvo. Durante il fascismo, don Alfonso Lo Iacono, ripetutamente nominato Podestà, riempiva i saloni della sua abitazione di persone della politica locale e non solo conducendo un alto tenore di vita sociale.
Successivamente, il palazzo fu ereditato dal figlio, l’avvocato Salvatore Lo Iacono.
La data della costruzione è incisa sulla chiave di volta del portale principale che raffigura il becco di un cigno che si avviluppa sul concio di chiave.

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 Il portale, lateralmente, è abbellito da sculture a motivi floreali.

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Dopo il terremoto del 1967 il palazzo fu acquistato dal dott. Giovanni Santangelo che lo ristrutturò e lo elesse come sua sede abitativa.
Attualmente il palazzo è abitato dal figlio, il dott. Umberto Santangelo.
Sulla lunga facciata principale del palazzo sporgono i balconi, circondati da ringhiere in ferro battuto lavorate artisticamente e sorretti dalle mensole.

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In quelle del primo ordine sono scolpite figure apotropaiche col significato di allontanare dalla famiglia, secondo la credenza popolare, le forze del maligno.

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Quelle del secondo ordine sono definite a motivi geometrici e floreali.

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Nella parte posteriore del palazzo un ampio giardino, che mostrava le sue bellezze, è stato per lungo tempo trascurato.
Sapientemente recuperato  dalle famiglie Santangelo e Tusa, con la piantumazione di importanti essenze botaniche, con le aiuole sagomate con il buxus sempervirens e copiando lo stile inglese, è tornato all’antico splendore.

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Foto di Riccardo Zingone

Il giardino a sx della foto è confinante con la Carreria, il B&B del dott. Riccardo Zingone, il giardino sulla dx è inserito nel palazzo Santangelo.

Descrive questo giardino, con phatos e con nostalgia, il signor Vito Purpari, l’ex giardiniere della villa comunale “Giuseppe Garibaldi”, nella sua relazione di fine lavoro per raggiunti limiti d’età e presentata al signor sindaco del comune di Mistretta e che  io riporto integralmente:
Nacqui il primo giorno dell’Autunno 1947 da buoni genitori a meno di cento metri di distanza dalla nostra Villa Comunale; erano le ore 9:00 di una dolce domenica e la campanella della Chiesa accanto squillava per il festivo giorno della Messa. La mia nonna paterna, guardandomi, manifestò apprezzamento.
Per motivi di salute di mio padre, che era un grande invalido di guerra, fui lasciato, dai quattro ai cinque anni e poi ancora nelle estati seguenti, a casa del nonno materno, vedovo, e della di lui figlia, nubile e sacrestana a “San Franciscu”, nella chiesa gestita da Padre Giuseppe Sciacca, la zia Lucia, sorella di mia madre, che m’insegnò a pregare con le mani giunte.
Il nonno “Piddu Russo”, fedelissimo impiegato presso il cav. Alfonso Lo Iacono, grande proprietario terriero e di palazzi in Mistretta, di Santo Stefano di Camastra, di Palermo ecc., esercitava, ormai 77enne, l’ultimo impiego di giardiniere e di custode del palazzo in Via Santa Caterina. Ha servito questo signore per 34 anni. Per soli due mesi all’anno i “Padroni” venivano a Mistretta: ad Agosto e a Settembre.
Per dieci mesi all’anno il bellissimo giardino, che il nonno curava attentamente, era il <nostro> regno.
Lì si mostrò a me, molto giovane, il meraviglioso mondo dei fiori e delle piante: edere abbarbicate ai muri di cinta con tanti nidi di uccelli, il grande e splendido Abete reale, il Cedrus glauco, i Cipressi, le siepi di Alloro, una superba Magnolia grandiflora, le bordure di Bosso, le farfalle sui fiori; il canto di svariati uccelli e dei primi voli di quelli novelli.
C’erano cespugli di Uva spina, l’immancabile e poderoso albero dei Gelsi neri, golosità mattiniera delle famiglie gentilizie.
Nel giardino, in ogni stagione, si spandevano nobili e delicati profumi di Viole, di Lippe-citriodore, di Philadelphus virginalis, di Iris barbate, di Rose, di Glicini e Gelsomini arzigogolati alla continua ricerca di spazi ideali e amabili.
Alcune aiuole erano bordate con una varietà di Asparagus che, a Mistretta, chiamano <sparici ri ricchi>. C’erano anche due vasche di pietra colme l’acqua. Quella centrale, la più bella, era contornata da antiche <raste, vasi> di terracotta di varie forme, tutte cariche di Ortensie, di Fucsie rosse e bianche, di Phormium, di Solanum capsicastrum, di Dianthus penduli profumatissimi ecc. L’insieme era proprio un eden con un’atmosfera coccolante ed io, anche se fanciullo, la vivevo intensamente!
Nell’innocenza di quell’età giuliva, quel giardino io pensavo essere di proprietà del nonno. Scoprii la malinconica realtà qualche anno dopo: il nonno era solo un impiegato! E quel giardino non era nostro!
Così, quel mirabile mondo, tanto caro al mio cuore e ai miei occhi, fu perduto per sempre e fu causa di pena che ancora persiste. Erano gli anni ’50 del secolo scorso”.

 

 

 

 

 

 

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