Apr 1, 2013 - Senza categoria    Comments Off on NARCISSUS TAZETTA

NARCISSUS TAZETTA

narciso

Narciso! Il mito di Narciso è raccontato da Ovidio nel libro III delle Metamorfosi. Narciso nacque da Liriope, la ninfa di fonte che, per la sua bellezza, rapita dal dio fluviale Cefiso, cingendola con le tortuose correnti dei suoi corsi d’acqua, la violò. La ninfa diede alla luce un bambino di eccezionale fascino che chiamò, appunto, Narciso. Preoccupata per il suo futuro, la neo-mamma consultò il veggente cieco Tiresia per sapere se il fanciullo avesse raggiunto la tarda vecchiaia. Tiresia così rispose: “Se non mirerà mai se stesso”. Al sedicesimo anno d’età Narciso era un giovane di tale bellezza che molti ragazzi si innamorarono di lui. Egli, indifferente, preferiva passare le giornate cacciando in solitudine.

Tra gli spasimanti, la più incalzante era la ninfa Eco. Lei era stata punita da Giunone perché, tutte le volte che avrebbe potuto sorprendere sui monti le ninfe concubine di Giove, astutamente, la distraeva intrattenendola con lunghi discorsi aiutando le ninfe a sfuggire alle ire della dea gelosa. Quando Giunone si accorse dell’inganno disse: “Di questa lingua che mi ha ingannato potrai disporre solo in parte. Ridottissimo sarà l’uso che tu potrai farne”. Eco, perciò, non poteva fare uso della propria voce se non per ripetere l’eco delle ultime parole che udiva. Quando incontrò Narciso e se ne innamorò, era già priva della parola. Eco lo scorse mentre Narciso cacciava i cervi in una foresta. La ninfa, che non sa tacere se si parla, ma nemmeno sa parlare per prima, cominciò a seguire le sue orme. Narciso, insospettito, si mise ad urlare: “C’è qualcuno”? Eco ripeté: “Qualcuno”. Stupito, egli scrutò tutti i luoghi, gridò a gran voce: “Vieni!”. Non mostrandosi nessuno, continuò: “Perché mi sfuggi”! Quante parole diceva, altrettante ne riceveva per risposta. Insistette e, ingannato dal rimbalzare della voce “Qui riuniamoci” ,esclamò. Eco, che a nessun invito mai avrebbe risposto più volentieri, ripeté “Uniamoci”. Allegramente, balzando fuori del cespuglio, tentò di abbracciarlo. Narciso la respinse allontanandosi precipitosamente e lasciando Eco che, lamentandosi, continuava ancora a ripetere le ultime parole dette da lui. Afflitta e amareggiata, la bella ninfa vagò e, consumandosi per struggimento d’amore e di rimpianto, svigorì nel corpo. Non restarono che la voce e le ossa. La voce esiste ancora e ovunque si può sentirla: è il suono che vive in lei e che ancora fa eco nelle valli solitarie ripetendo le ultime sillabe delle parole pronunciate dagli umani. Le ossa, tramutate in sassi, sono state deposte vicino ad uno specchio d’acqua. La dea Nemesi, istigata da uno degli amanti respinti, alzando le mani al cielo, profetizzò: “Che possa innamorarsi anche lui e non possedere chi ama”! Nel bosco c’era Liriope, la fonte dalle acque limpide, argentee e trasparenti che mai pastori, caprette o altre bestie avevano toccato, che nessun uccello, fiera o ramo staccatosi da un albero avevano intorbidato. Attorno c’era un prato e un bosco che mai avrebbe permesso al sole di scaldare il luogo. Il giovane Narciso, spossato dalle fatiche della caccia, qui venne a sdraiarsi, affascinato dalla bellezza del posto, per bere l’acqua della sorgente, ma, mentre cercava di calmare la sete, attratto dall’immagine che vide riflessa, restò incantato e s’innamorò di una chimera: di un corpo che, però, era solo un’ombra. Dapprima non riconobbe se stesso, poi capì: “Io sono te“. Egli si lamentava poiché non riusciva a stringere e a toccare l’immagine. Ai suoi lamenti rispondeva solo la ninfa Eco che, nascosta nel bosco, li ripeteva. Neanche il bisogno di cibo e di riposo riuscì a staccarlo di lì. Disteso sull’erba, fissava con lo sguardo inappagato quella forma che l’ingannava. Poi, sollevandosi un poco, tese le braccia al bosco dicendo: “[…] Esiste mai amante, o selve, che abbia più crudelmente sofferto? Mi piace, lo vedo; ma ciò che vedo e che mi piace non riesco a raggiungerlo: tanto mi confonde amore. Un velo d’acqua ci divide! E lui, sì, vorrebbe donarsi: ogni volta che accosto i miei baci allo specchio d’acqua, verso di me si protende offrendomi la bocca. Diresti che si può toccare; un nulla, sì, si oppone al nostro amore. Chiunque tu sia, qui vieni! Perché m’illudi, fanciullo senza uguali? Io, sono io! Ho capito, l’immagine mia non m’inganna più! Per me stesso brucio d’amore, accendo e subisco la fiamma!” Resosi conto dell’impossibilità di amare e di baciare l’immagine di sé riflessa nella superficie d’acqua, Narciso si lasciò morire. “[…] Ormai il dolore mi toglie le forze, e non mi resta da vivere più di tanto: mi spengo nel fiore degli anni […]”.  Si avverava la profezia di Tiresia. Allorché le Naiadi e le Driadi, che presero il suo corpo per dargli degna sepoltura, scoprirono un bellissimo fiore dai petali dal colore dello zafferano col capo chinato sull’acqua alla ricerca del proprio riflesso. A quel fiore fu attribuito il nome Narciso.

Lo scrittore greco Pausania ha raccontato che il Narciso esisteva già prima del personaggio di Ovidio visto che il poeta epico Pamphos, vissuto molto anni prima, nei suoi versi ha narrato che Persefone, quando fu rapita da Ade, stava raccogliendo dei fiori di Narciso.

Da questa narrazione si evince che nel linguaggio dei fiori il Narciso è il simbolo “degli egoisti e delle persone piene di sé ”. Indica, pertanto, “vanità, egoismo, incapacità di amare”.

Diversa è la simbologia orientale. In Cina il Narciso è simbolo di “prosperità e di felicità” ed è donato in segno augurale di buon anno.

Nella Bibbia il Narciso e il Giglio, per i loro colori chiari e luminosi, sono simbolo solare di “rinascita” e raffigurano la primavera. Salomone, nelCantico dei Cantici( 2,1), nel Colloquio fra gli sposi scrive:Io sono un narciso di Saron, un giglio delle valli. Come un giglio fra i cardi, così la mia amata tra le fanciulle”. Nel nuovo Israele Isaia (35-1,2) scrive: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saròn. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio”. Il genere Narcissus comprende 40 specie di piante bulbose appartenenti alla famiglia delle Amaryllidaceae e originarie dell’Europa, dell’Africa settentrionale, del Giappone e della Cina dove fu introdotto nell’ottavo secolo attraverso la via della seta. Italia, Spagna e Portogallo sono i Paesi dove è più facile trovare Narcisi allo stato spontaneo presenti in una vasta gamma di habitat. Le specie selvatiche che abbondano nei prati e nei boschi umidi di pianura e di montagna fino a 2000 metri di quota sono: il Narcissus pseudo-narcissus, il Narcissus tazetta, il Narcissus nobilis, il Narcissus nivalis, e il Norcissus poeticus, quest’ultimo ampiamente diffuso nei prati alpini. La coltivazione del Narciso è iniziata intorno al XVI secolo in Inghilterra e in Olanda. Ancora oggi le due nazioni, insieme agli Stati Uniti, sono le maggiori produttrici di Narcisi. I Narcisi si ibridano tra loro con gran facilità e le numerosissime varietà di ibridi di tanti colori hanno originato uno dei generi di bulbose più coltivate.

Il nome Narciso, dal latino “narcissus” e dal greco “νάρκισσος”, probabilmente deriva da “ναρκάωstordire, intorpidire, fare addormentare” per  l’intenso odore dei suoi fiori. Nell’antica Grecia il Narciso era noto per il caratteristico profumo intenso, inebriante e penetrante dei fiori che si credeva avesse proprietà tranquillanti, anestetiche e antidolorifiche, quindi era capace di stordire. Da qui la derivazione della parola “narcotico“. Gli egizi decoravano i propri defunti. Infatti, fiori di Narciso sono stati ritrovati nelle loro tombe in ottimo stato di conservazione dopo oltre 3000 anni.

Il termine “tazetta” probabilmente è riferito alla forma a tazza del fiore.

Il Narcissus pseudonarcissus, conosciuto comunemente come “Trombone o Tromboncino”, è una pianta bulbosa alta 50 centimetri. Dal bulbo sotterraneo partono le lunghe e strette foglie lanceolate che, spuntando a fioritura avviata, formano ciuffi di elementi sottili di colore verde chiaro con leggere sfumature azzurre. In cima ad uno stelo, privo di foglie, isolati, si ergono i fiori composti da una corolla esterna bianca o gialla a sei tepali chiamata “corona” e da un’altra corona centrale interna detta “coppa” o “tromba” che presenta i bordi frastagliati e il colore giallo intenso tendente all’arancio. E’ la trombetta. Una sola pianta produce da due a venti fiori. La fioritura avviene da marzo a giugno. La moltiplicazione avviene tramite la divisione dei bulbi in autunno. I Narcisi possono rimanere nel terreno per tutta l’estate. Dopo aver reciso il fiore appassito, si lasciano intatte le foglie e lo stelo fino al completo appassimento. Le sostanze nutrienti, prodotte dalla fotosintesi clorofilliana, si accumulano nel vecchio bulbo e in quelli nuovi che si formano durante l’estate. I bulbi possono rimanere nel terreno per tre anni, ma possono essere estratti e, accuratamente puliti, essere conservati in luoghi asciutti fino all’impianto. I bulbi s’interrano dalla fine di settembre ai primi di novembre ponendoli ad una profondità doppia della loro lunghezza. Il Narciso è uno tra i primi fiori da bulbo pronto a sbocciare per annunciare l’arrivo della primavera. Porta una nota di colore nel giardino ancora immerso nel grigiore dell’inverno che rallegra e adorna incomparabilmente con la sua abbondante fioritura. “[…] Spuntan col marzo le violette semplici e azzurre, il narciso giallo, la margheritina; fioriscono il mandorlo, il pesco, il corniolo, la rosa canina. Aprile ci porta la bianca violetta […]” così riferì in uno studio sui giardini il filosofo, saggista e politico inglese Sir Francis Bacon (Londra, 22 gennaio 1562 – Londra, 9 aprile 1626). Il Narciso, con i suoi colori chiari e luminosi, è visibile anche da lontano e diffonde nell’aria un profumo inconfondibile. E’ ideale per abbellire le aiuole dei giardini, per rallegrare i tappeti erbosi, per ornare davanzali e terrazze. La fama del Narciso come pianta da coltivare in  giardino è meritata poiché è di facile coltivazione, richiede poche cure e produce molti fiori. Può crescere ovunque perché è resistente al caldo e al freddo. Ama i luoghi soleggiati o semi-ombreggiati posto su terreni pesanti, freschi, anche argillosi, ma si adatta facilmente a qualsiasi tipo di terreno da giardino e, una volta piantato, tende a diventare perenne. In primavera e in estate è bene mantenere il terreno umido evitando i temuti ristagni d’acqua che potrebbero favorire le malattie fungine. Dopo la fioritura, è necessario fertilizzare il terreno per favorire l’ingrossamento dei bulbi. Per dare un aspetto gradevole e ordinato alle aiuole è sufficiente eliminare le parti danneggiate e i fiori appassiti. Il Narciso è una pianta soggetta a pochissime malattie. Può subire attacchi da parte di Acari, di Afidi e di muffe. Il microscopico acaro biancastro Rhizoglyphus echinopus provoca erosioni nei tessuti del bulbo. Fra gli insetti, le larve di Lampetia equestris e di Eumerus strigatus penetrano nei bulbi divorandoli. Gli individui adulti di Exosoma lusitanica rodono i fiori in primavera. L’attacco del fungo Rosellinia necatrix, detto marciume bianco, provoca il disfacimento dei bulbi e delle radici con rapido deperimento e morte delle parti epigee. Il Botrytis narciyssicola causa macchie brunastre sui fiori e bruno-grigiastre sulle foglie. Poi segue il marciume dell’intera pianta che si ricopre di una muffa grigia. I funghi del genere Penicillium provocano marciumi nei bulbi conservati in magazzini caldo-umidi e non ben aerati. Anche il Narciso, nella sua semplicità, cerca di dare il suo contributo alla scienza medica. Nella medicina popolare l’infuso della pianta di Narciso era usato come emetico. In omeopatia, la pianta fresca in fiore è utile per curare le infiammazioni delle mucose e i dolori delle ossa. Il bulbo del Narciso contiene la narcisina, un alcaloide velenoso che, se ingerito accidentalmente, provoca disturbi neurali e infiammazioni gastriche negli animali al pascolo e nell’uomo. Se non si interviene prontamente, può provocare la morte in poche ore. Nell’industria dei profumi si utilizzano alcune parti della pianta per ricavare le essenze. I fiori, industrialmente, sono utilizzati per fare mazzi recisi molto duraturi. I Narcisi sono coltivati a scopo commerciale in molti paesi del mondo. Attualmente  la maggior produttrice ed esportatrice di bulbi di Narciso è la Gran Bretagna. Una curiosità: Secondo la tradizione, Narciso, il santo di Gerusalemme che visse oltre cento anni, è ricordato per aver compiuto il miracolo della conversione dell’acqua in olio necessario per alimentare le lampade della sua chiesa. Il suo onomastico ricorre il 29 di ottobre.

Comments are closed.