Nov 19, 2018 - Senza categoria    Comments Off on FRATE FRANCESCO DA MISTRETTA (1668-2018) A 350 ANNI DAL MARTIRIO

FRATE FRANCESCO DA MISTRETTA (1668-2018) A 350 ANNI DAL MARTIRIO

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 La comunità cristiana di Mistretta è ricca di un grande patrimonio, di storia, di arte, di fede.
Ciò non sarebbe stato possibile se non ci fosse stata la presenza di uomini santi che sono stati la radice di quanto possediamo.
La comunità amastratina ha scoperto padre Francesco da Mistretta, un frate francescano che, spinto dall’amore di Cristo, è andato missionario in Etiopia dove, il 27 marzo 1668, la domenica delle Palme, è morto martire. Nonostante siano trascorsi tanti anni dal suo martirio, la sua figura è di grande attualità in sintonia con il messaggio di papa Francesco che vuole una chiesa in uscita, una chiesa missionaria, per rispondere ai bisogni soprattutto degli ultimi.
Carissimo Tatà, pertanto, trascrivo integralmente gli articoli sulla storia del martirio di Francesco pubblicata sul periodico  “MISTRETTA SENZA FRONTIERE” nel mese di Novembre 2018 accogliendo il tuo invito  a un’ampia diffusione.

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 FRANCESCO DA MISTRETTA (1668-2018) A 350 ANNI DAL MARTIRIO
di Sebastiano Lo Iacono

ll martirio di frate Francesco da Mistretta (Messina-Sicilia) è stato scoperto casualmente dopo il ritrovamento, nel 2007, in Lombardia, a cura del collezionista prof. Mariano Bascì, di una serie di cartoline postali degli anni Venti del Novecento in cui è raffigurato il martirio del francescano assieme al confratello Lodovico da Laurenzana (Potenza-Basilicata).

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La cartolina, pubblicata Su “SALUTI DA MISTRETTA” alla pagina 39, il libro del prof. Mariano Bascì,  ritrae i martiri di Debra Tador crocifissi e lapidati dai monaci copti il 27 marzo 1668 fuori le mura della città alla presenza del Negus e dell’Abuna.
E’ quanto riportato sulla didascalia della cartolina che riproduce la scena del martirio dei frati Francescani di cui facevano parte Fra’ Francesco da Mistretta e padre Lodovico da Laurenzana. La scena rappresenta il luogo del martirio, fuori le alte mura della città, sullo sfondo di un grande castello. Di fronte ai martirizzati, su un piano sollevato, ci sono il Negus e l’Abuna seduti e protetti dal sole da due ombrelli, attorniati dall’aristocrazia locale. In primo piano una folla inneggiante contro i due fraticelli agonizzanti sulla croce. Uno dei presenti è intento a raccogliere da terra un sasso per la lapidazione.
Queste immagini hanno acceso una fiamma di devozione nella città natale del francescano.
Dopo vari articoli sulla stampa, Stefano Brancatelli, ora sacerdote, all’epoca seminarista e allievo di teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, realizzò uno studio.

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Padre Stefano Brancatelli è membro della Commissione Atorica per il riconoscimento del martirio di Frà Francesco.
Ha concelebrato la santa messa,  assieme a Mons. Michele Giordano nel santuario della Madonna dei Miracoli a Mistretta, in memoria di frate Francesco da Mistretta  dopo il convegno del 06/09/2019 dal tema: ” A Sua immagine: dall’Amore la meraviglia della vita umana“.

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Il 27 marzo 1668 (Domenica delle Palme) frate Francesco fu martirizzato in odium fidei, assieme al confratello Lodovico da Laurenzana. 350 anni dopo, nella stessa giornata delle Palme del 25 marzo 2018, monsignor Michele Placido Giordano, arciprete nel santuario della Madonna di Miracoli  a Mistretta, ha comunicato che sarà aperta la causa di beatificazione.

 PROFILO BIOGRAFICO/AGIOGRAFICO DI FRANCESCO
di padre Stefano Brancatelli

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 Al secolo Francesco Rubé nasce a Mistretta (Messina) intorno agli anni trenta del 1600. Avvertito il desiderio di totale consacrazione, aderisce alla Riforma francescana dei frati della più stretta osservanza divenendo sacerdote. Poco si conosce delle vicende in terra di Sicilia: il Notamento di tutti i frati (f. 37), datato 20 luglio 1692, non ne riporta il cognome (che ci perviene per trasmissione popolare), ma solo il soprannome, “Cucco”, forse attribuitogli per la propensione al pianto durante l’orazione e la celebrazione eucaristica.
All’età di 37 anni, probabilmente a seguito di un viaggio a Gerusalemme, si infervora dello spirito missionario e chiede di essere ammesso al Collegio di S. Pietro in Montorio in Urbe.
Morto l’imperatore Fasiladas, di credo miafisita precalcedonense e artefice dell’espulsione dei gesuiti dal paese, il 7 dicembre 1666. Propaganda fide ricostituisce la dismessa missione in Etiopia: vi fanno parte il vicario apostolico don Antonio d’Andrade, portoghese di madre etiope, il prefetto apostolico p. Giovanni d’Aquila, i missionari apostolici p. Francesco da Mistretta, p. Ludovico da Laurenzana, p. Bernardino da San Lorenzo, p. Remigio da Parigi ed il fratello laico fra Ludovico da Benevento.
Francesco da Mistretta e Ludovico da Laurenzana sono i primi a partire e gli unici a entrare in Etiopia: si imbarcano il 9 febbraio 1667 ed il 22 giugno sono a Suez in attesa di partire per Gidda e da lì per l’Etiopia grazie all’aiuto di due abissini che avevano incontrato in Egitto. Al Nord dell’Etiopia, nella regione annessa del Tigré, li attende una popolazione prevalentemente cattolica, ma priva di sacerdoti, guidata da un re ribelle all’imperatore.
Entrati in incognito e vestiti all’abissina, uno da musico e l’altro da medico, riescono a raggiungere la meta e a permanervi per alcuni mesi, fino alla cattura e all’uccisione. Del martirio inizialmente si ha notizia tramite la testimonianza indiretta del mercante portoghese Antonio Pereira che, a Muchà, riferisce al frate laico Ludovico da Benevento, unico superstite della missione.
Solo agli inizi del sec.XX la traduzione dalla lingua ge’ez degli Annales Yohannis I (Alaf Sagad, 1667-1682) confermerà tali voci e fornirà ulteriori notizie sul martirio in odium fidei: durante un’incursione del negus a Bēgamedr, nel distretto della regione di Dābr, denominato Muy, sono scoperti e condannati per via del credo calcedonense da loro professato; l’esecuzione è fissata per il 27 marzo 1668, domenica delle Palme, per impiccagione e lapidazione, anche se una traduzione errata di I.Guidi indica il martirio per crocifissione.
Francesco è il primo frate riformato ad accettare il 3 aprile 1666 le gravose condizioni del nuovo giuramento che consentiva a De Propaganda fide, cioè il dicastero romano che si rivolgeva all’evanglizzazione dei popoli,  di richiamare in missione ogni ex alunno in qualsiasi momento della sua vita. La formazione missionaria dell’Ordine avveniva infatti presso il “Collegio in Urbe di San Pietro in Montorio”, sorto nel 1622 quale “studio di lingua araba e delle controversie”.
La gestione del Collegio, inizialmente affidata al guardiano di Gerusalemme fra Tommaso Obicini da Novara, dal 1626 era passata dagli osservanti ai riformati, seguendo così la sorte dei principali conventi dell’Ordine e della stessa custodia di Terra Santa nel 1628. Nonostante che dal 1647 venisse esteso a tutto l’orbe e non solo all’Italia, il Collegio stentava a decollare: a dare il colpo di grazia era stata la decisione di Propaganda fide di pretendere dagli alunni, dopo tre mesi dall’ingresso, il giuramento di cui si è detto.
Nel 1666 il Collegio è di fatto non funzionante, non essendo più presente in esso alcun alunno: le carte d’archivio testimoniano l’ansiosa trepidazione del commissario generale della famiglia cismontana dell’Ordine, fra Bonaventura Cavallo, riguardo all’opportunità che fra Francesco giunga presto a Roma per evitarne la chiusura.
Dopo di lui il numero degli iscritti inizia a rimpinguarsi (per la presenza anche di diversi siciliani) ed il Collegio riacquista un certo prestigio; ciò avviene anche grazie all’esempio di fra Francesco, posto a modello per la comunità degli allievi missionari: diffusasi la notizia del martirio, i loro nomi sono i primi della lista di alunni del 1671 (APF, Collegi vari, v. 60 125r), con la sottolineatura che erano stati lapidati in Etiopia, mentre la Nota degli studenti del maggio 1674 li definisce martirizzati (cfr. ibidem, 112r).
Nel 1684, a Mistretta, sono commissionate delle immagini del martirio eseguite a Venezia da Andrea de Rossi e le sembianze dei frati vengono raffigurate in affreschi di diversi chiostri dell’Ordine; tre secoli dopo, nel 1937, il regime fascista, impegnato nelle tristi repressioni abissine, ne strumentalizzerà il martirio, raffigurandoli crocifissi, in una cartolina celebrativa delle missioni etiopiche del presente e del passato. Il Leggendario francescano del 1722 riporta la commemorazione liturgica del martirio dei due frati al 6 di settembre.
Importante è anche l’esperienza missionaria di fra Francesco da Mistretta e dei compagni all’interno della storia delle missioni: essa ben rappresenta il tentativo del pontificato Chigi (1655-1667) di fare una “missione altra” rispetto al passato, svincolandosi dall’ottica di padroado, caratterizzato dalla dipendenza dalle Corone europee, per ritrovare fuori Europa quella centralità diplomatica oramai persa in Occidente dopo la pace di Westfalia (1648). Dal punto di vista politico, la missione fu in tal senso fallimentare: l’ostruzionismo della Francia e di altri Ordini religiosi, così come la pervicace avversione xenofoba etiope a causa dei pluriennali disgusti determinati dalle latinizzazioni imposte durante la precedente colonizzazione portoghese, non consentì il fiorire di tale esperienza, destinata a riportare nell’alveo della protezione delle Corone i successivi tentativi di penetrazione.
Relativamente agli scritti, di Francesco da Mistretta possediamo solamente, oltre al giuramento e alla supplica di poter partire missionario in Etiopia, nove lettere vergate di suo pugno e inviate al segretario ed al prefetto di Propaganda fide, monsignor Casanate e card. Barberini, dal 13 febbraio al 22 giugno 1667.
Lo scarno epistolario di fra Francesco, pur nella sobrietà dettata dal fine primario di relazionare circa il viaggio, consente, oltre che a ricostruire le vicende storiche, anche di gettare qualche luce sulla spiritualità seicentesca di un piccolo fraticello siciliano che, armato solo della fede e di poca santa ingenuità, incurante dei pericoli che lo attendono nella missione e dimentico delle fatiche e dei ritardi del viaggio «con trovare ogni cosa offerta più del bisogno» (APF,SOCG, v. 251 f. 219r), nelle sue lettere osa definirsi figlio di un Dio che lo «porta come una madre nelle sue braccia».
Il  vescovo della Diocesi di Patti, S. E. monsignor Gugliemo Giombanco, ha nominato la commissione per la beatificazione di frate Francesco con suo decreto del 23 marzo 2018.
La commissione, composta dal professore monsignor Gaetano Zito, da padre Stefano Brancatelli e dal professore e giornalista Sebastiano Lo Iacono, si è insediata, dopo il giuramento ufficiale, in data 2 agosto 2018.

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Da sx: p. Gaetano Zito, p. Stefano Brancatelli, S. E. monsignor Guglielmo Giombanco, monsignor Michele Giordano,Sebastiano
Lo Iacono

Il pittore mistrettese Sebastiano Caracozzo, che a frate Francesco ha dedicato due dipinti, racconta la sua avventura spirituale con il francescano martire dopo averlo invocato per chiedere la guarigione della consorte.

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Questo quadro è custodito nel santuario della Madonna dei Miracoli a Mistretta. Si può ammirare, entrando in chiesa, subito dopo l’acquasantiera posta nel  lato sinistro.
Il testo integrale dell’intervista, nonché in formato audio mp3, è possibile leggerlo nella sezione SPECIALE FRATE FRANCESCO al link www.mistretta.eu.
Si tratta di una testimonianza commossa, che qui anticipiamo, e che sarà allegata nel dossier per la causa di beatificazione. Intanto, la Commissione sta lavorando per rintracciare altri documenti storici che possano arricchire le conoscenze sulla vita di un frate che in Etiopia, assieme al confratello Ludovico da Laurenzana (Basilicata), subì il martirio.
Bisogna verificare fino a che punto ci siano documenti utili al fine supremo della beatificazione, nonché di rintracciare (anche nelle comunità cattoliche attuali in Etiopia) tracce, segni, indizi di una memoria storica che spesso non si deposita soltanto nei documenti scritti. Se questi non ci sono più, la memoria orale o la memoria devozionale possono riempire il vuoto.
In questo caso, è possibile che nelle comunità cristiano-cattoliche contemporanee ci siano quelle tracce di memoria.
Ha scritto, difatti, Papa Francesco, che anche la fede è fatta di memoria nella Meditazione di giovedì 7 giugno 2018, allorché ha detto che “tra memoria e speranza possiamo incontra Gesù e che andare indietro [con la memoria] è un andare avanti”.

PREGHIERA
O Dio che fecondi la tua chiesa col sangue dei martiri,
fa che il sacrificio della vita di p. Francesco da Mistretta
e di quanti hanno dato la vita per la causa del Vangelo,
ci renda coraggiosi nell’impegno di testimoniare il tuo amore
di fronte a tutti gli uomini.
Per Cristo Nostro Signore

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Contiamo di costruire la memoria di frate Francesco con questo supplemento speciale di “Mistretta senza frontiere”, che sarà inviato e distribuito agli abbonanti, ai devoti e a coloro che vogliono conoscere un personaggio che l’arciprete di Mistretta, monsignor Michele Giordano, ha da sempre definito “un testimone di Gesù, in quanto testimone vivente”.

 

 

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