Sep 27, 2018 - Senza categoria    Comments Off on IL PALAZZO LO IACONO – CARMELO TUSA A MISTRETTA

IL PALAZZO LO IACONO – CARMELO TUSA A MISTRETTA

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Nella parte bassa della via Santa Caterina sorgono due palazzi signorili, l’ uno accanto all’altro, separati da uno stretto vicolo.
Sono: Il palazzo Lo Iacono-Tusa, al numero civico 44, e il palazzo Lo Iacono-Santangelo al numero civico 38.

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Di fronte a questi due palazzi si nota, per la sua maestosità, anche il palazzo di Francesco Lo Iacono che si affaccia, oltre che in via Santa Caterina, in via Libertà e nelle strade laterali.
I membri delle famiglie Lo Iacono, benestanti, possessori di terre e di allevamenti di bestiame, costruirono i loro palazzi nei quartieri alti di Mistretta, ciò a dimostrare che il ceto borghese della popolazione amastratina si spostava verso il quartiere di Santa Caterina.
La via Santa Caterina è stata sempre una via di collegamento tra il centro storico di Mistretta e la zona nuova verso la Neviera.

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Il palazzo Lo Iacono-Di Salvo-Tusa si trova esattamente ad angolo tra la via Santa Caterina e la Via Giuseppe Garibaldi e si erge su tre livelli: il piano terra, il primo e il secondo piano.
E’ stato costruito nel 1886 da Lo Iacono, data incisa nel concio sulla chiave di volta del portale principale dove sono incise le iniziali blasonali ADS.

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Il palazzo, alla fine dell’800, è stato ristrutturato dalla famiglia Di Salvo, che aveva acquistato l’ala settentrionale, mentre l’ala meridionale, orientata verso la via Garibaldi, rimaneva di proprietà del cav. Alfonso Lo Iacono e della moglie, la signora Maria Vita Giaconia.
Liboria, la figlia del cav. Alfonso Lo Iacono, sposò l’avv.Giuseppe Di Salvo, vicino di casa.
Teatro dei loro incontri era il giardino posto sul retro e in comune ai due palazzi.
Rosina, nata dal loro matrimonio, ereditò la parte del palazzo rivolta verso il lato della via Garibaldi e convolò a nozze con il signor Luigi Lipari.
Nel 1883 alcuni vani del palazzo dal cav. Lo Iacono sono stati dati in affitto al Comune di Mistretta e adibiti a Convitto e Scuola Magistrale rurale per circa un decennio.
Negli anni ’70 del secolo scorso l’intero palazzo fu acquistato dal signor CarmeloTusa e da sua moglie, la signora Pina Antoci.
La struttura del palazzo è molto semplice e lineare.

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Si accede dalla via Santa Caterina dove il portale principale, di stile neoclassico, lateralmente, è impreziosito da sculture a motivi floreali.

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Sulla lunga facciata principale del palazzo, molto allargata, sporgono i balconi del primo livello, circondati da ringhiere di ferro battuto lavorate artisticamente, sorretti da mensole finemente lavorate e sormontate da una doppia struttura arcuata.

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 I balconi del secondo ordine sono molto semplici.

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Sula via Garibaldi le mensole delle tre logge sono in ferro battuto e questo lato della facciata mostra ancora la luminosa pietra dorata di Mistretta, mentre tutto il resto del palazzo è stato ricoperto da uno strato di cemento.

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Nella parte posteriore del palazzo un ampio giardino, in comune fra il palazzo Lo Iacono-Santangelo e il palazzo Lo Iacono-Tusa anticamente mostrava le sue bellezze, ma è stato per lungo tempo trascurato.
Sapientemente recuperato dalla famiglia Santangelo e dai fratelli Tusa, Anna e Maurizio, con la piantumazione di importanti essenze botaniche e copiando lo stile inglese, è tornato all’antico splendore.
In particolare  si notano  le bordure di buxus sempervires modellato secondo l’ars topiaria, la Yucca gigantea fiorita, la Trachicarpus fortunei, la Cordyline australis.

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Foto di Riccardo Zingone

Il giardino a sx della foto è confinante con la Carretteria, il B&B del dott. Riccardo Zingone, il giardino sulla dx è in comune fra il palazzo Lo Iacono –Tusa e il palazzo Lo Iacono-Santangelo. Uno stretto e lungo vicolo li separa.

Descrive questo giardino, con phatos e con nostalgia, il signor Vito Purpari, l’ex giardiniere della villa comunale “Giuseppe Garibaldi”, nella sua relazione di fine lavoro per raggiunti limiti d’età e presentata al signor sindaco del comune di Mistretta e che io riporto integralmente: ” Nacqui il primo giorno dell’Autunno 1947 da buoni genitori a meno di cento metri di distanza dalla nostra Villa Comunale; erano le ore 9:00 di una dolce domenica e la campanella della Chiesa accanto squillava per il festivo giorno della Messa. La mia nonna paterna, guardandomi, manifestò apprezzamento.
Per motivi di salute di mio padre, che era un grande invalido di guerra, fui lasciato, dai quattro ai cinque anni e poi ancora nelle estati seguenti, a casa del nonno materno, vedovo, e della di lui figlia, nubile e sacrestana a “San Franciscu”, nella chiesa gestita da Padre Giuseppe Sciacca, la zia Lucia, sorella di mia madre, che m’insegnò a pregare con le mani giunte.
Il nonno “Piddu Russo”, fedelissimo impiegato presso il cav. Alfonso Lo Iacono, grande proprietario terriero e di palazzi in Mistretta, di Santo Stefano di Camastra, di Palermo ecc., esercitava, ormai 77enne, l’ultimo impiego di giardiniere e di custode del palazzo in Via Santa Caterina. Ha servito questo signore per 34 anni. Per soli due mesi all’anno i “Padroni” venivano a Mistretta: ad Agosto e a Settembre.
Per dieci mesi all’anno il bellissimo giardino, che il nonno curava attentamente, era il <nostro> regno.
Lì si mostrò a me, molto giovane, il meraviglioso mondo dei fiori e delle piante: edere abbarbicate ai muri di cinta con tanti nidi di uccelli, il grande e splendido Abete reale, il Cedrus glauco, i Cipressi, le siepi di Alloro, una superba Magnolia grandiflora, le bordure di Bosso, le farfalle sui fiori; il canto di svariati uccelli e dei primi voli di quelli novelli.
C’erano cespugli di Uva spina, l’immancabile e poderoso albero dei Gelsi neri, golosità mattiniera delle famiglie gentilizie.
Nel giardino, in ogni stagione, si spandevano nobili e delicati profumi di Viole, di Lippe-citriodore, di Philadelphus virginalis, di Iris barbate, di Rose, di Glicini e Gelsomini arzigogolati alla continua ricerca di spazi ideali e amabili.
Alcune aiuole erano bordate con una varietà di Asparagus che, a Mistretta, chiamano <sparici ri ricchi>. C’erano anche due vasche di pietra colme l’acqua. Quella centrale, la più bella, era contornata da antiche <raste, vasi> di terracotta di varie forme, tutte cariche di Ortensie, di Fucsie rosse e bianche, di Phormium, di Solanum capsicastrum, di Dianthus penduli profumatissimi ecc. L’insieme era proprio un eden con un’atmosfera coccolante ed io, anche se fanciullo, la vivevo intensamente!
Nell’innocenza di quell’età giuliva, quel giardino io pensavo essere di proprietà del nonno. Scoprii la malinconica realtà qualche anno dopo: il nonno era solo un impiegato! E quel giardino non era nostro!
Così, quel mirabile mondo, tanto caro al mio cuore e ai miei occhi, fu perduto per sempre e fu causa di pena che ancora persiste.
Erano gli anni ’50 del secolo scorso”.

 

 

 

 

 

 

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